Ep. 43, 386, Ormai di Roma non ne può più. Girolamo esprime il desiderio di un luogo appartato, solo per studio e preghiera, lasciando la caotica, superficiale e vana vita di Roma. Racconta di Ambrogio il mecenate di Origene che cercava la lettura dei suoi libri spirituali in modo da passare continuamente dalla lettura alla preghiera. Ed ecco il quadretto della vita attuale a Roma:
"Quando mai noi animali schiavi della nostra pancia abbiamo agito così? Basta che protraiamo la lettura per due ore che ci viene da sbadigliare, da reprimerci lo stomaco, da stropicciarci la faccia con le mani; e come se avessimo già lavorato troppo ci ributtiamo in occupazioni profane. Non parlo poi dei pranzi che ci aggravano la pesantezza dell'anima. E mi fa pure vergogna parlare delle visite così frequenti, sia di quello che ogni giorno rendiamo agli altri, sia di quelle che riceviamo in casa nostra. In esse si finisce per parlottare, la conversazione va per le lunghe, si tagliano i panni agli assenti, passiamo in rassegna la vita altrui.. e questo è il cibo con ci ci intratteniamo e ci congediamo.
Quando poi gli amici se ne sono andati, regoliamo i conti anche con loro!" (n. 2).
"Da troppo tempo stiamo vivendo nei compromessi.. mi pare il caso di rifugiarci al più presto in qualche solitario e nascosto angolino di campagna, come in un porto.. Lascio a Roma i suoi tumulti: l'arena dia pure spettacoli di sangue, il circo continui le sue pazzie e nei teatri la gente s'affoghi nella lussuria. E anche i nostri amici, per non riferirmi che a loro, facciano pure una capatina quotidiana alle riunioni delle matrone" (n. 3)
"Piuttosto agli occhi dei cristiani dovrebbero essere di scandalo quelle donne che si dipingono le labbra e gli occhi di rosso vivo o di non so quali belletti. La loro faccia impiastricciata e ributtante per esagerata bianchezza è una contraffazione di idoli. Quando per caso spunta una lacrima imprevista, questa scende lungo il solco che si scava. Neppure il numero degli
anni riesce a convincerle che sono piuttosto anzianotte. Si acconciano il capo con capelli altrui e sulle vecchie grinze cercano di rifarsi una giovinezza ormai passata. E proprio loro poi di fronte ad una sequela di nipoti si atteggiano a timide verginelle! una donna cristiana si deve vergognare di alterare la sua bellezza naturale e di acconciarsi il corpo per farsi desiderare! Chi fa questo non può piacere a Cristo: è l'Apostolo che lo dice" (ep. 38,3).
Nelle opere di Girolamo si ritrovano espressioni per lo più
"molto fiorite" sull'andazzo della vita sociale a Roma soprattutto nelle case e nelle ville dei nobili. Per me (che pure ho una famiglia con tante donne) è stato stupefacente notare la ricchezza di conoscenza di quanto in genere è riservato al mondo femminile, come quando si rivolge alla vergine Demetriade (eppure son passati 30 anni dal soggiorno romano):
"Quando vivevi nel mondo amavi le cose del mondo: ti abbellivi il volto col rossetto, ti truccavi col cerone, ti adornavi i capelli, ti mettevi in testa una parrucca che pareva una torre, senza parlare degli orecchini di valore, delle perle d'una trasparenza splendente (segno questo che venivano dai fondali del Mar Rosso!), dei verdi smeraldi, dei rubini rosso fiamma, dei giacinti dai riflessi marini; tutta roba per cui vanno pazze le matrone, veleno per la propria pudicizia, i giovani dai capelli a riccioli, tutti azzimati e dalla pelle profumata di muschio esotico (per essi va a pennelli un detto di un intenditore: Non presuma bene chi è sempre ben profumato (Marziale n.d.r.)), per non parlare di altri che con visite inopportune creano cattiva fama sia per chi li accoglie che per le altre compagne; anche ammettendo che non si compia nessuna azione cattiva, è già questo il peggiore
dei mali: esporsi senza motivo alle maldicenze e ai morsi dei pagani.. Alcune cercano appartamenti isolati, lontani da occhi indiscreti, per vivere più licenziosamente praticare i bagni, fare quel che vogliono ed evitare il giudizio della maggioranza. Noi purtroppo queste cose le vediamo e ne soffriamo; ma se ci fanno brillare sotto gli occhi una moneta d'oro, finiamo col classificarle fra le azioni oneste!" (Ep. 130,18-19).
Da sempre è conosciuto il ruolo di donne, in genere ricche e di alto livello sociale, nelle eresie e nei problemi delle chiese.
Nella lettera a Ctesifonte, sulla nuova eresia pelagiana, Girolamo ne fa una potente sintesi:
"Ecco come stanno le cose. E che vogliono, allora, quelle miserabili donnette cariche di peccati che si lasciano trascinare da una parte e dall'altra e da qualsiasi vento di dottrina, e che stanno sempre lì ad imparare senza mai raggiungere la conoscenza della verità? e quegli altri cascamorti di quelle femminette, che patiscono il prurito alle orecchie e non intendono né quel che sentono né quel che dicono, che prendono come un nuovo preparato un luridume stravecchio, e che ti impiastricciano - come dice Ezechiele - un muro senza intonaco, un muro che si sgretola non appena scroscia la pioggia della verità?
Simon Mago ha posto le fondamenta di un'eresia validamente aiutato dalla meretrice Elena.
Nicola di Antiochia, autore di ogni sorta di porcherie, è stato maestro di danza per le donne.
Marcione si è fatto precedere a Roma da una donna per farsi aprire la strada fra le anime che doveva accalappiare.
Apelle ha avuto come compagna delle sue dottrine Filomena.
Montano, esaltatore dello spirito immondo, si servì di Prisca e Massimilla, donne nobili e doviziose, per corrompere in un primo tempo col denaro non poche chiese e insozzarle con l'eresia.
Ma basta con le cose vecchie; voglio passare a quelle più vicine a noi. Ario, per mettere nel sacco tutto il mondo, ha adescato dapprima la sorella dell'imperatore.
Donato, per poter insozzare con le sue putride acque tutti i poveretti che trova per l'Africa, si è servito della ricchezza di Lucilla.
In Spagna è stata una donna, Agape, a tirarsi dietro un uomo, Elpidio.
..Ma insomma anche al giorno d'oggi sta operando il mistero dell'iniquità: i due sessi si soppiantano a vicenda" ep. 133, 4)