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Il disonore ed il giudizio di Sparta in Tucidide Archidamo, re di Sparta

Nel 431 a. C. Archidamo, re di Sparta, invade l'Attica. Per assicurarsi un punto sicuro da cui partire, il re decise di espugnare Enoe:

Ὁ δὲ στρατὸς τῶν Πελοποννησίων προϊὼν ἀφίκετο τῆς Ἀττικῆς ἐς Οἰνόην πρῶτον, ᾗπερ ἔμελλον ἐσβαλεῖν. Καὶ ὡς ἐκαθέζοντο, προσβολὰς παρεσκευάζοντο τῷ τείχει ποιησόμενοι μηχαναῖς τε καὶ ἄλλῳ τρόπῳ· ἡ γὰρ Οἰνόη οὖσα ἐν μεθορίοις τῆς Ἀττικῆς καὶ Βοιωτίας ἐτετείχιστο [...]. Τάς τε οὖν προσβολὰς ηὐτρεπίζοντο καὶ ἄλλως ἐνδιέτριψαν χρόνον περὶ αὐτήν. Αἰτίαν τε οὐκ ἐλαχίστην Ἀρχίδαμος ἔλαβεν ἀπ’αὐτοῦ, δοκῶν καὶ ἐν τῇ ξυναγωγῇ τοῦ πολέμου μαλακὸς εἶναι καὶ τοῖς Ἀθηναίοις ἐπιτήδειος, οὐ παραινῶν προθύμως πολεμεῖν· ἐπειδή τε ξυνελέγετο ὁ στρατός, ἥ τε ἐν τῷ Ἰσθμῷ ἐπιμονὴ γενομένη καὶ κατὰ τὴν ἄλλην πορείαν ἡ σχολαιότης διέβαλεν αὐτόν, μάλιστα δὲ ἡ ἐν τῇ Οἰνόῃ ἐπίσχεσις. Οἱ γὰρ Ἀθηναῖοι ἐσεκομίζοντο ἐν τῷ χρόνῳ τούτῳ, καὶ ἐδόκουν οἱ Πελοποννήσιοι ἐπελθόντες ἂν διὰ τάχους πάντα ἔτι ἔξω καταλαβεῖν, εἰ μὴ διὰ τὴν ἐκείνου μέλλησιν. Ἐν τοιαύτῃ μὲν ὀργῇ ὁ στρατὸς τὸν Ἀρχίδαμον ἐν τῇ καθέδρᾳ εἶχεν. Ὁ δὲ προσδεχόμενος, ὡς λέγεται, τοὺς Ἀθηναίους τῆς γῆς ἔτι ἀκεραίου οὔσης ἐνδώσειν τι καὶ κατοκνήσειν περιιδεῖν αὐτὴν τιμηθεῖσαν, ἀνεῖχεν. Ἐπειδὴ μέντοι προσβαλόντες τῇ Οἰνόῃ καὶ πᾶσαν ἰδέαν πειράσαντες οὐκ ἐδύναντο ἑλεῖν, οἵ τε Ἀθηναῖοι οὐδὲν ἐπεκηρυκεύοντο [...], ἐσέβαλον ἐς τὴν Ἀττικήν335.

All'inizio della guerra del Peloponneso, il re di Sparta, al comando della prima

335 THUC. II, 18,1-19,1: "L'esercito dei Peloponnesiaci avanzando arrivò alla prima località dell'Attica, Enoe, da dove essi intendevano iniziare l'invasione. Enoe, che è al confine fra l'Attica e la Beozia, era munita di fortificazioni [...]. I Peloponnesiaci dunque preparavano i loro assalti, e anche in altri modi persero tempo intorno alla fortezza. Per questo fatto Archidamo fu oggetto di accuse gravissime: si riteneva che nel radunare le truppe per la guerra fosse stato poco energico, e che avesse dimostrato simpatia per gli Ateniesi, poiché non aveva esortato con entusiasmo i suoi a fare la guerra; e quando l'esercito si radunava, l'attesa all'istmo e la lentezza durante il resto della marcia gli suscitarono accuse, ma sopratutto gliene procurò il ritardo di Enoe. Infatti, durante quest'intervallo gli Ateniesi stavano portando dentro le mura le proprie cose, e i Peloponnesiaci pensavano che se avessero attaccato rapidamente, avrebbero trovato ancora tutto fuori, se non fosse stato per l'esitazione del re. Tale era l'irritazione che l'esercito nutriva verso Archidamo mentre si rimaneva fermi. Ma egli indugiava, aspettandosi, così si dice, che gli Ateniesi avrebbero fatto qualche concessione quando la loro terra era ancora intatta, e che avrebbero esitato a permettere che fosse devastata. Ma dopo che avevano assalito Enoe e, pur tentando con ogni mezzo, non erano riusciti a prenderla, e gli Ateniesi non facevano nessuna proposta di negoziati, allora finalmente partirono da questa località [...], e invasero l'Attica". Per una differente interpretazione riguardo alle accuse di Archidamo s.v. HORNBLOWER 1991, pp. 271-272, dove il commentatore riporta la debole tesi di Herman. Per l'incerta ubicazione di Enoe, per le perplessità riguardo alla scelta del tragitto meno diretto da parte di Archidamo, per lo scopo della stessa spedizione verso Enoe, per l'assenza di Ateniesi nel medesimo forte e per la mancanza di un qualche tipo di avamposto sulla strada principale che portava da Atene ad Eleusi s.v. GOMME 1966, II, pp. 66-67. Riguardo all'"esitazione" di Archidamo s.v. GOMME 1966, II, p. 69. Fantasia, d'altro canto, riporta l'identificazione della posizione di Enoe ("immediatamente a sud-est del Citerone, probabilmente nel sito dell'od. Myoupolis[...]" oppure "od. Villia"; s.v. bibliografia relativa).

invasione dell'Attica, subisce diverse accuse. Accusato di μᾰλᾰκία ('mancanza di vigore'), di μέλλησις ('ritardo', 'temporeggiamento'), aveva ultimato i preparativi con lentezza ed attaccava un forte ai confini con la Beozia senza riuscire ad espugnarlo. Il suo obiettivo, come attesta Tucidide, sarebbe stato quello di prendere una salda testa di ponte da cui partire per le invasioni stagionali future e di spingere gli Ateniesi a stringere un accordo nel momento in cui essi avrebbero avuto molto da perdere. Un re è accusato di non condurre la guerra con vigore336. La possibilità di tali accuse potrebbe

portarci a ritenere che, così come l'episodio di Agesilao riportato nei paragrafi precedenti, l'importanza del re fosse in qualche maniera legittimata dal suo operato. Qualora tale operato fosse stato percepito negativamente da parte della comunità spartana, esso si sarebbe risolto nell'accusa. Tali accuse, inoltre, sono in netta opposizione all'elogio dei pregi elencati da Tucidide per Brasìda337, il quale possiede,

secondo lo storico, la virtù dell'essere "δραστήριον"338.

Timocrate

Timocrate fu uno dei consiglieri inviati, insieme a Brasìda, subito dopo la sconfitta navale dei Corinzi ad opera degli Ateniesi di Formione nellimboccatura del golfo Criseo (Battaglia di Rio, 429 a. C.). In seguito a questa sconfitta, Cnemo, i suoi consiglieri e gli ignoti capitani peloponnesiaci riorganizzarono la flotta e tentarono un attacco alle navi di Formione. La loro strategia militare si basò sul frazionamento della flottiglia nemica allo scopo di attaccarla a gruppi singoli, in modo tale da prevalere ed ottenere così una vittoria di misura. Il tentativo riuscì, le navi ateniesi vennero colte nel mezzo di uno spostamento, alcune rimasero a combattere, altre riuscirono a scappare. Durante questa fuga, il consigliere Timocrate si trovava su una nave di Leucade e si era spinto molto oltre rispetto alle navi dei suoi compagni, all'inseguimento di una nave ateniese. Di colpo, la nave nemica virò intorno ad un'imbarcazione mercantile, presente in quel tratto di mare, e riuscì a speronare la nave di Leucade sulla quale si trovava Timocrate: "Ἐπὶ δὲ τῆς Λευκαδίας νεώς, ἣ περὶ τὴν ὁλκάδα κατέδυ, Τιμοκράτης ὁ

336 S.v. LÉVY 2010, pp. 121-138; LUPI 2017, pp. 69-73.

337 Thomas Heilke, nel suo articolo del 2004, scrive: "the readers' first encounter with Brasidas is set off in sharp contrast with Thucydides description of the Spartan general Archidamus only a few paragraphs earlier (II.28, II.20). The verbs and the adverbs tell the story. Archidamus with his large force wastes time delaying, loitering, proceeding slowly, procrastinating. He plans carefully (II.20), but his slowness aern him the "gravest censure" of the Spartans (II.18). S.v. HEILKE 2004, p. 125. 338 THUC. IV, 81, 1: "energico", ma anche 'attivo', 'operoso', 'efficace'. Riguardo alle differenze e

Λακεδαιμόνιος πλέων, ὡς ἡ ναῦς διεφθείρετο, ἔσφαξεν ἑαυτόν, καὶ ἐξέπεσεν ἐς τὸν Ναυπακτίων λιμένα"339. Timocrate si comportò in questo modo. Lo Spartiata Timocrate

si spinse troppo in avanti rispetto ai suoi superiori e fu speronato. Subire la prigionia sarebbe stato certamente disonorevole per Timocrate (vedremo in seguito quanto impegno diplomatico produsse, da parte spartana, il recupero dei prigionieri di Sfacteria e quali contromisure prese la città nei confronti di essi). Inoltre non sarebbe da escludere la possibilità che, al suo ritorno, egli avrebbe ricevuto un trattamento simile a quello di Aristodemo e Pantite, ossia l'indifferenza e l'esclusione dalla vita civile da parte degli altri cittadini spartani. Come Otriade, il quale si suicidò per non incorrere nella vergogna dell'essere tornato incolume dalla battaglia di Tirea, Timocrate preferì suicidarsi per non essere catturato vivo, evitando così a Sparta un notevole impegno diplomatico e, qualora fosse tornato, evitando di subire la vergonga a Sparta, ossia l'esclusione temporanea e disonorevole dal gruppo degli homoioi. Per Timocrate, il suicidio non fu altro che il miglior modo per evitare il biasimo della propria città.