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Altri episodi esemplari della condotta di individui spartani aderenti o meno alle leggi licurghee possono essere rintracciati intorno all'evento della battaglia di Mantinea (418 a. C.). Nel 418 a. C., 3 anni dopo la conclusione della Pace di Nicia, si disputò la battaglia di Mantinea fra una coalizione antispartana, comandata da Ateniesi ed Argivi, ed i Peloponnesiaci, comandati dai Lacedemoni348. Prima della disputa di tale battaglia i

Lacedemoni, comandati da Agide II, figlio di Archidamo, mossero verso Argo349.

L'esercito di Argo fu circondato e la via per la città gli fu tagliata dai Lacedemoni. Lo scontro era sostanzialmente deciso. Due ambasciatori degli Argivi però chiesero un colloquio privato con Agide il quale lo concesse: i tre conclusero una tregua di 4 mesi. Agide, senza dare spiegazioni a nessuno comandò la ritirata; per parte loro, invece, i due ambasciatori argivi non consultarono l'assemblea cittadina prima di proporre quella tregua350. Subito dopo quest'evento, l'intervento degli Ateniesi ad Orcomeno sancisce la

resa e l'alleanza di questa città agli Ateniesi stessi351.

Λακεδαιμόνιοι δὲ ἐπειδὴ ἀνεχώρησαν ἐξ Ἄργους τὰς τετραμήνους σπονδὰς ποιησάμενοι, Ἆγιν ἐν μεγάλῃ αἰτίᾳ εἶχον οὐ χειρωσάμενον σφίσιν Ἄργος, παρασχὸν καλῶς ὡς οὔπω πρότερον αὐτοὶ ἐνόμιζον· ἁθρόους γὰρ τοσούτους ξυμμάχους καὶ τοιούτους οὐ ῥᾴδιον εἶναι λαβεῖν. Ἐπειδὴ δὲ καὶ περὶ

347 Secondo G. Daverio Rocchi, il governo di Sparta fu prontissimo ad accusare Clearida in quanto tale personaggio era sospetto per il semplice fatto di essere stato un subalterno di Brasìda. Clearida, insomma, assumendo l'eredità di Brasìda avrebbe potuto instaurare un dominio personale nell'area. DAVERIO ROCCHI 1985, pp. 77-78.

348 Per i complessi eventi diplomatici che portarono alla battaglia di Mantinea s.v. THUC. V, 27-62; per gli eventi di poco precedenti alla battaglia di Mantinea e relativi alla medesima battaglia s.v. THUC. V, 64-74; 75, 1-3.

349 Il re spartano divise il suo esercito, forte di una grande coalizione, in due parti: i Sicioni, i Megaresi ed i Beoti procedevano da nord, da Nemea, mentre i Corinzi, i Fliasi ed i Pelleni occupavano le alture della zona; i Lacedemoni, gli Arcadi e gli Epidauri procedevano da est, entrarono nella piana di Argo ed iniziarono a saccheggiare il territorio; s.v. THUC. V, 57-59, 1-4.

350 THUC. V, 59, 5; 60. 351 THUC. V, 61.

Ὀρχομενοῦ ἠγγέλλετο ἑαλωκέναι, πολλῷ δὴ μᾶλλον ἐχαλέπαινον καὶ ἐβούλευον εὐθὺς ὑπ’ὀργῆς παρὰ τὸν τρόπον τὸν ἑαυτῶν ὡς χρὴ τήν τε οἰκίαν αὐτοῦ κατασκάψαι καὶ δέκα μυριάσι δραχμῶν ζημιῶσαι. Ὁ δὲ παρῃτεῖτο μηδὲν τούτων δρᾶν· ἔργῳ γὰρ ἀγαθῷ ῥύσεσθαι τὰς αἰτίας στρατευσάμενος, ἢ τότε ποιεῖν αὐτοὺς ὅτι βούλονται352.

Fra tutti gli episodi evidenziati fino ad ora, compresi quelli rintracciati in Erodoto, quello appena riportato è l'unico in cui il governo della città, probabilmente l'organo politico dell'eforato, biasimò duramente l'operato del re. Uno dei due re di Sparta è subordinato al meccanismo dell'ubbidienza e del dovere. Agide agì di sua volontà, stipulando un patto di 4 mesi con 2 ambasciatori argivi. La sua scelta ricadde sul bene comune della città di Sparta, perché, qualora i Lacedemoni fossero riusciti a prendere Argo, la rivale peloponnesiaca più antica e potente, avrebbero condotto le azioni belliche successive con più sicurezza e col supporto della stessa Argo. Agide, assicurandosi una pace temporanea per ricondurre all'ordine gli alleati degli Argivi, precedentemente alleati al blocco peloponnesiaco, non consultò il governo di Sparta. Inoltre con la caduta di Orcomeno, avvenuta subito dopo il ritiro della coalizione lacedemone, i magistrati "si adirarono molto di più" (πολλῷ δὴ μᾶλλον ἐχαλέπαινον) ed imposero una pesante pena al re. Agide cercò di convincerli a non attuare sin da subito la pena, ma di attendere, mentre egli avrebbe cercato di porre rimedio a tale accusa "con un'azione gloriosa [...] dopo aver compiuto una campagna militare" (ἔργῳ γὰρ ἀγαθῷ [...] στρατευσάμενος), e, qualora non avesse portato a termine questo proposito, la città avrebbe potuto imporgli una qualsiasi pena. Anche in questo caso, come abbiamo visto nella Costituzione senofontea, il procedimento attraverso il quale redimere sé stessi da una qualche accusa mossa dal governo spartano sarebbe stato quello di compiere un'azione degna d'onore in modo tale da controbilanciare le accuse infamanti del non aver ubbidito a degli ordini ben precisi. Parlando della pena imposta dagli efori, d'altra parte, è utile ricordare come i precetti licurghei vietassero l'uso della moneta argentea e bronzea: sarebbe stato difficile, se non impossibile, pagare una multa di 100.000 dracme con la valuta spartana, per cui appare ovvio che tale multa fu applicata con lo scopo di

352 THUC. V, 63, 1-3: "Quando i Lacedemoni furono ritornati da Argo dopo aver concluso la tregua di quattro mesi, si lamentavavano gravemente di Agìde perché non aveva assoggettato a loro Argo, sebbene l'occasione fosse stata buona come, secondo il loro proprio parere, non lo era mai stata prima: pensavano infatti che non fosse facile avere tutti insieme tanti alleati e di tal qualità. E quando arrivarono anche le notizie di Orcomeno, cioè che la città era stata presa, si adirarono molto di più e decisero subito, spinti dalla collera e contro la loro abitudine, che si doveva radere al suolo la sua casa e fargli pagare una multa di centomila dracme. Ma egli li scongiurava di non far niente di ciò: con un'azione gloriosa si sarebbe liberato dalle accuse dopo aver compiuto una campagna militare, e in caso contrario essi avrebbero potuto fare allora quel che volevano".

renderne impossibile il medesimo pagamento, quindi una sorta di ammenda il cui portato simbolico risiedesse maggiormente nell'umiliazione inferta piuttosto che nella pena pecuniaria in sé. Riguardo all'abitazione in cui risiedeva il re, sappiamo dalla

Costituzione che essa era collocata in una zona privilegiata della città, vicino ad una

fonte d'acqua353. Di per sé, la pena di dover pagare 100.000 dracme e la distruzione della

sua abitazione avrebbe costretto il re a divenire sostanzialmente un esule. Vi sono, infatti, nel caso della città di Sparta, molti episodi di condanne all'esilio dei re354. Ma la

controproposta che Agide fa agli efori è la seguente: attraverso un'azione gloriosa in guerra, sarebbe stato in grado di dimostrare il proprio onore. La partita si gioca dunque sulla perdita dell'onore e non sulla perdita delle ricchezze in sé e per sé. La paura di incorrere nella perdita dell'onore è, ancora una volta espressa al suo massimo grado, e, in questo caso specifico, è un re di Sparta a dover redimersi da tale accusa. Vedremo in seguito cosa faranno gli efori per assicurarsi la parola del re.

Proseguendo con la vicenda di Agide troviamo un ulteriore elemento a conferma di quanto è stato appena detto. Il re prese con sé un esercito da Sparta ed a gran velocità si mosse verso Mantinea355. Arrivati nei pressi della città, i Lacedemoni trovarono i

nemici arroccati su delle alture, ma il re, dovendo dimostrare il proprio onore per essere riabilitato dall'accusa dell'episodio di Argo, si comportò nel modo seguente:

Οἱ Λακεδαιμόνιοι εὐθὺς αὐτοῖς [contro i nemici] ἐπῇσαν· μέχρι μὲν λίθου καὶ ἀκοντίου βολῆς ἐχώρησαν, ἔπειτα τῶν πρεσβυτέρων τις Ἄγιδι ἐπεβόησεν, ὁρῶν πρὸς χωρίον καρτερὸν ἰόντας σφᾶς, ὅτι διανοεῖται κακὸν κακῷ ἰᾶσθαι, δηλῶν τῆς ἐξ Ἄργους ἐπαιτίου ἀναχωρήσεως τὴν παροῦσαν ἄκαιρον προθυμίαν ἀνάληψιν βουλόμενον εἶναι. Ὁ δέ, εἴτε καὶ διὰ τὸ ἐπιβόημα εἴτε καὶ αὐτῷ ἄλλο τι ἢ κατὰ τὸ αὐτὸ δόξαν ἐξαίφνης, πάλιν τὸ στράτευμα κατὰ τάχος πρὶν ξυμμεῖξαι ἀπῆγεν356.

L'ossessione di dover riparare all'accusa del disonore avrebbe fatto commettere ad Agide un errore fatale. Siamo di fronte, ancora una volta, ad un episodio in cui il rimedio di un individuo ad una precedente azione negativa non poteva che essere svolto

353 "Inoltre", ci informa Senofonte, "un laghetto presso la loro casa dà loro la possibilità di avere acqua in abbondanza". S.v. XEN. Lak. Pol. 15, 6.

354 S.v. LÉVY 2010, pp. 133-136. 355 THUC. V, 64.

356 THUC. V, 65, 2-3: "I Lacedemoni subito avanzarono contro di loro [i nemici]; procedettero finché giunsero a tiro di pietra e giavellotto, poi uno degli uomini più anziani gridò ad Agide, vedendo che le truppe andavano verso un punto saldamente difeso, che questi aveva intenzione di rimediare a un male con un male; con ciò indicava che l'attuale ardore intempestivo di Agide voleva essere un rimedio alla sua biasimevole ritirata da Argo. Agide, o a causa di ciò che gli era stato gridato, o perché a lui stesso era improvvisamente venuta un'idea (diversa da quella dell'altro, oppure anche la stessa), rapidamente condusse indietro l'esercito prima che avvenisse lo scontro".

secondo modalità ben precise. Agide non avrebbe potuto rimediare ad un'azione disonorevole con un'ulteriore azione potenzialmente negativa, ossia mettendo a rischio la vita dei propri sottoposti a causa del suo "attuale ardore intempestivo" (τὴν παροῦσαν ἄκαιρον προθυμίαν). L'intervento del soldato anziano o il proprio buon senso indussero il re a non avanzare ulteriormente e, così facendo, egli, evitando la morte dei propri sottoposti, evitò anche di incorrere in un ulteriore disonore. Così come per l'episodio di Aristodemo, il quale tentò di riacquisire l'onore perduto alle Termopìli agendo però in netto contrasto a Platea con le "regole" che avrebbero potuto riabilitarlo, il re, in questa circostanza, era sul punto di agire con ardore eccessivo, ma alla fine riuscì ad evitare di essere troppo imprudente.