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Alcuni autorevoli spunti di riflessione per il futuro suggeriti dalla dottrina

Giungendo al termine della nostra trattazione, ci sembra utile compiere una valutazione di chiusura relativa al tema della emersione e gestione anticipata della crisi d’impresa, così come attualmente delineato e regolamentato nel nostro ordinamento. Le possibili critiche al quadro tracciato dalla lunga serie di contributi normativi susseguitisi in materia, constatazione pressoché innegabile, erano e sono tutt’ora presenti. Tale caratteristica rappresenta una sorta di arma a doppio taglio. Infatti se da un lato ciò comporta senza dubbio un incremento del livello di incertezza e, indirettamente, di pessimismo sul fronte imprenditoriale circa le effettive capacità di ripianamento del dissesto offerte dalla legge, dall’altro contribuisce comunque a mantenere alta l’attenzione degli esperti, pronti a confrontarsi sui principali punti d’ombra lasciati dalla Riforma del 2019, nell’ottica di alimentare un fertile terreno di brainstorming da cui trarre utili suggerimenti in prospettiva futura. Abbiamo avuto modo di soffermarci adeguatamente sulle perplessità che si sono sollevate all’indomani dell’approvazione del D. Legisl. n. 14 del 12 Gennaio 2019. Siamo partiti dalla fumosità della definizione di crisi, con le connesse problematiche di individuazione dei casi ritenuti falsi positivi ovvero falsi negativi. Sono state evidenziate perfino le distanze che si mantengono tra la prospettiva tracciata dal legislatore e gli interventi anche per iscritto pubblicati dagli esponenti della prassi professionale, in primis il CNDCEC, il quale a più riprese ha sottolineato l’esigenza di calare il giudizio sull’approssimarsi dei fenomeni di crisi all’interno degli specifici contesti di ogni impresa singolarmente considerata. Inoltre numerosi pareri si sono schierati contro la previsione della periodicità trimestrale per il rinnovo del calcolo connesso alla misurazione degli indicatori di allerta di cui all’art. 13 del Nuovo Codice. Elemento questo che si pone in stretta contrapposizione con la tempistica almeno annuale (o meglio di almeno dodici mesi) su cui i principi contabili, di concerto con quelli di revisione, basano le verifiche del mantenimento della continuità aziendale180. Perfino il cardine essenziale degli elementi di novità introdotti

dalle modifiche alla disciplina concorsuale, ovvero l’istituto delle procedure di allerta, è stato bersaglio di una serie di rilievi e perplessità. Positivo è senza dubbio l’intento di mantenere i tratti confidenziali ed endo-imprenditoriali di detti meccanismi, così da assicurare con pienezza il loro ruolo di early warnings e non scalfire la loro capacità segnaletica dei primi

179 Così si è pronunciato il presidente dell’Assonime, Maurizio Sella, nell’intervento tenutosi alla Camera dei

deputati, 6 Luglio 2016.

180 Problematica ben illustrata nell’intervento di Massimo Buongiorno in occasione del Master Breve di

formazione svolto nel periodo Febbraio 2020 – Aprile 2020 da parte di Euroconference dal titolo “Il D.Legisl. n. 14 del 2019, Nuovo Codice della Crisi e dell’Insolvenza delle imprese : principali novità e impianto complessivo”

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sintomi di crisi. Di fatto, la scelta delle camere, al momento della stesura del definitivo progetto di Riforma, di lasciare il Tribunale ai margini dell’allerta, realizza un importante sforzo in questa direzione. Tutto il contrario dell’ordinamento transalpino, in cui l’autorità giudiziaria è resa un soggetto con legittimazione attiva a dare impulso alle soluzioni al dissesto, poiché per definizione è composta da tecnici più vicini alla prassi imprenditoriale del Paese, dunque di per sé più inclini a non stigmatizzare e penalizzare in modo talvolta eccessivo l’iniziativa economica che versi in condizioni di difficoltà. Dunque un primo passo fondamentale per discostare la materia del diritto concorsuale da quella accezione di gogna sociale storicamente associata in Italia alla figura del debitore che incorreva nel fallimento. Componente quest’ultima che ha determinato l’insorgenza di tutte quelle remore e blocchi psicologici che frenano l’imprenditore dal fare ricorso alle procedure concorsuali. Tuttavia, se la ratio posta alla base di simili istituti è altamente condivisibile, come confermano i citati studi di analisi comparata condotti sulle disposizioni già in vigore negli ordinamenti esteri, ciò non elimina i punti d’ombra che si sollevano in riferimento all’iter con cui concretamente l’allerta viene posta in essere. Un primo limite fondamentale si può riscontrare nel contenuto dell’art. 15 del Codice della Crisi, relativo al meccanismo del cui avvio sono autorizzati i creditori pubblici qualificati. Al di là dei valori soglia di cui al comma 2 della norma, i principali dubbi che la dottrina ha sollevato riguardano i rischi legati alla deriva patologica dello strumento, che potenzialmente potrebbe minacciare in modo irreparabile l’efficacia e l’essenza stessa dell’allerta. Dunque come valutare una procedura che di fatto assegna un gravoso onere alle pubbliche amministrazioni competenti, titolari di un diritto di credito verso l’impresa debitrice, controbilanciato in caso di inadempimento dalla perdita del grado di prelazione connesso alla loro obbligazione attiva? La problematica assume portata ancor più rilevante se calata nelle specificità del nostro Paese, in cui l’esposizione passiva imprenditoriale nei confronti degli enti tributari e previdenziali è particolarmente estesa. Va da sé pertanto che simili categorie di creditori potrebbero annoverarsi, per così dire, tra gli alleati dell’impresa che versi in stato di crisi solo qualora non uniformassero il loro operato alla pura realizzazione della funzione meramente erariale, ovvero quella legata al garantire un certo gettito in termini di prelievo monetario nei confronti della platea dei contribuenti. Nel momento in cui la segnalazione all’O.C.R.I. loro richiesta dal suddetto articolo sia giustificata dalla sola esigenza di assicurarsi la riscossione di una determinata somma, l’enfasi a consentire una tempestiva emersione della crisi e una altrettanto celere proposta di possibili soluzioni “di composizione assistita”, passerebbero inevitabilmente in secondo piano. Ma anche passando ad esaminare l’allerta che più ci avvicina al modello di gestione della crisi codificato nel diritto francese, vale a dire quella la cui iniziativa è rimessa agli organi di controllo dell’impresa, regolata all’art. 14 del D. Legisl. n. 14 del 12 Gennaio 2019, non mancano di mostrarsi alcune inefficienze. Innanzitutto occorre ricordare che all’interno della medesima è presente una pluralità di soggetti dotati di un ruolo attivo. Primariamente spetta ai sindaci e ai revisori svolgere la funzione di monitoraggio dello stato di salute societario, avendo cura di tenere sott’occhio gli indici previsti dalla legge in aggiunta ai vari elementi, anche di natura non prettamente quantitativa, idonei a comunicare possibili pregiudizi alla prosecuzione fisiologica della gestione aziendale. Ma ciò non è sufficiente, poiché qualora si manifestino segnali di difficoltà è richiesto che gli stessi organi, pena la sollevazione di responsabilità per inadempimento, ne forniscano immediata comunicazione

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agli amministratori per l’adozione degli opportuni provvedimenti. Qualora nel termine di sessanta giorni i gestori dell’impresa non vi provvedano oppure non elaborino risposte soddisfacenti, entra in scena un terzo attore dell’allerta, vale a dire l’O.C.R.I. Quest’ultimo, istituito presso le Camere di Commercio e a sua volta composto da soggetti tecnici di astrazione variegata, può condurre l’impresa in difficoltà sulla strada volta all’adozione di una procedura di composizione assistita della crisi. Se la soluzione trova un positivo riscontro, anche in riferimento alla massa passiva, ecco che a maggior garanzia delle pretese del ceto creditorio l’accordo, mantenendosi comunque stragiudiziale, viene sottoposto ad attestazione. Ciò rende necessaria la presenza di una quarta figura, vale a dire di un professionista indipendente in possesso dei medesimi requisiti richiesti ai sensi dell’art. 67 terzo comma lettera d) della Legge Fallimentare in relazione ai piani attestati di risanamento. Di conseguenza una prima rilevante critica che può essere mossa a tale meccanismo riguarda la proliferazione delle figure coinvolte, la quale produce un significativo allargamento delle tempistiche e dei costi connessi. Ancora una volta perciò è la stessa formulazione del dettato della legge che incorre nel rischio di contrapporsi alle finalità dell’allerta in sé, in una fase così delicata della vita dell’impresa come quella che precede uno stato di aperta insolvenza, in cui la flessibilità e la celerità delle operazioni può determinare la salvezza o meno dell’entità produttiva. Inoltre, come sottolineato in precedenza nel caso dell’iniziativa assunta da Agenzia delle Entrate, Agente della Riscossione e enti previdenziali, anche per i sindaci e revisori occorre evitare che gli obblighi normativi loro imposti finiscano per riflettersi in un’attività di tipo minimale, essenzialmente finalizzata ad evitare di subire azioni per il risarcimento del danno da inadempimento. Questo plausibilmente provocherebbe un patologico incremento dei casi di segnalazione all’O.C.R.I., raffreddando in modo sensibile le speranze e la convinzione dell’imprenditore in crisi di fronte alle procedure di allerta. Da più parti della dottrina si sono dunque sollevate delle utili riflessioni, le quali muovono nell’ottica di migliorare l’appetibilità dell’intero quadro degli strumenti normativi volti a contrastare anticipatamente l’emergere di un fenomeno patologico della vita d’impresa. Per prima cosa occorre favorire degli istituti che allontanino l’azione degli organi di controllo dall’atteggiamento minimalista, incoraggiando le verifiche e il monitoraggio delle condizioni in cui versa l’impresa in modo costante. In questo torna a ricoprire una posizione centrale la valutazione dell’adeguatezza e concreto funzionamento degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili di cui all’art. 2086 comma 2 cc. Chiamando in causa in prima battuta gli amministratori ed in seconda sindaci e revisori, la norma alimenta una tendenza alla supervisione continua nel tempo dello stato di salute dell’entità, con un’analisi che per mostrare con pienezza il suo valore richiede di attivarsi fin dai momenti fisiologici della gestione, quando ancora le minacce alla continuità non sussistono. Perciò, un legislatore che intendesse muoversi lungo simili linee guida anche in futuro, dovrebbe provvedere a rafforzare l’insieme delle regole della già citata corporate governance, le quali riscontrano ad oggi una significativa applicazione nell’ambito del principio di “corretta amministrazione” e delle sue rinnovate declinazioni, anche alla luce del D. Legisl. n. 14 del 12 Gennaio 2019. Si lega strettamente a tali tendenze anche la maggior importanza connessa al concetto di “corporate social responsability”, la quale comporta di fornire adeguata considerazione, in riferimento alle varie modalità di gestione della crisi, del ruolo che la singola impresa riveste per il sistema economico nel suo

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complesso, in quanto dalla salvaguardia della sua continuità di gestione dipende la sorte di una serie di altre attività produttive che formano il suo indotto. Altro elemento che ha ricevuto delle proposte di soluzione riguarda la mole di costi di transazione e burocratici legati agli svariati attori coinvolti nel meccanismo di cui all’art. 14 del Nuovo Codice della Crisi richiamato poco fa. In tal caso l’esempio di miglior efficienza è quello che proviene dalla disciplina francese, che assegna un ruolo di assoluti protagonisti ai commissaires aux comptes, i quali, pur partendo da una qualifica professionale in tutto simile ai revisori italiani, risultano dotati di un più ampio numero di compiti. Non a caso per espressa indicazione della legge essi non si limitano affatto ad eseguire le funzioni connesse alla supervisione e segnalazione degli indizi del dissesto. Si configurano piuttosto come l’autentica guida dell’iter procedurale che può indirizzare il debitore verso una composizione assistita, occupandosi della quasi totalità degli adempimenti richiesti, tra i quali perfino le attestazioni di fattibilità e attendibilità delle eventuali proposte negoziali volte a ripianare la crisi, senza rivolgersi al giudice. Il tutto senza far intervenire figure tecniche ulteriori, con tutte le connesse criticità di dispersione di tempi e di informazioni rilevanti. Certo occorre concludere come il quadro tracciato dal legislatore italiano in ordine alle prospettive di anticipazione dei momenti di individuazione e risoluzione della crisi, per quanto possano suggerirsi vivaci paragoni con le ulteriori legislazioni estere, continua ad oggi a basarsi su un architrave e delle fondamenta profondamente distinte, che non ricalcano con fedeltà la disciplina di nessun altro Paese. Ciò in quanto il vero punto di forza che ha scelto di fare proprio la più recente esperienza nomo-filattica italiana in materia riguarda il rinnovamento pressoché totale della portata di significato riconducibile a disposizioni già esistenti in passato, ma le quali vanno incontro ad una autentica “riscoperta”. Innovazione dunque può anche collocarsi come sinonimo di rivisitazione in chiave attuale del dettato giuridico precedente, ravvisando nei principi formali già sanciti dalla legge le basi di partenza per un intervento mirato di composizione di fenomeni di dissesto imprenditoriale, idonei magari a promuovere soluzioni ad hoc per il singolo caso di specie. Sicuramente si possono ravvisare molteplici spunti di miglioramento, tra cui quelli illustrati poco sopra. Tuttavia la vera prova definitiva potrà mostrarsi con la piena entrata in vigore del D. Legisl. n. 14 del 12 Gennaio 2019, la quale si concretizzerà alla data del 1 Settembre 2021, così come prorogata dall’art. 5 del c.d. “Decreto Liquidità”, D.L. n. 23 del 2020. Al sopraggiungere di suddetto termine sarà possibile cominciare a valutare gli effetti dell’applicazione concreta della totalità delle disposizioni afferenti alla parte più prettamente procedimentale del Nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’insolvenza, comprendente perfino l’articolazione dei meccanismi di allerta e le correlate segnalazioni all’O.C.R.I., organismo che attualmente è oggetto di un processo di strutturazione, formazione e organizzazione presso le varie Camere di Commercio territoriali. Forse, in chiave di sintesi, sarebbe opportuno e consigliabile mantenere i punti di forza ritraibili dall’interpretazione non prettamente letterale di quei provvedimenti codicistici che danno un rilevante input nella gestione della crisi, quali la corretta amministrazione e l’adeguatezza degli assetti societari, unendola agli elementi di maggior efficienza, anche burocratica e procedurale, che ci offrono come spunti gli studi di analisi comparata. Il tutto in armonia con una ratio, quale quella mostrata dal legislatore italiano negli ultimi decenni, orientata ad un favor per la prosecuzione dell’attività economica in sé

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e per la tutela degli interessi dei creditori accanto a quelli, non meno rilevanti o sacrificabili, della compagine dei partecipanti al contratto sociale.

191 CONCLUSIONI E RINGRAZIAMENTI

La stesura del presente elaborato si colloca come il risultato di un percorso di approfondimento svolto sul tema della rilevazione e gestione anticipata della crisi d’impresa. La tematica esaminata costituisce oggetto di analisi nell’ambito dei programmi di studio legati alla branca di insegnamenti giuridici universitari afferenti al diritto commerciale e societario, oltre naturalmente alla materia prettamente concorsuale. Il leit motiv su cui si basa l’intera trattazione è pertanto la volontà di sviscerare o quanto meno approfondire con maggior dettaglio l’inquadramento e la risonanza che ha riscontrato il D. Legisl. n. 14 del 12 Gennaio 2019 nel panorama giuridico italiano. Norma che fin dall’origine, nell’ambito degli interventi compiuti ad opera delle commissioni parlamentari, è stata presentata dagli stessi tecnici, in risposta alle linee guida adottate dal legislatore delegante, in qualità di “riforma organica delle procedure concorsuali”. Elemento quest’ultimo del quale abbiamo messo in evidenza luci ed ombre. Il nostro interesse si è collocato primariamente sulla valutazione dei profili di spiccato carattere innovativo contenuti nel testo di legge, quali gli intenti preventivi in contrasto alla manifestazione dei fenomeni di dissesto. Dunque ecco giustificata la grande attenzione rivolta agli strumenti dell’allerta. Tra questi ci siamo focalizzati in particolare sul concetto di adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili della società. Un istituto già presente e non sconosciuto al quadro del diritto societario nazionale, poiché già disciplinato a livello civilistico in materia di società per azioni. Ed è impressionante riuscire a comprendere come buona parte della valenza e della capacità riformista del Codice della Crisi tragga spunto da una norma di più antica formulazione, alla quale si è scelto di attribuire un più ampio respiro, in senso rafforzativo. La valutazione della suddetta adeguatezza infatti attiva a cascata una serie di compiti e correlate responsabilità che parte dagli organi societari, in primo luogo di gestione ed in secondo di controllo, per poi abbracciare perfino professionisti esterni, quali quelli che siedono nell’O.C.R.I., fino a giungere, eventualmente, di fronte all’autorità giudiziaria. Su tali concetti si è concentrata quindi la nostra analisi. L’attività prodromica alla stesura dell’ossatura dell’elaborato si è svolta tentando di raccogliere ed estrapolare organicamente una pluralità di fonti bibliografiche e informative provenienti sia dalla dottrina, che dalla prassi, nonché dalle pubblicazioni tecniche di specifiche riviste di settore. Ciò si è reso possibile grazie alla guida esperta del Relatore, che ha messo a disposizione un ampio bacino di spunti narrativi riguardanti il tema della gestione anticipata dei fenomeni patologici della vita imprenditoriale. Ovviamente il tradizionale punto di partenza resta comunque la consultazione diretta della norma di legge, indispensabile per avere un’idea ben puntuale sulle specifiche terminologie e definizioni scelte dal legislatore ed input fondamentale per compenetrarne la ratio. Al contempo, contributi di grande rilevanza risultano gli interventi e la documentazione redatta da parte delle associazioni professionali come il CNDCEC, a cui il legislatore ha peraltro demandato la formalizzazione degli indicatori della crisi. Ciò ha consentito di raffinare le disposizioni giuridico formali, affiancandole di fatto ad una serie di considerazioni sostanziali ritraibili dall’esperienza tecnica applicata al caso concreto delle realtà produttive. La digressione storica compiuta a titolo introduttivo, ci ha consentito di

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porre le basi per una oculata riflessione sui binari lungo i quali si è compiuto il processo evolutivo del pensiero normativo italiano circa gli strumenti di anticipazione del dissesto. La successiva illustrazione, nei capitoli centrali, del quadro giuridico attuale è stata svolta invece con lo scopo di puntualizzare con chiarezza lo sviluppo che hanno conosciuto la funzione e le attribuzioni degli organi societari. Elemento quest’ultimo che si inserisce in stretta correlazione con le finalità del Corso di Laurea Magistrale in Consulenza Professionale alle Aziende, che accoglie una pluralità di insegnamenti orientati alla stretta e diretta proiezione dello studente in un’ottica di assistenza manageriale ovvero libero- professionale nei confronti delle potenziali realtà produttive che in futuro potrebbero avanzarne richiesta nel mondo occupazionale, sia a titolo di supporto alle attività dei gestori societari che in qualità di incarichi da ricoprire negli organi di controllo. Casistiche nelle quali il professionista in sé si troverebbe collocato nella posizione di protagonista delle operazioni legate ai meccanismi di allerta, quando come sindaco ovvero revisore, quando come attestatore esterno, quando come componente dell’O.C.R.I. Compenetrarne perciò le responsabilità e i correlati rischi risulta fondamentale per il diligente espletamento dei propri doveri. A tal proposito, avendo dato avvio alle attività propedeutiche alla stesura dell’elaborato in concomitanza con il tirocinio orientato alla preparazione per l’esame di stato ai fini dell’ammissione ed iscrizione nell’Ordine dei Dottori Commercialisti di Pisa (ODCEC Pisa), il Candidato ha scelto di affiancare alle fonti di matrice accademica anche quelle messe a disposizione dai programmi di aggiornamento e formazione continua, atti a garantire il conseguimento dei crediti formativi necessari per il mantenimento dell’iscrizione nell’albo di categoria per i professionisti. La frequentazione di un seminario in versione web organizzato dall’ente Euroconference e rivolto interamente alla materia del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza si è rivelato utile per raffinare lo studio del D. Legisl. n . 14 del 12 Gennaio 2019, calandolo all’interno di una visione sistemica e beneficiando al contempo di pareri forniti in tempo reale da parte di professori e tecnici relatori sui temi trattati. Dunque la scrittura della presente trattazione non intende presentarsi come un mero sforzo didattico finalizzato alla conclusione del percorso universitario, bensì come la formalizzazione su carta dei risultati di un’esperienza di studio e di documentazione da parte del Candidato che possa fornire autorevoli spunti in futuro per le esigenze lavorativo- professionali connesse alla gestione della crisi d’impresa in ottica pre-concorsuale e concorsuale. Occorre dunque ringraziare il Relatore Professoressa Amal Abu Awwad per la professionalità e il supporto mostrati durante le operazioni di scrittura. Il Dominus responsabile del tirocinio preparatorio all’esame di stato Dott. Moretti Antonio, operante da