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4. C ALLIGRAMMI : CORTOCISCUITI SEMIOTICI TRA ESPRESSIONE E CONTENUTO

5.10 U N ’ ARCHITETTURA OMEOSTATICA

A voler cercare un effetto di senso finale che tenga insieme la ricchezza sterminata di questo testo, potremmo trovarlo forse, semplificando molto e inevitabilmente, nella situazione (in senso fenomenologica) dello /stare per/ – peraltro corrispondente a livello cognitivo al dispositivo dell’a-peu-près, analizzato in precedenza.

Si è visto come, nel testo in esame, l’approssimazione rimandi a livello immanente ad un’isotopia fondamentale, quella dell’intelligenza tattica, tanto da porsi come una

dominante semantica (non certo la sola, ma forse la più evidente). Tuttavia, come l’analisi

in 5.7 ha parzialmente mostrato, la condizione dello /stare per/ risulta attivata e operante, nei suoi effetti cognitivi ed estetici, anche a livello fruitivo. Detto altrimenti, in seguito alla sua assunzione come stile scritturale da parte dell’autore modello, l’approssimazione si impone anche come dominante pragmatica.

In effetti, per il lettore come per Valène, lo sguardo d’insieme, in quanto focalizzazione sulla totalità, è sempre inesorabilmente negato pur essendo affermato come necessario – anche se in forma puramente tentativa – per l’intelligibilità dell’insieme. Eppure, nella misura in cui si tende (ma si tende soltanto) a una prensione totalizzante, si scopre che non vi è modo di leggere il testo se non “coprendolo” interamente fino ad imbattersi nel vuoto che lo marca. Proprio come in un puzzle, qualsiasi ordine si scelga per la lettura, se non si mira a una ricomposizione totale, non si scoprirà mai il punto di fusione, ovvero la compatibilità, ad un livello superiore, delle vicende apparentemente scollegate degli inquilini e, in particolare, il legame di doppio vincolo che lega le vicende di Winckler e di Bartlebooth.

Il fatto è che il legame vincolato tra i due attori principali si svela e si stringe progressivamente, ma la sua motivazione – la “domanda invalidante” che scioglierebbe almeno per il lettore il vincolo – non viene mai fornita. Così, anche il lettore rimane con un pezzo vuoto in mano, non perviene alla ricomposizione totale del quadro. Si tratta allora, per dirla con Gunn, di una strategia di sospensione270: sospensione su un abisso, continua 270 Scrive Gunn, comparando La Vie ad un altro romanzo, dello stesso autore, in cui il vuoto è fondamentale da un punto di vista strutturale: “Mentre W ou souvenir d’infance mostra subito i “punti di sospensione”, La vita istruzioni per l’uso ha un impatto così immediato che il lettore potrebbe restare abbagliato dalla sua

approssimazione alla completezza che è, paradossalmente, continua approssimazione al vuoto. Insomma, la condizione dello /stare per/ sembra porsi anche come declinazione preferenziale delle pratiche interpretative e prensive attivate dalla struttura de La vie. L’à-

peu-pres, tradotto in termini tensivi, rappresenta dunque un modello topologico non solo

per la disambiguazione cognitiva, ma anche per l’esperienza estetico-estesica del testo. Conviene forse ora, per tirare le fila, tentare di tradurre questa intuizione in termini semioticamente definiti e al contempo cercare di restituirne la complessità, finora sacrificata a vantaggio dell’intelligibilità. Consideriamo dunque di nuovo, alla luce di quanto detto, le possibili modalità di prensione dell’oggetto testuale o meglio, le diverse modalità di esperienza dello spazio del testo, provando tuttavia a modellizzarne le proprietà in senso topologico e mereologico. Si possono grossomodo individuare quattro modalità di fruizione, distinte per il livello mereologico su cui si focalizzano:

1) prensione locale, focalizzazione sulla parte: volta alla disambiguazione “atomica” dei singoli frammenti

2) prensione trasversale, focalizzazione sul legame parte/parte: ricostruzione dei legami sintagmatici tra i frammenti riconducibili ad un attore o un tema particolari in vista della costruzione di una serie, un concatenamento (prensione molare, abduzione “al caso”) 3) prensione sovra-locale, focalizzazione sul legame parte/tutto: volta a attivare le connessioni locali tra le serie molari come se fossero parti di una rete di connessione globale (implicando dunque ipotesi provvisorie sulla regola di configurazione generale) (prensione pre-semantica, abduzione creativa o “alla regola”)

4) prensione globale, focalizzazione sul tutto: volta alla riconoscimento del principio di solidarietà dell’insieme (prensione semantica, meta-abduzione)271

In conseguenza della loro dipendenza da un criterio aspettuale quantitativo, le modalità qui elencate rimandano indirettamente alle quattro strategie di selezione del punto di vista proposte da Fontanille (1999b e 2003a) ovvero, rispettivamente: visée particolarizzante, cumulativa, elettiva e inglobante.

Un’avvertenza prima di proseguire: abbiamo detto che le quattro modalità individuano altrettante opzioni fruitive. E tuttavia, esse non vanno intese come possibilità soggettive di tipo pragmatico, di pertinenza extratestuale e dunque almeno dal nostro punto di vista, indimostrabili; né vanno addirittura ridotte, in senso psicologista, a qualcosa di vago come delle “disposizioni interpretative”.

È evidente che si tratta innanzitutto di quattro diversi ordini di lettura possibili, ma come si vedrà ognuno di essi è previsto in modo immanente dalla struttura mereologica del compiutezza e perfezione. Perec, maestro nell’arte del puzzle, sembra qui aver esaurito tutte le combinazioni possibili e raggiunto il sogno dell’immagine definitiva che insegue durante l’analisi. Ma anche qui una certa sospensione della compiutezza e della maestria è l’elemento portante della struttura del romanzo, così come è inscindibile dal tono disteso del narratore (quello dell’etnologo distaccato), ed è decisiva per il fallimento dei progetti dei tre visionari più importanti; Valène, Bartlebooth e Gaspard Winckler. Per Perec, tutti i sogni di perfezione devono essere lasciati a coloro la cui ideologia totalitaria ha così duramente segnato la sua vita. Malgrado le apparenze, la struttura della Vita si basa sull’abolizione degli ideali, sottomessi alla “strategia della sospensione” che, nella sua scrittura, Perec adotta senza riserve.” (GUNN 1993:146)

271 Per la distinzione tra abduzione al caso, alla regola e meta-abduzione cfr. “Corna, Zoccoli, Scarpe. Tre tipi di abduzione” in ECO 1990.

discorso. Ci sembra che questo ancoraggio testuale possa preservare il modello dalle derive cognitive e psicologiste sopra paventate. Si tratta, è vero, di “pratiche del testo”, di quattro modalità possibili di semiosi in atto, ovvero ancora quattro modalità di rapportarsi all’oggetto testuale disimplicandone l’identità figurale; ma esse sono tutte ugualmente permesse e anzi suggerite dall’organizzazione topologica del testo, il che conferisce al modello un certo margine di prevedibilità rispetto alle concrete esperienze fruitive.

Preferiamo dunque parlare di quattro stili esperienziali o fruitivi, in modo da mettere in evidenza, di tali modalità, il carattere

a) interdefinito

b) immanente, ovvero ipotizzato a partire dall’organizzazione topologica del testo. Proponiamo in altri termini di leggere queste disposizioni fruitive, concetto passabile di pericolose connotazioni psicologiste, come delle modalità di “aver a che fare” con l’oggetto testuale, In quanto declinazioni di una “pratica del testo”, esse possono essere proposte a fini descrittivi in modo simile a quanto fa, ad esempio, Landowski quando assimila i regimi di senso (e i corrispondenti regimi di intersoggettività) ad altrettanti “stili di vita”, articolandoli in un modello interdefinito senza tuttavia risolverli in senso psicologista, ovvero senza ridurli ad indimostrabili ed imprevedibili “varianti comportamentali”:

Tout ceci revient à dire que les régimes dont nous nous occupons renvoient à autant de manières générales, et différenciées, d’être au monde, ou, plus prosaïquement, à autant de “styles de vie” distincts. Ces variantes comportementales relèveraient irréductiblement du simple donnée psychologique – et en ce cas nous n’aurions d’autre à faire qu de les constater – si les régimes qui font l’objet de ces prédilections divergentes ne s’articulaient pas eux- mêmes entre eux selon une logique qui, n’ayant elle rien de psychologique mais relevant d’une organisation structurelle immanente, permet à la fois d’interdéfinir leurs contenus de signification respectifs, et prévoir dans une certaine mesure leur ordonnancement syntagmatiques sous la forme de “parcours de vie” (d’ordre phylogénétique ou ontogénétique) et finalement, aussi, de rendre compte des jugements de valeur dont ils font à chaque instant l’objet. (LANDOWSKI 2006 : 58)

La stessa esigenza di interdefinizione su base immanente porta Landowksi a proporre accanto al modello di articolazione paradigmatica, un modello di sviluppo processuale interno alle articolazioni. Sempre in ottemperanza all’imperativo di ancoraggio testuale, anche le quattro modalità qui proposte possono essere viste come momenti di un unico processo: è la stessa strategia interpretativa inscritta nel testo a suggerirlo esplicitamente,

In questo caso, è quantomai ovvio, più che un “percorso di vita” abbiamo un potenziale percorso di fruizione, di semiosi in atto; ovvero, ancora, di ricostruzione della macro-funzione segnica rappresentata dal testo e, soprattutto, di rilevamento delle sue proprietà topologiche, in vista dello stabilirsi di un rapporto di motivazione tra espressione e contenuto.

Questa ricostruzione, in quanto processuale, si sviluppa secondo diverse tappe aspettuali; in altri termini, il ritmo del processo di lettura dipende successivamente dall’adozione di diverse focalizzazioni sull’organizzazione topologica e mereologica del

testo. Il processo che ne deriva sarebbe insomma un processo di graduale “anamorfosi”: attraverso il cambiamento del punto di vista, la stessa organizzazione di salienze, incarnata dalla complessa rete di dipendenze tra gli spazi testuali, può dar luogo a mereologie e morfologie differenti, di complessità crescente. Nella descrizione delle tappe di questo processo, utilizzeremo il modello mereologico di Bordron, che prevede appunto, accanto ad un’articolazione paradigmatica, anche le possibilità di sviluppo sintagmatico (ma in questo caso sarebbe meglio dire creodico) delle mereologie stesse.

Le quattro modalità non sono necessariamente coesistenti, ma possono essere viste come fasi di un processo di “aggiustamento” tra soggetto fruitore e oggetto fruitivo; nel momento in cui le si considera come fasi successive di un processo esperienziale, possono essere ordinate gerarchicamente: la quarta implica tutte le altre, la terza le prime due e così via. In questo senso, siamo di fronte a diverse possibilità di attualizzazione dell’intenzionalità del soggetto, salvo che si tratta qui di intenzionalità eidetica più che semiotica. Non siamo cioè nel regime che Landowski definisce della manipolazione, quanto piuttosto in quello dell’aggiustamento.

Vediamo dunque le varie modalità di fruizione, orinandole come “tappe” di un potenziale processo di “aggiustamento”, mediato da diversi tentativi di focalizzazione, tra corpo del testo e disposizione percettiva del fruitore.

1) Nella modalità fruitivi più semplice, i diversi frammenti narrativi si prestano ad essere esperiti in maniera casuale, rapsodica e scorporata. Si ha così un effetto di pura accumulazione, di pluralità non organizzata da nessun ordine di coerenza. Secondo la classificazione mereologica di Bordron272 (cfr. figura 5.7), si tratterebbe della tipologia

dell’aggregato, mereologia priva di momento di unità, caso limite che mette in dubbio la stessa nozione di tutto (e che per questo non compare nella rappresentazione schematica).

Ricordiamo che il momento di unità, “ce qui fait qu’un objet soit un objet”, è secondo Bordron ciò da cui dipende la possibilità di rendere oggetto un fenomeno, ovvero renderlo individuabile e individuato. La presenza di un momento di unità non è dunque proprietà dell’oggetto, pur dipendendo a negativo dalla sua natura (nel senso che, echianamente, esso offre perlomeno resistenza all’applicazione di alcune operazioni di “tipizzazione”). Il momento di unità è piuttosto attivato dal soggetto, certo a partire dalle proprietà possibili dell’oggetto, ma essenzialmente attraverso l’applicazione di un tipo intenzionale sull’oggetto stesso.

CATENA AGGLOMERATO

COMPOSIZIONE

CONFIGURAZIONE ARCHITETTURA [Figura 5.7 tipologie mereologiche]

L’aggregato non ha limiti definiti, ma vi si possono riconoscere delle parti (queste sì dotate di un momento di unità): i singoli frammenti narrativi sono identificabili come atomi, mereologia indivisibile, in cui “nessuna delle parti è una parte propria” (ovvero, non vi sono parti individuabili).

Ora, la struttura del testo autorizza sicuramente una fruizione intermittente e irregolare, ovvero il passaggio da un capitolo all’altro senza alcuna regola (o con una regola differente da quella del salto del cavallo), ma soprattutto senza mirare ad una copertura totale del testo. A questo livello rimanda la presenza del sommario secondario, dedicato alle micro-storie interne. Tuttavia, in una visione processuale, volta all’attraversamento di tutte le modalità prensive e dunque dotata di una mira globale, la stessa modalità apparirà come solo un momento di una vicenda fruitiva più ampia: una fase (prevista attraverso il principio dispersivo del salto del cavallo) di un processo volto alla copertura totale. Le due possibilità fruitive corrispondono dunque a due diverse regolazioni dell’arco intenzionale.

In generale, l’applicazione di un diverso tipo intenzionale implica un passaggio

anamorfico: il cambiamento di punto di vista è interpretabile dunque in termini

mereologici come cambiamento di intenzionalità. Ma tale cambiamento può anche non interessare la tipologia intenzionale, bensì il livello della sua applicazione sull’oggetto. Il livello di applicazione, come si è visto in 2.4, può esprimersi tramite il concetto di rango, che permette di considerare una parte a sua volta come un tutto e implica, di conseguenza, che “uno stesso oggetto possa corrispondere a totalità differenti” (BORDRON 1991 : 63)

Nel momento in cui si applica all’oggetto testuale un’intenzionalità che miri al

globale, lo si fornisce dunque di un momento di unità, ovvero si riconosce ai frammenti la

possibilità di essere inseriti in almeno un ordine di coerenza. Si ha così il primo passaggio di rango: da aggregato ad agglomerato. A questo livello, l’unico ordine di coerenza che si riconosce ai frammenti irrelati sta nel fatto di essere tutte parti di uno stesso oggetto individuabile. Le parti hanno una propria individualità e sono dello stesso genere, ma l’unico concretum (parte in comune a tutte le altre) è di genere diverso, figurativizzabile come un “legante” (il cemento per i grani di sabbia). Una collezione, o merismo, direbbe Geninasca. Fuor di metafora, l’unica cosa che i frammenti hanno in comune – il loro legante – è il fatto di essere fisicamente inclusi in uno stesso oggetto.

2) I frammenti, disseminati nel testo dal salto del cavallo possono essere composti a ricostruire diverse linee narrative, che chiameremo genericamente serie, in sé coerenti, esperibili in modo indipendente dall’insieme testuale. Anche in questo caso, la ricostruzione di un ordine sintagmatico trasversale può avvenire sia “naturalmente”, nel corso della copertura completa, sia indipendentemente da questa, ovvero seguendo le indicazioni dell’indice analitico (un po’ come si è fatto per la vicenda di Winckler).

Le unità riconoscibili come componenti del merismo/agglomerato passano così anch’esse di rango: i frammenti-atomi si compongono in serie di tipo narrativo, organizzandosi in catene.273 Si tratta tuttavia ancora di serie accumulative su cui, secondo

Geninasca, si può al massimo applicare una prensione molare, una rete di dipendenze unilaterali274. In effetti Bordron parla per la catena di un continuo slittamento del momento

di unità da una parte-frammento all’altra. Ogni parte ha un ordine coerenza individuale, ma “mobile” e provvisorio, dipendente dall’ordine processuale. Il tipo intenzionale275

responsabile di questo momento di unità è infatti quello pragmatico, che “costituisce gli oggetti in base a una causalità transitiva”: dipendenze di tipo sintagmatico, appunto. Non più locale e non ancora globale, questo livello inter-locale potrebbe definirsi trasversale.

3) La compatibilità reciproca delle serie narrative trasversali comincia ad emergere man mano che si procede verso una prensione globale. In altri termini, nel corso del completamento del puzzle, procedendo nell’approssimazione al punto di vista panottico, tra le catene/serie slegate emergono a poco a poco quelle “relazioni di dipendenza multilaterale” sui cui, secondo Geninasca, si fonda la prensione semantica. Fuor di metafora, l’applicazione graduale di una prensione semantica implica l’attivazione, all’interno delle singole parti/spazi testuali, di virtualità semantiche capaci di comporsi in un ordine di senso comune e superiore, instaurando un “tutto solidale”. 276 Con l’avanzare

della lettura, qualsiasi ordine si scelga (lineare o intermittente), è inevitabile riscontrare un

aumento del coefficiente di connettività (o direbbe Geninasca, solidarietà) tra le parti.

In termini mereologici questo significa che emergono dei ricoprimenti, ovvero delle parti in comune. L’attivazione delle virtualità comuni alle parti implica infatti la pertinentizzazione di (almeno) uno sfondo semantico condiviso a livello diremmo sovra- locale. In termini greimasiani, emergono progressivamente, tra alcune parti (non necessariamente tra tutte), uno o più assi categoriali comuni. Come ogni principio categorizzante, l’asse semantico mette per contrasto in rilievo le differenze tra i termini che sovradetermina: le serie conservano dunque il loro momento d’unità a livello locale, ma vengono anche sottomesse ad un momento di unità sovralocale, non ancora globale, di tipo non più solo pragmatico, ma pienamente eidetico. Detto altrimenti, comincia ad emergere una forma, l’identità figurale di cui si è tanto parlato.

A partire dai legami di volta in volta riscontrati a livello sovra-locale, si costruiscono tentativamente delle ipotesi di regolarità candidate ad avere valore globale. Globalità radicata – anche se solo come ipotesi – nella località: siamo a livello glocale. La focalizzazione non si applica più al rapporto parte-parte, ma al rapporto tra parte (ormai 273 La tipologia della totalità è sempre quella dell’agglomerato, in cui le parti sono dello stesso genere; cambia però quest’ultimo, da atomo a catena.

274 Si noti che la definizione di Geninasca di dipendenza è del tutto conforme a quella mereologica di Bordron 275 Ci riferiamo qui ai differenti tipi intenzionali individuati da Bordron ovvero: intenzionalità schematica, eidetica, pragmatica, semiotica.

276 Di fronte all’espressione “tutto solidale” non bisogna farsi ingannare dallo spettro della totalizzazione. La tensione totalizzante funziona come “principio motore”, ma ciò che si ottiene è piuttosto una solidarietà globale, focalizzata sull’intero ma mai produttrice di omogeneità. Inoltre, nel caso qui esaminato, la prensione semantica rimane programmaticamente incompiuta, bloccata nello “stare per” che rappresenta la cifra tensiva dell’intero testo.

passata dal rango di atomo a quella di serie o catena) e tutto. Con l’applicazione di un’intenzionalità eidetica, si passa così dall’agglomerato alla composizione, tipologia mereologica in cui le parti sono di diverso genere e si dà la possibilità di ricoprimenti tra queste. La presenza di parti in comune, in altri termini, è possibile ma non necessaria.

Per comprendere il meccanismo, facciamo astrazione dalla totalità delle serie narrative e consideriamo solo le interazioni tra le due principali, quelle di Bartlebooth e di Winckler.Lo si è visto nei par. 5.2 e 5.8: la connessione tra le due vicende è il prodotto di una ricostruzione graduale. In altri termini, il ricoprimento reciproco delle due serie aumenta con l’aumentare del coefficiente di connettività generale. Le serie afferenti al polo B e al polo W (principio tattico e principio strategico) hanno la particolare proprietà di essere legate da un doppio vincolo, che produce un’oscillazione tra i due poli.

Si può dire che ai due poli corrispondono due diversi tipi intenzionali, ciascuno dotato del proprio ordine di coerenza, del proprio momento di unità, e ciascuno capace di candidare tale ordine come valido per l’insieme della composizione. I due poli semantici, vere e proprie concrezioni di potenzialità isotopiche, si comportano – o meglio si propongono alternativamente – come due attrattori, in grado di deformare la composizione discorsiva circostante piegandola, o meglio, piegandone le virtualità semantiche interdipendenti secondo due linee isotopiche opposte e al contempo legate. Va da sé che il dispositivo di oscillazione anamorfica non sussisterebbe senza tutti quegli elementi discorsivi e narrativi ambigui che funzionano da formanti bimodali, in grado cioè di essere inclusi in due diverse totalità di senso, a seconda del punto di vista applicato.

Passando da una modellizzazione mereologico/quantitativa – dipendente dal un’intenzionalità eidetica – a una modellizzazione topologico/qualitativa – dipendente da un’intenzionalità schematica – si delinea così un modello a cuspide,

In termini topologici, l’effetto anamorfico di cui si è parlato, l’oscillazione tra una opzione di focalizzazione e l’altra, dipende dallo spostamento vincolato tra questi due attrattori, ognuno caratterizzato da un proprio peso isotopico o potenziale semantico. Tale potenziale semantico è direttamente dipendente dal coefficiente di connettività tra i due poli, parametro che restituisce l’intensità delle interconnessioni semantiche afferenti all’una o all’altra dominante semantica.

All’aumento del coefficiente di connettività277, si ingenera inoltre un meccanismo di

retroazione (isteresi) per cui al raggiungimento di una certa soglia di connettività tra le serie si crea un differenziale semantico e l’effetto discorsivo dominante salta verso il polo opposto. Ad ogni ciclo e ad ogni inversione dello spin (orientamento del ciclo), tuttavia, tale effetto discorsivo “porta in memoria” la vicenda precendente di dominanza dell’altro e ne risulta modificato nel senso di una calibratura nei confronti di questo. In altri termini, ogni volta che si ritorna sul polo semantico opposto, questo reca in sé sempre maggiori