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E‘ dunque ormai evidente che l‘età della Riforma ha determinato una definitiva rottura tra la cristologia tradizionale, fissata nel dogma di Calcedonia, Christus vere

homo et vere Deus, e l‘interpretazione che l‘età moderna offre della figura di Gesù.

Proprio all‘interno del grande movimento che è la Riforma protestante, in quel crogiolo di nuove confessioni, inizia a farsi strada non solo un Cristo ideale, simbolico, ma anche l‘ipotesi di un Cristo solo uomo. Il disconoscimento della natura divina di Cristo non è, però, un‘esperienza sconosciuta al cristianesimo. Già nei primi secoli della sua storia emersero movimenti eretici, come l‘ebionismo (II-III sec. d. C.), l‘adozionismo (III sec. d. C.) e l‘arianesimo (III-IV sec. d. C.), che, contrariamente a quanto sosteneva la chiesa ufficiale, affermavano un Cristo solo uomo. L‘idea di un Cristo solo uomo nacque inizialmente per poi diffondersi all‘interno di uno specifico ambito del cristianesimo delle origini, quello ebraico, per il quale il Messia, secondo quanto già affermava la tradizione veterotestamentaria, era un uomo eletto da Dio, ma pur sempre un uomo. Analogamente il modalismo (III sec. d. C.) non riconosceva le componenti della Trinità come tre persone o ipostasi distinte, bensì come modi in cui Dio si è manifestato all‘uomo. L‘unicità del Dio cristiano è, quindi, preservata, intendendo il Padre, il Figlio e lo Spirito come momenti o modi della rivelazione178. Proprio a causa di queste eresie e di altre, che

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Per un approfondimento dei movimenti antitritari dei primi secoli del cristianesimo rimandiamo a F. Pericoli – Ridolfini, Le eresie nei primi secoli del cristianesimo, Loescher, Torino

andavano in senso contrario, la chiesa ha fissato definitivamente attraverso i dogmi di Nicea e Calcedonia i predicati cristologici della tradizione cristiana.

Posizioni affini a quelle degli adozionisti e dei modalisti si affermano all‘interno di alcuni movimenti radicali che animano l‘ambiente europeo negli stessi anni in cui Lutero, Zwingli e Calvino danno vita allo scisma protestante. Personaggi come Michele Serveto, Lelio e Fausto Socini, Bernardino Ochino, Juan Valdés179, partendo dalle riflessioni di Erasmo sull‘esegesi biblica e dalle istanze dell‘umanesimo italiano, arrivano a posizioni estremamente decise nei confronti della dottrina trinitaria, e, quindi, della concezione di Cristo come seconda persona della Trinità. E‘ il ricorso alla ragione nell‘interpretazione delle Sacre Scritture che li conduce verso tali convinzioni nei confronti del dogma trinitario. Non si può, infatti, accettare le tre persone divine della Trinità se si afferma che Dio è uno solo. ―Cristo stesso‖, afferma Fausto Socino nel Tractatus de Deo, Cristo et Spiritu

Sancto [Trattato su Dio, su Cristo e sullo Spirito Santo], ―disse che suo Padre è

l‘unico vero Dio, anche rispetto a sé‖180

. Trinità e monoteismo entrano, quindi, in

1979; F. Carcione, Le eresie. Trinità e incarnazione nella Chiesa antica, Paoline, Cinisello Balsamo 1992; M. Simonetti, Ortodossia ed eresia tra il I e il II secolo, Rubbettino, Messina 1994.

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Per un approfondimento della questione degli umanisti eretici del XVI secolo rinviamo a N. Blough, Jésus-Christ aux marges de la Riforme, Desclée, Paris 1992; D. Cantimori, Bernardino Ochino, uomo del Rinascimento e riformatore, in Annali della Scuola normale superiore di Pisa. Classe di lettere e filosofia, 1.30, Pacini Mariotti, Pisa 1929; Idem, Anabattismo e neoplatonismo nel XVI secolo, Bardi, Roma 1936; Idem, Le idee religiose del Cinquecento, Garzanti, Milano 1970; Idem, Umanesimo e religione nel Rinascimento, Einaudi, Torino 1975; Idem, Gli eretici italiani del Cinquecento e altri scritti, Einaudi, Torino 1992 S. Caponetto, La Riforma protestante nell'Italia del Cinquecento, Claudiana, Torino 1997; R. Firpo, Riforma protestante ed eresie nell'Italia del Cinquecento: un profilo storico, Laterza, Bari – Roma 2001; C. De Frede, Religiosità e cultura nel Cinquecento italiano, Il Mulino, Bologna 1999; S. Kot, Le mouvement antitrinitaire au XVIe et au XVIIe siècle, in Autour de Michel Servet et de Sébastien Castellion, Haarlem, I. D. Tjeenk Willink & Zoon N. V., 1953; C. Manzoni, Umanesimo e eresia: Michele Serveto, Guida, Napoli 1974; A. Stella, Anabattismo e antitrinitarismo in Italia nel 16. secolo : nuove ricerche storiche, Liviana, Padova 1969; V. Zuber, Les conflits de la tolerance: Michel Servet entre memoire et histoire, Champion, Paris 2004.

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―Christus ipse dicit, Patrem suum, esse illum unum solum verum Deum, etiam respectu sui‖ [F. Socinus, Tractatus de Deo, Cristo, et Spiritu Sancto, in Fausti Socini Senensis Opera omnia in

questa prospettiva, in contraddizione, in quanto espressioni di una differente concezione della divinità. Non possono, infatti, esservi tre persone divine se Dio è uno solo, altrimenti non si tratterebbe più di monoteismo, bensì di triteismo. Ecco che vengono recuperate le antiche posizioni espresse dai modalisti e dagli adozionisti. Michele Serveto, nel saggio De erroribus trinitatis libri septem (1531) [Sette libri sugli errori della trinità] ripropone la tesi modalista: le tre componenti della Trinità non sono ipostasi o persone, bensì modi in cui Dio si manifesta all‘uomo. Inoltre egli distingue il Verbo, che esiste ab aeterno come uno dei tre modi, dal Figlio, Gesù, l‘uomo in cui il Verbo si è incarnato.

La riflessione degli antitrinitari moderni181 tende quindi a non riconoscere la divinità di Cristo, se non intesa quale suprema dignità conferita da Dio all‘uomo Gesù. Egli ha, infatti, il merito di aver insegnato agli uomini la via della redenzione. Solo in questa prospettiva Cristo è il mediatore tra l‘uomo e Dio, ed egli stabilisce una relazione filiale con Dio solo in senso adottivo:

Poiché Cristo il solo uomo davanti a tutti gli altri ottenne l‘immortalità e la glorificazione e fu fatto erede e Signore di tutti gli uomini, da qui soprattutto la similitudine con Dio - e perciò la filiazione divina è compresa – è chiara, che per quest‘unica ragione egli, tra tutti gli altri, nacque da Dio.182

duos tomos distincta, Opera polemica, vol. II, G. Fiaccheri Editore, Siena 2004, p. 812a; trad. it. nostra].

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Dalle istanze degli antitrinitari come Serveto, Lelio e Fausto Socini nasce l‘unitarianismo, confessione religiosa che afferma l‘unicità del Dio cristiano e nega il dogma trinitario. Il movimento, oltre a diffondersi in Polonia, dove Fausto Socini si era rifugiato, in Moravia e in Inghilterra, tra il XVIII e il XIX secolo iniziò a radicarsi anche nell‘America settentrionale, in particolar modo in Massachussetts.

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―[…] Cum Christus homo ante alios omnes solus et immortalitatem ac glorificationem sui corporis adeptus sit, et haeres ac Dominus universorum fuerit constitutus, quibus rebus maxime similitudo cum Deo, ob idque divina filiatio continetus, apparet, illum singolari ratione, praeter alios omnes, ex Deo natum fuisse‖ (ibid.)

Solo, dunque, concependo Gesù come un uomo al quale Dio ha conferito la dignità di redentore dell‘umanità, si può parlare di essenza divina in Gesù. Egli è allora il Messia, il Cristo, il Figlio di Dio: ―attraverso la resurrezione‖, spiega Fausto Socini, ―Gesù Cristo, come egli stesso disse, fu dichiarato figlio di Dio‖183

. Egli è ―il nostro redentore poiché annunciò a noi la via della salvezza eterna, la confermò, anche nella sua stessa persona, con l‘esempio di vita‖184. Cristo rappresenta, quindi, per gli antitrinitari, il massimo grado di perfezione della dignità morale dell‘uomo.

Il discorso umanistico sulla dignità dell‘uomo, rifiutato dall‘antropologia negativa dei grandi riformatori, in alcuni ambienti eterodossi della Riforma, al contrario, sembra trovare ancora spazio, tanto da dare vita ad una nuova idea di redenzione, non più intesa come salvezza dal peccato originale, ma come rivelazione della dottrina della vita eterna. Se già Erasmo parlava di Christi philosophia, elevando implicitamente la filosofia e la sapienza a espressione del Verbo divino, in Fausto Socini la sapienza di Cristo è la più alta forma di saggezza umana, ispirata da Dio. La santificazione della sapienza riconduce quindi l‘opera di redenzione nell‘ambito di un‘azione di ammaestramento da parte di Gesù. Cristo ha dunque salvato l‘uomo insegnandoli la via che conduce alla vita eterna e alla glorificazione. Cristo, afferma Lelio Socini, non è Dio nella sostanza, bensì nella qualità. Egli ―è dato da Dio come maestro e pastore, per insegnare, perché nessuno che lo ascolti si allontani: è dato come Salvatore, Re e capo‖185. In tal modo l‘affermazione del

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―Per resurrectionem Jesus Christus, ut ipse fateris, declaratus est Dei filius‖ [F. Socino, De Jesu Christo servatore (1583), in Opera polemica, p. 131b, trad. it. nostra]

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―[..] Jesum Christum ideo servatorem nostrum esse, quia salutis aeternae viam nobis annunciaverit, confirmaverit, et in sua ipsius persona, cum vitae exemplo […]‖ (ivi p. 121b).

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― [Jesus Christus] est a Deo datus magister et pastor, ut doceat, ne quis audiens illum aberret: datus Servator, Rex et caput‖ [L. Socini, Paraphrasis in initium Evangelii Sancti Iohannis, pubblicata

prologo giovanneo ―tutte le cose per mezzo di lui [il Verbo] furono fatte‖ (Gv 1,3) non è da riferirsi all‘opera divina della creazione, dal momento che nell‘Antico Testamento non vi è alcun riferimento alla figura del Figlio di Dio. Al contrario questo verso deve essere riferito all‘opera di redenzione e di rinnovamento compiuta da Cristo, intesa come ―nova creatio‖ [―nuova creazione‖], ―recreatio seu renovatio‖ [―ricreazione o rinnovamento‖] (ivi, p. 68). Cristo è quindi un uomo divino, vale a dire un uomo dotato da Dio di qualità divine, ma nella sostanza sempre e solo un uomo. Il Cristo uomo è il Cristo servo, il Cristo degli oppressi, non il Cristo inautentico della Chiesa riformata. Nell‘umiltà, nella povertà Lelio Socini rinviene il Cristo autentico, il Cristo solo uomo, che nasce in una condizione di estrema povertà, conducendo una vita di miseria, fino alla morte in croce come uno schiavo:

Egli si fece carne, dico, cioè vile, povero, misero, maledetto, verme e non uomo, come se fosse stato spogliato di ogni potenza; facendosi obbediente al Padre si abbandonò alla morte in croce: e proprio questa è la forma del servo e la povertà spontanea.186

Dio ha prescelto proprio quell‘uomo cosí umile perché paradossalmente insegnasse agli uomini la via della salvezza. Lelio Socini considerando Gesù come il servo dotato da Dio di qualità divine, come ha osservato Delio Cantimori, priva il concetto umanistico di dignitas hominis del suo senso propriamente aristocratico, e riformula il concetto di caro, tanto demonizzato da Lutero, elevandolo a emblema della dignità dell‘uomo. Se, dunque, Lutero, portando avanti il discorso paolino sulla follia della croce, attraverso la formulazione della theologia crucis rinviene nell‘immagine della

in Per la storia degli eretici italiani del secolo XVI in Europa, a cura di D. Cantimori ed E. Feist, Reale Accademia d‘Italia, Roma 1937, p. 66, trad. it. nostra].

186

―Factum est, inquam, caro, id est vilis, pauper, miser, maledictus, vermis et non homo, quuasi omni potentia destitutus esset […]; morti se abiecit crucis oboediens Patri factus: et haec quoque est forma servi et paupertas spontanea‖ [ivi, pp. 75-77].

morte di Cristo paradossalmente la potenza di Dio e il sigillo del suo trionfo sulla morte e, quindi, anche sulla carne, Lelio Socini, al contrario, riabilita la carne, la corporeità umana ponendola sullo stesso piano dello spirito. La dignità dell‘uomo, espressa nell‘immagine di Cristo servo, non è solo da intendersi sul piano spirituale e intellettuale, ma anche sul piano della sua corporeità. Al Cristo spiritualizzato, a cui Lutero sembra dare involontariamente inizio, quindi, gli umanisti italiani della seconda metà del XVI secolo oppongono il Cristo solo uomo, paradigma della

dignitas hominis umanistica depurata del suo aristocratismo. L‘accentuazione

dell‘umanità di Gesù da parte degli antitrinitari risponde evidentemente alle istanze di rinnovamento della visione antropologica portate avanti dall‘Umanesimo, che, tuttavia, vanno a scontrarsi con l‘antropologia negativa dei grandi riformatori.

Questa concezione si riflette anche nell‘interpretazione che essi offrono della morte di Gesù in croce. Fausto Socini, ad esempio, rifiuta la teoria della ―soddisfazione vicaria‖ formulata da Anselmo di Canterbury, vale a dire intendere la morte di Cristo in croce come il sacrificio del Figlio di Dio attraverso il quale tutti gli uomini ottengono il perdono della giustizia divina. La morte in croce, invece, rappresenta per Fausto Socini il sigillo ad un‘esistenza umana condotta nella miseria e nella povertà, ma intrisa di qualità divine, portata ad esempio per tutti gli uomini:

In verità penso, e ritengo che la seguente sentenza, Gesù Cristo è il nostro salvatore poiché ci ha annunciato la via della salvezza eterna, provato anche nella sua stessa persona, con l‘esempio di vita, poi risorgendo dai morti, apertamente ha dimostrato, e che ci darà a noi che avremo la fede in lui la vita eterna, sia ortodossa. 187

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―Ego vero censeo, et orthodoxam sententiam esse arbitror, Jesum Christum ideo servatorem nostrum esse, quia salutis aeternae viam nobis annunciaverit, confirmaverit, et in sua psius persona, cum vitae exemplo, tum ex mortuis resurgendo, manifeste ostenderit, vitamque aeternam nobis ei fidem habentibus ipse daturus sit‖ [F. Socini, Jesu Christo servitore, p. 121a].

Cristo è, infatti, il modello, l‘exemplum che l‘uomo deve imitare e seguire per raggiungere la salvezza. Non vi sono ostacoli tra l‘uomo e la salvezza se non il volere stesso dell‘uomo, il suo libero arbitrio, come già affermava Erasmo. Per questa ragione è un controsenso parlare di predestinazione. Il dono della grazia, a differenza di ciò che predicano Lutero e Calvino, non rappresenta un ostacolo per la salvezza del singolo individuo, poiché è offerta da Dio, attraverso il Cristo, a tutti gli uomini. Centrale è quindi la nozione di imitato Christi; ma se nel Medioevo e in ambito protestante l‘imitatio era ancora concepita come esperienza dello spirito, quindi, interiore, negli umanisti, discepoli di Erasmo, essa è dottrina morale, sapienza, nella quale la dignità dell‘uomo sembra essere totalmente preservata:

solo colui che è venuto dal cielo – affermava Erasmo – ha potuto insegnare la verità, essendo eterna sapienza, solo lui ha insegnato la dottrina della salvezza, unico autore della salvezza umana.188

Imitare Cristo non significa, quindi, cercare di riprodurre il suo modello di vita, bensì seguire la strada da lui traccia, fare propria la sua sapienza di vita. Troviamo, quindi, in Socini anticipate di due secoli posizioni che saranno portate avanti dai deisti, da Lessing e da Kant, proprio in virtù del ruolo centrale che l‘umanista affida alla ragione. La religione è per Socini un metodo, una pedagogia, ―la soluzione offerta per ispirazione divina e rivelata per arrivare all‘immortalità o alla vita eterna‖189

. Cristo è dunque un uomo, un maestro di saggezza, assurto al grado di

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―[…] Hic e caelo profectus solus certa docere potuit, cum sit eterna sapientia, solus salutaria docuit unicus humanae salutis auctor‖ [Erasmus, Paraclesis ad lectorem pium (1516), in In Novum Testamentum Praefationes, in Erasmus von Rotterdam Ausgewählte Schriften, Bd. III, herausgegeben von Werner Welzig, Wisselnschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 1967, p. 10.

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―[…] via divinitus proposita et patefacta perveniendi ad immortalitatem seu aeternam vitam‖ [F. Socini, Brevissima Institutio Christianae religionis, in Opera esegetica, vol. I, p. 651a; trad. it. nostra].

Salvatore dell‘umanità per il contenuto dottrinario della sua predicazione, e per l‘esempio di vita offerto all‘umanità.