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16 - Vigilanzio, che presuntuoso!

Lettera 61 a Vigilanzio

Quando Paolino di Nola decise di farsi monaco, distribuì i suoi beni ai poveri e tra gli altri incaricò il prete Vigilanzio, originario dell'attuale Calahorra non lontana dalla sua Bordeaux, di portare offerte consistenti ai monasteri di Palestina e di Egitto. Vigilanzio era stato ospite di Girolamo e avevano parlato evidentemente dell'accusa che molto muovevano a Girolamo di essere origeniano. Sembrava convinto, Vigilanzio. E Invece tornato in Italia aveva cominciato a sparlare e ad accusare Girolamo di Origenismo. Girolamo lo viene a sapere e gli invia questa lettera 61, che in realtà è come un prologo a quanto succederà dieci anni dopo (vedi anno 406).

"Ora che sei lontano metto per iscritto quello che hai già udito a voce. Sì, ho letto Origene e lo leggo tuttora, come faccio con Apollinare e tutti gli altri trattatisti, anche se le loro opere, in determinati problemi, la Chiesa non le approva; ma con questa differenza: se affermo che non tutto il contenuto dei volumi scritti dev'essere condannato, ammetto però che alcune pagine non possono passare assolutamente. Ora rientra proprio nel lavoro che faccio e nei miei studi, leggere molti autori, per poter cogliere una varietà di fiori da quanti più possibile; con questo però non vuol dire che approvò tutto indistintamente, ma solo che dal mazzo mi tiro fuori ciò che è buono da prendere, proprio come dice Paolo "Esaminate tutto e ritenete ciò che è buono"

(1Ts 5,21).

E poi la scenetta "gustosa" ma anche pungente:

"Ma per favore! cerca di non dimenticare quel giorno famoso quando io stavo predicando sulla risurrezione del corpo e sulla realtà autentica del corpo stesso. Tu mi stavi al fianco e saltavi dall'entusiasmo. Battevi i piedi in segno di applauso e mi riconoscevi ortodosso gridandolo a tutti. Solo quando ti sei imbarcato e il puzzo della sentina ti è penetrato fino in fondo al cervello, allora ti sei ricordato che io ero eretico! Cosa ti devo

fare? Avevo creduto alla lettera di presentazione del santo piuttosto di diffamare con la sua lettera un suo modesto protetto che me la portava; ce l'ho con me stesso, perché mi sono tuoi fautori, dato che l'unico motivo per cui ti lodano è quello di spillarti fior di quattrini con la scusa dello scrivere. Se vuoi esercitare la mente mettiti nelle mani dei grammatici e dei retori, impara la dialettica, istruisciti presso le varie scuole dei filosofi;

così quando avrai imparato ogni cosa, potrai cominciare almeno allora a stare zitto. Ma che sciocchezze vado dicendo? cercare dei maestri a chi la fa da maestro a tutti! imporre delle regole a uno che non sa parlare e non riesce a starsene zitto! E' proprio vero quel noto proverbio greco: è del tutto inutile suonare la lira a un asino!" (n. 3-4).

Lettere a Ripario (ep. 109) e Libro contro Vigilanzio

Già nel 404 Girolamo aveva risposto con la lettera 109 ad una di Ripario, prete di Calahorra in Spagna che gli denunciava la campagna diffamatoria di Vigilanzio contro la venerazione delle reliquie. Girolamo già conosceva Vigilanzio che abbia parlato male di lui come origenista (vedi anno 396) e quindi già in questa lettera assume nei suoi confronti un atteggiamento di forte sarcasmo che manterrà sempre . Lo chiama Dormitanzio,

"ha riaperto la sua bocca schifosa che sta vomitando un letamaio di putridume contro le reliquie dei santi martiri.. Che uomo

disgraziato! Bisognerebbe dar sfogo a tutte le sorgenti di lacrime per piangerlo! ..con cosa colpire quella testa che ha messo fuori quelle idee e in modo che quel cervello pazzoide o gli si guarisca una buona volta o gli si sconvolga del tutto".

Poi Girolamo parla brevemente non tanto di Vigilanzio quanto della retta dottrina nella venerazione dei corpi morti: non c'è nessuna idolatria né di corpi, né di cose, nemmeno quelle sante:

"Le reliquie dei martiri le onoriamo per adorare il Dio per il quale essi si sono fatti martiri!" e ricorda Pietro e Paolo, e poi i corpi di Giuseppe figlio di Giacobbe portato per tutto un deserto, e di Stefano raccolto dopo la lapidazione. Comunque chiede a Ripario copia dei libri di Vigilanzio in modo da rispondere con precisione e cognizione di causa.

Libro Contro Vigilanzio

Questo libretto di Girolamo ha anzitutto due note che lo rendono molto famoso: è stato scritto di getto in una notte (n. 17) ed è considerato l'opera in cui il sarcasmo dell'autore ha raggiunto un culmine insuperato! In realtà leggendolo non ho avuto questa sensazione. La lettera a Ripario mi pare abbia delle espressioni ben più violente. In questa piccola opera Girolamo più che dialogare con Vigilanzio (con cui invece dialoga serrato nella lettera) espone brevemente ma con efficacia i temi che la sua mente eretica cerca di svalutare e smontare. In tutto questo Girolamo si dimostra uomo perfettamente integrato nella sua Chiesa cattolica non solo nelle posizioni teologiche ma anche nella vita di fede del popolo in ogni giorno.

Inizia con l'elenco degli errori trovati da Girolamo nei libri di Vigilanzio che gli sono stati inviati dai fratelli Ripario e Desiderio (per mezzo di Sisinnio): - non si possono venerare i sepolcri dei martiri; son da condannare le veglie; Alleluia solo a Pasqua, continenza, una eresia; pudicizia, seminario di libidine.

Poi Girolamo viene al dunque: mai i credenti hanno considerato Dio un uomo. In realtà dovremmo adorare solo Vigilanzio ubriaco e addormentato. "Tu dormi da sveglio e addormentato scrivi.."

Contro il pensiero di Vigilanzio Girolamo porta tanti esempi dal modo di comportarsi della Chiesa: le gioiose traslazioni di ossa dei santi; la celebrazione sugli altari in cui sono le ossa dei martiri, le candele accese; le preghiere di intercessione, veglie nelle basiliche, i segni e miracoli che avvengono presso le tombe dei martiri.. In realtà Vigilanzio rinnova l'eresia di Eunomio..

E poi testimonianza personale: "Confesso il mio timore e spero che non sia superstizione. Quando sono arrabbiato e penso qualcosa di male nel mio animo e qualche fantasma notturno si è agitato davanti a me, quasi non ce la faccio ad entrare nelle basiliche dei martiri: tanto tremo sia nel corpo che nell'anima".

(n. 12)

Passando poi all'argomento del dono di elemosine alle comunità della terra santa, Girolamo ne sostiene la validità rifacendosi alla tradizione ininterrotta iniziata con san Paolo e che non serve per il lusso ma per il sostentamento dei consacrati.

Quanto alla verginità e castità che sarebbe contro il riprodursi del genere umano Girolamo ripropone la dottrina comune della Chiesa cioè che molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti. E la parte finale dell'operetta è una apologia della fuga dal mondo, come si chiama, perché il monaco ha bisogno di difendersi dal mondo, dal contatto con donne e da tanti vizi in cui facilmente si cade vivendo in città.