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6. 2 Quae tum per me geri senatus] u[o]luit, per trib[un]ici[a]m p[otestatem perfeci, cuius potes]tatis conlegam et [ips]e ultro [quinquiens a sena]tu [de]poposci et accepi.

Il compito che il Senato volle che allora io realizzassi, lo portai a termine attraverso la potestà tribunizia, per la quale io stesso reclamai e ottenni dal Senato un collega per cinque anni.

8. 2 Senatum ter legi. Et in consulatu sexto censum populi conlega M(arco) Agrippa egi.

E durante il mio sesto consolato mi occupai del censimento, avendo Marco Agrippa come collega.

22. 2 [Pr]o conlegio XVuirorum magis[ter con]legii, collega M(arco) Agrippa, lud[os s]aeclares, G(aio) Furnio G(aio) Silano co(n)s(ulibus), [feci.

A nome del collegio dei quindecemviri, in qualità di presidente del collegio, avendo come collega Marco Agrippa, sotto il consolato di Gaio Furnio e Gaio Silano, feci celebrare i Ludi Secolari.

Nella sua Autobiografia, Augusto non rende giustizia all'operato di Marco Vipsanio Agrippa, che non fu l'unico a vedersi negato il meritato riconoscimento. Solo in due occasioni lo nomina direttamente, mentre in un'altra si limita a indicarlo come collega nella potestà tribunizia. Inoltre, sceglie di annotarne con precisione le azioni solo in due contesti marginali, facendone invece passare sotto silenzio il decisivo apporto militare. A esso si potrebbe aggiungere quello in campo edilizio, tanto importante quanto trascurato dal Princeps (si veda la sezione dedicata all'edilizia). "Per Agrippa ci furono

quindi pochi onori in vita e poche commemorazioni dopo". Syme è sintetico e preciso, quando spiega che un eccessivo – ma forse corretto - risalto conferito al generale avrebbe minato il prestigio di Ottaviano.199

Il par. 6 fa riferimento agli eventi del 18 a.C., quando a Marco fu conferita dal Senato, su esplicita richiesta del dominatore, la tribunicia potestas.

Contemporaneamente il suo imperium fu equiparato a quello del collega, venendo esteso alle province senatorie. Questi provvedimenti costituzionali, sapientemente pilotati da Augusto, furono la contromisura adottata dopo la morte di Marcello, suo nipote in quanto figlio di Giulia, nel 23 a.C. La stessa Giulia venne data in moglie ad Agrippa e, successivamente, divenne madre di Gaio e Lucio, gli eredi designati.200

Già negli anni precedenti, il fidato condottiero era stato al fianco di Ottaviano, non solo durante le battaglie decisive, ma anche per censire il Popolo Romano, nel 28 a.C. Nell'estate dell'anno successivo il vincitore di Azio decise di allontanarsi da Roma, lasciando la città e l'Italia alle sapienti cure del suo sottoposto. Ad Agrippa, possessore dei fasci, il compito di rafforzare stabilità e concordia.201

Eppure, annotati tutti questi elementi, rimane il fatto che Augusto relegò il padre dei suoi figli adottivi in un piano molto lontano da quello riservato a se stesso. Le intenzioni del dominatore appaiono chiare proprio leggendo le Res Gestae, esattamente come evidenzia Syme: "Agrippa non era, né sarebbe mai potuto essere il fratello e il pari di Augusto". Pur essendo di fatto il "vicedirigente della fazione cesariana", egli non fu il secondo elemento di una diarchia, né l'erede designato e prediletto dal suo capo. Non sarebbe mai potuto diventare il sostituto del Divi filius, perché non fu figlio di Cesare. Non fu nemmeno Augustus, né esercitò un'auctoritas che superasse quella di tutti gli

199 pp. 380-381. Syme con un accenno continua a sostenere la sua tesi, secondo la quale il dominio di Augusto sarebbe stato una monarchia abilmente mascherata, con tanto di gabinetto a rafforzarla. Infatti, scrive che la preminenza di Agrippa "avrebbe troppo crudamente svelato il vero aspetto del potere".

200 p. 433. Syme fa anche riferimento a DIONE, Storia romana, LIV, 6, 5, menzionando un giudizio di Mecenate, secondo il quale "Augusto doveva fare di Agrippa il proprio genero o distruggerlo". A p. 260, Syme definisce Agrippa e Mecenate, in relazione a Ottaviano, "amici devoti e privi di scrupoli".

201 AA p. 32. Syme ricorda i benefici che derivano dalla temporanea lontananza di un dominatore. Spiega

che Gaio Ottavio agì seguendo il modello del padre adottivo, il quale "propose di consegnare Roma alle cure dei consoli Marco Antonio e P. Dolabella, già in acuto contrasto; e la coppia designata per l'anno successivo era fatta di nullità". In questo modo, il Popolo e il Senato potevano rendersi conto dell'importanza, addirittura della necessità della presenza di una figura dotata di autorità straordinaria, soprattutto se paragonata a coloro i quali dovevano sostituirla.

altri. Il Professor scredita anche un'ipotesi, comoda ma affascinante, secondo la quale Gaio Ottavio e Marco Vipsanio avrebbero governato l'impero come "gemelli sovrani", come "due colleghi al potere supremo".202

Benché Augusto mascherasse la reale importanza di Agrippa, quest'ultimo non fu immune al giudizio dei senatori. Ai loro occhi apparve come "uno spietato strumento della tirannide che aveva usurpato i loro privilegi e la loro potenza". A inasprire l'odio, rivela Syme, collaborò il suo status di homo novus, inaccettabile per gli aristocratici, soprattutto se unito all'ambizione. Il generale probabilmente non diede troppo peso al fatto che il Princeps ne sminuisse la rilevanza, poiché ebbe interesse per il potere concreto, non tanto per i riconoscimenti e le acclamazioni pubbliche.203

202 p. 382

203 p. 380. Sembra utile, per chiarire il concetto, riportare il pensiero di Syme per esteso: "Il suo rifiuto di ogni onore fu presentato come modestia e ritrosia: è piuttosto il segno di un'ambizione concentrata, di una grande passione unicamente rivolta al potere reale, incurante di orpelli e pubblicità. Agrippa aveva un carattere ostinato e dominatore. Si sarebbe adattato a cedere ad Augusto, ma a nessun altro, e anche ad Augusto non sempre di buona grazia".