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7. Gli inizi

7.4 Triumviro

7. 1 [Tri]umu[i]rum rei pu[blicae c]on[s]ti[tuendae fui per continuos an]nos [decem].

Per dieci anni consecutivi fui triumviro per restaurare la repubblica. Concludendo il par. 1, Augusto riporta i decessi di Irzio e Pansa, i due consoli che stavano guidando le operazioni belliche, lasciando in secondo piano l'autore delle Res

Gestae. La morte dei due fu provvidenziale per il futuro Imperator che, non solo fu

eletto console, ma anche triumviro rei publicae constituendae.93 Per semplificare, la dicitura implicava che la persona a cui veniva affidato il compito riorganizzasse lo

90 RP I, p. 435

91 p. 543 92 p. 564 93 p. 197

Stato. Per portare a termine lo stesso incarico, solo un anno prima, era stato designato Gaio Giulio Cesare, nominato dittatore a vita nel gennaio del 44 a.C., con tanto di disposizione senatoria che "il giuramento di fedeltà dovesse prestarsi a suo nome". Syme è tagliente nel dire che il Dictator aveva fallito la propria missione, considerando sia la fine a cui era andato incontro che lo stato in cui si trovarono le cose, al momento della scalata al potere di Gaio Ottavio.94

Come scritto nella sezione dedicata all'allestimento dell'esercito da parte di Ottaviano, il giovane ebbe come suo primo avversario, oltre al più defilato Marco Emilio Lepido, l'abile generale Marco Antonio, con il quale venne allo scontro nel 43 a.C., durante la guerra di Modena. Si può dire che dalla battaglia nacque il triumvirato, il primo veramente ufficializzato dal Senato, il secondo per la storiografia meno precisa. A quel tempo, l'erede di Cesare non ambiva, né sarebbe stato capace di farlo, alla distruzione di Antonio, così con un "improvviso voltafaccia" decise di "revocare i decreti di messa al bando" che avevano colpito il nemico principale e Lepido. Al rientro nella Gallia Cisalpina iniziò a trattare con i due avversari e, dopo due giorni di discussioni, fu raggiunto un accordo. Syme spiega che la Fortuna e soprattutto il nome ereditato grazie all'adozione agevolarono non poco il giovane console, sia perché gli salvarono la vita in battaglia, sia perché gli consentirono di collocarsi in una posizione favorevole al momento delle trattative. I tre decisero di governare per cinque anni, detenendo "un potere sommo e arbitrario", riassunto dal titolo di tresviri rei publicae

constituendae. Fu questo il nome della carica tirannica che andò a rimpiazzare la

dittatura cancellata dal vocabolario e dalle cronache per mano di Antonio, dopo che il triumvirato non ratificato di Cesare, Pompeo e Crasso era sfociato proprio nella dittatura.95

In tre giorni diversi, Antonio, Lepido e Ottaviano completarono la loro marcia su Roma, entrando in città "con gran pompa". Lì la Lex Titia del 27 novembre del 43 a.C. ratificò il triumvirato nato durante il trattato di Bologna. La Lex conferì poteri ai tre uomini per cinque anni, ma quando decaddero nessuno si oppose, sebbene i potentati

94 p. 59

95 p. 210. Si veda anche p. 39, in cui Syme ricorda che, pur indebolita e alterata nel corso del tempo, l'associazione di Pompeo, Crasso e Cesare "tenne il governo per circa dieci anni". Ritiene che un tale "asservimento della costituzione" sia considerabile come "la fine della libera repubblica".

continuassero ad agire come se li possedessero. Così, il triumvirato fu prolungato per altri cinque anni, fino alla fine del 33 a.C. (par. 7).96

Sebbene Augusto dedichi solo poche parole al periodo triumvirale, Syme ha ben chiaro il quadro generale. Egli ritiene che con gli accordi di Bologna la repubblica sia stata abolita, senza alcuna possibiltà che venisse restaurata, per diversi motivi. Anzitutto dilagavano la violenza e le confische, il marchio di fabbrica del dispotismo al potere, inoltre mancavano uomini validi che contrastassero la brutalità, se si tiene conto anche del fatto che in Senato si trovava soprattutto "gente vile" e che il consolato era ormai considerato "la ricompensa dell'astuzia e del delitto". Sir Ronald riassume quegli anni usando la formula tacitiana non mos, non ius, ricordando poi come le azioni dei triumviri trovassero giustificazione nella vendetta di Cesare, in quella pietas e in quel sangue che fecero nascere la monarchia.97

Scendendo in profondità, per capire l'origine del dissenso symiano, è obbligatorio discostarsi momentaneamente dalle Res Gestae che, come premesso all'inizio del presente lavoro, sono illuminanti anche per ciò che non raccontano, ossia il "trionfo delle cupe passioni della crudeltà e della vendetta, degli ignobili delitti della cupidigia e del tradimento". Forse proprio l'Autobiografia fu determinante perché la posterità fosse comprensiva nei confronti del Princeps, per il quale furono trovate delle attenuanti, quando si parlò di violenze e proscrizioni. Syme distingue tra il pensiero dei contemporanei di Augusto e quello degli individui nati dopo la sua morte. Costoro credettero che il pater patriae avesse agito solo dopo che la sua "pietosa riluttanza" fosse stata "travolta dalla feroce insistenza dei suoi più anziani e più induriti colleghi". Per coloro che assistettero allo svolgimento dei fatti, invece, Ottaviano fu il triumviro meno giustificabile, perché, da "giovane temerario" che era, diventò "un terrorista lucido e cosciente", infangando col suo comportamento il nome di Cesare, al quale doveva tutto.98

Syme dà una spiegazione tecnica alle proscrizioni, affermando che esse furono il mezzo attraverso il quale i triumviri ottennero il denaro utile non solo per la guerra, ma anche per ricompensare le legioni cesariane, una volta conclusi vittoriosamente i conflitti.

96 p. 212

97 pp. 221-222. Viene citato TACITO, Annali, III, 28.

Concretamente, i capi "si impadronirono di case e di possedimenti per immetterli sul mercato", mentre i cittadini pagarono il loro tributo versando così tanto sangue che in confronto "la dittatura di Cesare appariva come un'età dell'oro".99