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La responsabilità dell’Organo di Controllo in ordine alla situazione di Cris

In chiusura del presente capitolo passiamo in rassegna i tratti fondamentali dei profili di responsabilità pendenti nei confronti di tutti quei soggetti che nel panorama delle società di capitali possono essere incaricati di funzioni di controllo. Sarà ancora una volta opportuno compiere una distinzione tra sindaci e revisori non solo sul presupposto della diversità dei compiti loro assegnati ma anche a causa di alcune differenze nelle modalità di valutazione e di calcolo delle loro condotte pregiudizievoli. Partendo dalla posizione dei sindaci, l’architrave su cui misurare la loro responsabilità è senz’altro rappresentato dall’art. 2407 cc, il quale ha conosciuto una sensibile modifica, come del resto la totalità delle disposizioni in materia, a partire dal D. Legisl. n. 6 del 2003 attuativo della Riforma di Diritto Societario. Al comma 1 si afferma che i membri del collegio sindacale devono adempiere ai loro doveri con la professionalità e diligenza richieste dalla natura dell’incarico. Inoltre sono responsabili della veridicità delle loro attestazioni e devono mantenere il segreto sui fatti e documenti di cui hanno avuto conoscenza per mezzo del proprio ufficio. Già da una prima lettura saltano all’occhio i parametri a cui il legislatore ha inteso commisurare il canone di condotta del “buon sindaco”. Viene infatti richiesto un approccio tecnico-professionale, ben lontano e molto più forte rispetto al concetto privatistico di “diligenza del buon padre di famiglia”. Peraltro si aggiunge che l’attività dei sindaci deve essere parametrata alla natura del mandato assegnato loro, da cui ne deriva che gli elementi connessi alla natura, dimensioni dell’impresa, alla sua configurazione strutturale, al sistema di attribuzione dei poteri e delle deleghe, alla complessità dell’incarico ecc. giocheranno un ruolo determinante nella valutazione dell’entità dell’inadempimento commesso146. Approfondendo l’analisi di

tale primo comma, possiamo riscontrare una qualifica generale di tutte quelle fattispecie che potrebbero rientrare in una definizione di responsabilità dirette dei sindaci, in quanto connaturate ad inadempimenti strettamente imputabili ai medesimi, come ad esempio la violazione del vincolo di segretezza. Tale riflessione acquista un certo valore se proseguiamo con il successivo comma 2, dedicato invece ai casi di responsabilità individuabile come indiretta, poiché concatenata ad una condotta negligente verificata in primo luogo da parte dell’organo di gestione della società e a cui si affianca poi perfino quella del collegio. La norma dispone che i sindaci siano responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi connessi alla loro carica. Il disposto testuale in questo caso evidenzia il presupposto di base affinché l’operato dei gestori possa produrre degli effetti di riflesso sui sindaci. Questi ultimi in particolare, possono essere chiamati a rispondere in solido se si verificano le seguenti condizioni :

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1) gli amministratori assumono un comportamento inadempiente, violando di per sé il dettato degli artt. 2392 cc e seguenti e arrecando un danno o pregiudizio alla società, soci o terzi;

2) i sindaci dal canto loro non provvedono ad eseguire con diligenza le attività di controllo richieste dal loro incarico;

3) Si qualifica un rapporto di causa-effetto per cui è manifesto che qualora il collegio sindacale avesse esercitato correttamente la propria funzione di vigilanza il fatto lesivo e pregiudizievole non si sarebbe prodotto.

Per quanto riguarda il principio di solidarietà a fronte delle obbligazioni conseguenti rimandiamo a quanto detto sullo stesso tema a proposito degli amministratori, potendo essere chiamati a versare in via di regresso quanto già sostenuto dal soggetto chiamato ad adempiere all’integrale risarcimento. Elemento significativo da tenere presente è il mantenimento della totale equi-proporzionalità all’interno dei componenti del collegio , per cui ciascun sindaco è tenuto a concorrere parimenti agli altri. Situazione ben distinta invece è quella che emerge dalla disciplina relativa ai revisori legali. Nei loro confronti si esprime l’art. 15 del D. Legisl. n. 39 del 2010. Al comma 1 dello stesso si afferma che i revisori legali e le società di revisione legale rispondono in solido tra loro e con gli amministratori nei confronti della società che ha conferito l’incarico di revisione legale, dei suoi soci e dei terzi per i danni derivanti dall’inadempimento dei loro doveri. Il principale elemento di distinzione tra la disciplina relativa ai sindaci e quella dei revisori è contenuta tuttavia nel capoverso successivo, secondo cui “nei rapporti interni tra i debitori solidali essi sono responsabili nei limiti del contributo effettivo al danno cagionato”. Dunque, una volta confermato il già citato principio solidaristico, il quadro delle responsabilità revisionali prevede un principio aggiuntivo, vale a dire quello della proporzionalità. In altri termini ciascun revisore può essere chiamato ad adempiere all’obbligazione di risarcimento, seppur mantenendosi il diritto di regresso, per un importo dovuto pari al suo effettivo concorso alla produzione dell’effetto lesivo. In altri termini occorre chiedersi in che misura ciascuno di essi ha determinato il verificarsi del danno. Una qualificazione che complica la disposizione in commento più di quanto non accada sul piano del collegio sindacale147. Il successivo comma 2 precisa poi che al concorso partecipino il responsabile o partner della revisione e i dipendenti che vi abbiano prestato collaborazione, chiarendo che la qualifica di firmatario non esonera da responsabilità i restanti componenti del team incaricati di cooperare per la formulazione del giudizio sull’attendibilità sostanziale del bilancio. Il comma 3, in chiusura dell’articolo, tratta il tema dell’azione per richiedere il risarcimento del danno, la cui legittimazione attiva si prescrive decorso il termine di cinque anni dalla data della relazione di revisione sul bilancio dell’esercizio o consolidato emessa al termine dell’attività revisionale a cui si riferisce il risarcimento stesso.

147 Le differenze esistenti tra la disciplina della responsabilità dei sindaci e quella dei revisori è stata tratta

dalle lezioni di Tecnica Professionale Corso Progredito a cura del Professor Bruno Munda, Dipartimento di Economia e Management, Università di Pisa, anno accademico 2018-2019

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Resta adesso da comprendere, secondo un rapporto di causa ed effetto, quando tali rimedi offerti dal legislatore possono essere concretamente attivati. Indubbiamente la condotta dei soggetti depositari dei compiti di controllo deve macchiarsi di inadempimento, venendo meno agli obblighi, tra cui quello di diligenza, connaturati alla propria carica. Altro denominatore comune, come già indicato, si colloca nella manifestazione di un effetto lesivo e pregiudizievole nei confronti di una platea ampia di contro interessati, che comprende la società stessa, la sua compagine sociale e i terzi in genere, tra cui, in una posizione di primo piano, i creditori. Di conseguenza la base di riferimento utilizzabile come metro di valutazione per l’operato dei sindaci va rintracciata prima di tutto nell’art. 2403 cc, che ne sancisce i doveri, unitamente a quanto previsto dalle Norme di comportamento suggerite dalla prassi professionale. Per i revisori, d’altro canto, sarà indispensabile conformare la propria attività alle disposizioni del D. Legisl. n. 39 del 2010, integrandole con il dettato dei principi di revisione utilizzati nello svolgimento delle verifiche. Questi ultimi, se correttamente applicati, possono compiere una funzione di sollevazione da responsabilità perfino per il collegio sindacale, specie per i giudizi da esprimere in ordine al mantenimento o meno della prospettiva di continuità aziendale, su cui è richiesto un attento monitoraggio da parte della totalità dei controllori della società, sia interni che esterni. Nei confronti dei sindaci una condotta negligente, non curante o imperita può ravvisarsi in relazione alla vigilanza sul rispetto della legge e dello statuto, ogni qual volta in cui sia omessa o non sufficiente la verifica sulla regolarità procedurale e formale dei processi che conducono all’adozione delle decisioni e deliberazioni degli organi sociali, così come in relazione alle operazioni di aumento o riduzione del capitale sociale, alle emissioni di prestiti obbligazionari, alle varie operazioni straordinarie di fusione, scissione, trasformazione societaria, che richiedono inoltre una scansione ben precisa dei vari adempimenti pubblicitari che integrano simili operazioni. Parimenti, la supervisione sulla applicazione dei principi di corretta amministrazione da parte dell’organo di gestione, se disattesa, può qualificare quelle fattispecie di responsabilità solidale e concorrente del collegio sindacale per fatti e omissioni di questo. Un esempio classico è dato dalla mancata adozione di un’iniziativa in tutti i casi di inerzia degli amministratori, come la convocazione assembleare per assumere gli opportuni provvedimenti in caso di perdite rilevanti e gravi del capitale sociale, piuttosto che al manifestarsi di una causa legittima di scioglimento da cui far decorrere le operazioni connesse all’ingresso nella gestione liquidatoria. La stessa corretta amministrazione diviene fulcro portante delle scelte di gestione perfino in contesti di crisi, in pendenza dei quali si lega a doppio filo con l’adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili che ne costituiscono una specificazione. Perciò se già in fase fisiologica della vita dell’impresa i sindaci erano chiamati a pronunciarsi sull’azione amministrativa in relazione a dette tematiche, che imponevano di stabilire l’idoneità del sistema di regole e procedure interne strutturato dalla società per gestire correttamente il sistema di poteri e deleghe, la divisione dei compiti e delle mansioni, nonché le modalità operative e di monitoraggio della funzione contabile, tali compiti si rendono oggetto di un ulteriore rafforzamento nella logica anticipativa dei fenomeni di dissesto fatta propria da l

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Codice della Crisi148. Gli assetti sopra citati formano infatti un rilevante presidio in grado di intercettare in primi sentori di difficoltà all’orizzonte, dai quali per di più prende spunto l’iter di segnalazione che vede sindaci e revisori in prima linea per mantenere fede ai propri obblighi, ai sensi dell’art. 14 del testo di legge sopra richiamato. Di conseguenza assetti inadeguati formano il presupposto per sollevare responsabilità amministrative, ma la scarsa o assente vigilanza sui medesimi si riflette inesorabilmente sui controllori, che non adempiendo con diligenza ai doveri connessi all’incarico concorrono per certi versi a causare o almeno mantenere le inefficienze segnaletiche. Il comma 3 dell’articolo citato poc’anzi attribuisce non a caso un “valore esimente” alla corretta e concreta attivazione del meccanismo d’allerta ivi disciplinato da parte dei soggetti incaricati del controllo, i quali si adoperando dunque per rendere edotti i gestori della società delle minacce incombenti, nel tentativo di attivare un virtuosa spinta all’elaborazione di soluzioni volontarie e a sfondo totalmente negoziale149. In relazione poi ai casi specifici integranti i presupposti per promuovere azione di responsabilità nei confronti dei revisori, possiamo individuare tutte le manifestazioni di un attività orientata alla formulazione di un giudizio compiacente, magari favorevole e migliorativo della rappresentazione di bilancio. In tal caso l’attendibilità sostanziale risulterà viziata da una condotta dolosa, in quanto volontariamente preordinata a far conseguire un vantaggio indebito alla società cliente, la quale potrebbe magari utilizzare appositamente la falsa informativa contabile, certificata dalla figura professionale esterna, al fine di porsi in una posizione di favore nei rapporti con i vari stakeholders. Esemplificazioni di derive patologiche in tal senso potrebbero essere date dall’erogazione di maggiori risorse finanziarie a titolo di capitale di credito da parte di istituti bancari ed altri intermediari, piuttosto che la conclusione di un importante contratto con un cliente strategico per il mercato, o ancora convincere la compagine sociale a sottoscrivere un cospicuo aumento di capitale. Nelle varie ipotesi elencate la responsabilità dei revisori andrà ad aggiungersi ad un inadempimento degli amministratori secondo una logica concorrente. Tuttavia non si deve escludere la possibilità che l’azione contro i revisori possa essere promossa per semplici imperizie e imprudenze che, in assenza di un atteggiamento volontario, dimostrino una semplice carenza di diligenza professionale. Ciò può verificarsi qualora la soglia di materialità dell’errore sia fissata ad un valore drasticamente elevato e tale da pregiudicare l’attendibilità dei risultati dei test svolti, i quali presumibilmente non evidenzieranno errori rilevanti. Analoga considerazione può compiersi nel caso in cui il giudizio positivo sia stato espresso in mancanza di un sufficiente livello di informativa per esercitare controlli su una o più aree numericamente significative per la rappresentazione di bilancio.150 In conclusione pertanto si può riconoscere che, in modo analogo a quanto disposto per gli strumenti volti a fronteggiare il dissesto dell’impresa, anche per le connesse responsabilità riferite a sindaci e revisori il legislatore della Riforma del 2019 ha preferito partire dalle stesso norme cardine

148 “Doveri e responsabilità degli amministratori e dei sindaci” di N. Abriani, in “La riforma del Fallimento”,

Guida Giuridica, pubblicato su Italia Oggi, 23 Gennaio 2019

149 “Collegio Sindacale e prevenzione della Crisi d’impresa” di R. Russo, pubblicato in “Giurisprudenza

Commerciale” Editore Giuffrè, 2018, Fascicolo n.1

150 Per approfondire le fattispecie di responsabilità dei revisori si veda il principio di revisione ISA Italia n. 240

consultabile sul sito www.revisionelegale.mef.gov.it, oltre a “Revisione legale dei conti”, AA.VV., Editore Ipsoa Libri, 2020 e A. Soprani “Revisione legale dei conti”, Editoria Euroconference, 2017

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già esistenti nell’ordinamento giuridico in precedenza e caricarle di un significato nuovo, rafforzato, che ampliasse le fattispecie di inadempimento nelle fasi patologiche dell’impresa, al fine di costituire dei maggiori presidi di garanzia sia degli interessi di tutela dell’integrità del patrimonio sociale in favore dei creditori, sia con uno spiccato favor per la continuazione dell’attività, preservando la libertà di iniziativa economica privata e al contempo il valore dell’investimento in capitale di rischio effettuato dai soci e dai partecipanti a vario titolo all’impresa stessa.

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