• Non ci sono risultati.

CAPITOLO III : INFIAMMAZIONE INTESTINALE, VIRUS E METODI D

3.4 AGENTI INFETTIVI, VIRUS E CANCRO DEL COLON

Un gran numero di studi sembra lasciare poco spazio per un ruolo unico di idrocarburi aromatici e di altri composti potenzialmente cancerogeni, che si formano durante la cottura e l'elaborazione di carne rossa o bianca, nell'avvio del cancro al colon.

I dati disponibili sono compatibili con l'interpretazione riguardante l‟esistenza di un fattore di manzo specifico, sospettato di comprendere uno o più virus bovini potenzialmente oncogenici relativamente termoresistenti, come il Papilloma Virus, i Poliomavirus o Virus a DNA a singolo filamento. Questi virus sospettati di contaminare le preparazioni a base di carne di manzo, possono provocare, soprattutto se la carne viene mangiata cruda o poco cotta, un‟infezione latente nel tratto gastrointestinale, e interagire poi sinergicamente con precedenti, concomitanti o successive esposizioni agli agenti cancerogeni chimici che si sviluppano durante le varie procedure di cottura, determinando così un aumento sinergico del rischio di sviluppare un cancro del colon-retto. E‟ opportuno però precisare che non tutte le infezioni portano a tumori umani e che i virus oncogenici umani non causano il cancro come conseguenza diretta dell'infezione, ma necessitano di ulteriori modifiche genetiche nel DNA delle cellule ospite o di una grave immunosoppressione dell'ospite stesso. Le parti centrali della carne di manzo cotta ad un livello medio o scarso non raggiungono infatti temperature superiori ai 40-70°C, mentre questi virus altamente termoresistenti e potenzialmente tumorigenici, si sono dimostrati in grado di sopravvivere a temperature di 80°C per 30 minuti, senza una significativa perdita di infettività.

Negli esseri umani, sono stati identificati nove membri della famiglia di Poliomavirus; uno di loro, il virus JC, è stato dichiarato persistente come DNA nelle cellule tumorali del colon-retto. I virus TT invece, appartenenti alla famiglia degli Anellovirus, possiedono un DNA circolare a singolo filamento e sono stati trovati anche nei bovini e come altri virus con DNA a singolo filamento, essi possono sopravvivere anche a temperature elevate, anche se non è stato ancora possibile eseguire un test diretto della loro termoresistenza. Tra l‟altro un tasso più elevato di DNA del virus TT è stato osservato nel cancro del colon- retto, rispetto alla normale mucosa dello stesso paziente, anche se la presenza onnipresente di virus TT nel sangue, non consentiva tuttavia alcuna conclusione certa. In ogni caso un certo numero di virus patogeni umani non provoca il cancro nel loro ospite nativo, nel quale si replicano attivamente; possono tuttavia diventare cancerogeni in condizioni di incompatibilità di replicazione in un ospite eterologo (ad esempio, roditori e scimmie) o dopo modifiche specifiche sia nei geni delle cellule ospitanti o nel genoma virale latente.27

72

L'identificazione di sospetti fattori infettivi che contribuiscono al tumore del colon-retto non è facilmente raggiungibile. Dal momento che si presuppone un fattore bovino, una linea di ricerca dovrebbe concentrarsi sui virus del bestiame e le famiglie di virus potenzialmente oncogeniche termoresistenti (ad es. Poliomavirus, papillomavirus ed eventualmente virus TT) che potrebbero essere target specifici. La loro identificazione potrebbe così avere implicazioni importanti per la prevenzione, la valutazione del rischio e la terapia di uno dei tumori umani più frequenti.44

Lo schema della patogenesi proposta per il cancro del colon dal Prof. Zur Hausen, che prevede un‟interazione sinergica tra fattori chimici e biologici, è mostrato in Figura 17.

Figura 17. Harald zur Hausen; Red meat consumption and cancer: reasons to suspect involvement of bovine

infectious factors in colorectal cancer. International Journal of Cancer.

Diagramma putativo della patogenesi del cancro del colon. Le frecce indicano esposizioni potenziali ad un virus presunto (frecce rosse) e agli agenti cancerogeni chimici (frecce grige) e sono state disposte arbitrariamente, sottolineando la non necessità di un'interazione sincrona tra il fattore infettivo bovino postulato e gli agenti chimici o altri mutageni biologici.

Per questo motivo le carni bovine da latte e il latte stesso, sono stati etichettati come fattori di rischio per i tumori al colon e al seno, dal momento che diversi piccoli frammenti di DNA circolari geneticamente attivi nelle cellule umane sono stati isolati al loro interno. Diversi rapporti recenti riportano infatti che il consumo di carni rosse è legato ad un aumento del rischio di cancro, oltre che del colon, anche al seno, anche se i dati per

73

quest‟ultimo sono molto meno coerenti, senza contare che l‟analisi del modello globale per l‟incidenza del tumore al seno nella maggior parte del mondo rivela sorprendenti somiglianze con quello del colon.

In aggiunta a questo, anche la sclerosi multipla, sebbene sia una condizione molto diversa, è stata ripetutamente associata al consumo del latte di vacca e di prodotti lattiero-caseari, anche se almeno altri due fattori aggiuntivi sono stati implicati come potenziali cofattori eziologici: la carenza di vitamina D e la riattivazione di vari virus del gruppo herpetico, principalmente il virus dell‟Epstein-Barr (EBV), l'Herpes-Virus umano di tipo 6 e il Virus della Varicella-Zoster. L'identificazione di alcuni nuovi tipi di DNA circolari a singolo filamento di piccole dimensioni (presumibilmente di origine virale) dal siero del bestiame e da prodotti lattiero-caseari commercialmente disponibili, suggeriscono un concetto eziologico che merita di essere considerato. La vitamina D regola infatti negativamente il TGF-β, che è stato dimostrato essere un potente induttore della riattivazione dell‟EBV, cosicchè la carenza di vitamina D comporta un‟up-regulation del TGF-β, il quale a sua volta aumenta la riattivazione dell‟EBV.

La co-infezione di cellule con Herpes-Virus e piccoli virus a DNA a singolo o doppio filamento, provoca una sostanziale amplificazione del piccolo DNA virale, con inibizione parziale dell'Herpes-Virus; l'amplificazione di queste molecole di DNA a singolo filamento mediante la riattivazione del genoma di un herpes-virus persistente, può provocare una risposta immunitaria locale che potrebbe causare la distruzione delle cellule malate.

Figura 18. Schema secondo cui la carenza di vitamina D e le riattivazioni di herpes-virus, potrebbero nel

caso di infezioni doppie potrebbero essere rilevanti nella comparsa dei tumori del colon, del seno e della sclerosi multipla. Abbreviazioni: EBV, virus Epstein-Barr; ss, singolo filamento.

74

Chiaramente, il ragionamento che la carne ed il latte bovino contribuiscono ad aumentare il rischio di tumori del colon e del seno, nonché della sclerosi multipla, si basa su

osservazioni epidemiologiche. Tuttavia, l'individuazione di nuovi agenti nel siero e nel latte di bovini apre nuovi percorsi per analizzare le eziologie di queste comuni malattie umane, anche perché la carenza di vitamina D e le riattivazioni degli herpes-virus sono stati ripetutamente considerati come fattori di rischio per i tumori del seno e del colon. La riattivazione, descritta in Figura 18, di infezioni doppie latenti all'interno della stessa cellula, potrebbe quindi avere un ruolo anche nell'eziologia di questi tumori, portando così ad importanti implicazioni cliniche per approcci futuri nel prevenire e curare questi tumori maligni.41

75