Non c'è dubbio che sempre Girolamo ha considerato la Chiesa Cattolica come sua madre, l'utero nel quale è stato rigenerato a Cristo e dentro la quale e con la quale soltanto può condividere il suo Signore. Per il suo sentimento verso la Chiesa vale quanto detto riguardo a Gesù, Signore della Chiesa: tutte le ricchezze dell'umanità gli vanno bene, ma tutto va sottoposto e sottomesso alla verità che per la fede è stato chiarito e fissato dalla nostra Chiesa Cattolica, guidata da Roma.
In un famoso passo della lettera ai monaci Minervio e Alessandro, Girolamo dichiara senza possibilità di equivoco il suo atteggiamento verso tutta la produzione letteraria che lo ha preceduto: leggere tutto, ritenere solo ciò che valutiamo buono, ma soprattutto non allontanarsi mai dalla fede della nostra Chiesa Cattolica:
"Può darsi che qualcuno del partito opposto al mio vada bofonchiando come mai io leggo i commenti di autori di cui non condivido le idee. Ebbene, sappia che do retta volentieri a questo consiglio dell'Apostolo: Provate tutto, ritenete ciò che è buono (1Ts 5,21) e alle parole del Salvatore che dice: 'siate scaltri come agenti di cambio' (agraphon non nei Vangeli n.d.r.), in modo che se una moneta è falsa non porta l'effigie di Cesare e non ha il marchio della zecca di Stato, la si possa rifiutare, mentre se alla luce presenta chiaramente l'effigie di Cristo, possiamo riporla nella borsa del nostro cuore.. Perché i miei nemici mi fanno a brandelli? perché queste scrofe ingrassate grugniscono contro uno che se ne sta zitto?.. Per conto mio, uso un altro sistema: leggere gli autori antichi, vagliare ogni tesi, ritenere quelle che sono buone e non scostarmi per nulla dalla fede della Chiesa Cattolica" (ep. 119,11).
Il suo atteggiamento verso Origene o Eusebio di Cesarea o Apollinare di Laodicea o tanti altri ha sempre seguito questa linea: lasciarsi arricchire di ciò di cui essi sono ricchi per dono dello Spirito di Dio, ma non dare mai l'assenso laddove si scopre che essi hanno detto o sostenuto qualcosa su cui la Chiesa cattolica poi non si è detta d'accordo.
Dunque la Chiesa, la sua fede, la sua comunione sono al centro della vita del credente Girolamo, è valido tutto ciò che è fatto dentro la Chiesa:
"tutto questo però giova se fatto in seno alla Chiesa, se in quest'unica casa celebriamo la Pasqua, se entriamo con Noè nell'arca, se mentre Gerico è distrutta Raab la giustificata ci offre asilo" (ep. 22,38)
Scrivendo a papa Damaso la sua lettera 15, Girolamo fa professione di appartenenza assoluta e totale alla Chiesa Cattolica guidata dal Papa:
"Per questo ho deciso di consultare la Cattedra di Pietro dove si trova quella fede che la bocca dell'Apostolo ha esaltato; vengo ora a chiedere un nutrimento per la mia anima là dove ricevetti un tempo il vestito di Cristo.
Benché io sia impaurito dalla tua grandezza, mi sento invitato dalla tua umanità. Come pecora del gregge chiedo salvezza al Sacerdote della vittima e protezione al Pastore. Via l'invidia e la ricerca del potere romano: io parlo con il successore del Pescatore e il discepolo della croce. Io non voglio seguire per primo se non Cristo e mi unisco in comunione con la cattedra della tua Beatitudine, cioè la cattedra di Pietro. So che la Chiesa è edificata su quella Pietra. Chi mangia l'agnello fuori di questa casa è un profano. Chi non è nell'arca di Noè perisce nel dilagare del diluvio. Chi non raccoglie con te, butta via. Chi non è con Cristo è preda dell'Anticristo!"
E quando nella lettera 16 non sa chi scegliere tra Melezio, Vitale e Paolino, scrive sempre a Damaso:
"Allora? Allora te l'ho già scritto una volta: è nella città di Roma che ho ricevuto il vestito di Cristo, ma ora vivo al confine tra la Siria e i Barbari.. Da una parte ruggisce la rabbia degli ariani appoggiati e sostenuti dal mondo; dall'altra la Chiesa si trova divisa in tre tronconi e ciascuno si fa premura di attirarmi dalla sua parte. Anche la vetusta autorità dei monaci che vivono nei dintorni si erge contro di me. Io intanto continuo a gridare: "Chi è unito alla Cattedra di Pietro è con me!". Ma Melezio, Vitale e Paolino pretendono tutti e tre di essere unito.. Fammi dunque sapere con una tua lettera con chi devo tenermi in comunione qui in Siria. Non trascurare un'anima per la quale Cristo è morto!".
Così in un inciso molto significativo dell'Apologia contro Rufino:
"..per passare alla Chiesa, dove è costituita la norma della verità.." (3,29).
Nella lettera 63,2 a Teofilo di Alessandria del 399 Girolamo dice al vescovo alessandrino:
"Sappi che per me nulla è più importante del salvaguardare i diritti del cristiano e di non scantonare fuori dei binari fissati dai Padri, come pure non ho mai dimenticato la fede di Roma elogiata per bocca di un Apostolo e alla quale la Chiesa di Alessandria si fa un vanto di appartenere".
Bisogna anche sottolineare che la Chiesa Cattolica di Girolamo è già la Chiesa strutturata che conosciamo noi, nel senso che la sua struttura si è ormai consolidata, soprattutto per quanto riguarda le suddivisioni nell'organizzazione di governo e per quanto riguarda le figure proprie dell'ordine ecclesiastico:
vescovo, presbiteri, diaconi, ecc.. La Chiesa si fa attorno al vescovo che presiede l'Eucaristia e
"Non esiste chiesa senza sacerdote" (Dibattito tra ortodosso e luciferiano, n. 21).
Esiste, Girolamo lo sa e lo difende, una struttura pubblica della Chiesa, che è anche garanzia di unità e di difesa del dogma.
Anzi per lui è già assodato che tutta questa struttura ha il suo punto di convergenza nel vescovo di Roma. Su questo egli afferma sempre di non aver voluto mai transigere. E il suo atteggiamento verso Origene ne è una prova: Origene un grande, ma non in ciò in cui il dogma cattolico non ha accettato le sue posizioni!
"E' da parecchi anni ormai dal tempo della mia giovinezza fino all'età che ho attualmente che vado scrivendo opuscoli su opuscoli e mi sono sempre preoccupato di comunicare al mio uditorio quello che ho imparato dall'insegnamento pubblico della Chiesa. Non ho mai ricalcato le argomentazioni dei filosofi ma mi sono attenuto alla semplicità degli Apostoli, perché so che sta scritto "Farò sfigurare la sapienza dei saggi e sconfesserò la prudenza dei prudenti" (1Co 1,19) (ep. 133,12)
"..io mai l'ho perdonata agli eretici, e mi son sempre dato da fare con ogni impegno perché i nemici della Chiesa fossero anche miei nemici personali.. e non ho mai odiato gli uomini ma solo i loro errori" (Adv. Pel., pref. 2).
In alcune chiese vige una consuetudine bruttissima: quando sono presenti i vescovi, i sacerdoti stanno zitti, non predicano, come se quelli ne fossero gelosi o non si degnassero di starli ad ascoltare. Paolo apostolo dice: 'Se un altro che è seduto riceve una rivelazione, il primo taccia.." (1Co 14,33s). La gloria di un padre non è un figlio saggio? (ep. 52,7)
Grande stima da parte di Girolamo della figura e del ruolo del vescovo. Così dice al suo amico vescovo Eliodoro:
il poeta Nevio dice del re che è posto davanti al popolo e se al popolo è lecito piangere, questo non è lecito al re. Ora io dico:
tanto più questo vale per un vescovo: il Re comanda su chi non ama la sua autorità, il vescovo comanda su chi desidera la sua autorità. Il re assoggetta il popolo col terrore, il vescovo con il servizio di amore. Quello custodisce corpi destinati comunque alla morte, mentre il vescovo conserva le anime per la vita. In te si indirizzano gli occhi di tutti: la tua casa e il tuo comportamento come in uno specchio sono esempio e guida della vita del popolo. Attento a non comportati in maniera men che degna, perché i tuoi detrattori abbiano materia per disprezzarti e chi ti vuol seguire debba purtroppo dirigere altrove la propria obbedienza. Vinci in ogni situazione la debolezza del tuo cuore e del tuo sentimento umano (ep 60,14)
6 - La Parola
Parlare di "Parola" in Girolamo prevede, a mio parere, lo studio di quella collocazione ampia e profonda che la Parola di Dio, ma anche la parola umana, anche la parola parlata e quella scritta, anche la parola interiore occupano nella sua vita e nella sua attività.
Fin da bambino, certamente fin dai primi studi romani, Girolamo ha identificato con la parola di ogni tipo ciò con cui si sentiva attratto ad avere rapporto, a servire, ad annunciare, a utilizzare per avere rapporti con il mondo, con gli altri e con Dio.
Girolamo fin dall'inizio e per sempre si è "sostanziato di parola"
se così possiamo dire. Alla parola, alla comunicazione, e alle parole egli ha dedicato ogni possibile minuto del giorno e della notte.
E parliamo anzitutto della parola letta e scritta a scuola, che si è poi fatta la parola dei poeti, degli scrittori, dei retori, e quindi, ad un certo punto la Parola di Dio, sempre più scelta come base e strumento non solo di lavoro, ma di vita.
Per lui la parola e le parole sono state sempre da imparare a memoria, da contenere in una memoria prodigiosa, uno stupendo "magazzino", un tesoro da cui tirare veramente fuoci cose nuove e cose antiche.
Essere studente è stato per lui svenarsi per comprare libri, per farsi una stupenda biblioteca, per leggere giorno e notte, ed essere uomo di parola è stato per lui votarsi a che la parola, ogni parola, ma soprattutto la Parola di Dio risplendesse in una luce unica e meravigliosa, a lui e a tutti gli altri.
Io credo che la più bella definizione del cuore di Girolamo fosse quella che lui diede del cuore dell'amato Nepoziano nella lettera che scrisse per la sua morte:
"L'assidua lettura e le prolungate meditazioni avevano reso il suo cuore come una biblioteca di Cristo". (ep. 60, n. 10)
"Da cosa nasceva questa instancabile meditazione della legge di Cristo se non dalla nostalgia del Legislatore?" (n. 11)
Anche il rapporto di Girolamo con il suo Signore passa attraverso la biblioteca del suo cuore. L'imperatore nostro guida il suo impero con un sistema di leggi (ma che sono anche rivelazioni, forza e preparazione alla vita eterna) che sono parole donate da lui tramite il suo Spirito attraverso uomini straordinari in ogni tempo della storia. Di qui è nata la sua frase di gran lunga più celebre, ripresa (e come consacrata) anche dal Concilio Ecumenico Vaticano II nella Dei Verbum. Si trova nel prologo al vastissimo commentario al libro del profeta Isaia del 408-410:
"L'ignoranza della Scrittura è ignoranza di Cristo"
"Ricchezze di Cristo la conoscenza delle Scritture" (prol. al comm. alla lett. agli Ebrei)
Proviamo a stendere solo qualche paragrafo su questo tema immenso della parola in Girolamo.
Le parole degli "altri"
la prima parola che si è "installata" nel cuore di Girolamo è stata quella bella, forbita e tornita dei migliori autori pagani, Virgilio, Cicerone, Orazio, e tutti gli altri.. Sognava di parlare come loro e di scrivere come loro. Racconta varie volte di aver imparato a memoria da giovane tanti e tanti testi. La memoria prodigiosa ha poi conservato questo vasto materiale fino alla fine dei suoi giorni.
Il sogno ciceroniano e la centralità assoluta della Scrittura Poi c'è stato l'episodio-clou della sua vita, il famoso "sogno ciceroniano" raccontato da lui nella lettera 22, e nel quale egli ha
scelto la Parola di Dio in Cristo come il punto di riferimento vero e unico. Tutti gli altri passavano di contorno.
A proposito di questo sogno e della decisione che sembra esserne scaturita ne parliamo in un capitolo a parte (>). Qui diciamo solo che "sostanzialmente" nella sua vita Girolamo mantenne fede alla decisione presa quella notte, ma sempre con una certa elasticità, cioè da una parte continuando a citare gli autori classici come forse non ha fatto nessun altro scrittore cristiano e dall'altra probabilmente rileggendo qualcosa almeno in certe situazioni complicate, di cui del resto lui stesso parla.
Centralità assoluta della Scrittura vuol dire naturalmente, come per tutti i Padri e per tutti i credenti, che la Parola di Dio è l'unica base per dire la verità o l'errore di qualcosa. Per i cristiani in fondo può essere facile: non si tratta di affermare o difendere posizioni di ognuno, posizioni proprie, ma di ascoltare prima di tutto quello che su qualcosa, specialmente di importante, ha da dire la Parola di Dio:
"Se ammettiamo tutto ciò che dice la Scrittura, neghiamo logicamente ciò che essa non dice. Noi crediamo che Dio sia nato da una vergine, appunto perché lo leggiamo nella Scrittura; e neghiamo che Maria non sia rimasta vergine dopo il parto, perché la Scrittura non lo riporta assolutamente" (Contro Elvidio, n. 19)
Antiquitas et Auctoritas, Antichità e Autorità
Per Girolamo, come per Agostino e come per tutti gli studiosi antichi e su su fino forse alla Rivoluzione francese (!), si usano parole di altri autori per esprimere il nostro pensiero in due direzioni diverse:
1) la parola ben detta, detta bene, che esprime bene quello che voglio dire, una parola spesso antica e diffusa (e che quindi vive già in tante coscienze e menti!) è sempre stata usata in ogni
ambito culturale. In sostanza si dice: se quell'autore ha espresso questa cosa, questo sentimento, questa interpretazione, di cui io voglio parlare e meglio e da più tempo di come potrei fare io, non solo non devo usarla, ma devo proprio usarla.
E' per questo che come sappiamo sia Girolamo che Agostino all'inizio non amavano citare la Scrittura perché ritenevano il suo livello di "bellezza" piuttosto basso (in quanto a stile, armonia, musicalità ecc..)
2) c'è poi una parola che è "autorità" cioè la parola di qualcuno che riteniamo essere la fonte e il punto di riferimento non solo di
"come dire" una cosa ma anche di "cosa va fatto" secondo quella parola. E' il famoso principio di autorità, per cui se quella persona è il mio maestro indiscusso ed è per me la fonte di ogni verità, la sua parola è una autorità indiscussa per me. E' il famoso "ipse dixit" che il Medio evo per secoli ha applicato alle parole di Aristotele.
E naturalmente per Girolamo convertito la parola di Cristo non è soltanto da citare a conferma di qualcosa, ma da citare a sostegno, spiegazione e comando di qualcosa. Anche andasse contro la sensibilità umana comune. La Parola di Dio in Cristo non "suona" solo qualcosa, ma ha il potere creativo e rivelativo dello Spirito. La Parola che solo l'Agnello immolato può proclamare e interpretare e realizzare è dunque il primo e indissolubile legame tra noi e Dio in Cristo, su questa terra come lucerna del cammino e poi in cielo come luce totale e assoluta.
Ho notato questa affermazioni:
"Nella legge non va cercata la ragione di qualcosa ma l'autorità che in essa si esprime" (Adv. Pel. 2,5)
"..(citando Ignazio d'Antiochia) e se non userai queste testimonianze in ordine alla loro autorevolezza, usale almeno per merito della loro antichità, per il fatto stesso che tutti gli uomini ecclesiastici da tempo le hanno fatte loro!" (Adv. Pel.
3,2)
I lavori che concretizzarono il suo amore per Cristo nella Scrittura
Nella storia di Girolamo di fatto l'amore a Cristo nella Scrittura si concretizzò in qualcosa di ben preciso. Al suo tempo i testi biblici nelle varie lingue in cui circolavano all'interno dell'Impero Romano erano spesso pieni di errori, di manchevolezze, di sviste, di manipolazioni ad arte, di tagli e aggiunte arbitrarie, soprattutto ad opera di eretici.
Ora Girolamo si venne a trovare in una situazione veramente privilegiata per poter dare un servizio stupendo e duraturo al suo Signore e alla sua Chiesa: conosceva te lingue (latino, greco, ebraico) con un po' di aramaico, caldeo e arabo; pose la sua sede in una "location" molto centrale rispetto ai vari ambiti (Africa, Italia-Occidente,Grecia, Asia, Persia, Egitto..); ebbe relazioni con un gran numero di personalità del suo tempo; aveva conosciuto molta parte dello scibile filosofico, poetico e teologico del mondo di allora.
E con umiltà, ma anche con grande consapevolezza egli lavorò circa 40 anni a restituire alla Parola di Dio la dignità, la ricchezza e la significatività nelle varie lingue, gettando le basi di tutte le revisioni future, sia del testo ebraico, che di quello greco, che di quello (soprattutto) latino. Le sue traduzioni dei libri biblici, rivisti, corretti, commentati (quasi tutti) con immensa cultura filologica, linguistica e storica, saranno la base che porterà all'edizione standard latina della Chiesa Cattolica, la cosiddetta "Vulgata".
La Scrittura nelle mani e nella memoria dei credenti
Non c'è quasi lettera, o trattato o dibattito in cui Girolamo non esorti tutti ad "avere in mano" la Parola di Dio, a frequentarla ogni giorno, leggerla, nutrirsene, impararla a memoria.
Riportiamo qui qualche espressioni colta qua e là nelle sue opere:
"Di mattino, a Terza, a Sesta, a Nona a Vespro e nel cuore della notte cantavano il Salterio secondo l'ordine dei Salmi. A nessuna di quelle religiose era lecito non sapere i Salmi o non imparare ogni giorno qualche passo della Sacra Scrittura" (ep.
108, n. 20)
"impari il salterio a memoria e fino alla pubertà formino il tesoro del suo cuore i Libri di Salomone, i Vangeli e gli scritti degli Apostoli e dei profeti" (ep. 128,4 a proposito della bambina Pacatula)
"Vedo che hai detto tante cose tratte dalle Scritture Sante tratte dalla tua memoria!" (dice il pelagiano al cattolico in Adv Pel 2,1)
"Leggi molto frequentemente la divina Scrittura. Direi di più: mai le tue mani dovrebbero deporre il testo sacro. Studia la materia che devi insegnare. Tieniti stretto alla parola della fede, conforme all'insegnamento ricevuto; così le tue esortazioni poggeranno su una dottrina sana e potrai confutare chi parla contro" (ep. 52,7)
"bada che un sacerdote deve dare sapore alla sua predica, leggendo la Scrittura" (ep. 52 n. 8)
Ep 41,4: "Tu del resto possiedi in modo non comune la Scrittura (a Marcella)
(Blesilla)
"..il collo delicato e sottile sosteneva a malapena la faccia pallida e tremante e tuttavia non mancano mai tra le sue mani o i libri dei Profeti o il Vangelo.. "(ep. 39, n. 1)
un consiglio al giovane monaco Rustico:
"Finché rimarrai nella tua patria, ritieni la tua stanzetta come un paradiso; cogli i frutti variegati della Scrittura, fanne la tua delizia, godi del loro amplesso" (ep. 125 n. 7)
"Tieni sempre fra le mani e sotto gli occhi la Bibbia; impara il Salterio parola per parola; prega senza posa; il tuo spirito sia vigilante e non aperto a pensieri vani" (ep. 125,11).
alla vergine Demetriade:
"Ama la Sacra Scrittura e la saggezza ti amerà; amala teneramente, ed essa ti custodirà; onorala e riceverai le sue carezze. Che essa sia per te come le tue collane e i tuoi orecchini" (ep. 30,20)
Una Parola semplice per i semplici ma difficile per chi la vuol studiare a fondo. C'è bisogno di chi ci aiuta in questo!
Come successe per Agostino, anche Girolamo al primo approccio con la Scrittura rimase come "disgustato" da un modo di esprimersi così apparentemente "grezzo", senza un minimo di stile:
"Così la mia follia mi portava al punto di digiunare per leggere Cicerone. Dopo aver passato molte notti insonni, dopo aver versato molte lacrime che il ricordo delle colpe passate faceva scaturire dal fondo del mio cuore, prendevo in mano Plauto. E quando, ritornato in me stesso, intraprendevo la lettura dei Profeti, il loro barbaro stile mi inorridiva, e quando i miei occhi ciechi restavano chiusi alla luce, io non accusavo di ciò gli stessi miei occhi, ma il sole" (ep. 22,30 ad Eustochio)
ma poi capì, quando cominciò ad amare Gesù e la sua Parola, che essa, come diceva Agostino, è alta con i grandi e piccola con i piccoli. La Parola è sempre parola-per-te, non puro esercizio di retorica e di stile come tanti testi di Cicerone e di altri!
E approfondire, sotto la crosta spesso "quasi banale"
E approfondire, sotto la crosta spesso "quasi banale"