cuore di tanti e tanti, che in Italia e
anche
in altri paesi, con duro, penosissimo sforzo, con amarissimi sacrifizii, soffocando tanti sbadigli, vincendoenormi
fastidi, ingozzando tanta roba indigesta, erudizione, musica, filosofia, s'erano educati ad amarla e a far professione di questo amore!Germania
infame, ecco, così adessori-paga
le sue vittime dell'amoree dell'ammirazione professati a lei per tanti anni!164
Berecche la prenderebbe a pugni, là, di
na-scosto, su la carta geografica, la tempesterebbe di colpi di spillo con tutte le bandierine fran-cesi, inglesi, belghe, russe, serbe e
montenegrine
!#
* *
S'è fatto sera.
Ma
egli resta al bujo nel suo studio e passeggia conuna mano
su la bocca,guardando
ditantointanto l'estremobarlume
del crupuscolo ai vetri delledue
finestre. Scorgedauna
illampadino
rosso già acceso innanzi allaMadonnella
del villino dirimpetto; aggrotta le ciglia e si appressa alla finestra.Vede
allora, allume
della grossa lampada, che si projetta dal vestibolo, uscire di casa e attraversare il giardino, sua moglie con Margheritina tenuta permano.
Va, che
non
pare, la piccola cara... quasinon
pare, se
non
si sapesse...almeno
a guardarla così di dietro... Forse perchè si fida dellamano
che la guida... Solo, a osservarla attentamente, tiene la testina
un
pochino rigida sul collo, ecco, e le spallucceun
pochino rialzate...La
ghiaja
non
stride sotto i suoi piedini, perchè l'anima è levata pernon
toccare quel chenon
vede, e il corpicciuolo quasinon
pesa.Ma
dove va con lamamma
a quest'ora!E
165
Faustino,
come non
è ancora rincasato? Sarà andato viaGino
Viesi?Berecche si reca a far tutte queste
domande
a Carlotta. Nella saletta da pranzonon
c'è più nessuno. Carlotta s'è chiusa nella sua stanza e seguita a piangere, anch'essa al bujo; risponde alledomande
col tono secco e sgarbato dellamadre: — Gino? Andato
via.—
Faustino?Che ne
sa lei?— La mamma
?Con
Ghetina, da monsignore, per la novena.Da
tre sere, nel villino dimonsignore
dirim-petto, si fanno preghiere perilPapa
chestamale, per ilPapa
che muore.Berecche rientra nello studio, si riappressa alla finestra e
guarda
al villino dirimpetto, con l'animo ora oscurato ecompreso
di cordoglio per questo Papa, santo vecchio paesano, cui solo la schiettezza grande della fede fadegno
del gran seggio.Ah,
chi più di lui, Pio veramente, volle richiamar Cristo nel cuore dei fedeli?E muore
inmezzo
a tanta guerra, ucciso dal do-lore di tanta guerra... Certo, sul suo letto di morte, eglinon
dirà,come
forse dice pianoqual-cuno
sotto lamano
accanto a lui, che questa guerra è per la Francia la retribuzione giusta diDio
dell'essersi rotta con la Chiesa; più ne-fandi peccatori per lui sono certo quegli altriche
hanno
osato chiamarDio
a proteggere la166
marcia e la carneficina dei loro eserciti e il
segno della divina protezione
hanno
osato vede-re ed esaltare nelle atrocità delle loro vittorie.Egli
non
lia detto più nulla ; con orroreha
ri-tratto la
mano,
che altri voleva levata a bene-dire questa scelleragginemostruosa; e s'è chiuso nel dolore che l'uccide.Lume
maledetto della ragione! ragione male-detta, chenon
sa accecarsi nella fede!Lui
Be-recche vede, o crede di vedere con questolume
tante cose che gl'impediscono ora di pregare con la sua piccola figliuola Margherita, cieca nella cieca fede, per ilPapa buono
che muore.Ma
è contento, sì, ch'ella preghi di là, la sua Margheritina; è contento cheuna
parte di lui, così angosciosamente amata, priva di quel suolume
di ragione, cieca preghi di là per ilbuon Papa
che muore. Glisembra veramente
che conle pallide gracili
mani
di quella sua piccola cieca, giunte nella preghiera, egli, della suaanima
che per sénon
sa pregare, dia adesso qualcosa—
quel chepuò —
in suffragio delbuon Papa
che muore.Intanto, si fanno le otto della sera
; poi le
nove, poi le dieci, e Faustino ancora
non
rin-167
casa.
La
madre, ritornata daun
pezzo con Ghe-tina dal villino di monsignore, e la sorella Car-lotta sono entrate più volte nello studio ama-nifestare la loro costernazione, a scongiurarlo a
mani
giunte di muoversi, d'andare in cerca di lui, per saperealmeno
se qualche disgrazia,Dio
liberi,
non
sia accaduta con quelle maledette dimostrazioni. Berecche leha
cacciate via, fu-rente,ha
gridato loro in faccia dinon
volersimuovere
perchè di quel mascalzoncino lànon
gliene importa più nulla,non
lo considera piùcome
suo figliuolo, e se l'hanno calpestato, feri-to, arrestato, piacere, piacere, piacere!Finalmente, poco
dopo
le dieci e mezzo, Fau-stino rincasa, con addossouna
gran paura del padre,ma
pure acceso e vibrante ancora diquanto
gli èaccaduto.Lo hanno
arrestato, sì.Ma
vibra di sdegno, di nausea, per l'ira dei soldati, dei soldati d'Italia, che lo
hanno
arrestatomal-menandolo
e gridandogli:—
Vigliacco, fai così perchènon
dovrai an-darci tu, domani, alla guerra!E
ora lui vuoleandarci, sì, vuoleandarci, vuole andarci alla guerra per dareuna degna
rispo-sta a quei vigliacchi soldati d'Italia.—
Zitto!—
gligrida lamadre
più scarmigliata che mai.—
Se tuo padre ti sente di là!Ma
Berecchenon
simuove
dallo studio.Non
168
vuol vederlo. Alla moglie che viene ad
annun-ziargli che è ritornato, ordina di dirgli che
non
s'arrischi di farsi vedere.
Poco
dopo, Carlotta sporge il capo dall'uscio:— La
cena è pronta. Faustoè incamera
sua.—
Eesto io, qua!Mi
portiqua
da cena, la serva.Non
voglio veder nessuno!Ma non può
cenare.Ha un nodo
alla gola più di rabbia che d'angoscia.A
poco a poco però comincia a calmarsi, a cadere quasi inun
letar-go
grave, attonito, a luiben
noto.È
la ragione filosofica, che pian piano,come
si fa sera,ri-prende in lui il sopravvento.
Berecche si alza,
va
alla finestra più vicina, siede e simette
a guardare le stelle.La
vede per gli spazii senza fine,come
forse nessuna oappena
forse qualcuna di quelle stelle la vede, questa piccola terra che vae va,senzaun
fine che si sappia, per quegli spazii di cuinon
si sa la fine. Va, granellino infimo, cieco, gocciolina d'acqua nera, va eil vento dellacorsa cancella inuno
striscio violento di tenuissimobarlume
i segni accesi dell'abitazione degli uo-mini in quellapoca parte in cui il granellinonon
è liquido. Se nei cieli si sapesse che in quello striscio di tenuissimobarlume
sonmilioni e milioni d'esseri irrequieti, che daquel granel-lino lì credono sul serio di potere dettar legge169
a tutto
quanto
l'universo, imporgli la loro ra-gione, il loro sentimento, il loro Dio, il piccoloDio
nato nelleanimucce
loro e ch'essi credono, creatore di quei cieli, di tutte quelle stelle: ed ecco, se lo pigliano, questo Dio, cheha
creatoi cieli e tutte le stelle, e se lo
adorano
e se lo vestono amodo
loro e gli chiedono conto delle loro piccole miserie e protezioneanche
nei loro affari più tristi, nelle loro stolide guerre... Senei cieli si sapesse, che in quest'ora deltempo
chenon ha
fine questi milioni e milioni d'esseriim-percettibili, in quello striscio di tenuissimo bar-lume, sono tutti quanti tra loro in furibonda zuffa per ragioni che credono gravissime per la loro esistenza, di cui i cieli, le stelle, il
Dio
creatore di questi cieli, di tutte queste stelle,debbano
occuparsiminuto
perminuto, seriamente impegnatiin favoredegli uni o degli altri... C'è qualcuno che pensi che nei cielinon
c'ètempo
? che tutto s'inabissa e vanisce in questo vmoto tenebroso senza fine 1 e che su questo stesso granellino, domani, tra mille anni,non
sarà più nulla oben
poco si dirà di questa guerra ch'ora cisembra immane
e formidabile?Ricorda Berecche com'egli insegnava, or son pochi anni, la storia ai suoi alunni nelliceo:
—
Intorno al 950, ridotti in obbedienza i Danesi che gli sì erano ribellati, passò Ottone in
Boemia
a170
combattere il duca Boleslao, cWerasi costituito in-dipendente, e spintosi fin davanti a
Praga
costrinse quél duca a ritornare vassallo del germanico regno.Nel tempo stesso il fratel suo Enrico usciva in campo contro gli Zingarie licacciavaoltre la Theiss togliendo loro le conquiste fatte sotto il regno di Lodovico il Bimbo...
Domani,
tra mille anni,im
altro Berecche professore di storia dirà ai suoi alunni, chein-torno al 1914 c'erano ancora potenti e fiorenti nel centro d'Europa
due
imperi:uno
detto diGermania, su cui sedeva
un Guglielmo
II della dinastiadegli Hohenzollern; dettol'altro, impero d'Austria, su cui sedeva vecchissimoun
Fran-cescoGiuseppe
della dinastia degli Absburgo.Erano
questidue
imperatori tra loro alleati e forse entrambi,almeno
a quanto sisappone
per certi dati,benché
alume
di logicanon
paja verosimile, alleati anche col piccolo re d'Italia,un
VittorioEmanuele
III della dinastia di Sa-voja, il quale però certomancò
alla guerra che quell'imperatore di Germania, togliendo—
pare—
apretestol'uccisionepermano
dei Serbi d'un tal FrancescoFerdinando
arciduca ereditario d'Austria, stupidamentemosse
contro laEussia, laFrancia e l'Inghilterra, alloraanch'essealleate tra loro e potentissime,una
segnatamente,l'In-ni
ghilterra,