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Rischio multifattoriale nel tumore del colon-retto: valutazione dei fattori alimentari e biologici

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Academic year: 2021

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D

IPARTIMENTO DI

F

ARMACIA

Corso di Laurea Magistrale in Farmacia

TESI DI LAUREA

RISCHIO MULTIFATTORIALE NEL TUMORE

DEL COLON-RETTO: VALUTAZIONE DEI

FATTORI ALIMENTARI E BIOLOGICI

Relatore:

Prof. Stefano Fogli

Candidato:

Luca Gaudiosi

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INDICE

PREFAZIONE ... 4

CAPITOLO I : CANCRO DEL COLON-RETTO ... 7

1.1 DEFINIZIONE E PATOGENESI ... 7

1.2 EPIDEMIOLOGIA ... 8

1.3 CAUSE DI SVILUPPO E FATTORI DI RISCHIO ... 12

1.3.1 Fattori Nutrizionali e legati allo stile di vita ... 12

1.3.2 Fattori genetici ereditari ... 15

1.3.3 Fattori non ereditari ... 16

1.4 PATOGENESI MOLECOLARE DEL CANCRO COLON-RETTALE ... 18

1.4.1 Via della sequenza Adenoma-Carcinoma ... 18

1.4.2 Via dell‟instabilità dei Microsatelliti ... 19

1.5 STADIAZIONE DEL TUMORE... 20

1.6 SINTOMI CLINICI E DIAGNOSI ... 21

1.7 STRATEGIE TERAPEUTICHE ... 24

1.7.1 Chirurgia ... 24

1.7.2 Chemioterapia ... 24

1.7.3 Terapia a Bersaglio Molecolare ... 25

1.7.4 Radioterapia ... 26

CAPITOLO II: ALIMENTAZIONE, CARNE ROSSA E CANCRO ... 29

2.1 CLASSIFICAZIONE DEGLI AGENTI CANCEROGENI ... 30

2.2 FATTORI ALIMENTARI CANCEROGENI ... 31

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2.2.2 Macrocomponenti nutrizionali e cancerogenesi ... 33

2.3 FATTORI ALIMENTARI ANTICANCEROGENI ... 35

2.4 CARNE ROSSA E CARNE PROCESSATA ... 36

2.5 LIVELLI DI CONSUMO DELLA CARNE ROSSA E TUMORE DEL COLON ... 40

2.6 MECCANISMI DI CANCEROGENESI DELLA CARNE ROSSA E LAVORATA ... 42

2.6.1 Ammine Eterocicliche Aromatiche e Idrocarburi Policiclici Aromatici ... 44

2.6.2 Composti N-nitroso (NOC) ... 47

2.6.3 Ferro eme ... 48

2.6.4 Ferro-eme e NOC ... 50

2.6.5 Altre spiegazioni possibili ... 52

2.7 DIFFERENZE NELL’INSORGENZA DI CANCRO DEL COLON NEI VARI PAESI IN RELAZIONE AL CONSUMO DI CARNE ... 52

2.8 DIETE E CARNI A CONFRONTO ... 55

CAPITOLO III : INFIAMMAZIONE INTESTINALE, VIRUS E METODI DI COTTURA DELLA CARNE NELLO SVILUPPO DEL TUMORE DEL COLON .. 58

3.1 L’INFIAMMAZIONE ED IL RUOLO DEL MICROBIOTA INTESTINALE ... 59

3.2 METODI DI COTTURA A CONFRONTO ... 64

3.3 MECCANISMI CANCEROGENICI DEI VIRUS ... 68

3.4 AGENTI INFETTIVI, VIRUS E CANCRO DEL COLON... 71

CAPITOLO IV: PREVENIRE E FRONTEGGIARE LA MALATTIA ... 75

4.1. PREVENZIONE PRIMARIA... 75

4.2 RACCOMADAZIONI E CONSIGLI NUTRIZIONALI ... 77

4.3 RUOLO DEL FARMACISTA... 79

4.4 CONCLUSIONI ... 79

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PREFAZIONE

Innanzitutto è opportuno rispondere alla domanda “Che cos’è il Cancro?”.

Il Cancro è una delle cause principali di morbilità e di mortalità in tutto il mondo, con una media di circa 14 milioni di nuovi casi e di 8,2 milioni di morti ogni anno. Un dato ancora più sconcertante è che il numero di nuovi casi potrebbe aumentare di quasi il 70% nei prossimi due decenni, fino a raggiungere i 22 milioni di nuovi casi l'anno, rendendolo così probabilmente la prima causa di morte a livello mondiale.1

Il Cancro è definito come un insieme di malattie o meglio dal punto di vista molecolare, come un disordine genetico delle cellule somatiche, caratterizzato da un‟incontrollata crescita cellulare, non più soggetta ai fisiologici meccanismi di controllo dell‟organismo. Alla base di questo fenomeno c‟è una mutazione, definita come evento spontaneo ed espressione di un danno conseguente all‟esposizione ad un agente mutageno e cancerogeno, che causa la trasformazione di una cellula da normale a tumorale. Innanzitutto è opportuno spiegare che la proliferazione cellulare, è un processo fisiologico che avviene in quasi tutti i tessuti del nostro organismo. Normalmente esiste un equilibrio tra proliferazione e morte cellulare programmata (apoptosi), ma mutazioni nel DNA, soprattutto a carico di quei geni che promuovono la crescita (detti oncogeni), di quelli che inibiscono la crescita (detti oncosoppressori) e di geni coinvolti nei meccanismi di controllo e di riparazione del DNA, possono portare alla distruzione di questi processi ordinati, innescando così una divisione cellulare incontrollata e quindi la formazione di un tumore. In accordo con quanto detto, la cancerogenesi è un processo lungo e complesso, che avviene attraverso varie tappe, con un accumulo ed un susseguirsi di anomalie genetiche, funzionali e morfologiche. Quindi la comparsa di un cancro richiede più di una mutazione, anche perchè il nostro organismo è in grado, attraverso processi di riparazione e attivazione del sistema immunitario, di contrastare i processi di trasformazione, ma se questa capacità viene perduta, la cellula si trasforma gradualmente in cellula tumorale. A questo processo partecipano tutta una serie di fattori, che rendono il tumore una malattia ad eziologia multifattoriale, tra cui rientrano cause di tipo ambientale, genetiche, infettive e legate agli stili di vita, ma anche l‟età, intesa non tanto come invecchiamento di per sé, ma come accumulo di esposizione a diversi cancerogeni. In questo modo si ha un sinergismo tra vari fattori di rischio che si sommano nel determinare la malattia, ai quali vanno aggiunte le capacità di reazione dell‟ospite, intese sia come meccanismi di difesa

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immunitaria sia come processi di riparazione dei danni al DNA. Altra cosa importante da dire è che nella maggior parte dei casi, per i tumori non si parla di "ereditarietà" ma di "familiarità": ciò significa che con i geni non si trasmette la malattia, ma solo una maggiore predisposizione a svilupparla. (Fig.1)

In genere un agente cancerogeno agisce sul DNA cellulare provocando prima un processo di Trasformazione Neoplastica (rapido e irreversibile) e successivamente una fase di Progressione Neoplastica (lenta e irreversibile). A questo contesto iniziale si aggiungono poi altri meccanismi essenziali per la progressione della malattia, di cui, uno è il cosiddetto microambiente, cioè il contesto in cui il tumore si sviluppa, caratterizzato dalla presenza di fattori di crescita, ma soprattutto di una condizione di infiammazione cronica, considerata il più importante filo conduttore che unisce tra di loro stili di vita nocivi (alimentazione scorretta, sedentarietà, fumo) e la malattia, poichè induce la produzione di sostanze e di ormoni che ne facilitano la crescita. Altro meccanismo necessario è lo switch angiogenico, cioè la capacità del tumore di costruire i propri vasi sanguigni, tali da permettergli di crescere indisturbato, avere a disposizione più nutrienti e crearsi vie di fuga per dare origine a metastasi, consentendogli così di evolversi da malattia d‟organo a malattia sistemica generalizzata.

Nel contesto di tutti i tumori uno molto diffuso è il cancro del colon-retto (CCR), che rappresenta la terza malignità diagnosticata più comunemente e la quarta causa principale di morti connesse al cancro nel mondo, con 1,4 milioni di nuovi casi e quasi 700 000 morti nel 2012; si prevede però che il suo peso possa aumentare del 60%, arrivando a più di 2,2 milioni di nuovi casi e 1,1 milioni di morti entro il 20302.

L‟obiettivo di questa tesi, è quello di voler dimostrare non solo l‟importanza della prevenzione per ridurre l‟incidenza di questa neoplasia, ma soprattutto, il fatto ormai sempre più evidente, che lo stile di vita è spesso chiamato in causa come principale fattore di aumento del rischio nell‟incidenza del tumore al colon. I fattori dietetici, e in particolare il consumo di carni rosse e d‟insaccati, sembrano essere maggiormente coinvolti nel determinismo della malattia, mentre il consumo di frutta e verdure, carboidrati non raffinati e pesce, insieme ad una maggiore attività fisica ed al mantenimento del corretto peso forma rappresentano fattori protettivi.3

Altro aspetto importante è che secondo alcune ricerche realizzate dal virologo, premio Nobel, Harald Zur Hausen, sarebbe un‟interazione sinergica, anche non concomitante, tra

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fattori chimici e biologici la causa principale del tumore del colon, oltre che del tumore alla mammella e del polmone (nei non fumatori). Ci sarebbe un sinergismo tra un‟infezione transitoria o latente causata da possibili virus cancerogeni, relativamente termoresistenti, presenti nella carne di manzo cruda o poco cotta e alcune mutazioni indotte da idrocarburi policiclici aromatici, sviluppatisi durante la cottura della carne, in particolare alla brace. Infatti questi virus sembra possano causare un‟infezione latente nel tratto gastro-intestinale e che le loro potenzialità cancerogene, inizialmente tenute a bada da specifiche proteine cellulari, con il sopraggiungere di mutazioni indotte da idrocarburi aromatici, composti N-nitroso e amine aromatiche eterocicliche, sviluppatisi durante la cottura delle carni, creino infine la giusta „alchimia‟ per l‟induzione del tumore.

Al contrario il consumo di carni bianche e di pesce è considerato „sicuro‟ o addirittura “protettivo”, anche quando si usano metodi di cottura (grigliatura, affumicatura o frittura) in grado di generare idrocarburi aromatici eterociclici in elevate concentrazioni3,4.

Infine questa tesi ha lo scopo di contribuire ad aumentare la conoscenza dei principali fattori di rischio per lo sviluppo del tumore del colon, in modo da spingere la popolazione a modificare i propri stili di vita, seguire una dieta sana ed equilibrata e ad aderire alle campagne di screening affinchè questo “male” possa essere combattuto e possa far sempre meno paura.

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CAPITOLO I: CANCRO DEL COLON-RETTO

1.1 DEFINIZIONE E PATOGENESI

Il cancro del colon-retto (CCR) è causato dalla proliferazione incontrollata delle cellule della mucosa, cioè del rivestimento interno della parete intestinale. Nella maggior parte dei casi deriva dalla trasformazione in senso maligno di polipi, ovvero di piccole escrescenze derivanti dal proliferare delle cellule della mucosa intestinale e considerate forme precancerose, sebbene rientrino tra le patologie benigne. Il polipo, in base alle sue caratteristiche, può essere definito: sessile (cioè con la base piatta) o peduncolato (ovvero attaccato alla parete intestinale mediante un piccolo gambo); non tutti i polipi, però, sono a rischio di malignità, e tra questi, ve ne sono infatti tre diversi tipi:

- Polipi Iperplastici, cioè caratterizzati da una mucosa a rapida proliferazione; - Polipi Amartomatosi, detti anche polipi giovanili;

- Polipi Adenomatosi.

La prognosi del polipo è legata sia alle sue dimensioni sia al grado di displasia; per cui la probabilità che un polipo evolva verso una forma invasiva di cancro è:

- minima (inferiore al 2%) per dimensioni inferiori a 1,5 cm; - intermedia (2-10%) per dimensioni di 1,5-2,5 cm;

- significativa (>10%) per dimensioni maggiori di 2,5 cm.

Per displasia invece, si intende un‟alterazione della differenziazione cellulare dimostrabile istologicamente, ma priva delle alterazioni citologiche tipiche del cancro. La displasia presente nei polipi adenomatosi, è l'effetto dell'insorgenza di mutazioni a carico delle cellule germinali, che si trovano presso il fondo delle ghiandole intestinali, le quali vanno incontro periodicamente a divisioni mitotiche, differenziandosi così nei vari tipi di cellule dell'epitelio del colon, soggetto a continua rigenerazione. Un‟alterazione del processo differenziativo, chiamata appunto displasia, si manifesta con l‟accumulo, nello spessore dell‟epitelio, di cellule che proliferano senza differenziarsi o la cui differenziazione è ritardata; in questo modo l‟epitelio diventa ispessito, portando all‟attivazione della sequenza “adenoma-carcinoma”. Durante questa sequenza un adenoma tubulare con displasia di grado crescente (lieve, moderata e severa), arriva, ingrandendosi sempre di più,

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al carcinoma invasivo ed infine metastatico (nel caso in cui il polipo non sia stato rimosso precocemente). Una volta essersi trasformata in tessuto canceroso, la mucosa intestinale può presentarsi con caratteristiche diverse a seconda dell'aspetto visibile al microscopio, e di conseguenza, prendere un nome diverso: adenocarcinoma, adenocarcinoma mucinoso, adenocarcinoma a cellule ad anello con castone o semplicemente carcinoma (più raro). I tumori del colon-retto a seconda delle caratteristiche di aggressività, vengono distinti in: adenomi (forme benigne) o adenocarcinomi (forme maligne), anche se la stragrande maggioranza (circa il 95%), è costituita da adenocarcinomi. Quest‟ultimi derivano dalla trasformazione in senso maligno di polipi adenomatosi, ovvero piccole lesioni pre-cancerose inizialmente benigne capaci di evolvere in cancro con il tempo e che si sviluppano in seguito ad un cambiamento nelle cellule della parete del colon causato da una crescita anormale, di tipo ghiandolare del tessuto. E‟ importante ricordare però, che un adenoma può essere considerato maligno, solo quando le cellule neoplastiche hanno oltrepassato la tonaca muscolare e infiltrato la sottomucosa.5,6,7

Dal punto di vista anatomico, il colon è l`ultimo tratto dell`intestino ed è suddiviso in 4 sezioni: colon destro o ascendente, colon trasverso, colon sinistro o discendente e sigma; insieme al cieco e al retto, lungo circa 15 cm, il colon forma un tubo muscolare e mucoso avente una lunghezza complessiva di quasi 2 metri. Dal punto di vista funzionale, il colon è la parte dell'apparato digerente attraverso la quale passa il materiale digerito e riciclato prima dell'eliminazione. Per questo motivo non assolve un ruolo fondamentale nell'assorbimento dei nutrienti, ma si occupa essenzialmente dell'assorbimento di acqua, sale ed elettroliti, in modo da trasformare i residui non assorbibili ottenuti dalle sostanze alimentari ingerite, digerite nello stomaco e assorbite nell‟intestino tenue, in feci solide e di sintetizzare, grazie al microbiota umano presente, alcune vitamine liposolubili essenziali a partire dalle sostanze di scarto, prima che siano eliminate dall'organismo.

1.2 EPIDEMIOLOGIA

Il cancro del colon-retto rappresenta i due terzi di tutti i tumori maligni gastrointestinali. La sua incidenza varia nelle diverse zone del mondo, ma in occidente è più frequente, tanto che in Italia nel 2016 ne sono state stimate circa 52.000 nuove diagnosi, collocandosi secondo i dati AIRTUM (Associazione Italiana Registri Tumori), tra gli uomini al terzo

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posto, rappresentando il 13% di tutti i nuovi tumori, preceduto da prostata e polmone, mentre tra le donne è al secondo posto, preceduto dalla mammella, con il 13%. Nella classifica dei tumori più frequenti per gruppi di età, il tumore del colon occupa sempre posizioni elevate, variando nelle diverse fasce di età, tra l‟8% e il 14% negli uomini e tra il 4% e il 17% nelle donne.5

La diffusione dei fattori di rischio, l‟anticipazione diagnostica e l‟aumento dell‟età media della popolazione, sono alla base della progressiva crescita nell‟incidenza di questo tumore negli anni passati. Il trend temporale infatti, per gli uomini è passato da un andamento in crescita fino alla metà degli anni Duemila (+2,2%/anno nel periodo 1999-2007) ad una successiva riduzione (-6,8%/anno dopo il 2007), grazie all‟attivazione dei programmi di screening; l‟andamento è simile nel sesso femminile, in cui si osserva un incremento (+2,1%/anno nel periodo 1999-2006) e successivamente una riduzione (-3,6%/anno). I confronti geografici nazionali mostrano valori omogenei nel Centro-Nord e inferiori al Sud, sia nei maschi (Sud -15% rispetto al Nord) sia nelle femmine (Sud -12%). Per quello che riguarda la mortalità invece, nel 2013 sono stati osservati in Italia 18.756 decessi, (ISTAT) (di cui il 54% negli uomini), collocandosi al secondo posto nella mortalità per tumore (10%nei maschi, 12% nelle femmine), e tra il secondo e terzo posto nelle varie fasce di età. In ogni caso la mortalità è in calo sia nel sesso maschile (-1,1%/anno), sia in quello femminile (-1,4%); anche il gradiente Nord-Centro-Sud si è ridotto, poiché nelle Regioni settentrionali, centrali e meridionali i tassi standardizzati di mortalità per 100.000 abitanti sono rispettivamente di 23,3, 23,7, 22,4 per gli uomini e 13,6, 13,3, 14,0 per le donne.5

Il carcinoma del colon-retto presenta una prognosi sostanzialmente favorevole; infatti la sopravvivenza a 5 anni in Italia è pari al 60,8% per il colon e 58,3% per il retto, più elevata rispetto alla media europea (50,7% e 55,8% rispettivamente), ma più simile al Nord Europa (59,0% e 59,5% rispettivamente). La sopravvivenza però, dipende molto dallo stadio della malattia al momento della diagnosi, potendo raggiungere l'80-90% nelle forme precoci; in ogni caso sono oltre 427.000 i pazienti con pregressa diagnosi di CCR in Italia (53% maschi), al secondo posto tra tutti i tumori e pari al 14% di tutti i pazienti oncologici, anche se il 17% di questi si trova in verità ad ormai oltre 15 anni dalla diagnosi.5,8

Sulla base dei dati relativi alle stime dei tassi di incidenza e mortalità nel 2012, estrapolati dal GLOBOCAN database, valutando i modelli temporali per 37 nazioni e usando dati prelevati dal Cancer Incidence in Five Continents e dal WHO mortality database, è emerso

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che in generale i tassi di incidenza e mortalità variano ampiamente in tutto il mondo, riflettendo i livelli di sviluppo economico, tanto da essere diffuso soprattutto nei paesi industrializzati. Le attuali tendenze però, mostrano un continuo aumento di incidenza nei paesi aventi un indice di sviluppo medio-alto, probabilmente in conseguenza di un‟alimentazione e di uno stile di vita sempre più simili a quelli occidentali. In particolare è emerso anche che i tassi di incidenza e mortalità continuano ad aumentare rapidamente in nazioni mediamente sviluppate, come Europa orientale, Asia e Sud America, a causa dello sviluppo sociale ed economico in corso. Al contrario tendenze stabilizzanti o diminuite possono essere osservate solo nei paesi altamente sviluppati, come Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda e molti paesi dell‟Europa occidentale, dove i tassi rimangono però tra i più alti del mondo, in quanto comprendono più di due terzi dei casi e circa il 60% di tutti i decessi. (Fig.2).

Figura 2. Incidenza e mortalità del cancro colon-rettale a livello mondiale negli uomini nel 2012,

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Nello specifico sono stati individuati tre modelli di tendenze per l‟incidenza e la mortalità del tumore del colon-retto nel mondo:

1. Il primo, comprende Paesi con un aumento di entrambi i tassi, come Filippine, Cina, Colombia, Bulgaria, Costa Rica, Brasile, Russia, Estonia, Lituania, Croazia, Spagna, Lettonia, Polonia;

2. Il secondo riguarda Paesi aventi un aumento dell‟incidenza ed una diminuzione della mortalità, come Canada, Danimarca, Svizzera, Irlanda, Svezia, Singapore, Finlandia, Norvegia, Slovacchia, Regno Unito, Paesi Bassi, Italia, Malta, Slovenia;

3. Il terzo modello include Nazioni aventi una diminuzione di entrambi i tassi, tra cui Stati Uniti (Bianchi), Stati Uniti (Neri), Austria, Nuova Zelanda, Repubblica Ceca, Islanda, Francia, Giappone, Australia, Israele.2

Le ragioni che possono spiegare queste diverse tendenze, sono probabilmente da ricollegare ad un aumento della diagnosi precoce, così come ai miglioramenti compiuti nei campi della chirurgia, radioterapia e chemioterapia, in particolare per i paesi del modello 3. Al contrario l‟aumento dell‟incidenza nei paesi in via di sviluppo dei modelli 1 e 2, è da ricollegarsi all‟assunzione di stili di vita sempre più simili a quelli occidentali caratterizzati da una maggiore esposizione ai principali fattori di rischio, tra cui il maggior consumo di alcool, una dieta povera di frutta e verdura associata soprattutto ad un maggior consumo di carni rosse e lavorate, l‟obesità, la sedentarietà e il fumo. Non si deve però dimenticare, che la crescita economica in questi paesi a reddito medio-basso, ha infatti spostato i modelli dietetici verso una maggiore assunzione di grassi, zuccheri e alimenti di origine animale.

Questo ha permesso quindi di dimostrare, come probabilmente l'onere ed il peso della malattia sia destinato ad aumentare nei decenni futuri, soprattutto nei paesi a basso o medio reddito, mettendo in evidenza la necessità urgente di intraprendere un'azione di controllo per fermare il continuo aumento percentuale della mortalità in questi paesi.2

A dimostrazione della stretta correlazione tra tumore del colon e stile di vita tipicamente occidentale ed industrializzato, vi è l‟aumento di incidenza della neoplasia nelle popolazioni immigrate, che provenienti da zone a basso rischio si trasferiscono nei paesi industrializzati, rispetto a coloro che invece rimangono nel loro paese nativo.9

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Figura 3. Correlazione standardizzata per età, tra l'incidenza del cancro colon-rettale (grafico a sinistra) e la

mortalità (grafico di destra) e l'Indice di Sviluppo Umano (HDI) in entrambi i sessi (GLOBOCAN 2012).

1.3 CAUSE DI SVILUPPO E FATTORI DI RISCHIO

In base ai fattori di rischio, la popolazione viene suddivisa in due categorie:

a) a Rischio Generico: comprende pazienti che non manifestano segni o sintomi suggestivi per CCR e non hanno fattori di rischio genetico o famigliare;

b) a Rischio Aumentato: ovvero pazienti che manifestano segni o sintomi suggestivi per CCR o hanno fattori di rischio genetico o famigliare.10

In ogni caso molte sono le cause che concorrono a determinare il cancro del colon-retto, tra le quali alcune legate alla dieta e allo stile di vita, altre genetiche e altre di tipo non ereditario, tra cui anche cause infettive e recentemente altre legate al microbiota intestinale.

1.3.1 Fattori Nutrizionali e legati allo stile di vita

Molti studi dimostrano che una dieta ad alto contenuto di calorie, ricca di grassi animali, con elevato consumo di carni rosse e d‟insaccati, farine e zuccheri raffinati, e povera di fibre, è associata ad un aumento dei tumori intestinali, in associazione al sovrappeso e alla ridotta attività fisica, al fumo e l‟eccesso di alcool. Al contrario diete ricche di fibre (cioè caratterizzate da un alto consumo di frutta e verdure) sembrano avere un ruolo protettivo, anche se al riguardo c‟è grande discordanza tra gli studi.5,8,9,11.

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In particolare, chi mangia carne di manzo, maiale o agnello come piatto principale, per più di 5 volte alla settimana, ha un rischio aumentato di 3 volte di sviluppare il tumore rispetto a chi mangia carne solo una volta al mese. Il meccanismo preciso responsabile di questa induzione non è ancora ben conosciuto, anche se esistono diverse ipotesi che potrebbero spiegare questa correlazione.

I carboidrati altamente raffinati, ad esempio, sembra possano stimolare la secrezione di insulina, che induce poi la proliferazione cellulare, anche se non tutti gli studi confermano questo dato. Il consumo di alcool, invece, è stato associato dalla maggior parte degli studi, ad un aumentato rischio di tumore del colon, anche se, come nei casi precedenti il meccanismo non è stato ancora ben chiarito; pare però possa essere correlato alla sua capacità di ridurre i livelli di folati, i quali sembra abbiano un effetto anti-cancerogenico, oppure ad una alterazione della metilazione del DNA.

Per quello che riguarda il fumo di tabacco, questo non è stato strettamente associato ad un aumentato rischio di CCR, probabilmente a causa di un lasso di tempo troppo ampio (circa 30-40 anni) tra l‟esposizione al fumo e la formazione del tumore. E‟ però interessante notare che l‟incidenza di tumore del colon, appare maggiore in pazienti che hanno iniziato a fumare in giovane età, pur avendo smesso in un secondo tempo, rispetto a fumatori che hanno iniziato in età più avanzata; questo è in accordo con un iniziale e irreversibile danno genetico. Tuttavia, il tabacco è stato associato ad un aumentato rischio di adenoma intestinale, proprio perché, il tempo tra l‟esposizione e l‟insorgenza è minore rispetto al tumore del colon-retto, in quanto il tabacco rilascia una serie di composti cancerogeni, compresi idrocarburi policiclici aromatici, ammine eterocicliche aromatiche e nitrosammine, capaci di raggiungere la mucosa colon-rettale attraverso il sistema circolatorio o per ingestione diretta.

Infine per quanto riguarda l‟obesità e un elevato Body Max Index (BMI), è stato dimostrato che il BMI è direttamente associato al rischio di cancro del colon, in quanto, rispetto ad individui con un BMI <23.0 kg/m2, l'aumento del rischio è stato del 14% per soggetti con un BMI di 23,0-24,9, del 19% per un BMI di 25,0-27,4, del 24% per il BMI di 27,5-29,9 e del 41% nel caso di BMI ≥30,0 kg/m2. Anzi l‟associazione è più forte per gli uomini rispetto alle donne, e allo stesso modo, anche valori elevati di circonferenza addominale e del rapporto girovita-fianco si correlano con un aumentato rischio. In particolare si è visto che il rischio di cancro del colon aumenta del 33% negli uomini e del 16% nelle donne con un incremento di 10 cm nella circonferenza vita. I meccanismi responsabili di questo aumentato rischio non sono stati ancora del tutto chiariti, ma

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sembrano essere collegati all‟aumentata produzione di insulina, come mostrato in Fig.4, tanto che per questo motivo, anche gli individui affetti da diabete mellito di tipo 2, con insulino-resistenza, sembra possano avere un aumento del rischio di tumore del colon. Accanto all‟obesità, l‟attività fisica è uno dei più noti fattori in grado di ridurre il rischio di carcinoma colon-rettale e persino di adenoma, in quanto andando a stimolare la peristalsi intestinale, aiuta a mantenere una fisiologica funzionalità del colon e aiutando tra l‟altro a combattere l‟obesità, riduce anche l‟azione di quest‟ultimo fattore di rischio.9,12.

Figura 4. Meccanismi proposti per l'insulina che collegano la dieta, l'obesità e l'attività fisica al cancro del

colon-retto.

L'obesità addominale, l'inattività fisica e alcuni aspetti tipici di una dieta occidentale, capaci di stimolare la secrezione di insulina, possono quindi aumentare il rischio di tumore del colon-retto causando ripetuti periodi di iperinsulinemia. In conseguenza di questo, alti livelli di insulina possono avere effetti diretti sulle cellule sensibili attraverso i recettori dell‟insulina o attraverso i recettori IGF-1, diminuendo le proteine legate all'IGF e aumentando così i livelli liberi di IGF-1. L'attivazione dell'insulina e dei recettori IGF-1 può così portare ad una maggiore proliferazione cellulare e ad una diminuzione dell'apoptosi, con conseguente innesco della tumorigenesi.9

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15 1.3.2 Fattori genetici ereditari

Circa un terzo dei tumori del colon-retto presenta caratteristiche di familiarità riconducibili a suscettibilità ereditarie, però solo una parte di questo rischio familiare, circa il 2-5%, è dovuto a sindromi ereditarie, tra cui la Poliposi Adenomatosa Familiare (FAP) e il Cancro

colon-rettale ereditario non-poliposico (HNPCC), chiamato anche Sindrome di Lynch. In

queste due sindromi, sono state identificate mutazioni in un gene chiave nei processi di regolazione della proliferazione e differenziazione cellulare o di riparazione delle mutazioni, che normalmente avvengono nel genoma umano e il paziente eredita dai genitori con una probabilità del 50%, indipendentemente dal sesso, portando ad un'accelerazione del tumore. Per questo motivo i pazienti affetti da queste sindromi tendono generalmente a sviluppare il tumore del colon in un‟età più precoce.5,8,10,11

La FAP, è la seconda sindrome ereditaria più comune capace di portare allo sviluppo di cancro del colon, in circa l‟1% dei casi; è causata da una mutazione germinale del gene oncosoppressore APC, trasmessa dai genitori ai figli nella maggior parte dei casi per via autosomica dominante. E‟ caratterizzata dall‟insorgenza in giovane età, di centinaia di polipi adenomatosi nel colon, con inevitabile evoluzione in senso carcinomatoso, conferendo praticamente il 100% di possibilità di sviluppare una neoplasia del colon entro i 40 anni d‟età, in assenza di un intervento terapeutico, visto che l‟età di insorgenza dei primi polipi varia dai 10 ai 30 anni.10

La HNPCC è invece la sindrome maggiormente responsabile del tumore al colon, e che ereditata in modo autosomico dominante, è caratterizzata da una forte predisposizione a sviluppare un cancro colon-rettale in età adulta. Questa sindrome si sviluppa in seguito ad una mutazione germinale dei geni, che formano il cosiddetto mis-match-repair system (MMRS), necessari alla riparazione degli errori di allineamento del DNA e chiamati appunto MMR. Questi geni sono essenziali per riparare eventuali mutazioni, che possono verificarsi nella replicazione dei microsatelliti, cioè di brevi sequenze di DNA ripetute, le quali facilmente possono slittare durante la replicazione del materiale genetico. Normalmente i geni MMR sono in grado di correggere questi errori, ma se il gene è mutato, la mutazione non può essere riparata e andrà ad accumularsi ad altre mutazioni, accelerando la cancerogenesi, tanto che i portatori di questa sindrome hanno, nel corso della loro vita, un rischio pari al 50-80% di incorrere nel CCR.10

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Per quanto riguarda invece, il fatto di avere o aver avuto in famiglia un caso di tumore del colon-retto, per i familiari il rischio di ammalarsi è più alto, soprattutto se la malattia è stata diagnosticata in un parente stretto (genitore, fratello o sorella) ad un‟età inferiore a 45 anni, oppure in più parenti stretti della stessa famiglia. In circa il 15-20% dei casi, il cancro colon-rettale si presenta in pazienti con una familiarità semplice o complessa, dove per familiarità semplice, si intende quei pazienti che presentano un solo parente di primo grado con tumore del colon diagnosticato dopo i 50 anni di età, e che hanno per questo un rischio relativo doppio o triplo rispetto alla popolazione generale di sviluppare loro stessi la malattia. Per familiarità complessa si intende invece la presenza nel nucleo familiare di uno o più parenti con diagnosi di neoplasia colon-rettale e il soggetto che non rientra nella definizione di familiarità semplice o di sindrome ereditaria (FAP, HNPCC).10,13.

In particolare, i pazienti che hanno un parente di primo grado con diagnosi di malattia prima dei 50 anni di età, o due parenti di primo grado con CCR, presentano un rischio aumentato di 3-4 volte rispetto alla popolazione generale; allo stesso modo presentano un rischio aumentato i pazienti con due parenti di secondo grado con CCR (≈ 2-3 volte), con un parente di primo grado con un polipo adenomatoso (≈ 2 volte), soprattutto se in stadio avanzato (diametro ≥ 1 cm o villoso) o con un parente di secondo o terzo grado con CCR (≈ 1.5 volte). In tutti questi casi, è stato notato un progressivo aumento del rischio al ridursi dell‟età di diagnosi del caso indice, in particolare se rilevato ad un‟età ≤ 60 anni.10

1.3.3 Fattori non ereditari

Tra i fattori non ereditari troviamo in primis l‟età, la quale è direttamente proporzionale all‟insorgenza del tumore. Il rischio generico per tumore del colon in Italia, collegato all‟età, è valutato in termini di rischio cumulativo intorno al 6%, tanto che come dimostrato dalla tabella 1, comincia ad essere rilevante a 50 anni, è raro fino ai 40 anni, quando spesso è associato ad una componente genetica, ed aumenta progressivamente fino a raggiungere il picco verso i 70 anni. L‟età media d‟insorgenza è infatti 68 anni e l'incidenza è 10 volte superiore tra le persone di età compresa tra i 60 e i 64 anni rispetto a coloro che ne hanno 40-44.10,14.

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Tabella 1. Rischio cumulativo in soggetti asintomatici

Oltre all‟età, altri fattori che possono portare ad un aumento del rischio di tumore del colon, riguardano le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI), tra cui la Colite

Ulcerosa e il Morbo di Crohn, probabilmente a causa del persistente stato

d‟infiammazione della mucosa intestinale, che può portare ad un aumento della proliferazione cellulare e dello stress ossidativo. In generale, in questi casi il rischio di sviluppare un carcinoma aumenta all‟aumentare del tempo, con un‟insorgenza media dopo 17 anni dalla diagnosi di MICI, anche se l‟entità di aumento del rischio è in stretta correlazione con l‟estensione e la durata della malattia. Tra i fattori non ereditari c‟è anche, nella storia personale, una pregressa diagnosi di polipi adenomatosi, che aumenta significativamente il rischio rispetto alla popolazione generale, in particolare nel caso di un adenoma con ∅ >1 cm, villoso, con displasia severa o di adenomi multipli (≥ 3), e anche una pregressa diagnosi nella propria vita di CCR (Tabella 2).5,10,11.

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1.4 PATOGENESI MOLECOLARE DEL CANCRO COLON-RETTALE

Nella cancerogenesi del tumore del colon, c‟è una ben definita concatenazione di alterazioni genetiche che conduce all‟insorgenza di questa neoplasia; in particolare sono state definite due sequenze ben precise che portano alla sua formazione, ambedue dovute ad accumulo di mutazioni multiple:

1) la via della sequenza adenoma-carcinoma 2) la via dell‟instabilità dei microsatelliti.

1.4.1 Via della sequenza Adenoma-Carcinoma

Questa sequenza è caratterizzata da un‟instabilità cromosomica che determina il graduale accumulo di mutazioni in oncogeni e in geni oncosoppressori. In questa via la progressione molecolare che porta al carcinoma, si verifica attraverso una serie di fasi, nelle quali inizialmente si ha una proliferazione localizzata dell‟epitelio del colon, seguita dalla formazione di piccoli adenomi, che si ingrandiscono progressivamente assumendo una displasia sempre più evidente e che poi si trasformano in carcinomi invasivi. Quindi si ha, prima il passaggio da mucosa normale ad adenoma a basso grado di displasia (LGD), poi ad adenoma ad alto grado di displasia (HGD) ed infine a carcinoma.

Figura 5. Fasi evolutive di un polipo intestinale nella sequenza adenoma-carcinoma

Le mutazioni genetiche principali a carico di questa via sono:

- Perdita del gene APC (Adenomatous Poliposis Coli): la perdita di questo gene oncosoppressore è ritenuta il primo evento nella formazione degli adenomi; l‟APC regola infatti il ciclo cellulare e modula l‟interazione cellulare tramite la beta-catenina. In caso di mutazione di questo gene la beta-catenina si accumula nel citoplasma

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portando ad un‟adesione cellulare deficitaria e ad un‟eccessiva attività proliferativa. Oltre l‟80% dei tumori del colon mostra una mutazione dell‟APC e il 50% dei tumori senza una mutazione mostra comunque una mutazione della beta-catenina;

- Mutazione del gene K-RAS: è l‟oncogene più comunemente attivato in circa il 50% degli adenomi e nel 50% dei carcinomi del colon; questo gene ha normalmente la funzione di interruttore nella trasduzione del segnale dalla superficie cellulare ai bersagli intracellulari;

- Perdita del gene p53: rara negli adenomi, ma è una mutazione presente in circa il 70-80% dei tumori. Questo gene codifica per un fattore di trascrizione, che in risposta ad un danneggiamento del DNA, induce l‟arresto del ciclo cellulare e la morte apoptotica delle cellule mutate; al contrario, in sua assenza questo processo non può avvenire, favorendo la proliferazione di cellule mutate;

- Perdita dello SMAD-4: la perdita di questo gene ha un effetto oncogeno sul tratto gastrointestinale;

- Attivazione della telomerasi: i telomeri, che hanno la funzione di stabilizzare i cromosomi, si accorciano progressivamente ad ogni mitosi, portando infine alla senescenza della cellula e alla sua apoptosi. L‟attivazione delle telomerasi però, impedisce l‟accorciamento dei telomeri, portando quindi all‟immortalità della cellula, che costituisce il requisito fondamentale per ogni cellula tumorale; la maggior parte degli adenomi non mostra attività telomerasica, diversamente da quanto accade nella maggior parte dei carcinomi. Questo indica che l‟attivazione della telomerasi è una mutazione tardiva nella sequenza adenoma-carcinoma.15

1.4.2 Via dell’instabilità dei Microsatelliti

Questa seconda via è caratterizzata da mutazioni nei geni riparatori degli errori di allineamento del DNA, chiamati MMR, essenziali per riparare eventuali mutazioni che possono verificarsi nella replicazione dei microsatelliti, ovvero di brevi sequenze di DNA ripetute che facilmente possono slittare durante la replicazione del DNA. Normalmente i geni MMR sono in grado di correggere questi errori, ma se il gene è mutato, lo slittamento non può essere riparato. La maggior parte delle sequenze di microsatelliti è in regioni non codificanti del genoma, e quindi mutazioni in queste regioni sono probabilmente innocue; tuttavia, poiché alcune sequenze di microsatelliti sono localizzate in regioni codificanti,

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includendo anche geni che regolano la proliferazione cellulare, mutazioni a questo livello possono indurre la cancerogenesi.15

1.5 STADIAZIONE DEL TUMORE

Il termine Stadio è utilizzato convenzionalmente dai medici per descrivere le dimensioni di un tumore e la sua eventuale diffusione ad altri organi, allo scopo di stabilire il trattamento più appropriato per il singolo caso; a volte lo stadio esatto di un tumore del colon-retto, si può conoscere però solo dopo averlo asportato con l'intervento chirurgico.

In genere, il cancro del colon si classifica secondo quattro stadi: stadio I: il tumore è circoscritto all'interno della parete intestinale;

stadio II: il tumore ha invaso tutta la parete intestinale, ma i linfonodi sono indenni; stadio III: il tumore ha invaso uno o più linfonodi localizzati vicino all'intestino; i

linfonodi sono di solito i primi ad essere raggiunti dalle cellule tumorali se la neoplasia si diffonde al di fuori dell'intestino;

stadio IV: il tumore si è diffuso ad altri organi quali il fegato o il polmone.

Se la malattia si ripresenta dopo il trattamento, si parla di recidiva.

Il termine Grading, è invece normalmente utilizzato dai medici per descrivere l'aspetto delle cellule tumorali al microscopio e classificare il tumore in base al grado di differenziazione cellulare e alla rapidità con cui può crescere; pertanto i tumori del colon-retto si classificano secondo tre gradi:

grado 1: grado basso

grado 2: grado intermedio o moderato grado 3: grado alto.

Nei tumori di grado 1, le cellule tumorali sono molto simili alle cellule normali, tendono a crescere lentamente e difficilmente si diffondono ad altri organi; al contrario, nei tumori di grado 3 le cellule sono molto differenziate, tendono a crescere rapidamente e a diffondersi ad altri organi.13

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1.6 SINTOMI CLINICI E DIAGNOSI

Il carcinoma del colon-retto si manifesta nella metà dei casi nel sigma (ovvero nell'ultima parte del colon vero e proprio) e nel retto, in un quarto dei malati è il colon ascendente ad essere colpito, mentre la localizzazione nel colon trasverso e in quello discendente è piuttosto rara, tanto che si verifica in un caso su cinque circa. Spesso, può essere presente da molto tempo prima di manifestarsi con segni clinici, anche se in relazione alla sede di insorgenza, si possono avere segni diversi con tempi di comparsa diversi.11

 Nelle Fasi Iniziali il tumore è asintomatico o oligosintomatico; i principali segni d‟allarme sono:

 Presenza di sangue nelle feci;

 Modificazione persistente delle abitudini intestinali (frequenza delle evacuazioni e consistenza, composizione e forma delle feci).

 Nelle Fasi più avanzate, la malattia può presentarsi con il quadro dell‟occlusione o della subocclusione intestinale, determinando la comparsa di:

 Gonfiore e distensione addominale improvvisi e ingravescenti;

 Assenza di movimenti intestinali con drammatica riduzione fino all‟interruzione delle evacuazioni;

 Dolore addominale e vomito.

 I principali Sintomi Tardivi sono:  Anemia;

 Perdita di peso.

Relativamente al tratto del cieco e del colon ascendente, a causa dell‟ampio diametro di questo segmento colico, i tumori del lato destro tendono ad accrescersi maggiormente rispetto a quelli del lato sinistro, prima di creare una sintomatologia evidente, ed hanno per questo motivo una diagnosi tendenzialmente più avanzata, tanto che i suoi sintomi sono spesso quelli ormai tardivi.

Per quello che riguarda invece la progressione della malattia, il cancro colon-rettale tende a diffondere con le seguenti modalità:

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 Per continuità: ovvero lungo la parete intestinale;

 Per contiguità: attraverso la parete intestinale passa agli organi vicini, con possibilità di formazione di tragitti fistolosi tra l‟organo e il tumore;

 Per via linfatica: in particolare ai linfonodi epicolici, situati cioè nella parete intestinale, paracolici ed intermedi, situati a livello del mesentere ed infine ai linfonodi principali, cioè quelli situati alla radice del mesentere;

 Per via ematica: con formazione di metastasi a distanza; va sottolineato però, che esistono due differenti vie di deflusso venoso. Di queste, una riguarda il colon e la porzione superiore del retto, drenate per via portale e in questo caso le metastasi saranno localizzate soprattutto al fegato, l‟altra riguarda invece la porzione distale del retto, che essendo drenata tramite le vene emorroidarie inferiori per via sistemica, provocherà metastasi localizzate principalmente a polmoni, ossa o encefalo.15

Per quello che riguarda la Diagnosi, il tumore del colon-retto viene oggi diagnosticato sempre più precocemente, grazie alle campagne di screening sulla popolazione a rischio; in ogni caso il processo diagnostico si avvale di differenti esami clinici e strumentali:

In primis l‟Anamnesi del paziente: durante la quale il malato riferisce al medico sintomi ed eventuali fattori di rischio ereditari e/o legati allo stile di vita;

Palpazione dell'addome: alla ricerca di eventuali masse a livello dell'intestino, del fegato e dei linfonodi, visto che circa il 70% dei tumori del retto si sente con le dita;

Esplorazione rettale: da eseguire sempre, soprattutto in caso di pregressa diagnosi di patologia emorroidaria, anche se sono meno del 10% i CCR che si trovano nei 7-8 cm terminali raggiungibili dal dito esploratore;

Ricerca del sangue occulto fecale o SOF: molto utilizzata per lo screening del carcinoma; dal punto di vista diagnostico, può essere utile per approfondire un'anemia, non altrimenti spiegata e che potrebbe essere causata dal sanguinamento cronico, intermittente di un carcinoma intestinale. Un test positivo per sangue occulto però, non conferma la presenza di una lesione, ma la suggerisce; quindi una colonscopia è indispensabile per individuare la fonte del sanguinamento, mentre un test negativo non esclude comunque la presenza di una neoplasia;

Colonscopia: è l‟esame standard per la diagnosi di tumore del colon; consiste in un‟ispezione visiva e completa del colon fino al cieco, tramite l‟introduzione nell‟intestino di un colonscopio, un tubo sottile e flessibile del diametro di circa 1 cm,

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che alla sua estremità presenta una telecamera illuminata, capace di trasmettere le immagini del colon ad uno schermo televisivo. Per questo permette non solo la rimozione di polipi eventualmente presenti, ma anche di effettuare delle biopsie, il cui referto anatomopatologico consente di stabilire la diagnosi di certezza della lesione; Rettosigmoidoscopia: permette di diagnosticare solamente il 40-65% dei CCR, poichè

esplora soltanto il tratto del colon distale; può essere eseguita in caso di controindicazioni ad effettuare una colonscopia completa, come diverticolite acuta, scompenso cardiaco o peritonite, ma richiede il completamento dello studio del paziente mediante clisma a doppio contrasto;

Clisma opaco a doppio contrasto: dovrebbe permettere la visualizzazione dell‟intero colon, tuttavia circa il 5-10% dei clismi non sono soddisfacenti, a causa della scarsa capacità tecnica dell‟esaminatore, insufficiente pulizia intestinale o peculiari aspetti anatomici del viscere. Oltretutto, da solo permette solamente la diagnosi di una massa presente nel lume intestinale, ma non la diagnosi di neoplasia, che si può ottenere solo tramite biopsia; per questo motivo, il clisma opaco viene di solito utilizzato come esame complementare alla diagnosi e richiede l‟esecuzione di una colonscopia;

Ecografia: fornisce anche indicazioni sullo stato dei linfonodi più vicini;

Tecniche di Imaging (TC e RMN): sono state recentemente proposte sia per lo screening che per la diagnosi, anche se il limite è sempre quello di non poter effettuare delle biopsie. Nella maggior parte dei casi, è opportuna la somministrazione di un mezzo di contrasto, che migliori la qualità delle immagini e consenta di visualizzare meglio le strutture interne del corpo. Altra tecnica importante è la PET (Tomografia ad emissione di positroni), utile per stabilire se il tumore si è diffuso ad altri organi ed è basata sulla conoscenza che i tessuti tumorali consumano più glucosio rispetto a quelli normali;

Markers tumorali: allo stato attuale nessun marcatore tumorale è raccomandato nè per la diagnosi, nè per lo screening, in considerazione del frequente riscontro di valori normali in presenza di malattia ad estensione limitata o di valori alterati in assenza di malattia. Tuttavia, può essere utile determinare con un prelievo di sangue, i valori di CEA (antigene carcino-embrionario), ovvero una glicoproteina circolante nel sangue associata in particolare al tumore del colon, per valutare la gravità della malattia, in quanto la concentrazione è direttamente collegata all'estensione del tumore.5,6,10,13.

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1.7 STRATEGIE TERAPEUTICHE

Il tipo di trattamento dipende dallo stadio e dalla localizzazione del tumore.

1.7.1 Chirurgia

La terapia di scelta, per il trattamento di tutti i tumori primitivi del grosso intestino, è la

Chirurgia con la quale, sulla base della posizione del tumore, si procederà con un

intervento parziale o, nei casi più gravi, con la totale asportazione del tratto di colon interessato o del retto. Circa l‟80% dei pazienti nei quali viene diagnosticato un tumore del colon, è sottoposto ad intervento chirurgico, che pertanto, rappresenta la prima linea di trattamento nella grande maggioranza dei casi, offrendo le maggiori possibilità di cura. L‟obiettivo principale è l‟eradicazione di tutta la malattia macroscopicamente individuabile, anche se, altre modalità terapeutiche sono poi necessarie per eliminare residui microscopici della neoplasia, tanto a livello locale quanto a livello sistemico, ricorrendo così a radioterapia e chemioterapia.10

1.7.2 Chemioterapia

La Chemioterapia svolge un ruolo fondamentale sia nella malattia operabile, sia in quella avanzata non operabile e consiste nell‟impiego di particolari farmaci, detti citotossici o antiblastici, che hanno l‟effetto di inibire la crescita e la divisione delle cellule tumorali fino a provocarne la morte. Il trattamento chemioterapico può essere:

Neo-Adiuvante: se effettuato prima dell‟intervento e ha l‟obiettivo di ridurre le dimensioni del tumore per facilitarne poi l‟asportazione con la successiva chirurgia; Adiuvante: se effettuato dopo l‟intervento chirurgico; può essere indicata per eliminare

eventuali cellule tumorali residue e ridurre le possibilità di recidiva. Nella decisione di effettuare la chemioterapia adiuvante, l‟oncologo tiene conto dei diversi pro e contro, in particolare di alcuni fattori, quali il rischio che alcune cellule tumorali siano ancora in circolo nonostante il tumore sia stato completamente rimosso e analizzato al microscopio, la probabilità che la chemioterapia ha di eliminarle e gli effetti collaterali anche spiacevoli che può causare, senza però garantire la guarigione. In genere, il protocollo più applicato di chemioterapia adiuvante per il CCR, prevede la somministrazione di 5-Fluorouracile (5-FU), di solito insieme ad una vitamina, l'Acido

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Folinico (Leucovorin), che ne potenzia l'azione. Spesso si usano anche altri farmaci, ad esempio l‟Oxaliplatino (Eloxatin®) per i tumori di stadio III, in cui le cellule tumorali si sono diffuse ai linfonodi più vicini, l‟Irinotecan e la Capecitabina.13

Le reazioni alla chemioterapia variano da soggetto a soggetto, e se anche dovessero essere spiacevoli, di solito possono essere facilmente controllate con appositi farmaci; gli effetti più comuni sono i seguenti:

Ridotta resistenza alle infezioni: dovuta al fatto che i chemioterapici provocano la morte non solo delle cellule tumorali, ma al tempo stesso riducono temporaneamente il numero di linfociti e globuli bianchi;

Anemia: dovuta al calo dei globuli rossi, manifestandosi con profonda stanchezza e talvolta anche mancanza di respiro;

Tendenza a sviluppare lividi o piccole emorragie: in conseguenza di un calo delle piastrine;

Nausea e vomito;

Stanchezza: il senso di stanchezza e spossatezza che il paziente avverte durante e dopo la chemioterapia, è spesso definito con il termine fatigue;

Ulcere del cavo orale; Caduta dei capelli.13

1.7.3 Terapia a Bersaglio Molecolare

Questo tipo di terapia ha origine dalle ricerche più recenti e il suo meccanismo d‟azione, si basa sulla capacità di alcuni farmaci di legarsi specificamente ai bersagli molecolari identificati nelle cellule tumorali, tanto che per questo motivo, viene definita anche terapia “mirata”. Grazie infatti a questo particolare meccanismo, la sua azione è altamente selettiva, permettendo così alla terapia di lasciare del tutto inalterate le cellule normali, contrariamente a quanto avviene con la chemioterapia “classica”. In conseguenza di questo però, le terapie a bersaglio molecolare possono essere utilizzate soltanto se, nelle cellule tumorali o, in alcuni casi, nel sangue o in altri campioni biologici prelevati dal paziente, si rileva la presenza di specifici “marcatori” diagnostici, che indicano, a loro volta, la presenza nel tumore, di uno o più bersagli molecolari. Se invece questi sono assenti, il paziente non può essere sottoposto alla terapia mirata, e verrà pertanto trattato con le terapie disponibili più adatte al suo caso. A questa classe appartengono gli Anticorpi

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Monoclonali, chiamati anche Farmaci Biologici o Farmaci Intelligenti, in quanto sono

proteine capaci di riconoscere e di legarsi in modo selettivo ad altre proteine, chiamate recettori, presenti sulle cellule tumorali inibendone l‟attività. In generale se somministrati da soli sono poco efficaci, motivo per cui devono essere combinati con la chemioterapia, consentendo così di ottenere risultati significativamente migliori rispetto alla sola chemioterapia.

Tra gli Anticorpi Monoclonali che si sono dimostrati efficaci ci sono:

 Il Cetuximab e Panitumumab: sono anti-EGFR, diretti cioè contro il recettore del fattore di crescita epidermico, responsabile dei processi di proliferazione e metastatizzazione del tumore;

 Bevacizumab, Aflibercept, e Ramucirumab: che bloccano il recettore per il fattore di crescita endoteliale-vascolare (VEGF) e appartengono alla classe dei farmaci anti-angiogenici, ovvero farmaci capaci di interferire con lo sviluppo dei vasi sanguigni che forniscono ossigeno e sostanze nutritive alle cellule tumorali, impedendone in tal modo la crescita.

Iniziali studi di immunoterapia hanno evidenziato invece una promettente attività di anticorpi monoclonali, quali Nivolumab, Pembrolizumab in pazienti con carcinoma del colon-retto metastatico.13

1.7.4 Radioterapia

La radioterapia consiste nell'uso di radiazioni ad alta energia, per distruggere le cellule tumorali, cercando al tempo stesso di danneggiare il meno possibile le cellule normali. Importante e preliminare è la seduta di centratura, durante la quale il radioterapista utilizza un'apposita macchina detta simulatore, oppure lo scanner con cui si esegue la TC, per scattare una serie di radiografie della zona precisa da irradiare, che viene così delimitata tracciando con l'inchiostro dei segni di demarcazione sulla cute, i quali devono rimanere ben visibili per tutta la durata del trattamento, ma che possono poi essere facilmente rimossi alla sua conclusione.

Tra gli effetti collaterali più comuni della radioterapia intestinale troviamo:  Nausea e diarrea;

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 Stanchezza: si parla spesso di fatigue, per descrivere il senso di spossatezza che il paziente avverte durante e dopo la radioterapia;

 Manifestazioni cutanee: l'area irradiata può apparire infiammata e dolente; nella maggior parte dei casi l'infiammazione è lieve, talvolta è marcata e accompagnata da dolore;

 Infiammazione della vescica (cistite): in seguito a ciò diventa più frequente lo stimolo allo svuotamento vescicale e si avverte anche bruciore all'atto della minzione; per tale motivo è consigliabile bere molta acqua in modo da diminuire la concentrazione delle urine;

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Tabella: Le strategie terapeutiche in funzione dello stadio del tumore13

Tumori di stadio I Chirurgia Ha un ruolo essenziale: in alcuni casi, il tumore

asportato completamente non si ripresenterà più. Non sono necessari ulteriori trattamenti.

Tumori di stadio II

a basso rischio di recidiva

Chirurgia e in rari casi chemioterapia

La somministrazione di un ciclo di chemioterapia dopo l'intervento serve per ridurre il rischio che la malattia si ripresenti (recidiva), soprattutto se le cellule tumorali hanno già raggiunto i vasi sanguigni o linfatici più vicini al tumore.

Tumori di stadio III

ad alto rischio di recidiva

Chirurgia + chemioterapia

La chemioterapia dopo l'intervento chirurgico è spesso raccomandata.

Tumori di stadio IV

la malattia si è diffusa al di fuori dell'intestino, coinvolgendo le strutture vicine (addome) o altri organi (fegato o polmone); non può essere guarita, ma può essere tenuta sotto controllo anche abbastanza a lungo, attenuandone i sintomi e garantendo una buona qualità di vita. - Chemioterapia - Chirurgia - Radioterapia - Anticorpi monoclonali - Altri farmaci biologici

La scelta del trattamento dipende da vari fattori: (il tumore origina dal colon o dal retto, gli organi coinvolti, il trattamento già ricevuto; il risultato dell'analisi molecolare sul tumore). La chemioterapia è la più diffusa; la chirurgia può servire per rimuovere un tumore che ostruisce l'intestino oppure talvolta le metastasi originate da un tumore del fegato o del

polmone; la radioterapia può ridurre le dimensioni di un tumore che causa dolore; gli anticorpi monoclonali e gli altri farmaci biologici, se appropriati, contribuiscono all‟efficacia del trattamento.

Tumori del retto - Radioterapia/

chemioradioterapia + chirurgia - Chirurgia + radioterapia/ chemioradioterapia La chemioradioterapia consiste nell'associazione di radioterapia e chemioterapia allo scopo di ridurre le dimensioni del tumore e facilitarne l'asportazione.

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CAPITOLO II: ALIMENTAZIONE, CARNE ROSSA E CANCRO

L‟alimentazione svolge certamente un ruolo determinante nella formazione, ma anche nella prevenzione, di certi tipi di cancro, ribadendo la potenzialità preventiva del maggiore consumo di frutta e verdura e quella negativa relativa all‟assunzione di carni soprattutto rosse ed elaborate.4,16.

Uno studio dietetico effettuato a lungo termine nei topi, per seguire la tumorigenesi e caratterizzare i cambiamenti strutturali e metabolici della mucosa del colon, ha evidenziato che un‟alimentazione tipicamente occidentale, ad alto contenuto di grassi e di carboidrati, aumenta il numero di neoplasie intestinali, a causa di una grave deregolamentazione dell'omeostasi dell'acido biliare intracellulare e all'attivazione della proliferazione delle cellule del colon, indotta dall‟inattivazione del recettore nucleare FXR.17

In rinforzo a questo, molti studi epidemiologici e animali, hanno dimostrato che il rischio di cancro del colon è correlato alla concentrazione di acido biliare fecale, in quanto livelli anormalmente elevati di acidi biliari (BA) attivano la mucosa del colon con una serie di effetti dannosi, tra cui il danno ossidativo sul DNA, l'infiammazione e l'iperproliferazione, che insieme promuovono altamente la progressione del tumore nella fase post-iniziale. Il recettore Farnesoid X (FXR) è, infatti, un recettore nucleare che regola il metabolismo dell‟acido biliare, con il ruolo principale di mantenerne le concentrazioni all'interno di un intervallo fisiologico, bloccandone così la citotossicità; per questo, la perdita di FXR è associata a concentrazioni più elevate di BA e ad un fenotipo pro-tumorigenico.18

Lo stile di vita legato alle abitudini alimentari, sembra quindi responsabile di circa il 40– 60% dei tumori, che potrebbero essere evitati adottando una dieta sana ed equilibrata, evitando in particolare un‟alimentazione ricca di carni rosse e insaccati, identificate come un fattore di aumento del rischio per il CCR. E‟ però necessario tenere presente, che un ruolo determinante nella comparsa dei tumori, è svolto anche dalla presenza negli alimenti di fattori cancerogeni e prodotti chimici ambientali, che contaminano il cibo durante la preparazione, diventando determinanti per lo sviluppo delle neoplasie gastrointestinali. Un esempio sono gli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA), che rappresentano una famiglia di sostanze tossiche ambientali onnipresenti, che possono entrare nel corpo umano attraverso il consumo di alimenti contaminati, acqua potabile, inalazione del fumo di sigaretta, scarichi delle automobili e aria contaminata dalle occupazioni professionali.19

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2.1 CLASSIFICAZIONE DEGLI AGENTI CANCEROGENI

La lista compilata dallo IARC, (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) raggruppa le sostanze sulla base del livello di cancerogenicità dimostrato in studi scientifici. L‟ingresso di tali sostanze nella lista, richiede che siano disponibili i risultati di studi di laboratorio e, se lo sono, anche di studi epidemiologici sull'uomo, che vengono eseguiti però con durate d'esposizione molto lunghe, difficilmente replicabili nella vita reale. E infatti, poichè nel processo di cancerogenesi è importante la frequenza e la durata dell‟esposizione all‟agente cancerogeno, prima di preoccuparsi, è importante sapere non solo in che gruppo si trova una certa sostanza, ma anche quali sono le durate d'esposizione oltre le quali il rischio diventa reale e non è solo teorico, visto che l'effetto cancerogeno o meno di una sostanza dipende sempre dalla dose. Una sostanza può quindi essere o non essere cancerogena, a seconda della quantità con cui se ne viene a contatto nella vita quotidiana. La Classificazione IARC suddivide le sostanze in 4 gruppi (tabella 3):

Tabella 3. Classificazione IARC delle sostanze cancerogene

Vi sono anche moltissime sostanze, di cui il potere cancerogeno è altamente probabile, ma che non sono ancora in nessuna lista, poiché mancano gli studi rigorosi richiesti dallo IARC per l'inserimento nel proprio database. Questo può essere dovuto al fatto che esiste un dato epidemiologico, ma mancano gli studi di laboratorio o viceversa, oppure ci sono studi di laboratorio incompleti, essenziali e obbligatori per determinare la tossicità di una sostanza, oppure non sono durati un tempo sufficientemente lungo per consentire di trarre

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conclusioni. Vi sono poi anche alcune sostanze che sono cancerogene solo se associate con altre, ma molte combinazioni non sono menzionate nella lista IARC, perché non sono mai state studiate con sistematicità.

2.2 FATTORI ALIMENTARI CANCEROGENI

I Fattori nutrizionali cancerogeni della dieta, rilevanti ai fini della cancerogenesi, possono essere divisi in due categorie:

a) Microcomponenti

b) Macrocomponenti e calorie totali assunte.

Tali fattori possono anche essere distinti in:

Fattori Genotossici, ovvero considerati capaci di indurre un danno al DNA, che può consistere in una mutazione puntiforme, una delezione o un‟inserzione, una ricombinazione, un riarrangiamento ed amplificazione cromosomica;

- Fattori Promotori, che invece, inducono generalmente una proliferazione cellulare

accompagnata o meno da un danno cellulare cronico.20

2.2.1 Microcomponenti della dieta e cancerogenesi

Tra i microcomponenti genotossici possiamo annoverare diverse categorie:

Micotossine: sono tossine di varia natura chimica, in grado di accumularsi nei cibi contaminati dai funghi che le producono. Numerosi studi hanno posto in evidenza una relazione tra il consumo di cibi ricchi di micotossine e varie forme di cancro;

Gli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA): tra cui il Benzopirene, sono composti che si formano durante la combustione incompleta di una materia organica, come il carbone e che si depositano sulla superficie della carne grigliata durante la cottura. E‟ stato stimato che la dieta giornaliera fornisce all‟uomo circa 3 μg di IPA, mentre un pacchetto di sigarette ne fornisce ai fumatori 2–5 μg. Studi ulteriori hanno anche dimostrato, che l‟assunzione di carne alla griglia o alla brace, risulta maggiormente correlata alla presenza nel sangue di addotti del DNA, rispetto all‟abitudine al fumo e che questi si formano per attivazione metabolica degli IPA, da parte degli enzimi CYP1A e CYP1B, a forme di epossido estremamente reattive verso il DNA;

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Gli N–Nitroso Composti: come ad esempio le Nitrosammine, le quali sono molecole che possono trovarsi naturalmente nei cibi, oppure essere il prodotto di reazioni in vivo tra nitriti (o nitrati ingeriti, presenti sotto forma di residui nell‟acqua potabile, nelle verdure

e che vengono utilizzati come conservanti nelle carni in scatola o nei salumi, allo scopo di mantenere il colore rosso e prevenire lo sviluppo del Clostridium botulinum) ed ammine secondarie;

L’Acetaldeide: presente nelle bevande alcoliche;

L’Acrilamide: contenuta nei cibi, fritti o cotti al forno, ricchi di carboidrati;

Le Ammine Eterocicliche Aromatiche (HCA): sono molecole prodotte durante la cottura di cibi acido–proteici come la carne ed il pesce;

Gli Additivi: che possono essere metabolizzati dall‟organismo e trasformati da innocui a cancerogeni; molti sono stati messi sotto accusa, in quanto hanno provocato tumori negli animali da esperimento. Le categorie principali di additivi sono:

- I Conservanti: cioè sostanze che ritardano il deterioramento dei prodotti alimentari, e tra questi ricordiamo i nitriti e i nitrati, che si trasformano in acido nitroso, il quale poi, legandosi alle ammine, forma le nitrosammine dimostratesi cancerogene. Il nitrato di sodio è ad esempio usato da tempo come additivo conservante e colorante della carne. Attualmente si stanno cercando possibili molecole nitrosabili, anche in composti di origine vegetale, frutta, pesce e cibo fermentato;

- Gli Antiossidanti: sostanze naturali o artificiali che impediscono le alterazioni degli alimenti, e i più usati sono il Butildrossianisolo e il Butilidrossitoluene;

- I Coloranti: usati nell‟industria alimentare per rendere più allettanti i cibi;

- Gli Addensanti: ovvero sostanze che aumentano la viscosità degli alimenti e tra questi si segnalano la Carragenina, che può dare gonfiore intestinale e favorire la formazione di ulcere intestinali con possibile evoluzione in cancro;

- Gli Edulcoranti: che conferiscono un sapore dolce agli alimenti; tra quelli potenzialmente cancerogeni si trovano l‟Aspartame, il Ciclamato e la Saccarina. - Altri potenziali agenti cancerogeni sono: i metalli pesanti, e tra quelli a maggior

rischio troviamo, l‟arsenico, il piombo e il cadmio; i pesticidi, ovvero sostanze, che essendo scarsamente biodegradabili, sono capaci di accumularsi nell'ambiente concentrandosi poi nelle varie catene alimentari, e tra i quali ci sono il captano, il lordano e il DDT. Infine gli ormoni, presenti soprattutto negli alimenti a base di carne, in particolare bovine e suine, in quanto somministrati agli animali allo scopo

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di favorirne la crescita; si tratta di estrogeni di sintesi, come il dietilstilbestrolo, l‟estradiolo-17-beta o la somatotropina bovina, utilizzati legalmente negli USA, ma molto diffusi illegalmente anche in Italia, e che se non del tutto catabolizzati al momento della macellazione, sono in grado di legarsi al DNA e di fungere da iniziatori del processo di formazione del tumore.21

2.2.2 Macrocomponenti nutrizionali e cancerogenesi

Tra i Macrocomponenti nutrizionali correlati al processo di cancerogenesi possiamo annoverare:

Le calorie totali: un generale effetto della restrizione calorica sull‟inibizione del processo di tumorigenesi, è stato dimostrato in numerosi studi condotti su differenti modelli animali. Infatti gli animali cresciuti in condizioni di restrizione dietetica, sviluppano molto meno tumori, rispetto a quelli alimentati in continuo. Di seguito è riportato l‟Elenco dei meccanismi postulati per la riduzione della tumorigenesi in vivo, dovuta alla restrizione di calorie assunte:

- Riduzione generale della crescita in tutti i tessuti, normali e neoplastici, dovuta alla diminuzione, nel sangue, della concentrazione di ormoni promotori della crescita (insulina, ormone della crescita, ormoni mammotropi), ed all‟incrementata concentrazione ematica di adrenocorticoidi, inibitori della crescita, prodotti in risposta allo stress da restrizione calorica;

- Alterazione del metabolismo dei cancerogeni, altri xenobiotici ed ormoni steroidei, soprattutto nel fegato, probabilmente dovute a modificazioni enzimatiche indotte dagli ormoni adrenocorticoidi;

- Riduzione del danno ossidativo (stress) al DNA, dovuto ad un incremento della catalasi tissutale, della superossido-dismutasi e del glutatione;

- Riduzione della divisione cellulare, della sintesi del DNA, della formazione di addotti e dell‟alterazione dei sistemi di riparazione del DNA;

- Riduzione dell‟espressione di virus tumorali.

Anche la condizione inversa, ossia che un‟eccessiva assunzione di calorie, con conseguente deposito di grasso, rappresenti un fattore di rischio per l‟insorgenza di un tumore, è stata stabilita da tempo. Questo perchè la digestione, l‟assorbimento, il metabolismo e l‟escrezione di un eccesso di nutrienti, richiede in generale un

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