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mondo! Se l'è messo contro e lo tiene a bada tutto quanto! Impotenti tutti quanti contro

Nel documento ERBA DEL NOSTRO ORTO (pagine 193-198)

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<li lei potente!

Che

spettacoloè questo!

E

volete abbatterla? distruggerla? Ohi?

La

Francia, la Russia, l'Inghilterra?

E

valgonoforsepiù di lei?

Che

valgono di fronte a lei? Merda, ecco, sì, merda,

come

direi in faccia al

mio

figliuolo, se l'avessi qua, lui che è andato in ajuto di quella Francia fradicia;

merda!

ecco,

merda! merda!

Ah,

finalmente! dalla sua balordaggine, così battuta, così pestata, così accoppata dalla fiera invettiva, sorge tutt'a

un

tratto il

buon Fongi

col suo gran naso.

Per

protestare? No.

Ha

una notizia con sé,

una

notizia che si tiene in corpo

fin dal suo arrivo e che, assalito da tanti pianti, da tanti strilli,

non ha

trovato ancor

modo

di

metter fuori.

Io,

dice,

— ho qua una

lettera di

Fau-stino.

Per miracolo Berecche

non

traboccagiù,tutt'in

un

fascio.

Diventa

pallidissimo, poi tutt'a

un

tratto, paonazzo; si scaglia addosso al Fongi,

come

se

Fongi

se

ne

volesse scappare:

— Tu? —

gli grida.

Una

lettera? di

Fau-stino?

E

piange e ride e

trema

tutto e col passo

le-gato corre a gridar nel corridoio:

— Una

lettera...

una

lettera di Faustino!., subito!.. Margheritina, Margheritina, conducete anche Margheritina!

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E mentre

lamoglie e Carlottacon

Margheriti-na

per

mano irrompono

nello studio, ansanti, frementi d'impazienza, egli strappa con le

mani

che gli ballano dalle

mani

del

Fongi

la lettera e si prova a leggerla forte.

Diretta a lui...

— A

lei %

Già...

Caro... ecco... Carosignor... oh Dio... caro

si-gnor Fongi...

Non

può.

La

vista, la voce, il fiato, anche le

gambe

gli

mancano.

S'abbandona su

una

seg-giola e cede a Carlotta laletteraperchèla legga

lei.

La

lettera è datata da Nizza e dice così:

Caro signor Fongi,

So l'affetto che Ella ha per mio padre e mi rivolgo a Lei per pregarla di recarsi da lui, appena riceverà questa mia, ad annunziargli ciò che del resto forse a quest'ora avrà indovinato, e lascio immaginare a Lei con quale sdegno e con quanto dolore.

Ma

gli dica, signor Fongi, che io non sono venuto qua, per combattere per laFrancia;ne sarà contento!

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Mono venuto qua, perchè convinto che VItalia, rimasta come una povera serva senza padrone,nonfarà nulla.

I due che aveva

Vuno cattivo, che Vha sempre an-gariata;l'altro che s'èdatosempre l'aria diproteggerla, piccola vecchia signora decaduta, tutVa untratto, senza neppur licenziarla, senza neppur dirle che potevano anche fare a meno dei suoi servizii, l'hanno lasciata in asso e si sono messi a sbrigare da le loro fac-cende. Ora la povera serva, neppurcerta d'essere stata licenziata, non sa chefare né dove andare.

Ha

paura

degli antichi padroni, che l'hanno or ora lasciatacosì,

senza dirle: tu sei a spasso; ha paura di mettersi a servizio di nuovi, che dalle agenzie di collocamento, dette Ambasciate, la richiedono e le fanno pressanti esibizioni.

Da

che parte voltarsi, tra chi le dice di stendere questo o quel braccio per riprendersi di qua o di quello che era suo e che tutti le han preso?

Star sola, da sé, la povera signora decaduta non sa e non può, avvezza com'è ormai da tantotempo a ser-vire padroni perpocamercedenegli appartamenti della sua casa antica, magnifica, ariosa, piena di sole, in luogo ridente e fiorito. Molte cose belle, lo so, e molte cose grandi e gloriose sono in questa casa antica, di cui la povera signora decadutahafatto una locanda;

ma

vi son pure molte cose tristi e unagrande miseria specialmente nelVanima dei figli di questa signora, nati servitori.

La mamma

li ha educati allaprudenza, alla tolleranza, afar le viste di non capire, di non

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sentire; a prendersi ancheinsantapace,se capita, uno schiaffo per mancia, rispondendo con un bel inchino:

Grazie, signore!

; li ha educati a portare con disinvolturatuttelelivreecomel'abitoaloropiùproprio, a spazzolare con disinvoltura dalle falde di ciascuna l'impronta dei calci ricevuti, e a star bene attenti nel fare i conti, che spesso ahimè, povera

mamma,

le sono venuti sbagliati a suo danno. Ebbene, signor Fongi, dica a mio padre che io sono qua in Francia nonper laFrancia con altri miei compagni

non molti, oh,

non molti!

— ma

soltantoper dimostraie che tratanta prudenza, tra tanta tolleranza, tra tanta accortezza per non sbagliare i conti e tanta perplessità nel deci-dere quale livrea convenga meglio indossare in questo momento, c'è pure in Italia... niente, un po' di gio—

venta sprecata, anche un po' di gioventù che non sa fare i conti e non sa essere accortaeprudente,unpo' di gioventù, che... basta questo, signor Fongi: un po' di gioventù! Alla nostra madre Italia non serve,non servirà; anzi le farà danno dentro; siamo venuti a gettarla qua fuori per lei!

La

mia

mamma

piccola dirà:

— Ma

comeì e non c'ero io, che sono pur

mamma

? a me sì, tu miservivi!

È

vero,

mamma

!

ma

pensa che questo è un momento, che tuttelepiccole

mamme, come i loro figli, bisognache si sentanofiglie piccole anch'esse d'una

mamma

più grande, la quale nel suo amore comune comprende e assomma tutti i singoli amori !

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Pirandello

Erbadelnostro orto 13

Io sono qua per te, se sonovenuto per quellagrande

mamma

comune, benché tuforse ora credail contrario!

Le baci per me la mano, signor Fongi, e la assi-curi che io le darò frequenti notizie di me; conforti mio padre, che /orse soffre tanto di non potermi per-donare; baci le miesorelle e dica a Carlotta che Gino

è qua con

me

e che questa notte le scriverà a lungo.

A

Lei, signor Fongi, i miei più vivi ringraziamenti e

un rispettoso e cordiale saluto.

Nel documento ERBA DEL NOSTRO ORTO (pagine 193-198)