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20 - Agostino di Ippona

Il rapporto tra Girolamo e Agostino di Ippona si giocò tutto sul filo epistolare delle lettere tra Ippona e Betlemme, dalla prima lettera di Agostino (395) all'ultima lettera di Girolamo (420).

Tre furono gli ambiti nei quali si sviluppò e consolidò negli anni questo rapporto: 1) il rapporto fra loro, tra famosi alti e bassi; 2) le questioni che Agostino pose a Girolamo 3) la citazione che ognuno fece dell'altro (soprattutto Agostino di Girolamo).

Indubbiamente il punto più importante e ricco anche per noi è il primo: lo sviluppo e l'andamento di come si sono "trattati" a vicenda è una delle "ricchezze relazionali" custodite nello scrigno della storia della Chiesa (e monito per tutte le generazioni dei credenti).

Quanto ai quesiti intercorsi fra loro, li elenco qui brevemente (e sotto poi li richiamo soltanto) perché come diceva Girolamo "il limite imposto dal nostro genere letterario già l' abbiamo ampiamente superato (lui parlava soprattutto delle lettere):

1) Come mai Girolamo ha tradotto la Bibbia direttamente dall'ebraico di fatto bypassando e superando la traduzione su cui da sempre era modellato il testo latino (della Vetus Latina / Itala)? Non si rischia di disorientare la nostra gente che ascolta ora un altro testo?

2) Esegesi di Girolamo a Ga 2: se, come interpreta Girolamo, nel suo desiderio di farsi tutto a tutti, Paolo e Pietro hanno

"finto" la lite di Antiochia e il rimprovero di Paolo a Pietro perché all'arrivo dei "censori" da Gerusalemme non mangiava più con i cristiani di origine pagana, dove va a finire la credibilità della Scrittura? Ammettere una sola finzione la può facilmente scardinare tutta!

3) Interpretazione di un passo della lettera di Giacomo "chi è reo di trasgredire un solo comando di fatto va considerato reo di aver trasgredito tutta la Scrittura" (Gc 2,10).

4) E soprattutto, Impegnato e impigliato nella controversia pelagiana e nelle problematiche connesse a quella del peccato originale Agostino "brama" di conoscere il punto di vista di Girolamo sull'origine dell'anima.

[Cito le lettere con il numero che hanno nell'epistolario geronimiano e fra parentesi in quello agostiniano]

La prima lettera è del 395 (56[28]): Agostino pone i temi 1 e 2.

Dice la vicinanza che sente del fratello Girolamo e gli propone di poter studiare insieme i problemi teologici il più possibile.

Riguardo alla relazione fra di loro, è ovvio che Agostino fin da subito è attratto dall'idea di poter avere un interlocutore che egli stima al pari o superiore di sé, come purtroppo non credo che ne avesse nella Chiesa d'Occidente (dove fu "condannato" ad essere sempre il numero uno!). Fin da quella lettera Agostino scrive:

"Forse dovrei terminare a questo punto questo scritto, se pensassi di accontentarmi di una lettera di cortesia. Ma ho l'anima che trabocca dal desiderio di poterci scambiare qualche idea a proposito degli studi a cui ci siamo dati in Gesù Cristo nostro Signore. E' anche merito della tua carità se lui si degna di non lesinarci dei vantaggi preziosi quasi un viatico per il cammino che lui stesso ci ha tracciato" (n. 1).

Grande espressione di amicizia: Agostino desidera vedere Girolamo con gli occhi di Alipio che gli invia.

Passano due anni e ad Agostino arriva un biglietto di Girolamo (103[39]) in cui gli raccomanda il latore della stessa, Presidio, dicendo di avergli già inviato un'altra lettera in risposta alla precedente, ma è andata perduta.

Passano ancora due anni e Agostino risponde al biglietto di Girolamo con la lettera 67[40] nella quale ipotizza che la 56[28]

non gli sia mai stata consegnata perché il latore era morto. E quindi ripropone con forza l'ipotesi della collaborazione ("Perché per favore non intavoliamo tra noi un dialogo epistolare?") e stende di nuovo i termini della problematica n. 2.

Purtroppo questa lettera invece di andare a Girolamo fu sparsa da amici per mezza Europa e dopo due anni, siamo nel 402, Agostino si ritrova a scrivere a Girolamo la lettera 101[67] in cui si rende conto del male involontario recato a Girolamo del fatto che la 67[40] sia prima passata per Roma e ricevuta da Girolamo solo adesso. Chiede scusa e chiarisce "non è contro di te che ho preso posizione; ho soltanto messo per iscritto come la vedevo io".

Girolamo riceve la lettera ma non si fida e chiede una copia autografata, tramite la lettera 102[68]. E poi fa il suo famosissimo "intermezzo" sul suo rispetto e amicizia e che se fosse stato un altro gli sarebbe saltato addosso! Purtroppo i rapporti fra i due presero da subito una piega storta per via delle strade diverse prese dalle lettere che non arrivarono a Girolamo o arrivarono troppo tardi e prima erano state conosciute in giro e siccome era il periodo della maggiore tensione tra lui e Rufino le osservazioni di Agostino erano state interpretate come indice di errore da parte di Girolamo. Dalla lettera 102[68] di Girolamo ecco il famoso passo che ci dice molto sul suo temperamento ma anche sul suo cuore e la sua intelligenza:

"Non sia mai detto che io osi puntar la lancia su qualche opinione contenuta nei libri della tua Beatitudine. Ne ho già abbastanza di dimostrare le mie, senza bisogno di dare addosso a quelle degli altri. Del resto, saggio come sei, lo sai benissimo, tu, che ciascuno ha del senno proprio da vendere, e che è una puerile vanagloria - voglio dire, cercar di metterci in vista noi ponendo sotto accusa delle persone celebri. E non sono neppure così cretino da ritenermi offeso per delle divergenze che esistono tra le tue spiegazioni e le mie, perché anche tu non ti sentiresti offeso se io la pensassi diversamente da te. Tra amici, invece, è veramente riprovevole quel sistema di non stare a guardare la propria bisaccia ma di puntar gli occhi nel sacco altrui, come dice Persio. Non hai altro da fare allora che voler bene a chi ti ama; ma nel campo della Scrittura non provocare, giovincello come sei, un vecchio come me (Girolamo 55 e Agostino 48! n.d.r.). Io ormai ho fatto il mio tempo e ho corso più che ho potuto; ora tocca a te correre e a

coprire lunghi tragitti, mentre io è giusto che mi riposi. Ad ogni buon conto (se mi permetti, te lo dico con tutto rispetto) perché non ti resti l'impressione di essere stato tu solo a citarmi invia a Girolamo la lettera 104[71] in cui insiste sul tema 1. Più che dall'ebraico perché non traduce la Scrittura dal greco della LXX che è il testo ormai più diffuso nella Chiesa? Insieme alla lettera rimanda a Girolamo copia delle due precedenti, scusandosi del ritardo per la morte di Profuturo che doveva consegnare la lettera.

Ma la tempesta è solo all'inizio: Girolamo manda la lettera 105 [72] in cui rovescia su Agostino un bel po' di parole (che non si riesce a inserire qui ma andiamole a leggere!) del tipo "smettila di provocare un vecchio rintanato nella sua cella.. tu provochi un vecchio, stuzzichi uno che tace, ha l'aria di fare sfoggio della tua scienza.." (n. 3) ma aggiunge anche - importante! - "D'altra parte la mia idiozia non arriva al punto di ritenermi offeso se tu la pensi diversamente da me!" (n. 4).

E arriviamo alla lettera più famosa, la 110[73] dove Agostino lascia a Girolamo ogni libertà di correggerlo e protesta che sarà sempre onorato delle sue parole e mai offeso. E dopo aver espresso il suo famoso rammarico per l'inimicizia tra Girolamo e Rufino, scrive le parole che sono un monumento alla fede cristiana rettamente intesa, vera fraternità in Cristo e danno la misura di quanto è meraviglioso il Cristianesimo rettamente vissuto in Cristo:

"Per la mansuetudine di Cristo ti scongiuro: se per caso ti ho offeso perdonami e non rendermi male per male offendendomi a tua volta (n. 3). Ti prego: se ci è possibile metter sul tavolo e discutere questioni che possono nutrire i nostri cuori senza che ci sia il fiele della discordia, bene; altrimenti, se non ti posso

dire quello che mi sembrerebbe doversi correggere nei tuoi scritti e se tu non puoi fare altrettanto verso di me, senza che si insinui un sospetto di gelosia o senza che ci perda l'amicizia, lasciamo perdere tutto! Così salvaguarderemo la nostra vita e la nostra salvezza. Non importa se raggiungiamo in modo meno perfetto la scienza che gonfia; purché non offendiamo la carità che edifica!" (n. 9).

Sempre nel 404 Agostino (lett. 111[74]) scrive al vescovo Presidio di prendere a cuore la consegna della lettera a Girolamo.

Subito dopo arriva la lettera di Girolamo che risponde alle prime tre di Agostino (Ep. 112[75]): parla del titolo vero del "Gli uomini illustri" che Agostino aveva ricevuto come "Epitaffio" e poi parla della questione dei Galati, rivendicando la sua interpretazione come essere quella della tradizione greca (Origene e altri) e spiegando la finzione di Paolo per l'esigenza in quel caso di salvare sia Giudei che Greci. Infine Girolamo dà dell'ignorante ad Agostino quanto il testo della Scrittura e della sua traduzione direttamente dall'ebraico. E come nella precedente lettera conclude minaccioso: "Finisco la presente chiedendoti di non costringere un vecchio veterano a riposo come me ad impugnare le armi.. Tu che sei giovani, dall'alta cattedra della dignità episcopale, dove ti trovi, ammaestra i popoli, arricchisci i magazzini di Roma delle nuove messi africane. A me basta far sentire la mia debole voce a qualche poverello che mi legge o mi sta ad ascoltare in un angolo del monastero" (n. 22).

E arriva ad Agostino la lettera 115[81] di Girolamo, la lettera della pace che dimostra il fondo buono e generoso (e cristiano) di Girolamo, pur così focoso nel temperamento "Se sei contento, esercitiamoci pure nel campo della scrittura ma senza farci del male" (n. 1)

E' il 405 quando Agostino scrive a Girolamo la lettera 116[82]

in cui egli riapprofondisce la questione di Galati 2, dichiarando che ogni "menzogna diplomatica" deve essere fuori dal Vangelo.

E' bello il fatto che chieda a Girolamo, se possibile, non solo la carità di relazione fra loro ma anche la franchezza della verità e quindi il confronto forte e approfondito su ogni problematica. E conclude ancora:

"Se tu pensi però che ciò non si possa realizzare fra noi senza che ne venga offeso con grave danno il Suo amore, lasciamo stare: quella carità che vorrei tanto mi legasse a te, è certamente più grande; ma è sempre meglio questa, meno intensa, che non averne affatto" (n. 36).

Passa un po' di tempo e di nuovo si fa vivo Girolamo rispondendo nel 411 ad un quesito del proconsole Marcellino e di sua moglie Anapsichia sull'origine dell'anima. Espone le ipotesi possibili (1) caduta dal cielo come pensano Pitagora, platonici e Origene; 2) deriva dalla sostanza divina (Mani e Priscilliano); 3) Dio le tira fuori da una "riserva" ("stupidi ecclesiastici"); 4) create ogni giorno da Dio; 5) trasmesse per generazione (Tertulliano e Apollinare)) e poi rimanda al terzo libro della sua Apologia contro Rufino. Ma poi dice: perché rivolgervi a me se avete vicino quel luminare di Agostino?

Passiamo al 415 quando Agostino interpella Girolamo sull'interpretazione di Gc 2,10 ("Chi offende un comando della Legge e fatto reo di tutti")

Girolamo però è stanco e non risponde se non con la lettera 134[172] in cui più che parlare di problemi "incensa"

stupendamente Agostino:

"Una cosa è certa: tutto quello che era possibile dire e pescare con profonda penetrazione dalle fonti della Sacra Scrittura, tu l'hai registrato e spiegato. Ebbene, prego la tua augusta persona di permettermi di fare un piccolo panegirico del tuo ingegno. Se ci sono discussioni fra noi è solo per imparare di più... Per conto mio ho deciso una volta per tutte di volerti bene, di guardarti con amore, di venerarti, di ammirarti e di difendere le tue posizioni di pensiero come se fossero mie" (n. 1).

Di nuovo Agostino, tramite Orosio, cerca con la lettera 131[166]

di ottenere da Girolamo una qualche risposta sul problema

dell'origine dell'anima che tanto lo affligge per poter dire una parola autorevole sul problema ben più grande del peccato originale. Ancora nella lettera a Ottato di Milevi dei 420 [202A]

Agostino dirà che aspetta ancora la risposta di Girolamo. Ma Girolamo non risponderà mai in maniera chiara e inequivocabile ad Agostino su questo argomento? Si sente inadeguato? Oppure nonostante tutto da troppo tempo sente in qualche modo le sue radici in Origene e la tentazione di pensare alla preesistenza delle anime?

A proposito del parere di Girolamo, leggendo i vari testi originali, ho notato qualcosa che mi ha un po' disturbato, ma spero di essere contraddetto e di rimediare un bell'epiteto di ignoranza!

Praticamente Agostino dice nell'ep. 190,6.20 a Ottato di Milevi che secondo lui Girolamo "propende per il creazionismo", deducendolo dalla lettera 126 di Girolamo a Marcellino e Anapsichia. Ma in quella lettera Girolamo elenca solo le varie possibili ipotesi (anche se sull'ipotesi creazionista non cita autori ma Gv 5,17) e poi rimanda i due all'autorità di Agostino! E insieme rimanda alla sua Apologia contro Rufino, dove ho trovato solo due luoghi (2,8 e 3,30) nei quali Girolamo irride solo Rufino che elenca anche lui le varie possibilità ma denuncia anche la propria ignoranza. Ma non ho trovato qualcosa in cui Girolamo esprima chiaramente la sua ipotesi. Eppure nella sua lettera dice proprio "il mio parere so di averlo scritto negli opuscoli contro Rufino" (n. 1). Insomma spero che qualcuno mi chiarisca l'argomento, semmai avrò qualcuno che leggerà queste pagine! Altrimenti qui vedi dei bei corti circuiti senza soluzione vera! Come di fatto rimase (ed è rimasta!!) la questione senza soluzione vera..

Una bella testimonianza di Agostino su Girolamo è nel sermone 30 del supplemento, aggiunto recentemente alla raccolta dei discorsi agostiniani:

A lui però, in quanto servo di Dio, siamo soliti inviare lettere familiari, com'egli ne invia a noi, e così ho fatto anche l'anno scorso quando si è recato in oriente il mio figlio, il prete Orosio, servo di Dio proveniente dalla Spagna e residente nella mia comunità. Siccome era latore di mie lettere, tramite lui scrissi a Pelagio. Nella lettera non gli facevo appunti ma lo esortavo a prestare ascolto a quanto gli imponevo per mezzo di quel prete.

Orbene, questo prete trovò il paese dove soggiornava Pelagio in preda a gravissime turbolenze, causate dalla sua predicazione e dalla diversità di vedute tra i fratelli. Di ritorno, Orosio mi recò una lettera del prete Girolamo, uomo santo e da noi venerato per il merito dell'età, della santità e dell'erudizione, uomo a tutti noto. Questo prete Girolamo aveva già scritto contro Pelagio un libro sul libero arbitrio, che è stato recato anche a me. Quanto a Pelagio, come ho detto, egli a tenore degli atti ecclesiastici era stato assolto in quanto aveva confessato la [necessità della] grazia divina, che invece sembrava negare negli scritti e rifiutare nelle sue esposizioni.

(STS 30,6) aveva gestito in maniera ben diversi rapporti con altre persone.

Amore per Gesù? Amore per la madre Chiesa? Amore per la gloria della verità? Anche su Galati 2 alla fine della vita dirà l'opinione di Agostino come sua! D'altra parte Agostino, soprattutto nella polemica contro i Pelagiani (e con Giuliano in particolare) si ritroverà a riportare il parere di Girolamo ormai defunto come uno dei "padri" della comune fede, quelli che hanno appreso la verità della tradizione cattolica, l'hanno difesa e l'hanno consegnata ai posteri! Ma ecco alcune parole di Girolamo:

"A dirti il vero, non c'è stato tempo in cui non abbia venerato col dovuto onore la tua santa persona e amato l'ospite che è in te, il

Signore Salvatore. Ora però, ammesso che sia ancora possibile, voglio aggiungere qualcosa a questo colmo, voglio stipare ciò che è già pieno. Non mi permetterò di passare un'ora sola, neppure una, senza riportare sulle mie labbra il tuo nome, poiché hai tenuto duro contro i venti scatenati, grazie alla tua fede ardente, e hai preferito, per quant'è dipeso da te, scampare magari solo da Sodoma, piuttosto che rimanervi con tutti quelli che vi stavano lasciando le penne. Tu sai bene a cosa alludo. Onore al merito! La tua fama ha invaso il mondo! I cattolici ti venerano e ti considerano come il restauratore dell'antica fede; non solo, ma c'è un fatto che aumenta la misura della tua gloria: tutti gli eretici ti hanno sulle corna e perseguitano anche me con odio non minore. Ci ammazzano col desiderio giacché non lo possono fare con la mannaia. La misericordia di Cristo Signore ti conservi sano e salvo e memore di me, o mio venerando Signore papa beatissimo" (ep.

141[195]).

Era l'anno 418 e la parabola di Girolamo volgeva al termine..