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Aggiornamento numero prodotti e licenze Ecolabel UE al 23 novembre 2016 per

6. Profili applicativi

6.3. Strategia per lo sviluppo dell’Ecolabel UE

6.3.1. Aggiornamento numero prodotti e licenze Ecolabel UE al 23 novembre 2016 per

Le licenze Ecolabel UE attualmente in vigore in Italia sono 343, per un totale di 16.711 prodotti/servizi etichettati, distribuiti in 17 gruppi di prodotti313.

313 I dati e i grafici presentati in questa sezione sono tratti dalle statistiche effettuate dall’Ispra. Cfr. http://www.isprambiente.gov.it/it/certificazioni/ecolabel-ue/materiale-informativo/grafici-e-dati/anno- 2016/23-novembre-2016-aggiornamento-numero-prodotti-e-licenze-ecolabel-ue.

133 I dati mostrano una crescita significativa nel tempo sia del numero totale di licenze Ecolabel UE rilasciate, sia del numero di prodotti e servizi etichettati. Negli anni 2009- 2010 e 2015-2016 si è verificata una leggera inversione di tendenza dei numeri di licenze e prodotti, da imputarsi principalmente all’entrata in vigore di nuovi criteri Ecolabel UE (revisionati) per diversi gruppi di prodotti ai quali le aziende già licenziatarie hanno dovuto conformarsi.

Il gruppo di prodotti con il maggior numero di licenze Ecolabel UE in Italia rimane il “servizio di ricettività turistica” con 195 licenze, segue quello relativo al “tessuto carta” con 36 licenze e il “servizio di campeggio” (23 licenze).

Il grafico sotto riportato illustra come la maggior parte delle licenze siano rilasciate al Nord (51.5%), di seguito Sud e Isole con il 26% e in ultimo posto le aziende con sede nelle regioni del Centro Italia con il 22.2% delle licenze totali. Da notare poi che solo lo 0.3% delle licenze è stato rilasciato all’estero (1 licenza).

Tra le regioni, il Trentino Alto Adige spicca con 61 licenze Ecolabel UE (comprensive sia di quelle relative ai prodotti che ai servizi), in seconda posizione la Toscana con 53 ed in terza la Puglia con 43 licenze.

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Analizzando i dati sopra riportati, se si differenziano le licenze concesse ai servizi e quelle ai prodotti, si può individuare che la Puglia e il Trentino Alto Adige risultano tra i primi posti della classifica solo per licenze Ecolabel UE legate ai servizi. Per quel che riguarda invece le licenze rilasciate per i prodotti, le regioni italiane che mantengono il primato risultano invece essere la Toscana con 30 licenze, la Lombardia con 22 licenze e l’Emilia Romagna con 21 licenze.

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7. Ecolabel e Green Public Procurement

Il Green Public Procurement (GPP) è un processo mediante il quale le pubbliche amministrazioni cercano di utilizzare beni, servizi e lavori con un ridotto impatto ambientale durante tutto il loro ciclo di vita314. Nell’ordinamento italiano il GPP viene

anche tradotto con il termine “appalti verdi”, il quale individua l’insieme di tutti quegli strumenti giuridici che hanno come fine quello di promuovere l’integrazione degli interessi ambientali nella disciplina degli appalti pubblici315.

Nonostante si rilevi una forte spinta delle Istituzioni europee, il GPP rimane uno strumento volontario, in quanto i singoli Stati membri e le autorità pubbliche non sono tenute ad applicare in maniera puntuale quanto indicato dalla normativa europea, potendo determinare in maniera autonoma la misura in cui attuarla sulla base delle proprie esigenze.

314 Cfr. ad esempio C. DE ROSE, Gli appalti «verdi» nel diritto dell'Unione Europea: regole preesistenti e regole recentissime, in Il Consiglio di Stato. Rassegna di dottrina e giurisprudenza, 2004, vol. 9, p. 1825. 315 Cfr. G. FIDONE, Gli appalti verdi all'alba delle nuove direttive: verso modelli più flessibili orientati a scelte eco-efficienti, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2012, fasc. 5, p. 819.

136 A partire dalla Conferenza di Stoccolma sull’ambiente umano del 1972, nella quale fu adottato l’“Action Plan for the Human Enviroment”316 che sanciva la responsabilità dei

governi nazionali circa la promozione e lo sviluppo economico compatibile con la tutela dell’ambiente e la conservazione delle risorse naturali esauribili, si iniziò a prendere consapevolezza della necessità di realizzare un programma globale ai fini della tutela dell’ambiente anche da parte delle pubbliche amministrazioni317.

Successivamente, nel World Summit on Sustainable Development del 2002, 190 Paesi hanno adottato un apposito piano di azione relativo allo sviluppo sostenibile, dove veniva preso l’impegno da parte delle autorità pubbliche di promuovere pratiche di acquisto volte ad incoraggiare lo sviluppo e la diffusione di merci e servizi environmentally friendly318.

Da quanto sopra risulta che il ricorso a forme di Green Public Procurement è percepito, in ambiente internazionale, come uno strumento idoneo a conciliare l’interesse economico dell’ente con il rispetto dei principi che permettono di attuare uno sviluppo sostenibile, tale da riuscire ad incrementare modelli di produzione e di consumo eco- compatibili319.

A livello europeo per la prima volta nel 1996 la Commissione europea ha pubblicato il Libro Verde320 sugli appalti pubblici, in cui veniva messa in risalto la possibilità di

attuare una politica di mercato interna in pieno rispetto della politica ambientale e sociale.

A partire dalla suddetta data, l’Europa ha sviluppato in maniera sempre più forte la promozione di una politica di appalti pubblici verdi tale da consentire di tener conto nei bandi di gara delle caratteristiche ambientali dei prodotti e servizi, oltre a prendere in considerazione aspetti relativi al ciclo di vita degli stessi, politica questa che ha come scopo il raggiungimento degli obiettivi economici indicati nei Programmi di azione ambientale dell’Unione stessa321. Forte è infatti l’idea che una pubblica amministrazione

316 Cfr. Dichiarazione delle Nazioni Unite alla Conferenza “su L'Ambiente Umano”, Stoccolma, 1972. 317 Cfr. F. SPAGNUOLO, Il Green Public Procurement e la minimizzazione dell'impatto ambientale nelle politiche di acquisto della pubblica amministrazione, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2006, fasc. 2, p. 397. 318 Cfr. Piano di Implementazione del Summit Mondiale sullo Sviluppo sostenibile dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, Johannesburg, 26 agosto - 4 settembre 2002, A/CONF.199/2. Per ulteriori approfondimenti si consulti anche il sito https://sustainabledevelopment.un.org.

319 Cfr. F. SPAGNUOLO, op. cit., p. 397.

320 Cfr. Libro Verde della Commissione europea del 27 novembre 1996 sugli Appalti pubblici dell'Unione europea: spunti di riflessione per il futuro, COM(1996) 583 def.

321 Il GGP viene menzionato per la prima volta nel VI Programma di aziona ambientale dell’Unione europea.

137 che acquista prodotti ambientalmente preferibili contribuisca in grande maniera a favorire uno sviluppo sostenibile, poiché l’adozione di pratiche di Green Public Procurement aiuta da una parte ad organizzare il settore degli acquisti delle pubbliche amministrazioni e dall’altra è uno strumento utile a razionalizzare le varie fasi degli appalti pubblici con conseguente ricaduta benefica su tutta l’economia322.

L’integrazione tra la politica ambientale e il mercato interno non è un processo facile da gestire dal momento che si ha sempre la tendenza a dare precedenza all’aspetto economico invece che a quello ambientale323. Sintomatico di ciò è la circostanza secondo

la quale, nonostante la necessità di tutela dell’ambientale sia emersa già a partire dagli anni Novanta, le direttive324 relative agli appalti pubblici in quel periodo facevano

unicamente riferimento a questioni che potrebbero essere sintetizzate nel concetto di “tutela della concorrenza”. Solamente nel 2004 sono state emanate due direttive europee relative agli appalti pubblici, la 2004/18/CE e la 2004/17/CE, nelle quali è stata inserita la possibilità da parte delle pubbliche amministrazioni di far riferimento a condizioni relative al profilo ambientale325.

Prima del 2004 la tutela dell’ambiente poteva avvenire unicamente attraverso i criteri di selezione degli operatori economici per gli aspetti che potessero servire ad individuare l’offerta economicamente più vantaggiosa ed esclusivamente se tali criteri si dimostravano utili per verificare le capacità economiche, finanziarie e tecniche dei candidati e comportassero un vantaggio economico relativo all’oggetto dell’appalto. Successivamente, la Commissione europea aveva anche individuato alcune fasi del procedimento di gara in cui si sarebbe dimostrato possibile introdurre esigenze di carattere ambientale. La Commissione indicò che vi era facoltà di dare preferenza a prodotti o servizi ecologici nell’oggetto dell’appalto, così come valutare la capacità dei candidati anche attraverso il ricorso a parametri ambientali. Ancora, si stabiliva che i

322 Per una più approfondita analisi cfr. L. ANDRIOLA, M. DI SAVERIO, P. MANZIONE, M. PEZONE, Green Procurement, obiettivi, criteri, e principali esperienze in atto, ENEA, 2003.

323 Cfr. ad es. V. SALVATORE, Diritto comunitario degli appalti pubblici, Milano, Giuffrè, 2003.

324 Si fa qui riferimento alle direttive n. 92/50/CEE del Consiglio del 18 giugno 1992 che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, in G.U.C.E. L 209 del 24.6.1992; n. 93/36/CEE del Consiglio del 14 giugno 1993 che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture, in G.U.C.E. L 199 del 9 agosto 1993 e n. 93/37/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993 che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, in G.U.C.E L 199 del 9 agosto 1993. 325 Per approfondimenti cfr. S. ARROWSMITH, An Assessment on the New Legislative Package on Public Procurement, in Common Market Law Review, 2004, 41(5), p. 1277.

138 criteri ambientali potevano rilevare nella fase di aggiudicazione se questi davano un effettivo vantaggio economico326.

Nella stessa direzione si è posto anche il Giudice comunitario dichiarando legittimo l’inserimento nelle gare di appalto di criteri che non fossero di natura strettamente economica, purché ciò fosse indicato nel bando e che le condizioni non risultassero direttamente o indirettamente discriminatorie nei confronti degli offerenti dei diversi Stati membri327. Sulla scia di tale pronuncia, con preciso riferimento ai criteri ambientali,

si pone la sentenza c.d. “Concordia Bus Finland”328, dove per la prima volta veniva data

la possibilità all’ente appaltante di inserire criteri ambientali, nonostante tali requisiti non abbiano una dimensione economica o diano un vantaggio economico diretto o indiretto all’amministrazione pubblica aggiudicatrice. Nel dispositivo della sentenza si legge però che questo può avvenire solo a condizione che i requisiti richiesti “siano collegati all’oggetto dell’appalto, non conferiscano alla detta amministrazione una libertà incondizionata di scelta, siano espressamente menzionati nel capitolato d’appalto o nel bando di gara e rispettino tutti i principi fondamentali del diritto comunitario, in particolare il principio di non discriminazione”329,

Grazie alle direttive 2004/18/CE e 2004/17/CE, all’inizio del nuovo millennio è stata introdotta a livello comunitario la possibilità di far riferimento nelle varie fasi della procedura di aggiudicazione degli appalti al requisito ambientale, nel senso di esprimere la volontà dell’ente aggiudicatore di preferire quei prodotti e servizi ambientalmente sostenibili.

In questa nuova ottica, le direttive tentano di coordinare la tutela dell’ambiente con quella della concorrenza, poiché le amministrazioni pubbliche da un lato sono spinte a stabilire dei criteri che stimolino gli operatori ad offrire condizioni economiche migliori e dall’altro, inserendo requisiti volti a preferire quei prodotti o servizi più ecologici, favoriscono in questo modo lo sviluppo di un mercato più ecocompatibile330. Per

garantire una effettiva applicazione della normativa comunitaria, la Commissione stessa ha poi pubblicato un manuale (non vincolante) in cui è inserita un’ampia casistica di

326 Cfr. F. SPAGNUOLO, op. cit., pp. 2-3.

327 Cfr. Cort. Giust., 20 settembre 1988, resa nella causa C-31/87, Gebroeders Beentjes BV contro Stato dei Paesi Bassi, in raccolta, 1988, p. 4635. Cfr. F. SPAGNUOLO, op. cit., p. 3.

328 Cort. Giust., 17 settembre 2002, C-513/99, Concordia Bus Finland, in raccolta, 2002, p. 7213. 329 Cfr. caso Concordia Bus Finland, dispositivo, punto 1.

139 soluzioni possibili al fine di aumentare ancor di più il grado di tutela dell’ambiente per mezzo dell’operato delle pubbliche amministrazioni331.

In questa particolare fascia di mercato i marchi di qualità ecologica svolgono un ruolo importante per riuscire ad individuare quali prodotti siano da preferire rispetto ad altri simili. Anche in questo caso però la normativa europea stabilisce delle condizioni che l’ente aggiudicatore deve rispettare per poter fare riferimento alle certificazioni ambientali di prodotto presenti a livello nazionale, europeo o internazionale332.

Si stabilisce che i richiedenti non sono autorizzati a esigere che un prodotto porti un marchio di qualità ecologica specifico, ma è possibile solamente indicare che i criteri alla base di un certo marchio di qualità ecologica devono essere soddisfatti e che il marchio può essere utilizzato come una forma di prova di conformità.

In aggiunta a tale limite negli appalti pubblici possono essere utilizzati solo quei criteri indicati dal marchio Ecolabel UE che si riferiscono alle caratteristiche del prodotto/servizio o a processi produttivi, mentre non sono considerati legittimi i riferimenti a quelli relativi alla gestione generale dell’azienda. Nei bandi di appalto pubblico poi è possibile riferirsi unicamente ai marchi di qualità ecologica che soddisfino i requisiti delle etichette ambientali di tipo I o degli ecolabel che rispondono alla normativa ISO 14024, come per l’appunto il marchio Ecolabel UE, i cui criteri siano basati su prove scientifiche.

La facoltà di prendere in considerazione certificazione di prodotto ricade unicamente su quei marchi di qualità ecologica che sono adottati con la partecipazione di tutte le parti interessate, quali gli enti governativi, i consumatori, i produttori, i distributori e le organizzazioni ambientali e che si dimostrano essere accessibili senza alcuna discriminazione. A tal proposito nel “Green Public Procurement and the European

331 Cfr. Commissione europea, Acquistare verde! — Un manuale sugli appalti pubblici ecocompatibili, Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, 2005.

332 Cfr. Direttiva 2004/18/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, in G.U.C.E. L. 134 del 30.4.2004. il considerando 29 della direttiva stabilisce che le amministrazioni pubbliche “possono utilizzare, ma non vi sono obbligate, le specifiche adeguate definite dall’ecoetichettatura, come l’ecoetichettatura europea, l’ecoetichettatura (multi) nazionale o qualsiasi altra ecoetichettatura, purché i requisiti per l’etichettatura siano elaborati ed adottati in base a informazioni scientifiche mediante un processo cui possano partecipare le parti interessate, quali gli organi governativi, i consumatori, i produttori, i distributori o le organizzazioni ambientali e purché l’etichettatura sia accessibile e disponibile per tutte le parti interessate”. L’art. 23, comma 6, stabilisce poi che “le amministrazioni aggiudicatrici, quando prescrivono caratteristiche ambientali in termini di prestazioni o di requisiti funzionali possono utilizzare le specifiche dettagliate o, all’occorrenza, parti di queste, quali sono definite dalle ecoetichettature europee (multi) nazionali o da qualsiasi altra ecoetichettatura”.

140 Ecolabel”333, che fa parte del Training Toolkit GPP, è stato inserito l’elenco delle etichette

esistenti, le cui normative possono essere utilizzate come linee guida nel GPP. Tra queste, il marchio Ecolabel UE rende più facile l’attuazione della “politica degli appalti verdi”, poiché alle condizioni sopra indicate i committenti possono fare riferimento ai requisiti di base del marchio Ecolabel UE al fine di precisare le loro esigenze, facilitando in tal modo le autorità pubbliche ad acquistare verde.

Innanzitutto, le informazioni fornite dall’Ecolabel UE possono essere utilizzate come aiuto nella redazione delle specifiche tecniche per definire le caratteristiche delle forniture o dei servizi da acquistare. All’amministrazione appaltatrice non sono in tal modo richieste conoscenze specifiche poiché i criteri forniti dal marchio Ecolabel UE tengono già in considerazione i principali impatti ambientali di un prodotto, così come i miglioramenti tecnicamente possibili.

Nella fase di controllo della conformità a questi requisiti, poi, l’etichetta può essere accettata come prova di conformità alle specifiche tecniche. Infatti, sia per motivi di tempo che per competenze, i committenti pubblici spesso si trovano in difficoltà nel verificare che i prodotti realmente soddisfino i criteri ambientali che sono stati richiesti nelle gare d’appalto. Sennonché, fintanto che i criteri ambientali fissati nel bando di gara sono gli stessi (o addirittura inferiori) rispetto a quelli indicati per il gruppo di prodotti all’interno dello schema di certificazione Ecolabel UE, semplicemente si potrà verificare la conformità degli stessi alle caratteristiche indicate nell’appalto.

Il marchio Ecolabel UE si dimostra essere utile anche per la valutazione delle offerte nella fase di aggiudicazione poiché possono venire fissati come parametri di riferimento gli stessi indicati nella certificazione europea in oggetto e assegnati punti di vantaggio ai soggetti economici che dimostrano che i loro prodotti possono addirittura avere prestazioni migliori rispetto a quelle indicate dai criteri di quel particolare gruppo di prodotti all’interno dell’Ecolabel UE.

Dall’altro lato, il sistema del marchio Ecolabel UE è pienamente compatibile con i principi del mercato interno dato che si basa sui concetti di pubblicità, trasparenza e non discriminazione, permettendo in tal modo agli enti pubblici di rispettare la politica economica europea valida all’interno dell'Unione europea e dello Spazio economico europeo (Norvegia, Islanda e Liechtenstein).

333 Cfr. European Commission Green Public Procurement (GPP) Training Toolkit, Green Public Procurement and the European Ecolabel, European Commission, DG Environment-G2, B-1049, Bruxelles, 2008.

141 Ad agevolare l’uso della certificazione Ecolabel UE, infine, da non sottovalutare risulta il fatto che i prodotti e servizi marcati Ecolabel UE sono facilmente identificabili dato che essi sono presenti sull’E-catalouge aggiornato periodicamente. Tale elemento semplifica alle pubbliche amministrazioni la ricerca di quei prodotti e servizi da prendere come riferimento, oltre a garantire l’utilizzo di criteri che sono costantemente rivalutati alla luce delle nuove conoscenze tecniche.

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Capitolo 3

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1. Altre certificazioni ambientali di tipo I presenti nel mercato

europeo

Nei capitoli precedenti è stato messo in luce come nello scenario internazionale siano presenti innumerevoli marchi che certificano i prodotti come ambientalmente preferibili. Si è ampiamente visto come nonostante in via generale essi rispondano a caratteristiche più o meno simili, nello specifico le differenze sono molteplici, soprattutto se ci si pone nella prospettiva delle aziende produttrici che intendono certificare i loro prodotti in paesi diversi da quello di fabbricazione.

L’intento di questo capitolo è allora quello di analizzare cosa accade nel territorio europeo e quale sia il rapporto tra il marchio Ecolabel UE e le altre certificazioni ambientali di prodotto sviluppate a livello nazionale. Dopo una veloce analisi dei marchi europei più diffusi, si prenderà in esame in maniera più approfondita il marchio ecologico sviluppato dai Paesi scandinavi, The Nordic Swan, in quanto etichettatura utilizzata da più Paesi appartenenti all’Unione europea, con conseguente sovrapposizione dei due schemi di certificazione ambientale, quello europeo e quello dei Paesi del Nord Europa.

Si tenterà di operare un’analisi comparatistica dei due marchi, così da poter individuare se le diverse normative risultano essere incompatibili tra loro o se invece in un futuro – più o meno prossimo - sarà possibile avvicinare le stesse in modo rendere più agevole ai produttori l’esportazione di merci e allo stesso tempo facilitare i consumatori nella scelta di prodotti ambientalmente preferibili.

La problematica alla base di tale comparazione sta nella consapevolezza a livello europeo che nonostante gli ingenti sforzi e i passi avanti compiuti nello sviluppo e diffusione dell’Ecolabel UE, questo risulta ancora assai arretrato e poco conosciuto rispetto agli altri ecolabel presenti nei singoli paesi dell’Europa.

Accanto all’Ecolabel UE, che come visto ha validità in tutti i Paesi dell’Unione europea, esistono innumerevoli marchi nazionali di certificazione di prodotto molto diffusi all’interno dei propri paesi di origine. Tra essi si annoverano il tedesco “Der Blaue Engel”, il “Cigno Nero” o “The Nordic Swan” nei Paesi scandinavi e il “The Good Environmental Choice” valido solo per la Svezia, il marchio ecologico austriaco “Umweltzeichen”, nei Paesi Bassi si trova poi il “Miliekeur”, lo spagnolo “Aenor-Medio

144 Ambiente” e quello attivo solo nella regione della Catalogna denominato “Distintiu de Garantia de Qualitat Ambiental”, il marchio francese “NF Environment”, oltre alle etichette ecologiche presenti in Repubblica Ceca ed in Ungheria.

Tra questi, quelli che hanno una maggiore visibilità e notorietà sia a livello nazionale che internazionale possono essere facilmente individuati nel Der Blauer Engel e nel The Nordic Swan, i quali sono anche membri del Green Ecolabelling Network.

Il primo, in tedesco “Der Blauer Engel”334, è l’etichetta ecologica più antica del mondo,

introdotta nel 1978 e ad oggi conta più di 11.000 beni certificabili e circa 90 categorie di prodotto335. Il simbolo usato, deriva dal logo della certificazione ambientale delle

Nazioni Unite e fin da subito si è reso visibile in tutto il mondo tanto che, pur avendo come mercato di riferimento esclusivamente quello tedesco, la sua fama viene riconosciuta anche al di fuori di questo, ponendosi come punto di riferimento e modello per la creazione e lo sviluppo di altri schemi di certificazione ambientale nazionali. Tale marchio è stato introdotto per orientare i consumatori all’interno di un mercato in cui stavano aumentando sempre più la presenza di input in chiave ecosostenibile. La certificazione tedesca fu, quindi, creata con l’intento di rendere più facilmente accessibili e affidabili le informazioni relative alla preferibilità ambientale di un prodotto rispetto