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DISTRIBUZIONE RESIDENTI ITALIANI E STRANIERI NELLE ZONE URBANISTICHE totale residenti stranieri resident

3.3 La storia del campo-nomadi di via Candoni: una sequenza di emergenze

La fondazione del campo tra sgomberi, espulsione ridislocazione dei rom

Il campo-nomadi di via Luigi Candoni viene inaugurato ufficialmente nel novembre del 2000, in quello che è stato definito “l'anno del Giubileo nero degli zingari” (D'Amico, 2000).

L'apertura del campo-nomadi si inscrive in un momento significativo sia per il governo della città, sia per la questione rom nella capitale: l'atteso incremento dei flussi turistici per le celebrazioni religiose era stato preparato con una serie di opere di riqualificazione urbanistica principalmente orientate a rendere la parte centrale della città più attraente e fruibile ai turisti. In questo programma di interventi, e nel dibattito politico che li ha accompagnati, vengono progressivamente coinvolti anche i gruppi rom presenti in città, sia come presenze non desiderabili lungo i circuiti turistici, sia in relazione agli insediamenti abitativi dei rom, alcuni dei quali collocati in zone non lontane dal centro cittadino132.

Uno dei problemi principali dell'agenda dell'amministrazione comunale riguardava il campo-nomadi di Casilino 700, dove risiedevano diverse centinaia di persone133, principalmente

rom provenienti dai Balcani e dalla Romania, assieme ad una consistente comunità maghrebina134.

L'insediamento versava in pessime condizioni igieniche e sanitarie e la tragica sequenza di decessi che vi erano avvenuti, con la conseguente attenzione mediatica, aveva reso indifferibile l'intervento dell'amministrazione comunale. Assieme all'amministrazione comunale, la situazione del campo-nomadi era divenuto oggetto di interesse e di preoccupazione anche per la Prefettura e il Ministero dell'Interno, con diverse polemiche circa l'attribuzione di responsabilità e compiti, e per una ampia serie di soggetti del mondo dell'associazionismo. L'obiettivo per tutti gli organi istituzionali era comunque quello della chiusura dell'insediamento135. A tal fine già dal 1999 erano

state realizzate una serie di operazioni di polizia che avevano portato all'arresto e all'espulsione dei 132 A testimonianza di questa attenzione dell'amministrazione comunale si può citare la delibera n. 31 approvata dal Consiglio Comunale il 29 marzo 1999; quest'atto, finalizzato alla costituzione di un coordinamento interassessorile per affrontare il “problema nomadi” in tutte le sue sfaccettature, si afferma che “Il coordinamento di cui sopra avrà come prima e immediata priorità quella di procedere in tempi rapidi alla chiusura del campo di Casilino 700 e di vicolo Savini ed alla contestuale sistemazione degli aventi diritto”. Il documento è stato pubblicato in Lacio Drom 1999 n. 5, pp. 52-60; cfr. allegato n. 1.

133 Stando al censimento effettuato nel 1995 dai Vigili Urbani in tutti gli insediamenti rom della città, nel campo-nomadi di Casilino 900 risiedevano 927 persone; quest'insediamento era quindi quello più popoloso della città, visto che vi risiedeva circa 1\5 della complessiva popolazione rom residente a Roma. I dati del censimento sono pubblicati nella rivista Lacio Drom 1996, n.1.

134 Le ricostruzioni e le informazioni sulla vicenda dello sgombero del campo-nomadi di Casilino 700 sono tratte dal lavoro di Monica Rossi (2006), ricercatrice esperta sulle questioni rom nella capitale che ho avuto inoltre modo di incontrare durante il periodo della ricerca, e dal notiziario pubblicato all'interno della rivista Lacio Drom.

135 Oltre alle pessime condizioni igienico-sanitarie dell'insediamento, l'amministrazione si trovava a fronteggiare da un lato le forti proteste della cittadinanza del territorio che chiedevano l'allontanamento dei rom, e le richieste di enti istituzionali che puntavano a valorizzare i resti archeologici presenti nell'area facendone un parco.

residenti privi di permesso di soggiorno, determinando così un significativo calo del numero dei residenti. Nel frattempo però le ipotesi di ricollocazione dei rom in altri insediamenti, da allargare o da realizzare ex-novo, si scontravano con le proteste e le manifestazioni organizzate dai residenti delle diverse aree interessate136.

A fine dicembre 1999, l'amministrazione dava avvio ad una prima serie di trasferimenti che riguardavano soltanto il gruppo di rom provenienti dalla Bosnia Erzegovina che viene trasferito nel campo-nomadi di via Salviati, inaugurato nel 1995. Alla fine dell'estate dell'anno successivo l'amministrazione si concentrava sui nuclei rom con cittadinanza rumena. Questi costituivano il gruppo residente da meno tempo in questo storico insediamento137; in seguito ai controlli effettuati

dalle autorità di polizia, una percentuale consistente di loro era stata allontanata dal paese perché illegalmente residenti, riducendo così a poco meno di un centinaio di unità il numero di coloro che saranno direttamente coinvolte nel trasferimento.

Le restanti famiglie di rom di nazionalità rumena venivano allontanate dal campo-nomadi di Casilino 700 e ricollocate in una vasta area al termine di via Candoni, una via senza uscita che incrocia via della Magliana vecchia, nella periferia del XV Municipio.

La zona scelta dal Comune presentava, però, alcune difficoltà e caratteristiche rilevanti che avevano costretto l'amministrazione comunale ad una serie di interventi preparatori. Al di là della posizione urbanistica, l'area destinata a diventare campo-nomadi ospitava già un insediamento di rom, circa 300 persone, anch'esse provenienti dalla Bosnia Erzegovina, la cui presenza in questo insediamento era stata sostanzialmente autorizzata in seguito alla emanazione della delibera 80 del 23 gennaio 1996138.

[immagine n. 4]

Poche settimane prima del trasferimento dei rom rumeni, i rom bosniaci residenti in via Candoni, da tempo in attesa di un intervento dell'amministrazione a loro sostegno e, al contempo, oggetto delle proteste della cittadinanza, venivano sgomberati per permettere all'amministrazione di avviare i lavori di sistemazione dell'area e finivano per ingrossare le fila di un altro grande insediamento rom collocato poco distante, sulla collina della Muratella. Alla fine delle operazioni di sgombero in 136 Cfr. la rassegna stampa in Lacio Drom, 1999, n.5, pp. 46-47

137 Nel censimento citato precedentemente non si ritrova alcuna traccia di residenti rumeni nel campo di Casilino 700. 138 Questa delibera riportava i dati del censimento dei rom residenti nei campi-nomadi della città effettuato nel 1995. In

seguito a questa rilevazione, tutte le aree di insediamento vennero sostanzialmente riconosciute dall'amministrazione comunale, che si riservava però sia la possibilità di procedere alla chiusura degli insediamenti e alla ricollocazione dei rom censiti, sia il diritto di sgomberare qualsiasi nuovo insediamento che fosse stato individuato; cfr. allegato n. 2.

questo campo-nomadi non autorizzato e totalmente privo di attrezzature si troveranno ad abitare più circa 400 rom bosniaci, e già nell'autunno dello stesso anno il campo-nomadi sarà teatro dell'ennesima tragedia139.

Mentre l'area della Muratella rimarrà in stato di sostanziale abbandono fino al 2003, il campo-nomadi di via Candoni era stato realizzato secondo criteri che in quel preciso momento storico venivano considerati innovati. Il campo, dalla forma sostanzialmente rettangolare, dispone di due ingressi, entrambi collocati lungo il tracciato di via Candoni. La dotazione di roulotte, di punti per la distribuzione di acqua e di bagni chimici che costituiva fino ad allora l'intervento principale dell'amministrazione locale, viene sostituita dall'installazione di 60 container in plastica di circa 30 metri quadrati, ciascuno collocato in una singola piazzola, dotato di fornitura di acqua ed elettricità e dell'allaccio alla rete fognaria. I container vengono installati secondo una mappa regolare, lasciando fra di loro una certa distanza e creando una ampia area disponibile al centro del campo-nomadi, al margine della quale viene anche realizzato un campo sportivo polivalente. Inoltre, alcuni container sono da subito adibiti ad attività di controllo e a progetti socio-sanitari. [immagine n. 5]

Non sono però soltanto gli elementi strutturali a definire la novità del campo-nomadi di via Candoni; il campo-nomadi viene realizzato secondo i principi e le misure stabiliti da due atti: il “Regolamento per i campi sosta” approvato dal Consiglio Comunale il 3 giugno 1993 (allegato n. 5) e la delibera n. 31 approvata il 29 marzo 1999 (allegato n. 6), nel quale venivano definite le linee programmatiche per la realizzazione di interventi finalizzati all'integrazione delle popolazioni rom e sinti. Sulla scorta di questi atti nel campo-nomadi di via Candoni viene inaugurato un nuovo sistema di competenze istituzionali e si implementano una gamma di servizi finalizzati sia al controllo che alla promozione dell'inserimento sociale.

La responsabilità generale dell'insediamento ricade fra le attribuzioni dell'Ufficio Speciale Immigrazione del Comune di Roma140; l'Ufficio, già protagonista dell'intervento nell'area di

139 Secondo il censimento realizzato dal Comune di Roma nel 1995, nell'area di via Candoni risiedevano 314 rom, mentre in quella della collina Muratella i residenti erano 75 (i dati del censimento sono stati successivamente pubblicati nella rivista Lacio Drom 1996, n.1). A seguito dello sgombero dell'area di via Candoni, il totale dei residenti nell'area della Muratella supera quindi la cifra di 400. Questa stima viene confermata dai dati nel “Piano di intervento finalizzato all'integrazione delle comunità rom e sinti”, (allegato n. 3) approvato dalla Giunta Comunale il 2 aprile 2002, secondo il quale nel campo-nomadi della collina Muratella risiedevano 436 rom bosniaci. Infine, nella rilevazione effettuata nel giugno 2003 dal Nucleo Anti Emarginazione del XV gruppo della Polizia Municipale il totale dei residenti nell'area della Muratella si avvicina invece alle 500 unità: agli originari 400 rom bosniaci si sono infatti aggiunti i rom rumeni sgomberati nel febbraio 2003 da un campo-nomadi non autorizzato in Via Salaria; cfr. allegato n. 4.

140 L'Ufficio era stato creato dall'amministrazione comunale nel 1992 con l'obiettivo di “coordinare e sviluppare particolari programmi e progetti rivolti alla crescita di servizi a favore dell'utenza immigrata” (Delibera 313/92,

Casilino 700, rappresenta quindi il terminale amministrativo di tutti gli interventi e, almeno nella fase iniziale, la sede di coordinamento di tutti gli attori istituzionali. Al di sotto di questo Ufficio, le cui responsabilità riguardano tutti i campi-nomadi autorizzati nel territorio del Comune di Roma, viene poi istituita una figura che a livello municipale svolge la funzione di responsabile amministrativo del singolo campo-nomadi.

All'interno dell'insediamento tre container vengono poi destinati a soggetti istituzionali e del terzo settore; fin da subito uno dei container viene affidato alla Polizia Municipale, in particolare al Nucleo Anti Emarginazione del Gruppo Municipale. Pochi mesi dopo l'inaugurazione del campo-nomadi anche la ASL prende possesso di uno dei container installati e vi realizza un presidio sanitario. Infine, un container viene destinato alle attività e ai progetti sociali da realizzare per gli utenti e viene quindi affidato ai soggetti del terzo settore che saranno incaricati di realizzarli.

I progetti sociali riguardano principalmente due aree di intervento: in primo luogo un servizio di scolarizzazione dei minori residenti nel campo-nomadi, avviato a livello Comunale già dal 1996, che consiste principalmente dell'organizzazione di un sistema di trasporti e di accompagnamento giornaliero esclusivamente dedicato agli utenti rom; accanto a questo, vengono poi realizzate attività di sensibilizzazione delle famiglie e di mediazione all'interno degli istituti scolastici. L'altro ambito di interventi si concretizza nella realizzazione di una sorta di sportello di segretariato sociale, dove operatori italiani ascoltano le esigenze e i bisogni dei residenti e li orientano verso i servizi pubblici del territorio141.

È interessante segnalare che già nel novembre 2002, i residenti del campo-nomadi, attraverso quello che fin da questo momento figura come il rappresentante o leader dell'intera collettività, propongono all'Ufficio Speciale Immigrazione di affidare ad una cooperativa di rom le principali incombenze relative al controllo dei residenti e alla pulizia dell'insediamento. Tale proposta non avrà però seguito nelle decisioni dell'Ufficio Speciale Immigrazione.

Allargamenti e “densificazione” dell'insediamento

Questo assetto del campo-nomadi si mantiene inalterato fino al dicembre 2004, quando, dopo un lungo periodo di sostanziale disinteresse circa il destino dei rom bosniaci sgomberati da via Candoni e ricollocati nelle aree limitrofe, il Comune di Roma decide di intervenire anche su questo consistente gruppo.

Come documentato da una relazione della Polizia Municipale di zona (allegato n. 7) , la situazione Consiglio Comunale di Roma); la struttura in quei mesi era diretta da Luigi Lusi, a cui subentrerà Mario Vallorosi; entrambi i dirigenti hanno ricoperto poi altri incarichi nei diversi livelli dell'amministrazione e sono finiti al centro di vicende giudiziarie di rilievo anche nazionale.

141 Descriveremo in maniera approfondita la struttura dei servizi sociali realizzati all'interno del campo-nomadi e le evoluzioni che questa ha avuto nell'ultimo paragrafo di questo capitolo.

dei rom residenti nel territorio del XV Municipio al di fuori del campo-nomadi autorizzato di via Candoni presentava in quel momento numerose criticità. I problemi più urgenti provenivano proprio dall'insediamento collocato sulla collina Muratella dove si trovavano più di 400 rom bosniaci e circa 100 rom rumeni, ovvero una cifra maggiore di quella dei residenti nel campo-nomadi autorizzato che si trova a poche decine di metri in linea d'aria142. Amministrativamente, l'area era

stata definita “Campo sosta provvisorio” con l'ordinanza n. 80 del 23 gennaio 1996, atto che, come detto, rendeva autorizzati tutti gli insediamenti rom censiti dalla Polizia Municipale, anche in assenza di interventi strutturali da parte dell'ente locale; in ragione di questo ambiguo status, vi erano stati trasferiti i circa 200 rom bosniaci che abitavano nell'area di via Candoni e vi erano state installate alcune minime infrastrutture, ovvero principalmente bagni chimici. I rom abitavano comunque in case autocostruite, baracche in legno o tende, o in roulotte private; non c'era acqua, né luce elettrica e non veniva realizzato nessun servizio regolare di pulizia dell'insediamento, tanto che gli stessi Vigili Urbani avevano segnalato la presenza di colonie di ratti all'interno del campo-nomadi. Oltre alle drammatiche condizioni igienico-sanitarie, l'intervento su questo gruppo di rom era reso necessario anche dalle proteste dei residenti e dei frequentatori delle aree limitrofe, in particolare i dipendenti di un centro direzionale collocato a pochi metri dal campo-nomadi.

Queste problematiche vengono riportate in termini estremamente chiari nella relazione del Nucleo Anti Emarginazione del XV gruppo della Polizia Municipale: dopo aver segnalato “le reiterate lamentele dei residenti nella zona, nonché dei fruitori della vicina stazione ferroviaria della Muratella”, gli agenti di questo nucleo si soffermano a lungo sulla situazione di degrado e di rischio all'interno del campo-nomadi:

L'assenza all'interno del campo dei servizi primari come luce, gas, fogne, strade asfaltate, acqua potabile, le rare fontanelle che vengono spesso rese inutilizzabili dagli abitanti del campo, la presenza di carcasse di veicoli (ripetutamente rimosse da quest'ufficio), la presenza di immondizia sparsa ovunque e l'esistenza di numerosissime colonie di ratti che si aggirano dentro il campo e anche all'interno delle abitazioni dei nomadi, unitamente all'insufficienza dei servizi igienici, pochi e spesso sporchi (la ditta che si occupa della pulizia non riesce a garantire un servizio continuativo e soddisfacente) determinano condizioni igienico-sanitarie del tutto inadeguate per la 142 Secondo i dati contenuti nel “Piano di intervento finalizzato all'integrazione delle comunità rom e sinti”, approvato

dalla Giunta Comunale il 2 aprile 2002 (allegato 3), nel campo-nomadi della collina Muratella risiedevano 436 rom bosniaci, mentre in quello autorizzato e attrezzato di via Candoni i residenti erano 268. La rilevazione effettuata a inizio 2003 dal Nucleo Anti Emarginazione del XV gruppo dei Vigili Urbani fornisce invece cifre diverse: 96 sarebbero i rom rumeni residenti nel campo-nomadi autorizzato di Via Candoni, mentre 500 sarebbero i rom sia rumeni che bosniaci residenti nell'area della Muratella.

normale convivenza all'interno del campo, con gravissimi rischi di salute per le persone presente e specie per i minori. (allegato n. 7)

Nel dicembre 2004, dopo una serie di interventi di polizia e di mediazioni fra rom e istituzioni locali, si avvia il trasferimento dei rom bosniaci che abitano la collina della Muratella: il Comune aveva previsto per una parte di loro il trasferimento in un nuovo campo-nomadi recentemente inaugurato nel quadrante nord-ovest della città143; la parte restante, circa 150 persone, viene invece

ricollocato all'interno di circa 30 container che sono stati installati nel campo-nomadi di via Candoni in seguito all'ampliamento dei suoi confini e alla riorganizzazione degli spazi interni. La superficie del campo-nomadi era stata infatti ampliata in direzione sud-ovest, ovvero verso il pendio della collina; la superficie ricavata dall'allargamento usufruisce di uno dei ingressi disponibili e viene fisicamente separata dal resto del campo-nomadi, tanto da risultare sostanzialmente autonoma. In seguito a questo intervento, il totale dei residenti nel campo-nomadi si avvicina quindi alle 700 unità, per un numero pari a circa 100 container. La “densificazione” (Daniele, 2012: 60) degli spazi, si ripercuote anche nell'area rumena, dove diminuiscono le aree libere a disposizione e la distanza fra i singoli container.

[immagine n. 6]

Una ulteriore modifica dell'assetto spaziale e demografico del campo-nomadi di via Candoni avviene nel febbraio 2009 ed è, anche in questo caso, il frutto di una nuova operazione realizzata dall'amministrazione comunale che ha portato alla chiusura di un grande campo-nomadi, quello di Casilino 900, e alla ricollocazione dei residenti in altri campi-nomadi della città.

In vista dell'operazione, dipinta anche in questo caso come un'emergenza ma anche come il momento di avvio di una nuova politica verso i rom dall'amministrazione capitolina144, il

campo-nomadi di via Candoni viene ulteriormente allargato, questa volta sul vertice nord-est del perimetro; per i nuovi residenti viene ricavata una piccola superficie, una sorta di cuneo che prolunga uno dei due lati lunghi lungo il confine con l'adiacente deposito dell'A.T.A.C. . In quest'area si insediano i residenti bosniaci del campo-nomadi di Casilino 900, più di 100 persone, a cui vengono destinate 14 unità abitative, container e roulotte, fornite dall'amministrazione comunale. Quest'area è compresa tra il confine del campo-nomadi e la parte abitata dai rom rumeni 143 Sulle vicende legali e amministrative che hanno portato all'apertura del campo-nomadi di via della Cesarina e sul particolare assetto di questo insediamento si può vedere il documentato report che Antonio Ardolino e Carlo Stasolla hanno scritto per conto dell'Associazione 21 Luglio (2012).

144 Per una analisi del “Piano Nomadi” della giunta Alemanno ed in particolare delle vicende connesse alla chiusura del campo-nomadi di Casilino 900 si veda Daniele 2011, Cloug Marinaro e Daniele 2011.

ed è distante da quella abitata dagli altri bosniaci; non vi sono entrate separate, ma soltanto una sorta di strettoia che segnala l'accesso a questa terza isola del campo-nomadi.

[immagine n. 7]

Allo stato attuale, il campo-nomadi risulta quindi abitato da 973 residenti, che abitano in 115 unità abitative; il gruppo più consistente è formato dai 614 rom rumeni, 247 sono invece i rom bosniaci insediati nel 2004, e 112 della stessa nazionalità sono quelli insediati nel 2009 in seguito allo sgombero di Casilino 900.

Politiche urbane per o contro i rom ? Un'analisi critica

Gli interventi che conducono alla creazione e poi al progressivo allargamento del campo-nomadi di via Candoni rispecchiano un modello implicito, ma consolidato, per la gestione delle presenze di rom da parte delle amministrazioni locali, soprattutto nelle grandi città italiane; un modello che si basa su alcuni elementi ricorrenti.

Un primo elemento caratterizzante consiste nella scala esclusivamente locale su cui viene affrontata la questione. Nel nostro paese, infatti, non esiste un quadro di norme nazionali o di linee guida che definiscano principi e strumenti per l'intervento degli enti locali. Nel febbraio 2012, l'Ufficio Nazionale Anti Discriminazioni Razziali ha pubblicato la “Strategia Nazionale per l'inclusione delle popolazioni rom, sinte e caminanti”, ma, allo stato attuale, questo documento costituisce soltanto un documento d'indirizzo e nessuno degli interventi prospettati, in particolare quelli relativi al superamento dei campi-nomadi, è stato implementato. Nel maggio 2008, il neo insediato governo guidato dal premier Silvio Berlusconi, aveva emanato la “Dichiarazione dello Stato di emergenza in relazione alle presenze di campi-nomadi”; si è trattato di un intervento limitato soltanto a tre regioni italiane, quelle con le presenze più consistenti di gruppi rom, e di durata limitata nel tempo, che quindi non ha definito una cornice istituzionale su scala nazionale e che, peraltro, è stato invalidato da una sentenza del T.A.R.

Anche nella vicenda dei rom di Casilino 700 poi ricollocati nel campo-nomadi di via Candoni, l'interessamento della Prefettura e del Ministero dell'Interno ha un carattere episodico e non produce