3. 3 Millia ciuium Roma[no]rum [sub] sacramento meo fuerunt circiter [quingen]ta. Ex quibus dedu[xi in coloni]as aut remisi in municipia sua stipen[dis emeri]tis millia aliquant[o plura qu]am trecenta et iis omnibus agros a[dsignaui] aut pecuniam pro p[raemis milit]iae dedi.
Circa 500.000 cittadini romani prestarono giuramento militare nei miei confronti. Tra questi, più di 300.000 li stabilii in colonie o li rimandai ai loro municipi, una volta terminato il servizio militare; e a tutti questi assegnai terre o diedi del denaro come ricompensa del servizio.
15. 3 Et colon[i]s militum meorum consul quintum ex manibiis uiritim millia nummum singula dedi; acceperunt id triumphale congiarium in colonis hominum circiter centum et uiginti millia.
E mentre ero console per la quinta volta, diedi ai coloni, tra quelli che erano stati miei soldati, mille nummi ciascuno, presi dal bottino destinato al generale; nelle colonie circa 120.000 uomini ricevettero questo congiario del trionfo.
16. 1 Pecuniam [pr]o agris, quos in consolatu meo quarto et postea consulibus M(arco) Cr[a]sso et Cn(aeo) lentulo Augure adsignaui militibus, solui municipis. Ea [s]u[mma s]estertium circiter sexsiens milliens fuit, quam [p]ro Italicis praedis numeraui, et ci[r]citer bis mill[ie]ns et sescentiens, quod pro agris prouincialibus solui. Id primus et [s]olus omnium qui deduxerunt colonias militum in Italia aut in prouincis ad memoriam aetatis meae feci. 2 Et postea Ti(berio) Nerone et Cn(aeo) Pisone consulibus, itemque G(aio)
Antistio et D(ecimo) Laelio co(n)s(ulibus) et G(aio) Caluisio et L(ucio) Pa<s>ieno consulibus et L(ucio) Le[nt]ulo et M(arco) Messalla consulibus et L(ucio) Caninio et Q(uinto) Fabricio co(n)s(ulibus) milit[i]bus quos emeriteis stipendis in sua municipi[a dedux]i praem[i]a numerato persolui, quam in rem sestertium q[uater m]illiens cir[cite]r impendi.
Pagai ai municipi il denaro per le terre che assegnai a soldati, durante il mio quarto consolato e poi mentre erano consoli Marco Crasso e Gneo Lentulo Augure. Fu di circa 600 milioni di sesterzi la somma che pagai per i terreni d'Italia, e circa 260 milioni per le terre provinciali. A memoria della mia epoca, feci ciò per primo e io soltanto tra tutti quelli che fondarono colonie di soldati in Italia o nelle province. In seguito, sotto il consolato di Tiberio Nerone e Gneo Pisone, e allo stesso modo durante i consolati di Gaio Antistio e Decimo Lelio, di Gaio Calvisio e Lucio Pasieno, di Lucio Lentulo e Marco Messalla, di Lucio Caninio e Quinto Fabrizio, pagai premi in contanti ai soldati che stabilii nei loro municipi, una volta terminato il servizio militare, per la qual cosa spesi circa 400 milioni di sesterzi.
17. 1 Quater [pe]cunia mea iuui aerarium, ita ut sestertium milliens et quing[en]tie[n]s ad eos, qui prae(e)rant aerario, detulerim. 2 Et M(arco) Lepido et L(ucio) Ar[r]unt[i]o co(n)s(ulibus) in aerarium militare, quod ex consilio m[eo] co[ns]titutum est, ex [q]uo praemia darentur militibus, qui uicena [aut plu]ra sti[pendi]a emeruissent, (sestertium) milliens et septing[e]nti[ens ex pa]t[rim]onio [m]eo detuli.
Quattro volte aiutai l'erario col mio denaro, cosicché consegnai 150 milioni di sesterzi a quelli che sovrintendevano l'erario. E durante il consolato di Marco Lepido e Lucio Arrunzio, dal mio patrimonio
trasferii 170 milioni di sesterzi all'erario militare che venne creato per mia proposta, affinché fossero dati in premio ai soldati che avessero terminato vent'anni o più di servizio militare.
28. 1 Colonias in Africa Sicilia [M]acedonia utraque Hispania Achai[a] Asia S[y]ria Gallia Narbonensi Pi[si]dia militum deduxi. 2 Italia autem X[XVIII (duodetriginta) colo]nias, quae uiuo me celeberrimae et frequentissimae fuerunt, me[a auctoritate] deductas habet.
Fondai colonie di soldati in Africa, Sicilia, Macedonia, in entrambe le Spagne, in Acaia, Asia, Siria, Gallia Narbonense, Pisidia. Inoltre, l'Italia possiede ventotto colonie fondate per mia decisione, che mentre ero in vita furono molto prospere e popolose.
Ottaviano, nel par. 3, fornisce due dati. Il primo riguarda il numero dei soldati che prestarono il giuramento sotto di lui: con orgoglio annuncia che si trattò di ben 500.000 cittadini romani. Il secondo si riferisce alla sorte toccata a parte di questi, terminati gli anni di carriera. L'assegnazione di terre ai soldati congedati era una pratica diffusa durante l'era repubblicana e, soprattutto nei primi tempi, Gaio Ottavio la mantenne in vita. Piuttosto, la novità è data dal premio monetario: questa soluzione sarà adottata con frequenza sempre meggiore negli anni del principato.
Syme aguzza lo sguardo e, mentre ne analizza il comportamento, va oltre le parole dell'autore delle Res Gestae, scrivendo: "Fu generoso ma fermo. Sollevò dal servizio militare i veterani di Modena e di Filippi, spartendo fra loro terre e fondando colonie – più su territorio provinciale che italico. Era una mossa politica e forse necessaria".296 La necessità divenne ancora più stringente dopo la guerra di Azio, quando il salvatore dell'Occidente si ritrovò a possedere quasi settanta legioni, derivanti dall'assorbimento delle armate avversarie. Parte della soluzione era a portata di mano. "Nell'anno 29 a.C., all'epoca del suo trionfo, Ottaviano aveva distribuito una donazione in denaro ai
veterani delle sue colonie. Non meno di centoventimila uomini fruirono delle largizioni del loro leader. Questo esercito non ufficiale, utile all'ordine pubblico, veniva costantemente mantenuto a livello".297 Purtroppo c'erano anche degli aspetti negativi, non solo costituiti dai costi, poiché un numero di soldati così elevato comportava grandi difficoltà nel mantenimento, ma anche un rischio: per l'equilibrio interno gli eserciti erano un pericolo superiore a quello costituito dai nemici esterni. Occorreva una soluzione, così "i veterani vennero sistemati in colonie in Italia e nelle province. La terra arrivò dalle confische a scapito di città e partigiani antoniani in Italia, o fu acquistata con il bottino di guerra, soprattutto con il tesoro egiziano".298
La situazione rimase stabile fino al 13 a.C., quando avvenne una svolta nella storia dell'esercito romano dal momento che "Augusto dotò i legionari congedati di terre, italiche o provinciali, acquistate con i propri fondi personali: dopo di allora, egli stabilì una gratifica da pagarsi in denaro; perciò i soldati congedati negli anni 7-2 a.C. ricevettero in tutto non meno di quattrocento milioni di sesterzi". Syme sottolinea che in questo modo, venendo pagato dal Princeps che sborsava di tasca propria, "l'esercito conservava ancora traccia della sua origine di esercito privato della rivoluzione".299 Oltre ad accennare all'illegalità dell'ascesa del dominatore, Sir Ronald spiega che le norme promulgate nel 13 a.C. furono vantaggiose, perché "finalmente si riconosceva l'esistenza di un esercito fisso e si sanciva l'allontanamento delle legioni dal campo della politica. Mai più la sistemazione del soldato alla fine del servizio avrebbe costituito una coercizione per il governo e un incubo per i proprietari terrieri: avrebbe ricevuto una regalia in denaro".300
Neppure in seguito l'esercito sarebbe uscito completamente dal cono d'ombra di Augusto, se si considera che, pur essendo i senatori a sovrintendere all'erario, "il Senato non esercitava alcun controllo sulla politica finanziaria, né aveva notizie precise sul
297 p. 391
298 p. 336. Espandendo il discorso sul tesoro egiziano, Syme accenna ai vantaggi: "Se la libertà era perduta, le proprietà, sicure e protette, stavano crescendo di valore. Dovunque divenne evidente il benefico funzionamento del ricco tesoro d'Egitto. Soprattutto, la sicurezza dei possedimenti sarebbe stata d'ora in poi lo slogan del nuovo ordine".
299 p. 391. Sempre per chiarire la posizione dell'esercito, Syme spiega che i veterani entrati in possesso delle terre nelle colonie erano "il più solido pilastro della monarchia militare. Ventotto colonie in Italia e un gran numero nelle province onoravano Augusto col nome di patrono e difensore".
bilancio dell'impero. Era Augusto che teneva il rationarium imperii".301 La svolta decisiva, quella legata proprio al Tesoro, giunse soltanto nel 6 d.C., anno in cui si prevedeva una notevole smobilitazione di legionari. "Lo Stato si assunse il carico dei pagamenti con la costituzione di un fondo speciale dedicato a questo scopo (l'aerarium
militare)". Paradossalmente, invece di limitare l'influenza del Princeps sulle forze
armate, questa operazione la rafforzò. Infatti, Syme commenta dicendo: "Il soldato in servizio guardava ad Augusto come al suo patrono e protettore, ma anche come al suo ufficiale pagatore. Oltre agli eserciti nel loro insieme, anche il singolo legionario doveva venire legato personalmente al capo del governo e, solo attraverso di lui, allo Stato Romano". Va riconosciuta ad Augusto una grande attenzione per i singoli individui, poiché "ricordava, premiava, promuoveva anche il più umile dei suoi soldati".302
Infine, lo storico neozelandese precisa la portata dei finanziamenti operati dal dominatore, per rimpinguare le casse statali. Anche in questo caso non gli occorrono giri di parole, per sottolineare che Ottaviano "versava all'aerarium soltanto gli avanzi dei redditi ricavati dalle proprie province, anche se poi lo riforniva con sovvenzioni dal suo patrimonio privato". In ogni caso, non si può negare che avesse a disposizione una smisurata quantità di denaro, con cui "poteva pagare ai militari messi in congedo un premio di liquidazione, largire donazioni all'esercito e alla plebe, realizzare opere pubbliche".303 Oltre a esercitare il controllo su tutte le armate del Popolo Romano "di fatto se non per legge", fornendo personalmente la buonuscita ai legionari, Augusto - prosegue Syme - fu l'individuo più ricco dell'impero, anche in virtù del fatto che governò l'Egitto senza doverne rendere conto ad alcuno. Batté monete d'oro e d'argento nelle province; possedette una rete di guarnigioni devote nelle colonie militari italiche ed estere; più di una città, sia in Italia che nelle province, lo riconobbe come fondatore e
301 p. 456 302 pp. 391-392
303 p. 456. Senza uscire troppo dal seminato si può leggere JACQUES – SCHEID, Roma e il suo Impero, p. 214: "Da Augusto in poi, l'imperatore era personalmente a capo di proprietà enormi, che non cessarono di aumentare. Oltre al palazzo e alla casa di campagna, gli imperatori possedevano proprietà agricole, miniere e cave, saline e fornaci per mattoni. [...] Questi possedimenti privati facevano capo al patrimonio imperiale. [...] Le proprietà erano acquisite per conquista, confisca o eredità. Augusto mantenne i domini asiatici costituiti da Marco Antonio (compresi quelli a scapito dei terreni pubblici del Popolo Romano). I beni degli antichi monarchi – come Aminta di Galazia o Archelao di Cappadocia – diventarono domini imperiali con l'annessione dei loro regni. Augusto ereditò anche immensi domini da Agrippa. L'abitudine d'istituire erede l'imperatore fece passare ai domini imperiali beni di ogni dimensione e di ogni natura".
patrono; furono suoi alleati e clienti re, tetrarchi e signorotti provenienti da tutto il territorio imperiale. In tutto ciò, il dominatore "spendeva il suo denaro con ostentazione per garantirsi il potere".304