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1329 Aliprandi che rinnega completamente la fedeltà al Bavaro, definendolo non vero imperatore,

Nel documento Cronaca 1326-1340 (pagine 197-199)

quare melius est quod vadat cum suis in suis partibus. Ossia: è meglio che se ne vada dalle parti sue

con i suoi. Paolo Aliprandi non è l’unico ipocrita: il consiglio tutto balza in piedi e giura fedeltà ad Azzo.91

Il giorno seguente arriva in città una lettera di Azzo Visconti che ringrazia e dichiara la sua protezione su Monza, chiamando i Monzesi amici & socii & fratres.

Nel maggio di quest’ anno risultano aver scelto il campo del papa di Avignone anche le città lombarde di Pavia, Novara, Vercelli, Lodi e Bergamo.92

Ludovico di Wittelsbach lascia la Toscana e si dirige verso la Lombardia. Al Po, 600 dei suoi fanti e balestrieri italiani disertano e si uniscono ad Azzo. Ludovico è furibondo. La sua ira non diminuisce nel vedere i signori ghibellini lombardi apparecchiati in armi contro di lui.

Il Bavaro, varcato il passo della Cisa, arriva in Lombardia e convoca tutti i signori ghibellini a parlamento.93Il convegno, al quale partecipano Cangrande, Luigi Gonzaga, Rusca da Como, Ponzoni da Cremona, dura da venerdì santo al 26 di aprile. Azzo non partecipa e dice esplicitamente che né lui, né i Milanesi vogliono sottomettersi all’imperatore.94Il Bavaro, allora, ordina una spedizione contro Azzo Visconti. Il 21 aprile, Ludovico incontra Cangrande, che si reca al convegno di Marcaria con più armati di quelli dell'imperatore. Tuttavia, il signore di Verona non ne vuol sapere di andare contro Azzo, suo antico compagno d’arme. Per tutta la durata del convegno piove incessantemente.95

Come abbiamo visto, Il 18 aprile Azzo aveva conquistato Monza con 500 cavalieri, facendo ritirare nel castello i soldati del Bavaro. Mentre, in maggio, Ludovico di Wittelsbach si avvicina a Monza da est, una gran pioggia ingrossa e fa tracimare le acque del Lambro, così che per vari giorni è impossibile guadarlo. Un cavaliere, che coraggiosamente cerca un passaggio, è travolto dalla corrente e sparisce tra i gorghi. Dopo qualche giorno di inutile attesa, Ludovico accetta i consigli di chi conosce il terreno e, compiendo un lungo giro, piomba su Monza da settentrione. Tuttavia, trova chiuse le porte e, dopo la metà del mese, rinuncia a Monza e va ad assediare Milano. Il 21 maggio arriva sotto Milano e ne intraprende l'assedio. Ludovico pone il suo campo nei pressi di una famosa osteria al Ponte di Archeto. L’11 di giugno il Bavaro avanza il campo al monastero di San Vittore, di fronte alla pusterla S. Ambrogio. Sono con l’imperatore anche 400 uomini d’arme inviati da Cangrande e comandati da Spinetta Malaspina.96Il Bavaro vuole impadronirsi del borgo di Porta Ticinese, per prenderne i mulini ed affamare Milano. Tutti i tentativi dell’esercito imperiale sono però vani.97

Azzo, prudentemente, fa mostra di gran rispetto per l’imperatore e gli manda quotidianamente vini e doni e, infine, lo convince a trattare. Al rispetto di Azzo fanno

91MORIGIA, Chronicon Modoetiense, col. 1155-1157; GIULINI, Milano, lib. LXIV, questi fa notare che Azzo si

intitola vicario imperiale, sottintendendo così che egli ritiene Ludovico giusto imperatore. CORIO,

Milano, I, p. 716-717.

92 SPANGENBERG, Cangrande, p. 301. Il podestà di Milano è un Bergamasco: Guiscardo Lanzi, BELOTTI, Bergamo, p. 425.

93Inizialmente l’incontro si doveva tenere a Parma, ma i reggenti del comune temevano la scomunica ed

allora la riunione si è svolta a Marcaria, nel Mantovano. COGNASSO, Visconti, p. 160. Si veda comunque,

sotto, il paragrafo dedicato al convegno.

94Azzo lo dice a Spinetta Malaspina, emissario di Cangrande. MUSSATO, Ludovicus Bavarus, col. 780. 95Chronicon Parmense, p. 192.

96 Spinetta non partecipa ai combattimenti, il motivo per il quale Cangrande l’ha inviato ad Azzo è

quello di convincerlo di sottomettersi al Bavaro. DORINI, Spinetta Malaspina, p. 120-121.

97Un cenno sul viaggio del Bavaro da Cangrande in CORNAZZANI, Historia parmensis, col. 736; la fonte

principale è MORIGIA, Chronicon Modoetiense, col. 1158; GIULINI, Milano, lib. LXIV, che sostanzialmente

riprende quanto narrato da Morigia, però aggiungendo interessanti osservazioni, ad esempio egli crede che il «monastero di moniche posto sul principio di quel borgo (borgo di Porta Ticinese) che allora chiamavasi delle Signore Bianche sotto il Muro, acquistasse il soprannome della Vittoria». Annales

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contrappunto i lazzi che i Milanesi lanciano al Wittelsbach dall’alto degli spalti e che Galvano Fiamma ci ha conservati: «O gabrione embriose, bibe, bibe, baby babo» che dovrebbero circa significare: testa calva, ubriacone e babbeo.98

Previo pagamento di una modesta somma in fiorini, una miseria di 13.000 fiorini subito e 2.000 per ogni ulteriore mese di permanenza del Bavaro in Italia, Azzo ottiene il castello di Monza e la partenza dell'imperatore. Ludovico è così arrendevole perché le sue casse sono terribilmente vuote e in questo secolo la guerra si può più con i fiorini che con le armi: senza denaro non si possono pagare i cavalieri e questi sono spesso costretti a impegnarsi armi e cavalcatura, pur di sfamarsi; ragion per cui molti, delusi e allo stremo, tendono ad abbandonare l'esercito e a trovare padroni più solvibili di coloro che sono in arretrato con le paghe e che non possono neanche promettere ricchi bottini con la conquista di sventurate cittadine.

Il Bavaro parte per Pavia il 19 giugno, giorno dei Santi Protaso e Gervasio.

Ludovico il Bavaro riesce a far liberare Amorato della Torre, figlio giovinetto di Guido della Torre, imprigionato dai Visconti nella presa di Pavia. L’imperatore fa un buon affare perché i della Torre, riconoscenti, gli donano 1.500 fiorini d’oro.

Per il fatto di aver impedito l'ingresso del Bavaro a Milano, Azzo rientra nella considerazione e nella benevola simpatia di Giovanni XXII, e così pure suo fratello Giovanni, che ha deposto il cardinalato conferitogli dall'antipapa.99

§ 35. Ancora sul convegno di Marcaria

Occorre narrare un episodio occorso a Parma che ha a che fare con l’arrivo del Bavaro al convegno del Venerdì Santo. Originalmente l’incontro si doveva tenere in Parma; infatti Cangrande, in aprile, convoca a Verona Rolando Rossi e lo informa della venuta dell’imperatore e della decisione di incontrarsi a Parma. Rolando non fa difficoltà: torna in città ed informa i Sapienti e gli Anziani. Immediatamente viene nominato un gruppo di persone che hanno il compito di identificare le case dove alloggiare tutti questi uomini che debbono arrivare nella bella Parma. L’azione precede il pensiero: infatti «deliberato et habito saniori consilio» ci si rende conto che una tale esposizione della città potrebbe valerle la scomunica da Avignone. I Sapienti raccomandano non solo che il Bavaro non debba alloggiare in città, ma che non deve neanche entrarvi. Marsilio Rossi cavalca incontro a Cangrande che è già uscito per recarsi all’incontro. Cangrande comprende i buoni motivi dei signori parmigiani e torna docilmente a Verona. Viene definito come luogo di convegno Marcaria, una località sull’Oglio, a circa 10 miglia ad ovest di Mantova.

Il percorso del Bavaro, che ha lasciato la Toscana il 14 aprile, è terra di Terenzo, di qui , per Colico (Collecchio) e Fabrario e Blanconesio (Bianconese) oltre il Taro, procede per terra di Sissio (Sissa), dove viene ospitato per la notte. Intanto, piove intensamente rendendo sgradevole il viaggio. Per tutto il percorso il comune di Parma invia a Ludovico ed alle sue truppe vettovaglie, pane, vino e spelta. Domenica, il Bavaro passa il Po, una parte dei suoi va a Cremona, egli stesso e gli altri a Marcaria, dove convengono tutti i signori ghibellini.100

98GALVANOFIAMMA, Opusculum, p. 7 e nota 4.

99MORIGIA, Chronicon Modoetiense, col. 1158-1159; GIULINI, Milano, lib. LXIV; CORIO, Milano, I, p. 716-718.

Questi pubblica alle p. 719.721 il privilegio con il quale il Bavaro nomina Azzo suo vicario.

100Chronicon Parmense, p. 191-192. Il percorso è interessante: è quello dell’attuale ss n° 62, che varca al

Passo della Cisa e segue il corso del Taro appunto da Terenzo. A Collecchio se ne distacca, perché la via passerebbe entro Parma e quindi l’esercito piega verso nord, probabilmente passa Ponte Taro e alloggia a Bianconese; quindi lo passa nuovamente e va a Sissa che è a poco più di un miglio dalla confluenza del Taro nel Po. Immaginiamo questo percorso nella sua difficoltà: con una pioggia incessante, con i fiumi minacciosamente gonfi, tanto che usciranno dagli argini un paio di giorni più tardi. Su questo argomento si veda AFFÒ, Parma, IV, p. 259-260. MARANGONE, Croniche di Pisa, col. 674.

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