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Cristo come Vorbild: imaginatio versus imitatio

La riflessione sulla religione e sulla fede dopo la Riforma parte evidentemente non più da Dio, secondo quanto, invece, era stato affermato dalla teologia medievale, ma dall‘uomo stesso. La teologia già nel pensiero di Lutero va verso l‘antropologia, analogamente la cristologia, in quanto riflessione sulla manifestazione dell‘Uomo- Dio Cristo. Come osserva Italo Mancini in accordo con Barth ―il centro di gravitazione della religiosità luterana può essere, infatti, individuato nel tema di

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Secondo la cultura del tempo di Schwenckfeld è l‘elemento maschile a determinare il concepimento dell‘individuo, mentre la donna è solo lo strumento per la nascita.

«Dio che diventa uomo»‖44

. Potremmo, quindi, affermare che la cristologia post- riformista in ambito protestante è piuttosto un‘analisi dell‘uomo e del suo rapporto col divino, che un‘analisi degli attributi di Dio. La teologia tradizionale, concepita originariamente dai Padri della Chiesa come ―conoscenza vera di Dio‖ attraverso la fede e l‘esperienza mistica, con la Scolastica si era arricchita di nuove metodologie desunte dalla logica e dalla metafisica aristoteliche, configurandosi, pertanto, secondo la definizione di Aristotele, come filosofia prima, ovvero la considerazione metafisica dell‘essere dal punto di vista della causa prima, come ―scienza delle verità rivelate‖. Dalla teologia come ―conoscenza vera di Dio‖, realizzata attraverso l‘esperienza del rapporto con il divino, nella seconda metà del XIII, la teologia è concepita come una speculazione razionale sul dato rivelato contenuto nella Scrittura e nella tradizione patristica. Per Duns Scoto e per Guglielmo di Ockham, tra la fine del XIII e la prima metà del XIV, l‘infinità di Dio è inattingibile ed eccedente di fronte alla ragione umana. In linea con la critica occamista alla fiducia scolastica nella ragione speculativa, si afferma, all‘inizio dell‘età moderna, prima con Cusano attraverso una teologia di impostazione negativa, poi con Erasmo e Lutero un ritorno alla fede e alla Scrittura come strumento di conoscenza di Dio. Il tema immanentistico del Dio che si fa uomo diventa centrale nella speculazione teologica moderna, prima in ambiente protestante, più tardi tra i teologi cattolici. La teologia della kénosis, sviluppatasi in ambito protestante, nel XIX secolo è una diretta conseguenza della scoperta del significato antropologico dell‘evento dell‘incarnazione. Dio che si abbassa alla condizione degli uomini per morire nel modo più ignominioso, come gli schiavi, in croce, al fine di realizzare la redenzione per tutti: questo è il nucleo centrale della teologia della croce di Lutero,

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assolutamente aliena dalla concezione penitenziale di Anselmo d‘Aosta, che attraverso la dottrina della rappresentanza vicaria di Gesù rimarcava l‘aspetto apparentemente sacrificale della croce. E‘, infatti, il tema della vittoria sulla morte attuata da Cristo per gli uomini, che dà vita ad una teologia rinnovata, funzionale alla scoperta del soggetto e del rapporto che esso intrattiene con Dio attraverso la fede. La teologia in ambito protestante si apre, quindi, ad un nuovo interesse nei confronti dell‘uomo come soggetto che si realizza eticamente attraverso la fede45

. Il cristianesimo non può quindi che disvelarsi come antropologia religiosa, in opposizione al teocentrismo medievale. Il ritorno all‘esperienza individuale della fede relega kantianamente la ragione pura all‘ambito dell‘esperienza fenomenica, oltre la quale le è impossibile andare. La relazione dell‘umano con il divino finalizzata unicamente alla salvezza si dà soltanto sola fide e sola scriptura, in quanto doni della grazia divina: ―Deus non sit subjectus rationi et syllogismus, sed verbo Dei et Fidei‖46. All‘impenetrabilità e all‘ineffabilità del divino, cosí prossima a quella del Deus absconditus di Cusano, si unisce, come abbiamo in precedenza constatato, nei riformatori ortodossi una visione pessimistica della natura dell‘uomo e dell‘origine del male, per cui Lutero arriva a radicalizzare la nozione agostiniana di predestinazione e a correggere la contraddizione sorta tra la nozione di libero arbitrio e la stessa predestinazione, negando, al contrario, la libertà dell‘arbitrio umano. In realtà alla luce dell‘interpretazione dell‘età moderna offerta da Hans Blumenberg47, potremmo ipotizzare, relativamente all‘unione del concetto di elezione divina con quello di servo arbitrio, lo sforzo da parte di Lutero, fallito un

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Da tali premesse ha origine, tra il XVII e il XVIII secolo, la spiritualità pietista. 46

M. Luther, Die Disputation über Joh. 1.14 (1531), im D. Martin Luthers Werke. Kritische Gesamtausgabe, H. Böhlau Nachfolger, Weimar 1909, Bd. 39 II, p. 8.

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H. Blumenberg, Die Legitimität der Neuzeit (1966), Suhrkamp, Frankfurt a. M. 1974 [trad. it. Di C. Marelli, La legittimità dell’età moderna, Marietti, Genova].

primo tentativo da Agostino, di operare il ―secondo superamento della gnosi‖48 . In tal modo all‘uomo è imputata la presenza del male, per colpa universale, a cui si unisce l‘imperscrutabilità dell‘elezione divina: per la massa perditionis, predestinata al male, non vi è che disperazione (de-spero) e dannazione. La tragica condizione di un mondo, il cui Dio è un Deus absconditus, sembra mascherarsi dietro l‘idea dell‘autonomia conoscitiva della ragione umana e dell‘emancipazione dall‘assolutismo teologico.

Se come ha affermato Blumenberg, ―l‘idea di incarnazione fu per l‘uomo […] un rafforzamento infinito della stima di sé‖49

, anche gettato in un mondo a lui ostile, l‘uomo sembra trovare nelle tenebre un lume, talvolta identificato nello spirito, talvolta nella ragione. Il lume – spirito o ragione che sia – nell‘immaginario moderno spesso tende a incarnarsi nella figura del Dio-uomo, Cristo. In tal senso il prologo giovanneo si configura agli occhi della speculazione moderna come il luogo testuale in cui questa identificazione è manifestatamene avvalorata. Il Lógos divino – ragione e/o parola – s‘incarna diventando vivente, non più esclusivamente in un dato momento della storia umana, ma in ogni momento, in ogni individuo, da evento epocale quale è a evento quotidiano, da evento oggettivo a evento soggettivo. Come già in Franck e Weigel, la storia di Adamo e quella di Cristo diventano rappresentazioni figurali delle vicende dell‘individualità umana, di caduta e redenzione, cosí l‘incarnazione del Lógos divino in Cristo si fa figura, e, talvolta, allegoria dell‘incarnazione del lógos nell‘uomo. Secondo la tradizione paolina, Cristo non è che l‘immagine del nuovo uomo, dell‘uomo rigenerato dal peccato originale, dotato di una carne che è altro da quella creata del vecchio Adamo, ma

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Ivi, p. 185. 49

vivificata e vivificante. E‘ l‘uomo Gesù di Nazareth, il Gesù terreno, fondamentale per la tradizione teologica cristiana da Calcedonia in avanti quanto il Cristo glorificato, che sembra, invece, venire in secondo piano nella teologia protestante. In altre parole la relazione tra il Gesù terreno e l‘idealizzazione dell‘uomo-Dio in Gesù Cristo come spirito operante in ognuno tende a dissolversi.

Il pensiero riformatore, ortodosso come radicale, volge rapidamente verso la spiritualizzazione e l‘individualizzazione del rapporto tra credente e Dio. Separata dalla ragione, la fede sembra, infatti, tendere all‘interiorizzazione, per cui, al di là degli intenti di Lutero, la stessa Parola, prima identificata per tradizione con la Scrittura e con il Verbum incarnato storicamente in Gesù, diventa Parola vivente presente in ogni individuo a cui Dio abbia donato la grazia: dalla fides historica alla

vera fides spiritualizzata. In tal modo la Bibbia, come già in Zwingli, ripiega ai

margini dell‘esperienza, diventando uno strumento per la fede, non più come punto di partenza, come verità assoluta. E‘, dunque, lo Spirito Santo, che è Spirito assoluto, o Spirito di Cristo, il quale risiede nell‘interiorità dell‘individuo per illuminarne l‘esistenza, a ristabilire l‘alleanza tra l‘uomo e Dio. La vera Parola è dunque il Cristo vivente che alberga, a prescindere dalla sua storicità, in tutti gli uomini come Mediatore tra il soggetto e il suo creatore. Il sola scriptura di Lutero e Calvino, in Schwenchfeld, Franck, Weigel diventa, quindi, sola fide. Inevitabile a questo punto la relazione tra fede e immaginazione, in quanto alla ragione, come già affermavano alla fine del Medioevo Duns Scoto e Ockham, non è dato conoscere Dio.

E‘ appunto la scoperta del soggetto e delle sue potenzialità che pone in una nuova luce la fede, non più intesa come fides historica, ma come pura esperienza del soggetto e della sua interiorità, aperta essenzialmente a tutti gli uomini, anche ai non

cristiani. Questa relazione è chiaramente espressa per la prima volta da Jakob Böhme, il quale definisce Gesù Cristo come Vor-bild [modello, immagine] interiore a cui l‘uomo deve conformarsi per trovare la salvezza. La fede è potenza e azione,

eine immerwahrende Begierde50 [una perenne brama], una forte immaginazione [Imaginantion], secondo quanto aveva già affermato Paracelso51. Ma l‘immaginazione non è una facoltà umana, bensí è l‘interiorità stessa, lo spirito, l‘eterno corpo divino, Dio stesso, Gesù, presente in tutti gli uomini, l‘esistenza stessa dell‘uomo in quanto eterno, da cui nasce la forma esterna dell‘uomo, il corpo. In quanto atto immaginativo o spirituale, la fede nasce dalla stessa volontà, non come Abgeschiedenheit [abbandono] e Abgelassenheit [separazione], come, invece, affermava Eckhart, ma come risveglio della volontà divina che è nell‘uomo, dell‘immaginazione. Riprendendo la tradizione paolina che intende Gesù Cristo come ―immagine del Dio invisibile‖ (Col 1, 15) l‘uomo ―immagina […] nel Cristo‖, per ―immaginare […] in Dio‖52, ovvero per rigenerarsi attraverso l‘immagine di Cristo in Dio, come Dio ha immaginato Cristo in vista dell‘incarnazione. In altre parole l‘imaginatio riproduce nell‘animo umano lo stesso mistero dell‘incarnazione del Lógos divino, o, per meglio dire, realizza l‘incarnazione del Lógos nell‘uomo, che, in tal modo, diventa incarnazione ed espressione di Dio, come Gesù Cristo. L‘imitatio boehmiana non è, quindi, mera imitazione di un exemplum etico, ma, rispetto all‘imitatio così come è stata concepita dalla devotio moderna, è, al contrario, il processo per cui Dio si rivela all‘individuo attraverso la propria

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J. Böhme, De Signatura Rerum (1621), in Böhmes Hauptwerke in kritischer Edition und mit umfassendem Kommentar, herausgegeben von F. van Ingen, Deutscher Klassiker Verlag, Frankfurt a. M 1997, Kap. XV, § 31.

51―So ist unser Imagination eine Matrix und wird geschwengert mit Leib und Blut Christi‖ [Th. Paracelsus, Liber Azoth, sive de Ligno et Linea Vitae, in Gesammelte Werke, München 1921-1930, bd. X , Append., p. 61].

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immagine, il suo lógos, Cristo, come si è rivelato storicamente in Gesù, nella sua vera essenza, ovvero l‘amore. Cristo, come uomo-Dio, è, dunque, parte stessa dell‘uomo, è lo spirito divino che alberga nell‘uomo ab aeterno, in quanto increato alla maniera del Padre.

Il racconto della creazione dell‘uomo (Gen 1, 26 s.) viene in nostro soccorso per comprendere a fondo le tesi boehmiane su Cristo come Vorbild:

E Dio disse: ―Facciamo l‘uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra‖.

Dio creò l‘uomo a sua immagine / a immagine di Dio lo creò; / maschio e femmina li creò.

Secondo il Midrash Rabbah ―quando il Santo [Dio] […] creò il primo uomo, lo creò androgino‖, poiché nelle scritture ―è detto […] maschio e femmina li creò.‖53

Il primo uomo - adam in quanto creato dalla terra (adamah) – , secondo la tradizione rabbinica, è un androgino, come anche JHWH54, dalla cui separazione hanno origine l‘uomo e la donna. Tale separazione avviene durante il sonno di Adamo, quando Dio, anch‘egli androgino, crea da una costola dell‘uomo Eva. In tal modo all‘origine l‘uomo (adam) è altro rispetto all‘uomo terrestre. L‘idea rabbinica dell‘androginia originaria di Adamo entra probabilmente nella dottrina di Böhme attraverso la mediazione dell‘alchimia cristiana di Paracelso. L‘androgino è, infatti, l‘unione delle due tincturae, ovvero dei due elementi necessari alla vittoria sulla morte. La

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Midrash Rabbah in G. Stemberger, Midrash. Vom Umgang der Rabbinen mit der Bibel. Einführung – Text – Erläuterungen, Verlag C. H. Beck, München 1982 [trad. it. di R. Fabbri, Il Midrash. Uso rabbinico della Bibbia. Introduzione, testi, commenti, Edizione Dehoniane Bologna, 1992, p. 121].

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La stessa parola ―JHWH‖, il nome di Dio, secondo la Kabbalah rispecchia nelle lettere ―WH‖ l‘androgino cosmico, ovvero la congiunzione della divinità, che, come manifestazione primordiale è Padre (J) e Madre (H).

separazione delle due tincturae, dell‘elemento maschile da quello femminile, determina secondo Böhme la creazione dell‘uomo mortale, cosí come noi lo conosciamo. Tale separazione non avviene, tuttavia, a differenza della tradizione cristiana, a causa della colpa di Adamo, e, quindi, del peccato originale, ma per un atto libero di Dio, il quale determina la separazione tra i due elementi e, in seguito, la caduta dell‘uomo e della donna dall‘Eden, instillando in loro il desiderio di conoscenza e di dominio sul mondo. Dio ha, quindi, preordinato gli eventi della caduta di Adamo e della stessa redenzione attraverso Cristo in vista del ricongiungimento dell‘umano con il divino, in quanto l‘uomo è imago dei. L‘adam originario è il Lógos stesso che si incarna ancora prima dell‘incarnazione in Gesù di Nazareth. Perché Dio ha concepito questo piano, che sembra nascere non da un Dio buono, ma da un abisso di crudeltà, poiché getta l‘uomo nella materia e nel male per poi salvarlo? In realtà secondo Böhme è la stessa storia dell‘uomo che è legata a doppio vincolo con Dio e con la sua rivelazione55. La Trinità non è altro che il dispiegarsi e il manifestarsi di Dio nel mondo come storia. In tal modo storia umana ed esistenza divina sono dipendenti l‘una dall‘altra, ed è proprio l‘uomo, in quanto

imago dei, a contribuire a questa storia attraverso la sua creazione, una creazione

che non si dà dall‘inizio ma progressivamente fino alla redenzione56

. La storia si dà, infatti, come manifestazione progressiva dell‘Assoluto, che si realizza pienamente nell‘unione dell‘umano con il divino, unione preconizzata dall‘ipostasi umano- divina in Gesù. Cristo è, quindi, nello stesso tempo Dio che, facendosi persona, entra nella storia – ―Gott ist keine Person nur in Cristo‖57 [―Dio è una Persona

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In tal modo Böhme riesce ad aggirare l‘aporia tra origine del male e bontà di Dio, superando solo in parte la gnosi antica.

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E‘ impossibile non riconoscere in questa concezione della storia le origini dell‘idealismo tedesco.

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soltanto in Cristo‖] -, e archetipo (Urbild) della divino-umanità a venire, la creatura perfetta, l‘adam originario. In altre parole il teosofo tedesco supera la dottrina del peccato originale per costruire una teologia della storia che intende la storia come creazione, non più soltanto come redenzione. La redenzione è solo un momento del triplice manifestarsi di Dio nel mondo attraverso la creazione. In tal modo creazione e rivelazione si identificano nel pensiero di Böhme come manifestazione della Trinità attraverso la storia, anticipando ciò che Hegel affermerà nelle Lezioni sulla

filosofia della religione, che ―l‘importanza della storia è di essere storia di Dio‖58. La Trinità come storia in Böhme si presenta come il progressivo manifestarsi di tre momenti metafisici con cui Dio si rivela al mondo. Il concetto di persona non è applicabile indistintamente ai tre elementi che compongono la divinità, bensì, come abbiamo in precedenza ricordato, ―Dio è una Persona soltanto in Cristo‖59

:

Comprendiamo ora - afferma Böhme – che cosa sono Dio e il suo Essere. Noi altri, cristiani, diciamo: che Dio è trino ma uno nel suo Essere; si dice volgarmente che Dio è trino in tre persone, ma questo si presta a confusione per gli incolti, forse anche per gli eruditi:poiché Dio non è una persona che in Cristo, bensí Egli è la forza eternamente feconda e l‘impero con tutti i suoi

esseri; tutto ha in Lui la sua origine60.

In tal modo all‘interno della triade il Padre tende a diventare secondario rispetto allo stesso Figlio, che è Dio che si fa persona, mentre lo Spirito rappresenta

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G. W. F. Hegel, Vorlesungen über die Philosohie der Religion [tr. it. di E. Oberti e G. Borruso, Lezioni sulla filosofia della religione, 2 voll. Bologna, Zanichelli, 1973-1974, vol. II, p. 370].

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Böhme sembra anticipare gli appelli del cattolico Rahner e del protestante Barth ad un rinnovamento del concetto di persona trinitaria, che è altro dalla persona così come noi moderni la concepiamo.

60―Also verstehen wir nur, was Gott und sein Wesen sey: Wir Christen sagen: Gott sey Dreyfaltig, aber Einig im Wesen; als aber in gemein gesagt wird, Gott sey Dreyfaltig in Personen, das wird von den Unverständigen übel verstanden, auch wol von teils Gelehrten: denn GOTT IST KEINE PERSON ALS NUR IN CHRISTO, sondern Er ist die die ewig-gebärende Kraft, und das Reich samt allen Wesen; Alles nimt seinen Urstand von Ihme‖ [J. Böhme, Mysterium Magnum, Kap. VII, § 5, trad. it. nostra].

l‘emanazione di Dio, ovvero il soffio divino che si dà all‘uomo ab extra. Ma come già gli spiritualisti come Schwenckfeld e Franck, Böhme sembra spesso identificare lo Spirito Santo con lo Spirito di Cristo (der Geist Christi)61, fino a confondere Spirito e Cristo. In realtà, superata l‘aporia trinitaria delle tre persone, secondo la tradizione gnostica, Böhme interpreta la figura del Padre come il Dio rappresentato nell‘Antico Testamento, il Dio-fuoco, il Zorngott di Lutero, separandolo in tal modo dal Figlio, che è la persona di Dio, il Dio-amore, il Dio-luce. Ma questo Dio-fuoco non è una persona, e perciò si rivela come un momento in cui ha origine la stessa natura, attraverso la quale Dio si manifesta in un primo momento:

Il Padre - spiega Böhme - è chiamato un Dio santo unicamente nel Figlio (cioè nella forza della sua luce che è nell‘impero divino delle delizie o grande benignità e amore), perché è vera rivelazione in cui Egli si chiama Dio. Nel fuoco, Egli si chiama Dio addirato; ma nella luce o fuoco d‘amore, Egli si chiama il Dio Santo, e nella natura tenebrosa, Egli non si chiama più Dio.62

In altre parole il Padre e la natura tendono a confondersi, come Cristo con lo Spirito, portando Böhme verso il panteismo. Invero la centralità di Cristo nel pensiero del teosofo tedesco in quanto autentica manifestazione di Dio come amore e luce, scagiona Böhme dall‘accusa di essere un panteista: e‘ vero, infatti, che Dio si è dato attraverso la natura, ma in quanto Padre (―in der finstern Natur heißet Er nicht Gott‖). E‘ attorno al Figlio, come Dio-amore, che nella realtà deve gravitare la fede, e nello Spirito come conseguente emanazione del Dio-amore. Ma se, come in precedenza abbiamo ricordato, l‘adam originario è il Lógos divino incarnato, ovvero

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Ivi, Kap. XXVIII, § 52. 62

―Der Vater wird alleine ein heiliger Gott in dem Sohne (das ist in der Kraft des Lichts in der Göttlichen Freudenreich, als in der großen Sanftmuht und Liebe)genant, denn das ist seine rechte Offenbarung, darinnen Er Gott heißet. Im Feur heißet Er ein zorniger Gott: aber im Licht oder Liebe- Feur heist Er der heilige Gott; und in der finstern Natur heißet Er nicht Gott‖ [ivi, Kap. VII, §14].

il Dio-amore incarnato, la cui divinità è in nuce nell‘uomo mortale, nell‘uomo rigenerato o celeste, ovvero il vero uomo, in quanto incarnazione del Lógos divino come in Cristo, si dà la rivelazione nello stesso tempo come storia dell‘uomo e come storia di Dio. Dio attraverso l‘uomo, quindi, compie la storia non solo come storia dell‘uomo ma anche come storia di sé. La teosofia di Böhme non è solo conoscenza (sophia) delle cose di Dio (théos), ma è soprattutto cristosofia, in quanto Cristo rappresenta la manifestazione più autentica di Dio.

Böhme, attraverso l‘elaborazione di un‘autonoma teologia della storia, nella quale le tre persone della Trinità diventano momenti attraverso i quali Dio si dà alla storia63, supera l‘aporia del male, che la teologia tradizionale ha tentato, invece, di respingere opponendole la dottrina del peccato originale, come colpa universale dell‘uomo, e la dottrina della rappresentazione vicaria di Gesù Cristo. Egli arriva implicitamente a collocare l‘origine del male non nell‘uomo, bensí in Dio, che è il Dio della creazione e, nello stesso tempo, il Dio redentore, la cui storia si dà come