10. Le guerre civili
10.4 Azio: la preparazione e la vittoria
La marcia di avvicinamento alla guerra di Azio iniziò nel 36 a.C., dopo che, in segno di riconoscenza per aver liberato il mare da Sesto Pompeo, il Senato e il Popolo dedicarono a Ottaviano una statua, "con un'iscrizione attestante che l'ordine era stato restaurato per terra e per mare". Syme usa un'espressione colloquiale, definendo "tutto un programma" la situazione, perché se da un lato fu esagerato premiare in tal modo il giovane, dall'altro quest'ultimo fece di tutto per trasmettere una determinata immagine di sé. Già in quel periodo iniziò a promettere che la "libera repubblica sarebbe stata presto restaurata" e, sebbene i senatori non dessere peso alla dichiarazione, egli proseguì condonando debiti e tasse. Aveva chiaro l'obiettivo: giocare a proprio favore la carta della libertà, per combattere contro Antonio.142 Anzitutto, decise di aumentare "la propria attrattiva e persino il proprio prestigio", in modo tale da superare quelli di Antonio che, rimanendo passivo durante la guerra di Perugia, aveva perso l'occasione di mostrarsi come il vero capo cesariano, capace di difendere gli interessi delle truppe. Al contrario, il giovane Cesare, sfruttando il fatto di rimanere in Italia mentre il rivale era all'estero, seppe legare sempre di più a sé le legioni e accrescere la schiera dei suoi alleati, "elargendo generosamente bottini di guerra o esborsi privati", inoltre intessendo una rete che estese fino agli "ambienti aristocratici o ricchi".143
Come scritto nella sezione "Tota Italia", Augusto fece ampio ricorso alla propaganda per costruire la guerra. È lecito l'uso di questo verbo, se si pensa a ciò che organizzò pur di muovere un'intera popolazione contro il nemico. Si prese come pretesto la condotta di Antonio in Oriente. Costui concesse alcuni titoli regali ai tre figli avuti da Cleopatra, una cosa da poco, che non avrebbe provocato "alcuna differenza nell'amministrazione provinciale dell'Oriente", ma che fu gonfiata al punto tale da dipingere l'avversario come "un romano degenere che stava facendo di tutto per abbattere le libertà del Popolo Romano, soggiogare l'Italia e l'Occidente al dominio di una regina orientale".144
La mossa più altisonante fu il noto episodio del testamento di Antonio: per "far
142 p. 260. Syme cita APPIANO, Guerre civili, V, CXXX, 541 segg. 143 pp. 263-264 e p.242.
144 pp. 298-299. Syme ammonisce: "La propaganda avversa ha tanto gonfiato e alterato queste celebrazioni che non è più possibile recuperare l'esattezza dei fatti e dei particolari".
precipitare la situazione", dopo esserselo fatto consegnare dalle Vestali, il più giovane dei contendenti lo lesse davanti al Senato riunito. Emersero la volontà del redattore di essere sepolto insieme a Cleopatra in Egitto, un accenno a Tolomeo Cesare, definito il vero erede del Dittatore, e l'assegnazione di legati ai figli della regina orientale. Lo scalpore lasciò velocemente spazio all'orrore e allo sdegno, poiché il testo fu preso per vero e andò ad alimentare le voci malevole riguardanti Antonio.145 Quest'ultimo nella versione ufficiale non fu nemmeno nominato, perché l'attenzione doveva essere concentrata su Cleopatra. In verità, nemmeno lei era davvero temibile, perciò Ottavio dovette screditarla "oltre ogni misura e ogni decenza" fino a farla diventare un fatale
monstrum. Così in lei si trovò il "pericolo esterno che minacciasse tutto ciò che era
romano", necessario "per garantirsi la sanzione ufficiale e l'appoggio sentimentale all'impresa".146
Quando giunse il momento di passare dalle parole ai fatti, per prima cosa l'Imperator, console per la terza volta, depose "dalle sue funzioni e dal consolato per l'anno seguente" il rivale, poi contro la nemica "dichiarò guerra con tutta la pompa tradizionale di un rituale antico".147 Syme chiosa le Res Gestae e mette in guardia: "La versione ufficiale romana delle cause della guerra di Azio è semplicissima, coerente e perciò sospetta. La guerra era giusta perché combattuta in difesa della libertà e della pace contro un nemico straniero". Poi chiarisce che, siccome Antonio dalla propria parte aveva "i consoli e la costituzione", dal punto di vista legale fu il giovane Cesare l'aggressore che agì con un colpo di stato, ratificato da un giuramento che non aveva coinvolto il Senato e il Popolo Romano.148 Premettendo l'impossibilità di ricostruire la "vera storia" del conflitto aziaco, il neozelandese espone alcuni fatti. Anzitutto, non essendo Ottaviano un abile generale, la direzione delle azioni belliche fu affidata ad Agrippa, già vincitore a Nauloco, e a Messalla.149 Piuttosto, il giovane eccelse nel movimentare l'intero Senato e molti cavalieri "che lo seguirono per convinzione, per interesse, o anche solo per paura", guidandoli al di fuori dell'Italia, nel nome di suo padre, per combattere "l'ultima di tutte le guerre".150 Davvero, come scrisse, lo
145 pp. 313-314
146 p. 303. Si cita ORAZIO, Odi, I, XXXVII, 21. 147 p. 332
148 p. 299. Syme è implacabile: "La versione dei vincitori è tangibilmente fraudolenta". 149 p. 329
affiancarono settecento senatori, i quali, pur disprezzando la loro guida, sperarono di ricavare dalla vittoria onori e vantaggi, magari il consolato. Così fu, stando all'Autobiografia, nella quale si legge che ben ottantatré furono gli uomini, ex consoli o futuri tali, che si batterono ad Azio nel 31 a.C..151 Ma ancora non fu sufficiente. Augusto volle trasformare nel "mito di fondazione della mitologia del principato" quella che per Syme si risolse in "una faccenda meschina, il degno coronamento dell'ignobile propaganda contro Cleopatra, e dell'unione giurata e consacrata di tutta Italia". Non solo la battaglia fu descritta come un enorme confronto navale, ma assunse anche la grandezza di uno scontro ideologico tra Occidente e Oriente, durante il quale il secondo fu pesantemente sconfitto e costretto ad abbandonare i propositi di conquista e dominio del mondo intero.152
Per giungere alla vittoria definitiva si dovette attendere il 30 a.C., quando, al termine del cosiddetto Bellum Alexandrinum "l'esercito del Popolo Romano entrò nella capitale d'Egitto il primo di agosto", dopo che lo sconfitto Antonio si era già suicidato.153 Così Ottaviano raggiunse il suo obiettivo: eliminò il nemico, annientò la minaccia orientale e ristabilì la pace per Roma, portando al potere la propria fazione, ormai l'unica rimasta. Arrivò l'ordine, non solo nell'Urbe ma in tutta l'Italia, la vera vincitrice del conflitto, al punto che Syme si esprime con queste parole: "Il principato stesso può, in un certo senso, essere considerato un trionfo dell'Italia su Roma: Filippi, Perugia, Azio stessa furono vittorie della fazione cesariana sui nobiles. Reclutata in così larga misura tra
equites Romani delle città italiche, in compenso si trovò ad avere potenza nel Senato e
nei consigli del Princeps". A ragione, dunque, lo storico può scrivere che "il gruppo politico di governo rappresentava una sorta di consensus Italiae".154 Concludendo, il
consensus fu concretamente rintracciabile nella concordia ordinum che si creò grazie e
attorno alla figura di Augusto. Egli creò una "carriera ufficiale per i cavalieri romani", consentendo loro di entrare in Senato senza che si generassero tensioni. In questo modo le città furono gratificate per i loro sforzi bellici, producendone di altro tipo, ossia fornendo anche i senatori per il nuovo Stato.155
151 p. 388
152 p. 330. Syme spiega: "Il giovane Cesare ambiva all'alone di gloria di una vittoria che doveva sorpassare le più grandi vittorie della storia, sia romana sia ellenica".
153 p. 331
154 p. 338, p. 424 e p. 504. 155 pp. 400-401