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Christus miles e il miles Christi tra tradizione e rinnovamento

2. Cristo ―summus philosophus‖

3.1 Christus miles e il miles Christi tra tradizione e rinnovamento

Affine all‘antico topos del Christus docens è il motivo del Cristo Militante, il Cristo soldato che combatte per difendere la salvezza dell‘uomo, contro l‘insidia del peccato, pensato dalla Chiesa dei primi secoli per le popolazioni di tradizione germanica. Così il Maestro orante, il Cristo amico, valoroso cavaliere si diffonde soprattutto in ambienti laico-aristocratici, come dimostra il mosaico della cappella del palazzo arcivescovile di Ravenna (VI sec. d. C.), che raffigura Gesù vestito da legionario con in mano un volume su cui è incisa la frase evangelica ―Ego sum via, veritas, et vita‖. Il Medioevo e le crociate hanno creato il topos affine del miles

Christi, quale difensore del cristianesimo contro la minaccia degli infedeli e degli

eretici. L‘età della Riforma, come riscopre il Christus docens, così riprende, in ambienti radicali, il Cristo militante e il miles Christi. Se in Erasmo ha ancora connotazioni del tutto metaforiche, tra i gruppi più radicali il miles Christi diventa il difensore del messaggio originario di Cristo contro l‘Anticristo, Roma. Tra i protagonisti di questa lotta, Thomas Müntzer è quello che più ha affascinato l‘immaginario, tanto da essere oggetto di speculazione ancora nel XX secolo. Il Cristo predicato da Müntzer è il Cristo glorificato che, come Spirito Santo, si infonde nell‘animo dei veri cristiani, illuminandoli e guidandoli in questa guerra contro l‘Anticristo. Müntzer stesso ama, infatti, definirsi ―ribelle in Cristo‖, ricordando la frase evangelica attribuita al Cristo: ―Non crediate che io sia venuto a

portare la pace, ma la spada‖ (Mt 10,34). L‘appello di Gesù viene dunque interpretato come un incitamento alla rivoluzione, alla lotta per il ripristino del contenuto originario del cristianesimo. Gesù diventa il capitano delle milizie contadine capeggiate da Müntzer, radunate attorno al motto ―Viva Gesù Cristo‖208

. Parallelamente in Scozia nasce la congregation of Christ209 [―congregazione di

Cristo‖] capeggiata da John Knox, mentre nelle Fiandre francesi, durante la furia iconoclasta, le armate dei soldats de Christ [―soldati di Cristo‖] devastanp le chiese e i monasteri. Nello stesso periodo gli evangelici vengono chiamati christaudins [―uditori di Cristo‖], soprannome che verrà in seguito utilizzato in senso derisorio nei confronti dei gesuiti, anch‘essi milites Christi. Sia, quindi, da parte dei riformatori radicali, sia da parte dell‘ortodossia cattolica l‘antico topos del Christus

Miles e quello del miles Christi vengono recuperati e utilizzati come baluardi contro

la parte avversa.

3.2 Significato politico della figura di Gesù: dall’impostura al Cristo rivoluzionario

Per ora il topos del Cristo militante ha soprattutto una connotazione di carattere religioso. L‘azione e il messaggio di Gesù non sono, infatti, presi in considerazione dal punto di vista politico. Tuttavia, in seguito alla riflessione di Machiavelli nei

Discorsi sulla prima Deca di Tito Livio210 (1513-1519) sulla religione come

208

P. Denis, Le Christ etendard: l'homme-Dieu au temps des Reformes,1500-1565, Cerf, Paris 1987 [trad. it. di C. Traianello, Il Cristo conteso : l‘uomo-Dio al tempo delle Rifome, 1500-1565, Morcelliana, Brescia, p. 90.]

209

Ibidem. 210

Cosí Machiavelli commenta l‘opera di Numa Pompilio legislatore e fondatore della religione romana: ―fu bene necessario a Numa, il quale simulò di avere domestichezza con una Ninfa, la quale lo consigliava di quello ch‘egli avesse a consigliare il popolo: e tutto nasceva perché voleva mettere ordini nuovi ed inusitati in quella città, e dubitava che la sua autorità non bastasse. E veramente, mai fu alcuno ordinatore di leggi straordinarie in uno popolo che non ricorresse a Dio; perché altrimente

instrumentum regni, va affermandosi in ambienti fortemente critici nei confronti

della Chiesa l‘idea di un Cristo legislatore impostore. Il Cristo impostore diventa, infatti, un motivo dominante della letteratura libertina, e non tarda ad affermarsi clandestinamente grazie a un testo controverso come il De tribus impostoribus [Sui

tre impostori], circolante soprattutto nella versione francese, Traité des trois imposteurs (1719) [Trattato sui tre impostori], attribuita erroneamente allo stesso

Spinoza. Il Traité, di controversa datazione211, cerca di dimostrare l‘impostura delle tre grandi religioni monoteiste, ebraismo, cristianesimo e islamismo, partendo da un‘analisi critica delle figure dei loro, Mosé, Cristo e Maometto, visti come meri legislatori. Il Cristo impostore ―profitant des erreurs de la politique de Moyse, ne réussit en aucun endroit si heureusement, que dans les mesures qu‘il prit pour rendre sa Loy éternelle‖212

[―approfittando degli errori della politica di Mosè, in nessuna impresa riuscita tanto felicemente come nel prendere le misure necessarie per rendere eterna la sua Legge‖]. La vicenda di Cristo non è dunque altro che ―une Fable‖ (ibid,) [―una Favola‖] consolidatasi sull‘ignoranza delle genti.

non sarebbero accettate: perché sono molti i beni conosciuti da uno prudente, i quali non hanno in sé ragioni evidenti da poterli persuadere a altrui. Però gli uomini savi, che vogliono tôrre questa difficultà, ricorrono a Dio. Così fece Licurgo, così Solone, così molti altri che hanno avuto il medesimo fine di loro‖ [N. Machiavelli, Discorsi sulla prima Deca di Tito Livio (1513-1519), Einaudi, Torino 2000, p. 45].

211

Secondo alcune fonti già nel XI secolo si fosse a conoscenza di questo testo, o che fosse persino opera dell‘imperatore Federico II o di Pier de la Vigna (XIII sec.). Probabilmente l‘idea dell‘impostura delle tre religioni monoteiste, attribuita anche ad Averroé. nacque in ambienti averroismi. Il testo in nostro possesso è in realtà ben più tardo, risalente alla prima metà del XVIII. Confuso spesso con altri trattati come il Cymbalum Mundi (XVI sec.) di Bonaventure des Périers e il Theophrastus Redivirus (XVII sec.), al momento è conosciuto in tre versioni, una in latino il De imposturis religionum breve compendium, probabilmente pubblicato nel 1763 con una falsa data dal giurista Johan Joachim Müller, e due in francese, la prima, da cui tratteremo le citazioni, conosciuta anche come La vie et l'esprit de M. Benoit Spinoza, pubblicata à Rotterdam nel 1719, e una seconda curata dal barone d‘Holbach. Altre versioni con varianti anche significative sono tuttora reperibili.

212

Anonimo, Traité des trois imposteurs (1719), in Trattato dei tre impostori. La vita e lo spirito del signor Benedetto de Spinoza, a cura di S. Berti, Einaudi, 1994, pp. 128-129.

Tra i testi di questo genere spicca la più tarda Histoire critique de Jésus Christ (1770)213 attribuita al barone d‘Holbach, nella quale compare un primo ritratto del Cristo rivoluzionario. Il trattato dà, quindi, grande rilievo al contesto storico-politico dal quale emerge Gesù. Il problema dell‘oppressione romana nei confronti degli Ebrei diventa un tema ricorrente sul quale, da qui in avanti, la riflessione sull‘opera di Cristo e sulla sua figura si soffermerà a lungo. Gesù ha, infatti, ottenuto il consenso di una parte della popolazione grazie alla spinta rivoluzionaria che anima la Palestina, dominata dai Romani:

[Gli ebrei] attesero dunque costantemente la cessazione delle loro pene; fu promessa una liberazione che oscuri oracoli fecero sperare. Cresciuti con queste nozioni fantastiche furono incessantemente pronti ad ascoltare avidamente ogni uomo che si annunciò come ispirato dall‘alto; accorsero con desiderio ad ogni singolo personaggio che volle alimentare la loro attesa.214

L‘attesa messianica, dunque, ha un ruolo determinante nell‘affermazione di Gesù all‘interno della società giudaica. In un contesto storico-politico in fermento come quello della Palestina del I secolo d. C. l‘ambizione di Gesù sembra quindi trovare terreno fertile per dare vita ad un nuovo movimento politico-religioso: ―fu nel mezzo di un popolo cosí disposto che apparve il personaggio di cui scriviamo la storia […] egli fece prodigi, si disse Inviato della Divinità, fondò la sua missione su delle predicazioni vaghe, oscure, ambigue, contenute nei libri sacri degli Ebrei, egli si

213

P. H. T. d‘Holbach, Histoire critique de Jésus Christ ou Analyse raisonnée des Évangiles (1770), Hachette, Paris 1972.

214

―[Les juifs] attendirent donc constantemment la cessation de leurs peines; il se promirent une délivrance que des oracles obscurs leur faisoient espérer. Fondés sur ces notions fantastiques ils furent sans cesse disposés à écouter avidement tout homme qui s‘annonça comme inspiré d‘en-haut ; ils coururent avec empressement à tout personnage singulier qui voulut alimenter leur attente […]‖ (p. 7).

annunciò come il Messia o l‘Inviato, il liberatore di Israele‖215

. Gesù è quindi un rivoluzionario, un ―sedizioso‖ alla ricerca di consenso tra i ceti meno abbienti della popolazione ebraica. Lo stesso Marchese de Sade nel Dialogue entre un prêtre et un

moribond (1782) [Dialogo tra un prete e un moribondo] offre attraverso il punto di

vista del moribondo una rappresentazione del Cristo affine a quella di d‘Holbach. Gesù è qui definito come ―sedizioso, turbolento, calunniatore, furbo, libertino, grossolano burlone, malvagio dannoso‖, dotato dell‘―arte di imporsi al popolo‖, e perciò ―punibile in un regno nello stato in cui si trovava allora Gerusalemme‖. Tuttavia noto è l‘anticlericalismo di Sade come degli altri liberi pensatori del XVIII secolo: colpendo Cristo delegittimano, di conseguenza, la Chiesa. Deve quindi ancora affermarsi la distinzione tra la figura di Gesù e il cristianesimo storico, così cara a Tolstoj e all‘ultimo Nietzsche. Qualche accenno al problema sembra, però, annunciarsi nelle Lettres philosophiques sur Saint Paul216 (1783) [Lettere filosofiche su San Paolo] di Jacques Pierre Brissot, pubblicista francese che negli

anni della Rivoluzione capeggerà la fazione dei girondini. All‘immagine di un Cristo ―dolce e umile‖217

Brissot contrappone quella di Paolo, ―un egoista insopportabile, un retore oscuro‖218

di una ―temerità rivoltante‖219. Tuttavia anche in Brissot permane l‘immagine del ―Christ séditieux‖, abile seduttore delle genti, come dimostrano le lettere che precedono il passo citato. Se dunque Gesù era un abile

215

―Ce fut au milieu d‘un peuple ainsi disposé que parut le personnage dont nous écrivons l‘histoire[…] il opera des prodiges, il se dit l‘Enoyé de la Divinité, il fonsa surtout sa mission sur des prédications vagues, obscures, ambigues, contenues dans les livres saints des Juifs, il s‘annonça comme le Messie ou l‘Envoyé, le libérateur d‘Israël, […]‖ (p. 8).

216

J. P. Brissot, Lettres philosophiques sur Saint Paul, [s.n.], Neuchâtel 1783. 217―Le doux e […] et le humble Jésus‖ (ivi, p. 153, trad. it. nostra).

218

―Un égoïste insupportable, un rhéteur obsur ‖ (ivi, p. 154). 219

retore capace di mostrarsi ―dolce e umile‖, al contrario Paolo è l‘emblema della sete di potere e dell‘egoismo dei tiranni.

Di segno opposto, ma pur sempre nell‘ambito di un‘interpretazione politica della figura di Cristo, è la visione che Rousseau offre nel Contract social di Gesù come ―rivoluzionario‖. ―Gesù venne‖, afferma Rousseau, ―a stabilire sulla terra un regno spirituale; cosa che, separando il sistema teologico dal sistema politico, fece in modo che lo stato cessasse di essere uno, e causò le divisioni interne che non hanno mai cessato di agitare i popoli cristiani‖220

. Dunque Cristo ha distinto la politica dalla religione, separando dalla sfera pubblica l‘esperienza della fede e individualizzandola:

Il nobile progetto di Gesù era di [...] fare [del proprio popolo] […] un popolo libero e degno di esserlo; […]. Lo studio profondo che egli fece della legge di Mosé, i suoi sforzi per risvegliarne l‘entusiasmo e l‘amore nei cuori mostrarono il suo scopo tanto quanto era impossibile intimidire i Romani. Ma questi vili e pusillanimi compatrioti al posto di ascoltare iniziarono a odiarlo proprio a causa del suo geni e della sua virtù che rinfacciava loro la loro indegnità. Infine, dopo aver intuito l‘impossibilità di eseguire il proprio progetto, […] e che, non potendo fare lui stesso una rivoluzione tra il suo popolo, Gesù volle farne una attraverso i suoi discepoli nell‘Universo.221

220―Jésus vint établirsur la terre un royaume spirituel ; ce qui, séparant le sistème théologique du sistème politique, fit quel' état cessa d' être un, et causa les divisions intestines qui n' ont jamais cessé

d' agiter les

peuples chrétiens‖ [J. J. Rousseau, De la religion civile, in Du contrat social , M.M. Rey, Amsterdam 1762, p. 290 ; trad. it. nostra].

221

― Son noble projet étoit de reveler son peuple d‘en faire derechef un peuple libre et digne de l‘être ; car c‘étoit par là qu‘il falloit commencer. L‘étude profonde qu‘il fit de la loi de Moyse, ses efforts pour en réveiller l‘enthousiasme et l‘amour dans les cœurs montrerent son but autant qu‘il étoit possible pour ne pas éffaroûcher les Romains. Mais ses vils et lâches compatriotes au lieu de l‘écouter le prirent en haine précisesement à cause de son genie et de sa vertu qui leur reprochoient leur indignité. Enfin, ce ne fut qu‘àpres avoir vu l‘impossibilité d‘executer son projet qu‘il étendit dans sa tête, et que, ne pouvant faire par lui-même une révolution chez son peuple, il voulut en faire

Il progetto di Gesù consisteva, secondo Rousseau, nel superamento del concetto di stato o nazione, e nell‘applicazione universale del principio di fratellanza tra tutti i popoli, come spiega il filosofo nelle Lettres de la montagne (1764).

Da Rousseau in poi, i topoi del Cristo rivoluzionario e del Cristo legislatore convergeranno per rappresentare un paradigma libertario in cui si rispecchiano i valori della Rivoluzione francese, in opposizione, invece, alla Chiesa gallicana, asservita alla monarchia.