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Il suo lavoro, la sua consapevolezza

Desidero dedicare qualche riga ad immaginare il lavoro quotidiano di Girolamo, giorno dopo giorno, per tanti anni, forse più o meno sempre uguale.

A Betlemme Girolamo ha probabilmente due stanze a disposizione, una della per dormire, piccola e spoglia, e un ambiente di studio e di lavoro. Centinaia di libri e pergamene sugli scaffali alle pareti. In mezzo due grandi tavoli dove lui legge e studia e scrive, ma anche spazio per gli stenografi (notarii) e per gli amanuensi (o copisti). Egli è insieme ideatore, autore, editore di se stesso, promotore in tutto il mondo allora conosciuto.

La trafila del lavoro la conosciamo, anche perché spesso egli ne parla soprattutto nelle sue lettere.

- arriva una richiesta, a voce o per lettera, attraverso qualcuno che va appositamente a Betlemme o è di passaggio. Soprattutto con Roma il "traffico" fu sempre intenso.

A volte il latore della richiesta o della lettera è ospite solo per un giorno e riparte il giorno dopo il terra o, più frequentemente, per amore. Dunque non è difficile trovare negli scritti di Girolamo, soprattutto nelle lettere, ma non solo, i "lavori di una notte". Al lume di piccole candele lui e lo stenografo lavorano e al mattino, come per incanto, il "prodotto" è pronto.

- La richiesta viene sottoposta al vaglio e viene messa "in scaletta". Se è importante o urgente, la si fa "passare avanti", come ad esempio le richieste da parte di papi e vescovi.

Parallelamente ad Agostino e ad altri Padri, Girolamo è sempre del parere che "verba volant, scripta manent" e che quindi la forma migliore di dialogare e dibattere (al fine anche di chiarire pensieri e posizioni) sia lo scrivere principalmente e non l'andare in giro a parlare del più e del meno. Ricordiamo che dopo aver chiacchierato il primo giorno, quando si tratto di fare il dibattito tra il cattolico e il luciferiano, il secondo giorno egli chiamò i notai a scrivere. Così apostrofa un monaco presuntuoso:

Ma tutto ciò è banale, e qualunque mio discepolo potrebbe fare altrettanto. E' sui libri che sposto la lotta, sulle memorie che devono passare ai posteri; lasciando parlare i nostri scritti: così chi legge può giudicare senza venir suggestionato Ma faccia lavorare le mani, faccia la punta alla penna, si dia una scrollata, e tutte le sue capacità ce le mostri coi suoi scritti! E ci diamo modo così di rispondere alla sua facondia! Sono capace di mordere anch'io se voglio e se mi tocca sono capace di affondargli i molari nella carne! (ep. 50,4-5 a Domnione)

- Girolamo pensa il lavoro, forse getta giù qualche "cartula" di appunti e poi si dedica alla "brutta" come dicevamo noi a scuola.

Se ha stenografi a disposizione usa queste persone preziose, altrimenti scrive lui stesso (aguzzando la penna e preparando l'inchiostro).

Lui parla e lo stenografo scrive e a volte è più veloce lui, altre volte lo stenografo deve aspettare un po'..

- Quindi lo stenografo stendeva il dettato in forma leggibile su foglietti o tavolette e Girolamo faceva la "emendatio", la revisione. Spesso e volentieri migliorava lo scritto quanto alle espressioni di stile, a cui egli teneva tanto.

- Lo (o gli) stenografo/i trascrivevano la "brutta" in "bella" e il lavoro era pronto. Normalmente se ne facevano più copie: la copia per il richiedente/destinatario ma anche la copia per la biblioteca/ufficio di Girolamo.

- L'altro lavoro che spesso faceva lui stesso, ma più spesso lo facevano i monaci amanuensi era quello di copiare opere già fatte di cui qualcuno aveva richiesto un esemplare.

A volte Girolamo ha le stesse lamentele di Agostino: che qualcuno gli ha rubato gli appunti senza aspettare che il lavoro fosse finito, o che fosse mandato in giro qualcosa che egli ancora avrebbe voluto tenere con sé, magari per rivederlo e migliorarlo.

Oppure si lamenta che una volta che una sua opera comincia a girare il mondo (in particolare successe con il Contro Gioviniano) non c'è più possibilità di correggerla o precisarla. E la gente pensa quello che vuole, magari criticando l'autore.

"Non ti ho mandato nessuno dei miei opuscoli dato che la maggior parte di essi ha già preso il largo dal loro piccolo nido.

Sono stati divulgati con l'onore della edizione, un onore un po' eccessivo.." (ep. 47,3)

"In realtà non sono in una posizione così felice, come quella in cui sono la maggior parte degli autori di questo tempo, che posso correggere le mie cose senza valore ogni volta che voglio" (ep. 48,2).

Quanto ai preziosi stenografi ed amanuensi Girolamo si lamenta spesso che costano, costano molto ed è molto gradito quando qualcuno (come fece l'amico spagnolo Lucino) gli mandò degli stenografi per farsi fare le copie delle opere che desiderava avere.

La spedizione avviene tramite corrieri imperiali, ma soprattutto tramite amici che vengono inviati appositamente o hanno già in programma di viaggiare.

Sul frequente assillo da parte di richiedenti e ancor più a parte dei latori di risposte che hanno fretta di partire, ecco due bei testi:

"C'è anche un altro motivo che così candidamente confido alla tua anima (Paolino di Nola n.d.r.): durante l'unica stagione propizia alla navigazione verso l'Occidente, sono tante le lettere che mi vengono richieste che se dovessi decidermi a rispondere esaurientemente alle domande di ciascuno non ce la farei ad arrivare a tutti. E' per questo che mi succede di lasciar perdere la forma stilistica del periodo e l'accuratezza propria degli scrittori e di dettare a casaccio tutto ciò che mi salta sulla lingua; ma è anche perché ti considero unicamente un amico con cui parlo, non un giudice!" (ep. 85,1 del 399).

"Per questi motivi ho messo appena appena qualche citazione della Scrittura, senza abbellire questo discorso di quei giorni come ho l'abitudine di fare negli altri miei scritti. Ho dettato improvvisando.." (ep 117, 12)

Comunque Girolamo è ben consapevole del suo valore e del valore delle sue opere. Dunque sente una forte responsabilità verso quello che fa, e sente che questo suo lavoro editoriale, di studio, ricerca e comunicazione è il suo servizio specifico alla cultura cristiana e alla Chiesa tutta, è il suo modo di esprimere la sua appartenenza e il suo amore per Gesù.

"E con questo sono sempre convinto che dal mio "ozio" (tempo libero dedicato agli studi n.d.r.) verrà più vantaggio alle Chiese di Cristo che non dal darsi da fare di altri" (pref. trad. Giobbe).

Consapevolezza di Girolamo di scrivere per l'immortalità:

"Così l'ho accontentato nel suo desiderio e in un breve scritto ho immortalato alla storia la nostra amicizia" (n. 11)

Quanto ai generi letterari del suo scrivere, Girolamo ebbe due tipi di lavori tra le mani: la traduzione o il commento biblico da una parte e lettere dall'altra. Le lettere sono spesso dei piccoli trattati, come succedeva anche ad altri Padri, anche se lui spesso ricorda che per quel genere letterario esiste una regola accettata da tutti che è quella di una lunghezza misurata e non eccessiva:

"Lo scopo di una lettera è quello di riferire in merito ad avvenimenti familiari o di vita quotidiana. Così comunicandosi a vicenda o desideri o fatti avvenuti, le persone tra loro lontane si rendono in certo qual modo presenti. A volte, tuttavia, questa forma amichevole di conversazione si può rendere più saporita con il sale della dottrina" (ep 29,1 a Marcella).

In realtà Girolamo si trovò sempre bene scrivendo lettere, perché egli è un uomo di spirito, un uomo che preferisce il rapporto diretto, spesso salace, mai banale, con gli interlocutori.

Non scrisse mai grandi trattati sistematici di teologia (come il De Trinitate di Agostino o di Ilario..). Sulle verità di fede ha le idee chiare e le espone con chiarezza spesso tagliente, ma non si dilunga praticamente mai..

12 - Il mondo culturale di Girolamo,