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4. C ALLIGRAMMI : CORTOCISCUITI SEMIOTICI TRA ESPRESSIONE E CONTENUTO

5.9 V ALÈNE , O IL TERZO UOMO

A conferma del dispositivo di raddoppiamento di cui abbiamo già parlato, la vicenda pragmatico-interpretativa – ma meglio sarebbe dire estesico-estetica – di “approssimazione al limite” sperimentata dal lettore nei termini appena descritti presenta una sorta di correlato sul piano semantico. A livello immanente l’unico attore che sembra poter farsi portatore di un sguardo davvero panottico e dunque capace di “vedere” il vuoto nel suo rapporto con le parti che organizza, è il pittore Valène.

Sempre presente, testimone da cinquant’anni del folle brulichio dello stabile, Serge Valène, come un malinconico grande burattinaio, osserva apaticamente e silentemente tutto comprende. Così come, quasi suo malgrado, è l’unico abitante a comprendere il senso profondo del gioco tra Bartlebooth e Winckler, a intuire le reali implicazioni del loro segreto accordo.261

dell’approssimazione e dunque traduce la definizioni “modali” di Jankelevitch in descrizioni pienamente discorsive, volte a mettere in luce pratiche testuali effettive miranti alla costruzione del non-so-che come effetto estetico. Quest’operazione rende in una certa misura descrivibile ciò che per Jankelevitch è ineffabile – anche se in questo modo il “sentimento” che il filosofo pone alla base del concetto finisce, con ogni probabilità, “lost in translation”.

261 In realtà, del progetto di Bartlebooth è a conoscenza anche Morellet (il preparatore chimico a cui è affidato il compito di dissolvere gli acquarelli e ricostituire i fogli di carta) e naturalmente Smauft, il maggiordomo. Sono loro infatti insieme a Valène gli unici a pensare di opporsi al sequestro dei poveri oggetti di Winckler, in seguito alla sua morte, concludendo però che “l’unica persona che avrebbe dovuto farlo era Bartlebooth, ma né Valène, né Smauft né Morellet si sarebbero permessi di farglielo notare” (cap. VIII). Tuttavia, è solo Valène a cogliere le implicazioni profonde del rapporto tra l’inglese e l’artigiano e la volontà di vendetta di quest’ultimo.

Le ragioni, essenzialmente personali (cfr. nota 103), di questo “privilegio” vengono solo suggerite e, in mancanza di dati testuali univoci, non se ne può avanzare interpretazione. Ovviamente, non si vuole con questo ammettere una pertinenza del fenomeno extratestuale della suggestione, il cui contenuto è sempre e inevitabilmente soggettivo e relativo al lettore empirico, ma solo rilevare una strategia, questa sì testualmente fondata e dimostrabile, di installazione della suggestione. In altri termini, non conta qui cosa viene suggerito, ma il fatto che qualcosa venga suggerito. Non importa dunque conoscere la causa dell’astio di Winckler perché il coinvolgimento di Valène venga inequivocabilmente percepito (si pensi solo che tutti gli “indizi”

Valène mis des années à comprendre ce que cherchait exactement Bartlebooth. […] « Ce ne sont pas les aquarelles qui m’intéressent, c’est ce que je veux en faire. » Et que voulez-vous en faire ? » « Mais des puzzles, bien sur », répondit sans la moindre hésitation Bartlebooth. Valène, ce jour là, commença à se forger une idée plus précise de ce que Bartlebooth avait en tête. Mais c’est seulement après avoir fait la connaissance de Smauft, puis de Gaspard Winckler, qu’il puit mesurer dans toute son ampleur ce qu’Etait l’ambition de l’Anglais: 262

[…]. (PEREC 1978a : 152)

Alla fine della lettura, è quasi inevitabile sovrapporre il laconico sguardo del pittore a quello dell’osservatore impersonale presente per tutto il libro, fin dall’inizio, da quel casuale, incurante “Si potrebbe cominciare da qui”.

L’attitudine panottica di Valène appare massimamente evidente nel capitolo LI, che spezza in due il testo263 e mostra un catalogo en abyme delle vicende e frammenti di vita

presenti nel libro: 179 brevi still-life, tra cui compare anche, in posizione rilevante (100, la cifra attesa e non raggiunta), la più volte citata “ragazzina che addenta un petit-beurre lu”. Sono i soggetti del quadro sognato da Valène, sogno panottico quant’altri mai, tanto da includere in finale, producendo un abyme al quadrato, il pittore stesso nell’atto di dipingere proprio quel quadro.

È soprattutto questa immagine, o piuttosto visione, che autorizza finalmente a riconoscere nel pittore – non in Winckler né in Bartlebooth – il vero testimone dell’autore modello all’interno della trinità attoriale de La vie. Il nucleo generativo del romanzo, stando alla testimonianza dell’autore empirico (che per quanto espulso dall’analisi è pur sempre il più affidabile depositario delle strategie testuali) si è sviluppato esattamente a partire da un’immagine panottica, ispirata, stando allo stesso Perec, da un’illustrazione di Steinberg intitolata appunto The art of life.

Projet de roman.

J'imagine un immeuble parisien dont la façade a été enlevée […] de telle sorte que, du rez- de-chaussée aux mansardes, toutes les pièces qui se trouvent en façade soient instantanément et simultanément visibles.

Le roman - dont le titre est La vie, mode d'emploi, – se borne […] à décrire les pièces ainsi dévoilées et les activités qui s'y déroulent […].

Les sources de ce projet sont multiples. L'une d'entre elles est un dessin de Saül Steinberg, paru dans The Art of Living (Londres, Hamish Hamilton, 1952) qui représente un meublé (on sait que c'est un meublé parce qu'à côté de la porte d'entrée il y a un écriteau portant l'inscription No Vacancy) dont une partie de la façade a été enlevée, laissant voir l'intérieur dell’ostilità nei confronti di Bartlebooth, così come li abbiamo analizzati in 5.2, sono forniti proprio a Valène). Anzi, l’effetto della suggestione è tanto più forte in quanto si radica in uno stile discorsivo che tende al contrario ad esplicitare ogni circostanza ed ogni dettaglio.

262 Ai due punti fa significativamente seguito la lunga esposizione del programma di Bartlebooth, cosicché, sembra che il compito di informare il lettore del progetto principale del libro sia stato dato proprio a Valène. In effetti, non vi è nessuna marca enunciazionale a indicare con sicurezza un effettivo débrayage; tuttavia, dai due punti in poi, Valène che era massimamente presente come osservatore nella narrazione precedente non viene più citato e nei sintagmi in cui potrebbe apparire, viene opportunamente usata la forma impersonale (“Per dieci anni, Bartlebooth si sarebbe iniziato all’arte dell’acquarello).

de quelque vingt-trois pièces (je dis quelque, parce qu'il y a aussi quelques échappées sur les pièces de derrière). (PEREC 1974 : 57-58)

[Figura 5.6: Saul Steinberg, The art of life]

Ma torniamo alla rilevanza del capitolo LI. In questo capitolo si sommano indici di rilievo provenienti da diversi livelli eminenti: grafico (a metà dell’organizzazione testuale lineare), meta narrativo (i numerosi indici en abyme), figurativo e – ultimo ma non meno importante – ritmico-poetico.

Per fornire uno sguardo d’insieme, riportiamo l’organizzazione in paragrafi del capitolo (PEREC 1978a : 279-286), specificandone la segmentazione analitica e, di seguito, le

dominanti semantiche264 su cui questa si basa, secondo tre criteri: sintattico (forma

dell’enunciato), discorsivo (focalizzazione e isotopia figurativa o tematica) e grafico (lunghezza dei paragrafi). Per ragioni economiche omettiamo e riassumiamo le sezioni che verranno analizzate a parte e quelle consacrate ad elenchi accumulativi:

CAPITOLO LI: SUDDIVISIONE IN PARAGRAFI E SEGMENTAZIONE

A1. Il serait lui-même dans le tableau, à la manière de ces peintres de la Renaissance qui se réservaient toujours une place minuscule au milieu de la foule des vassaux, des soldats, des évêques ou des marchands; […] [segue riflessione sulla posizione marginale dell’icona del

pittore all’interno del quadro].

264 Per dominante semantica si intende qui l’elemento sintattico isotopico, aspettuale e grafico che ci pare preponderante nello spazio testuale in questione.

A2. Il serait lui-même dans son tableau, dans sa chambre, presque toute en haut à droite, comme une petite araignée attentive tissant sa toile scintillante […] [segue descrizione del

pittore].

A3. Il serait debout à coté de son tableau presque achevé, et il serait précisément en train de se peindre lui-même […] [segue descrizione ricorsiva en abyme del pittore che dipinge se

stesso].

A4 Il se peindrait en train de se peindre et autour de lui, sur la grande toile carrée, tout serait déjà en place: la cage de l’ascenseur, les escaliers, les paliers, les paillassons […] [segue

l’elenco casuale dei locali dell’immobile].

A5. Il se peindrait en train de se peindre, et déjà l’on verrait les louches et les couteaux, les écumoires, les boutons de porte […] [segue l’elenco casuale degli arredi e degli abitanti

dell’immobile].

B1. et tout autour, la longue cohorte de ses personnages, avec leur histoire, leur passé, leur légendes:

B2. 1. Pélage vainqueur d’Alkhamah se faisant couronner à Covadonga

2. La cantatrice exilée de Russie suivant Schonberg à Amsterdam … [continua elenco di storie interne]

178. L’ébéniste italien matérialisant l’impalpable travail du ver 179. Le vieux peintre faisant tenir toute la maison dans sa toile

DOMINANTI SEMANTICHE ED ESPRESSIVE A. Il pittore e la tela

A1. Sintassi : dominante ricorsiva statica (enunciato di stato)

Discorsivizzazione: Focalizzazione sul polo soggettale (Valène); convocazione del ruolo

tematico (pittore)

Grafica: paragrafo lungo (32 righe)

A2. Sintassi : dominante ricorsiva statica (enunciato di stato)

Discorsivizzazione: Focalizzazione sul polo soggettale (Valène); convocazione del

rivestimento figurativo (percorso figurativo della pittura)

Grafica: paragrafo breve (8 righe)

A3. Sintassi: regressione infinita : dominante ricorsiva statica+dinamica (enunciato di stato + enunciato del fare)

Discorsivizzazione: Focalizzazione sul rapporto riflessivo soggetto-oggetto Grafica: paragrafo breve (5 righe)

A4. Sintassi: dominante dinamica (enunciato riflessivo del fare)

Discorsivizzazione: focalizzazione sul polo oggettale (la tela); descrizione figurativa

dell’immobile come elenco dei locali

Grafica: paragrafo breve (7 righe)

A5. Sintassi: dominante dinamica (enunciato riflessivo del fare)

Discorsivizzazione: focalizzazione sul polo oggettale (la tela); descrizione figurativa

dell’immobile come elenco di arredi e abitanti

Grafica: paragrafo lungo (34 righe)

B. Il quadro in sé (il romanzo)

B1. Sintassi: sintagma ritmico, enunciato impersonale

Discorsivizzazione: focalizzazione sul polo oggettale (la tela); introduzione alla dimensione

narrativa interna (la vita dell’immobile)

Grafica: paragrafo brevissimo, carattere come in A

B2. Sintassi: elenco numerato (serie enumerativa)

Discorsivizzazione: débrayage, neutralizzazione del rapporto soggetto-oggetto, focalizzazione sulle storie interne

Grafica: paragrafo lunghissimo, carattere differente

I due sottospazi A e B si oppongono evidentemente per la forma diegetica (discorso sequenziale vs elenco) e grafica (un anomalo salto di paragrafo dopo la virgola e il passaggio ad un diverso carattere); tuttavia, i due sottospazi sono tenuti insieme dalla ripetizione ritmica dell’immagine ricorsiva en abyme di Valène incluso nel quadro, posta in apertura del sotto-spazio A e in chiusura del sotto-spazio B, quasi a chiudere l’intero spazio testuale in un area semantica autonoma.

A : B

= racconto : serie accumulativa265 (elenco)

= abyme in apertura : abyme in chiusura

Il serait lui-même : […] Le vieux peintre faisant tenir dans son tableau […] toute la maison dans sa toile

Nello spazio A, in particolare, si ritrova la formula ritmica – appena vista in azione nel momento topico del finale – della ripetizione di frase a inizio paragrafo.

265 Si noti bene che per quanto la forma elenco possa far pensare a una serie enumerativa, dotata di coerenza interna, in realtà siamo qui di fronte a un puro merismo: un’accumulazione, come spiegheremo poco oltre. La presenza di due punti focali – la posizione 100 e la posizione finale – non intaccano questo effetto di senso primario, essendo la loro messa in rilievo riservata esclusivamente a una lettura di secondo livello, quale è appunto l’analisi che stiamo qui portando avanti.

A1. Il serait lui-même dans le tableau, à la manière de ces peintres de la Renaissance qui se réservaient toujours une place minuscule au milieu de la foule des vassaux, des soldats […] A2. Il serait lui-même dans son tableau, dans sa chambre, presque toute en haut à droite, comme une petite araignée attentive tissant sa toile scintillante […]

A3. Il serait debout à coté de son tableau presque achevé, et il serait précisément en train

de se peindre lui-même […]

A4. Il se peindrait en train de se peindre et autour de lui, sur la grande toile carrée, tout serait déjà en place: la cage de l’ascenseur, les escaliers, les paliers, les paillassons […] A5. Il se peindrait en train de se peindre, et déjà l’on verrait les louches et les couteaux, les écumoires, les boutons de porte […]

La ripetizione si esplica a due livelli: a livello semantico marca tutti e cinque gli incipit, accomunati dalla forma riflessivo-ricorsiva; a livello sintattico questa base semantica comune subisce una differenziazione, distinguendo tra ricorsività dell’essere (Il

serait lui-même dans son tableau) e del fare (Il se peindrait en train de se peindre). Rispetto a questo secondo livello di pertinenza sintattico, il sintagma ritmico assume dunque una forma simmetrica:

[dove E=essere, F= fare, M=termine mediatore (E+F)] E-E – M – F-F

A1-A2 A3 A4-A5

In questa struttura, il par A3 funge chiaramente da spazio e termine mediatore, non solo per la posizione, ma soprattutto per la sua caratterizzazione sintattica complessa: la formula di apertura fonde infatti insieme la cellula verbale statica che fa da matrice ai primi due spazi – “essere nel quadro”, modalità dell’essere – e quella dinamica che fa da matrice agli ultimi due – “dipingere se stesso”, modalità del fare. Non è un caso se è solo in questo paragrafo mediatore che la figura dell’abisso viene esplicitamente visualizzata, dando così piena consistenza discorsiva alla dominante semantica (e topologica) dell’intero capitolo, ovvero la ricorsività, con la sua regressione potenzialmente infinita.

A3. Il serait debout à coté de son tableau presque achevé, et il serait précisément en train de

se peindre lui-même, esquissant du bout de son pinceau la silhouette minuscule d’un peintre

en longue blouse grise avec une écharpe violette, sa palette à la main, en train de peindre la figurine infime d’un peintre en train de peindre, encore une fois une de ces images en

abyme qu’il aurait voulu continuer à l’infini comme si le pouvoir de ses yeux et de sa

main ne connaissait plus de limites. (PEREC 1978a : 280)

Il dispositivo della regressione in abisso, del resto, sembra realizzarsi pienamente solo attraverso la fusione delle altre due matrici sintattiche, congiunte nello spazio A3. Il

vero effetto di ricorsività lo si ha, a rigore, non con la semplice inclusione di un soggetto (leggasi più genericamente: un elemento strutturale) all’interno di un altro ad esso analogo – nel qual caso si ha piuttosto omotetia, ricorsività statica – ma con la duplicazione dell’azione (leggasi: della funzione) che lega i due livelli formali. Così, in questo caso, condizione perché si abbia effetto di “abisso” non è solo che il pittore sia incluso nel quadro, ma anche che esso vi sia incluso nell’atto di dipingere.

La stessa struttura simmetrica emerge se si considerano le ulteriori opposizioni semantiche tra il gruppo E e il gruppo F : rispetto all’azione “dipingere la tela” (S f O) il gruppo E presenta una focalizzazione soggettale ovvero, in termini discorsivi, sul pittore; il gruppo F invece ha un focus oggettale, ovvero sulla tela.

Se poi si considerano anche gli indici grafici (ovvero la lunghezza dei paragrafi, rispettivamente 32-5-8-7-34), a questa matrice simmetrica bisogna sovrapporre la struttura chiasmica lungo-breve-(breve)-breve-lungo, che ha l’effetto di sottolineare la posizione mediana e di far emergere un’ulteriore disgiunzione. Mentre A1 e A2 sono centrati rispettivamente sul ruolo tematico e sulla caratterizzazione figurativa del soggetto-pittore, A3 e A4 si impuntano invece sulla descrizione dell’oggetto – ovvero la tela e l’immobile che questa rappresenta – focalizzandone rispettivamente la composizione (i locali) e il contenuto, umano e non (l’arredo interno e gli abitanti).

Si noti infine che non solo la digiunzione sintattica, ma anche questa disgiunzione soggettale-oggettale si trova ricomposta nello spazio mediano M attraverso delle rime espressive e semantiche: il legame con i due spazi precedenti è assicurato dalla ripetizione in A3 di alcune figure (di seguito in grassetto) già incontrate in A1 e A2; quello con gli spazi successivi si fonda invece sulla convocazione del tema dell’infinito (di seguito in corsivo), che troverà una realizzazione discorsiva negli elenchi casuali dei locali (A4) e di arredi e abitanti (A5), il cui effetto di senso rimanda a una potenziale accumulazione illimitata:

A3. Il serait debout à coté de son tableau [già in A2] presque achevé, et il serait précisément en train de se peindre lui-même, esquissant du bout de son pinceau la silhouette minuscule [già in A1] d’un peintre en longue blouse grise [A2] avec une écharpe violette [A2], sa

palette à la main [A2], en train de peindre la figurine infime [A1] d’un peintre en train de

peindre, encore une fois une de ces images en abyme qu’il aurait voulu continuer à l’infini comme si le pouvoir de ses yeux et de sa main ne connaissait plus de limites. (ibid.)

È dunque da questo spazio mediano che il campo sottoposto allo sguardo del soggetto comincia ad espandersi, ma in modo implosivo, ovvero aumentando il livello di definizione verso il dettaglio. Si tratta di un movimento di focalizzazione sempre più intensiva di cui si fanno carico i due elenchi accumulativi in A3 e A4. Questi due spazi testuali sono peraltro accomunati da un ulteriore parallelismo. Entrambi si basano infatti su un medesimo sintagma ritmico, costituito da una prima proposizione invariante (il se

peindrait…), da una seconda proposizione coordinata e da una proposizione finale,

A partire da questo schema ritmico ripetuto, nel segmento centrale emergono tuttavia per contrasto delle variazioni sintattiche. Le due microproposizioni “di raccordo” tra la cellula ricorsiva e l’elenco presentano infatti la medesima aspettualizzazione temporale (déjà) ma una focalizzazione dello sguardo significativamente differente. La prima fortemente “ancorata” (tout sérait en place), sia sul versante soggettale (autour de lui) che su quello oggettale (sur la grande toile carrée); la seconda completamente disincarnata e approssimata nell’ancoraggio spazio-temporale (l’on verrait).

A4. Il se peindrait en train de se peindre et autour de lui, sur la grande toile carrée, tout

serait déjà en place: la cage de l’ascenseur, les escaliers, les paliers, les paillassons […].

A5. Il se peindrait en train de se peindre, et déjà l’on verrait les louches et les couteaux, les écumoires, les boutons de porte […].

Si delinea così un progressivo “sollevamento” dello sguardo verso una visione quanto più astratta e onnicomprensiva. L’ascesi desiderata da Valène non è dunque altro che una forma di pacificazione, un tentativo di depurare il proprio sguardo dall’implicazione nella e della vita, che finisce così relegata a puro oggetto di rappresentazione, osservata e dominata dall’alto. E tuttavia, anche il sogno panottico di Valène non è “puro”, non è territorializzante ma fluttuante ed acentrato. Si veda come viene descritta la posizione che il pittore si riserva nel quadro: una \posizione casuale, una traccia minuscola e marginale.

A1. Il serait lui-même dans le tableau, à la manière de ces peintres de la Renaissance […]

non pas une place centrale, non pas une place privilégiée et significative à une

intersection choisie, le long d’une axe particulier, selon une telle ou telle perspective éclairante, dans le prolongement de tel regard lourd de sens à partir duquel toute une réinterprétation du tableau pourrait se construire, mais une place apparemment inoffensive,

comme si cela avait été fait comme ça, en passant, un peu par hasard , parce que l’idée

en serait venue sans savoir pourquoi, comme si l’on ne désirait pas trop que cela se

remarque, comme si ce ne devrait être qu’une signature pour initiés, quelque chose

comme une marque dont le commanditaire du tableau aurait tout juste toléré que le peintre signait son œuvre, quelque chose qui ne devrait être connu que de quelques-uns et aussitôt oublié […].266(PEREC 1978a : 281)

Ma neppure il sogno di Valène è puramente “tattico” e interstiziale: non c’è utilità nella sua posizione marginale, nella situazione accidentale in cui si trova, né possibilità di volgere in kairos la semplice casualità. Non c’è traccia dell’arguzia di Winckler nel progetto di Valène; solo una certa tenerezza, una sorta di attenzione amorevole che è l’unico vero tratto distintivo che questo artifex minor concede a sé stesso e alla sua arte:

266 Anche qui, la strutturazione ritmica ha il suo peso. L’effetto di senso complessivo è affidato a due matrici, ciascuna dominante in una delle sotto-sezioni dell’estratto: nella parte iniziale l’isotopia della marginalità è demandata alla ripetizione della cellula “[preposizione] + une place + [aggettivo variabile]”; nella parte finale, l’isotopia della casualità si dispiega attraverso la cellula “comme si + [differenti declinazioni discorsive del /caso/”]

A1. […] et peut-être alors se rendrait-on compte de ce qu’il y avait toujours eu d’un peu particulier dans ce petit personnage, pas seulement un soin plus grand apporté aux détails du visage, mais une plus grande neutralité, ou une certaine manière se pencher imperceptiblement la tête, quelque chose qui ressemblerait à de la compréhension, à une

certaine douceur, à une joie peut-être teintée de nostalgie.

Si ricordi allora di nuovo l’incipit del libro: oui, cela pourrait commencer ainsi, ici,

comme ça (“Sì, tutto potrebbe iniziare così, qui”). Come nel testo di cui offre l’immagine

duplicata, anche nella tela immaginaria di Valène la presenza dell’osservatore è un mero