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3 - Un'occhiata brevissima sulle opere di Girolamo

Tutte le opere di Girolamo che nell'edizione fondamentale (ancora) del Migne (1840) sono contenute dal volume 21 al 30, possono essere raggruppate nel modo seguente:

Traduzioni dei testi biblici (Divina Bibliotheca - Vulgata)

Nuovo Testamento rivisto a Roma per papa Damaso (382s) Revisione dell'Antico Testamento sulle Esapla di Origene di cui restano il Salterio (Salterio Gallicano poi in Vulgata) e Giobbe (386-391)

Samuele, Re, Profeti, Salmi e Giobbe (391ss) Esdra e Neemia (394)

Paralipomeni (395s)

Proverbi, Ecclesiaste, Cantico dei Cantici (398) Ottateuco ed Ester (404s)

Giuditta e Tobia (406) Commentari ai libri biblici

Commento alle lettere a Filemone, Galati, Efesini e Tito (387) Commento all'Ecclesiaste (388)

Piccoli commentari ai Salmi (Commentarioli, 391)

Commentari a Nahum, Michea, Sofonia, Aggeo, Abacuc (391s) Commentari a Giona e Abdia (396)

Commento alle X visioni di Isaia (397) Commentario a Matteo (398)

Revisione del commentario di Vittorino di Pettau All'Apocalisse (400)

Commentario a Zaccaria, Malachia, Osea, Gioele e Amos (406) Commentario a Daniele (407)

Commentario a Isaia (408-410) Commentario a Ezechiele (411-414) Commentario a Geremia (415-420) Le Lettere

154 di cui 120 di Girolamo, 32 di altri

Alcune lettere sono dei veri e propri trattati (18, 52, 84, 22, 130, ecc..)

Opere storiche e agiografiche

Gli uomini illustri (392)

Vite di san Paolo primo eremita (375), Malco e Ilarione (390-391)

Opere polemiche

Contro Elvidio (383) Contro Gioviniano (393)

Contro Giovanni di Gerusalemme (396) Contro Vigilanzio (406)

Due Apologie contro Rufino (402)

Dibattito fra un cattolico e un luciferiano (377) Dialogo contro i Pelagiani (415)

Omelie

74 sui Salmi 10 su Marco 12 su temi diversi

Strumenti di lavoro e sussidi Cronicon (380s)

Luoghi ebraici (389)

Nomi Ebraici (Onomasticon)

Galeatus (introduzione ai libri biblici premessa alla traduzione dei libri di Samuele e dei Re) (391)

Questioni Ebraiche sulla genesi (389)

Revisione dell'Antico Testamento sulla base degli Esapla di Origene (389)

Altre traduzioni verso il latino

Di Origene: Omelie su Geremia, Ezechiele ed Isaia (380), Perì Archòn (398), due omelie sul Cantico (382), 39 Omelie su Luca (389)

Di Didimo il Cieco, trattato sullo Spirito Santo (386) Regola e lettere di Pacomio e successori (404) Lettere Pasquali di Teofilo (402ss)

Albrecht Durer, 1492

4 - Gesù, il "mio" Gesù, l'Imperatore

Gesù Cristo come Signore e non Cicerone, questa è stata la scelta della vita di Girolamo. Per molto tempo, senza porsi il significato delle cose alla luce dell'eternità, egli attinse con leggerezza e piacere il suo nutrimento intellettuale da ogni fiore che incontrava. Ma poi la notte del suo sogno, a Calcide (come ne parla nella lettera alla vergine Eustochio) ha cambiato per sempre il suo sentire, e Girolamo ha fatto la sua scelta. Da allora ha voluto essere cristiano, non ciceroniano!

Questo non vuol dire rinnegare Cicerone o i poeti o i retori o i filosofi. Tutta la loro ricchezza per la mente e il cuore dell'uomo viene da Gesù e dal suo Spirito: lo hanno preparato, lo hanno annunciato, collaborano a esprimerne la ricchezza infinita. Ma sono diventati per lui strumenti. Perché il fino vero, a cui Girolamo consegna tutto me stesso, è Gesù Cristo crocifisso e risorto.

Per questo non si è fatto una sua famiglia, per questo ha cercato le solitudini, per questo soprattutto ha votato la sua vita alla sua Parola, a bere da lui, a parlare di lui, a esortare tutti al suo amore.

La sua frase più famosa che tantissimi hanno ripreso nella storia, fino alla costituzione "Dei Verbum" del Concilio Vaticano II, è quella che scrisse nella introduzione al Commentario al libro del profeta Isaia: "Ignoranza della Scrittura è ignoranza di Cristo". E senza Cristo non si vive. Dunque nemmeno senza la sua Parola.

Stupidamente all'inizio della sua giovinezza anche Girolamo, come altri, non riusciva ad apprezzare questa Parola, credendola rozza e senza stile. Solo dopo cominciò a deliziarsi di tutti i tesori di Cristo che sono in essa contenuti!

Leggendo le opere di Girolamo ho notato ogni tanto delle espressioni che contenevano il nome di Gesù, a volte modi di dire, ma a volte vere parole d'amore (spesso le ho avvicinate alle

abituali espressioni di Caterina da Siena che parlava di "Gesù mio dolce"):

"Mi sia testimone quel Gesù che lei ha servito e che io desidero servire"

(ep. 108,21, epitaffio in memoria di Paola)

"Il servo perfetto di Cristo, non ha nient'altro che Cristo" (Ep.

14,7 ad Eliodoro).

"Prometto che se per le tue preghiere Gesù mi restituirà la salute.." (Prologo alla traduzione delle omelie su Geremia ed Ezechiele di Origene, diretto all'amico Vincenzo, mentre soffre mal d'occhi)

"Eusebio Girolamo a Domnione e Rogaziano, che sono suoi in Gesù" (prol. ai Paralipomeni LXX)

"Il perfetto servo di Cristo non ha niente al di fuori di Cristo" (ep.

14,7)

"(a proposito di Nepoziano) A me - a dir la verità - non piace questa lentezza nel mettersi a servizio di Dio: è un qualcosa di non perfetto. Se tu prendi il centurione Cornelio ad esempio di lui leggere che è un giusto e sentir che riceve immediatamente il battesimo è un tutt'uno" (ep. 60 n. 9)

Chi è stato fedele soldato sotto una bandiera straniera, merita di ricevere una corona d'alloro non appena inizia il servizio sotto il suo vero Re (ep. 60 n. 10).

"Sento dire che tu, posto nella valle di lacrime, nel luogo che Dio ha assegnato per il duello, per dare ai vincenti la sua corona, che sta predisponendo le tue salite nel tuo cuore e vuoi passare di virtù in virtù e vuoi imitare la povertà del Signore, per diventare ricco con lui, e su di te egli pieghi la sua testa, e per ogni giorno sia accolto, visitato, nutrito, vestito, e soprattutto

rafforzare l'entusiasmo (fervere) con la lettura delle sante Scritture" pref. trad Zaccaria (a Esuperanzio)

"E' Cristo che dà la santità; senza di essa nessuno vedrà Dio faccia a faccia. E' Cristo la Redenzione: lui, da solo, è Redentore e prezzo del riscatto. Cristo è il nostro tutto; così chi abbandona tutte le cose per Cristo, al posto di esse troverà lui solo, e potrà gridare con piena libertà 'La mia porzione di eredità è il Signore' (Sl 72,26)" (ep. 66 n. 8)

"Ora tanto chi appartiene al Signore come chi ha il Signore come sua porzione, deve rivelarsi di tal vita da far vedere che possiede il Signore, anzi, di essere posseduto dal Signore. Chi possiede il Signore e dice col Profeta: "La parte che mi spetta è il Signore" (Sl 27,26) non può essere attaccato a nulla al di fuori di lui. Nel caso che sia ricco di qualcos'altro che non sia il Signore, il Signore non sarà la sua parte... Spoglio di tutto, andrò dietro alla nuda croce" (ep. 52,5)

I poveri e i pellegrini e fra essi, come commensale, Cristo, siano coloro che siedono alla tua mensa frugale.

Riguardo al rapporto fortissimo tra Gesù e Girolamo io credo che abbia un ruolo privilegiato la lettera n. 14, quella con cui egli cerca di convincere (purtroppo inutilmente) Eliodoro, l'amico fraterno dalla giovinezza, di tornare indietro, al deserto di Calcide, al dono totale di se stesso.

Spesso la parola "Gesù" è accostata alla parola "tutto":

"com'è vuoto ogni particolare della nostra vita senza Cristo!"

(ep. 60, n. 13)

Per comprendere appieno la centralità vitale di Gesù Cristo nella vita, nelle scelte e nel cuore di Girolamo, ascoltiamo un testo della sua più famosa lettera, la 22 alla vergine Eustochio.

Veramente la vita cristiana è come la definisce Paolo "Per me vivere è Cristo" (Fl 1,21):

"Tutte queste considerazioni sembreranno severe a chi non ama Cristo. Chi, però, valuta spazzatura il fasto del mondo, e Angeli, né i Principati, né il presente, né l'avvenire, né potenza, né altezza, né profondità, né qualsiasi altra creatura ci potrà separare dall'amore di Dio, che è in Cristo Gesù Signore nostro». Il Figlio di Dio per salvarci s'è fatto figlio dell'uomo, per dieci mesi nel seno materno attende la nascita e sopporta i fastidi della gestazione, è tratto alla luce coperto di sangue, ravvolto in panni, sorride alle carezze; lui che tiene in un pugno tutto il mondo se ne sta racchiuso in un'angusta greppia.

Sorvolo sul fatto che vive per trent'anni nell'oscurità contento dell'umile condizione dei genitori, che flagellato tace, inchiodato sulla croce prega per i crocifissori. «Che cosa renderò mai al Signore per tutti i beni che mi ha donato? Prenderò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore». «Preziosa è agli occhi del Signore la morte dei suoi santi», L'unica ricompensa adeguata è contraccambiare il sangue col sangue:

redenti dal sangue di Cristo, andiamo volentieri incontro alla morte per il nostro Redentore! Nulla è duro per chi ama, nessuno sforzo è eccessivo per chi aspira ad una mèta.

Amiamo anche noi Cristo, cerchiamo sempre l'unione con lui, e ogni difficoltà ci sembrerà agevole".

Dalla lettera a Demetriade due conclusioni di ricordare:

"La nostra scelta è già fatta: si tratta di salvaguardarla" (n. 19).

"Ama la Scrittura Santa e la Sapienza ti prediligerà: amala e ti custodirà; onorala, e ti abbraccerà (Pv 6,8). Siano questi i gioielli che tieni sul tuo petto e che appendi alle tue orecchie. La

tua lingua non conosca che Cristo e non possa pronunziare che cose sante" (n. 20).

Ho avuto l'impressione, un po' da tutte le opere di Girolamo, che egli identificasse Gesù Cristo come il suo vero e unico e definitivo imperatore, e se stesso e gli altri come "soldati di Cristo". Così tratta Eliodoro:

"Ma che fai nella casa paterna, o soldato effeminato? Dov'è il bastione, dove la trincea, e l'inverno passato sotto la tenda?

Ecco, dal cielo suona la tromba: l'Imperatore armato avanza sulle nubi per debellare il mondo. Guarda: la spada a due tagli esce dalla bocca del Re e miete tutto quello che incontra al suo passaggio. Esci fuori anche tu dalla stanza, e vieni sul fronte dell'attacco, lascia l'ombra ed esponiti al sole! Un corpo avvezzo ad indossare la tunica non sopporta il peso della corazza, un capo sempre coperto di lino, non tollera l'elmo e la ruvida impugnatura della spada irrita la mano ammorbidita dall'ozio. Ascolta il proclama del tuo Re "Chi non è con me è contro di me e chi non raccoglie con me disperde" (Lc 11,23).

Ricorda che il giorno in cui ti sei arruolato quando fosti sepolto nel Battesimo con Cristo, hai giurato con le parole sacramentali di essere pronto per il suo nome a sacrificare il padre e la madre. Il demonio intanto fa di tutto per uccidere Cristo nel tuo cuore. Le squadre nemiche bramano strapparti quel denaro che tu avevi ricevuto per combattere" (n. 2).

"Non pesare la fede dal numero degli anni e non ritenermi pertanto migliore solo per il fatto di essermi arruolato per primo nell'esercito di Cristo" (ep. 58, n. 1)

Il pensiero non può non andare ai legionari di Cesare o di Costantino, o ai soldati di Alessandro Magno o anche ai Goti di Alarico o ai fedelissimi di Napoleone, per non parlare di fedeltà totali fino alla morte di soldati più vicini a noi nel tempo, sia per i capi o per la patria.

Questa fedeltà e dedizione del soldato è talmente radicata nella cultura dei popoli che spesso anche nella parola di Dio, e così in modo tanto particolare in Paolo, il credente è un soldato che è stato arruolato nell'esercito di Dio e di Cristo. Rivediamo la lotta finale dell'Apocalisse tra bene e male, al seguito dell'Imperatore seduto sul cavallo bianco!

D'altro lato, la convinzione diffusa dell'esistenza di qualcuno che lotta contro Dio e contro i suoi fedeli, Satana, diavolo o dio delle tenebre (a seconda che se ne faccia una divinità o una potenza angelica o demoniaca) rafforza questa concezione della vita come lotta, come guerra, dove ci sono vincitori, ma anche morti e caduti. Basta rileggere Ef 6!

Nella lettera a Demetriade Girolamo, dopo aver accennato alla straordinaria posizione sociale e quindi alla straordinaria scelta fatta dalla ragazza passa sul terreno che gli è più congeniale: noi siamo soldati di Cristo.

"La giovane recluta di Cristo aveva il fuoco nell'anima.. e parla a se stessa: 'Imbraccia lo scudo della fede, indossa la corazza della giustizia e l'elmo della salvezza, e avanti in battaglia!

Anche la custodia della castità è martirio!" (n. 5) "Siamo come in assetto di guerra, in prima linea, sempre pronti all'attacco. Il nemico vuole sloggiarci dalla nostra posizione e farci retrocedere, ma dobbiamo puntare i piedi e dire: Ho posto i miei piedi sopra una roccia (Sl 39,3)" (ep. 130, n. 7)

Dai ai poveri. Non ai ricchi, non ai parenti, non destinarli allo sperpero, ma a chi ne ha bisogno. Si tratta di un sacerdote, di un parente, di un congiunto? L'essenziale è che tu veda se è povero e nient'altro. Chi deve dir bene di te sono le viscere degli affamati, non coloro che ruttano nei lauti banchetti (ep.

130, n. 14)

Ora anche Girolamo di fatto aveva abbracciato, nel battesimo prima e dopo il sogno ciceroniano dopo, la visione che il credente vero è solo tale se per lui Cristo è semplicemente tutto.

Dinanzi ad una religione che divenuta di stato con Teodosio era

piuttosto rilassata e decadente, il cuore "croato" "dalmata" di Girolamo pulsa di sdegno e brucia dalla passione per il suo Imperatore: la lotta è dura, terribile, quotidiana, ma la vita con lui sarà felice, sarà eterna, meravigliosa! Posto dunque tra la terribile prova del presente e la gioia della speranza di una vita senza fine col suo Gesù, il soldato di Cristo non si dà pace e impegna se stesso, sottomette il suo corpo e i suoi istinti, ascolta e vive ogni giorno la parola del suo capo e dei suoi inviati, e cerca di trascinare tutti all'amore dello stesso capo. Come diceva Agostino, che visse sentimenti del tutto simili a quelli di Girolamo: "Trascinate all'amore di Cristo tutti quelli che potete".

Una cosa è storicamente certa: per molti dei nostri padri nella fede, Agostino, Girolamo, Ambrogio, ecc.. ricevere il battesimo e interpretare il proprio cristianesimo come vocazione ad una totale consacrazione fu un tutt'uno!

Certo che la tradizione cristiana lentamente nei secoli, e soprattutto nel momento presente, ha in parte disconosciuto questa visione così forte, forse unilaterale, quasi da "kamikaze", un po' "integralista" come si suol dire. A voglia a cercar poi di rimediare assegnando anche agli affetti familiari un ruolo importante nella vita dei credenti! Può farsi una famiglia, come pensa Girolamo (e come secondo lui pensa anche Paolo in 1Co 7!!) solo chi proprio non ci riesce a seguire il Cristo in totalità, come il Cristo ha detto e ha fatto.

E comunque, se uno ha assaggiato il "tutto per tutto", come era successo ad Eliodoro, tornare in braccio della propria famiglia è un po' come tradire un amore, come scendere a patti.. Poi ovviamente vedrà il Signore..

D'altra parte c'è nella spiritualità del IV e V secolo in particolare, ma anche un po' sempre, lungo la storia della Chiesa, che il vero credente è il martire che dà tutta la vita per il suo Signore. E spesso il lavoro sull'aspetto spirituale, ascetico e mistico della vita di fede è consistito per molti nel tracciare una

via di "martirio spirituale" per il credente che vuole vivere fino in fondo la sua appartenenza a Cristo. E così fa anche Girolamo.

E dunque la verginità consacrata, come pure una santa vedovanza non possono che essere stati di vita sublimi, da proporre e perseguire ad ogni costo, per tutti quelli che ci riescono. Anche perché i tempi sono "cattivi", tutto crolla intorno a noi e la vita è veramente solo un passaggio verso un mondo definitivo e migliore.

E in quella città santa noi potremo entrare da soldati vincitori dietro le insegne del nostro Imperatore, Signore dei secoli, servire il quale è regnare.

Purtroppo il corrispettivo nel tempo attuale è la sofferenza. La parola sintetica di Girolamo, inutile illudersi, è questa:

- tanta lotta e sofferenza adesso, tanta gloria e gioia dopo - La fatica presente è terribile: nemici dentro e fuori di noi ci insidiano continuamente. E pare proprio che dobbiamo essere convinti che più sperimentiamo fatica e poi dobbiamo sperare gioia e gloria.

il monaco è uno che ha fatto voto di fare il soldato.

La lettera al monaco Rustico, la 125, ci dà una bella visione delle tensioni che dominarono la vita di Girolamo: l'inizio della lettera parla della felicità che ci è promessa e insieme della fatica del tempo presente, dell'andare dietro a Cristo in modo totale, ma la finale parla della grande vita che ci attende insieme al nostro Signore, nudi con lui nudo:

"Nessuno è più felice del cristiano: gli è promesso il regno dei cieli; ma nessuno più travagliato di lui che ogni giorno mette a rischio la propria vita. Nulla è più forte: vince il diavolo; nulla di più debole: è dominato dalla carne. Sono numerosissimi gli esempi che provano questa situazione contraddittoria" (n. 1)

"Se aneli alla perfezione, esci con Abramo dalla tua patria e dalla tua parentela e va' verso l'ignoto. Se possiedi ricchezze vendile e dalle ai poveri. Se non ne hai, sei già libero da un grande fardello. Cristo è nudo: seguilo nudo anche tu. E' un ideale duro, grandioso, difficile? Ma la ricompensa è enorme!!"

(n. 20).

Comunque, concludendo, Girolamo fa tutto per trovare Cristo e vivere in lui:

"Quando io leggo il Vangelo e mi trovo di fronte a testimonianze sulla legge e sui profeti, io non penso che a Cristo; se ho studiato Mosè, se ho studiato i profeti è stato solo per comprendere quello che essi dicevano di Cristo. Quando un giorno io sarò giunto dinnanzi allo splendore di Cristo, quando la Sua fulgida luce, come quella del sole abbagliante, splenderà ai miei occhi, io non potrò più vedere il lume di una lampada. Se accenderai una lampada in pieno giorno, potrà essa far luce?

Quando splende il sole, la luce di questa lampada svanisce:

così, alla presenza di Cristo, la legge e i profeti scompaiono.

Nulla io voglio togliere alla gloria della legge e dei profeti; al contrario li lodo quali annunziatori di Cristo. Se mi accingo alla lettura della legge e dei profeti, il mio scopo non è quello di fermarmi ad essi, ma di giungere, attraverso essi, fino a Cristo"

(Su Marco 9,1-7)