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1329§ 25 Saluzzo e il Piemonte

Nel documento Cronaca 1326-1340 (pagine 191-193)

Federico di Saluzzo, il primogenito di Manfredi IV, che è stato diseredato dal padre, a fine gennaio, entra a Donero, la conquista e fa sua anche l’alta valle del Maira.61

Il 22 marzo «ne ly praty dy la Morra» viene stipulata la pace tra Federico di Saluzzo, figlio ribelle del marchese Manfredi perché diseredato, ed i suoi tre fratellastri: Manfredi, Teodoro e Bonifacio. Ciò è dovuto al giudizio arbitrale dei fratelli del marchese: messer Giovanni Grand e messer Giorgio di Saluzzo.

Federico è figlio di primo letto del marchese con Beatrice d’Angiò, gli altri sono il frutto del matrimonio di Manfredo con l’ambiziosa Elisabetta (o Isabella) Doria.

Sono testimoni all’atto il marchese Oddo del Carretto e messer Enrico de Brayda. Il documento sentenzia, esecutori il marchese Oddo e Mulazzano bastardo di casa Saluzzo, che, alla morte del marchese, gli succederebbe il primogenito Federico e, in successione, Tommaso. Solo se tale linea, per qualche motivo si interrompesse, il titolo passerebbe agli altri figli di secondo letto di Manfredo di Saluzzo. A Federico spetterebbe anche la terra che ora tiene Tommaso e quella di Giovanni di Saluzzo che quindi ora conserva in feudo da Federico.

I fratellastri di Federico, Manfredi, Teodoro e Bonifacio alla morte del padre abbiano la terra di là dal Tanaro, quando questo piega verso settentrione: Murazzano, Rocca Cigliè, Farigliano, come feudo ricevuto da loro fratello Federico.

In poche parole: i diritti di Federico sono pienamente riconosciuti. Il marchese Manfredi, dopo essere stato costretto a giurare la sentenza arbitrale dei fratelli, ci ripensa e, scarso ad argomenti, impugna le armi. Si unisce alle forze del principe Filippo di Savoia Acaia e marcia contro suo figlio Federico.

Il marchese tenta di strappare «per vie indirecte», probabilmente quindi con la corruzione, il castello di Saluzzo, guardato da Corradino, bastardo di Manfredo, il quale, secondo sentenza, lo deve custodire per Federico. Federico però è molto svelto, si installa immediatamente nella fortezza, la munisce e sventa il piano.

Il marchese Manfredo assegna allora a Manfredi, suo figlio, il castello di Bargiè, che Federico prende prima che il suo fratellastro possa entrarvi. A questo punto lo assale alle spalle Oddo del Carretto che glielo strappa.62

Federico può contare sull’appoggio del delfino di Vienne, suo cognato.63

A maggio, re Roberto d’Angiò ha nominato suoi procuratori per trattare la pace di fronte al papa, il suo senescalco, il giudice Maggiore, Giovanni Cabassole e Adenolfo Cumano, procuratore della Provenza. La controparte è costituita dal conte Edoardo di Savoia, Filippo di Savoia Acaia, il marchese del Monferrato Teodoro I e Manfredi di Saluzzo.

Intanto, gli Angioini riprendono Carrù. In maggio fanno rientrare in Asti i fuorusciti Asinari e costringono Filippo di Savoia Acaia a munire Savigliano, Fossano e Cavallermaggiore. Gli Angioini concentrano le loro forze presso Cherasco, sotto il comando del senescalco Giovanni de Acquablanca. In luglio sorprendono Sommariva Perno e ne assediano il castello.64

§ 26. Fallito tentativo di conquista di Reggio

Il 19 marzo il maliscalco del legato del papa, Bertrando del Poggetto, che è a Bologna, cavalca su Reggio con 800 cavalieri e 16.000 fanti. Ha in essere un accordo segreto con alcuni cittadini, tra i quali messer Giovanni di Giuliano dei Levalori (o Levalosso),65che gli deve aprire la porta di S. Nazario. Le truppe ecclesiastiche riescono effettivamente ad entrare in città

61MONTI, La dominazione angioina, p. 169; MULETTI, Saluzzo, p. 170-171.

62 GIOFFREDO DELLACHIESA, Cronaca di Saluzzo, col. 956-958. Per altre informazioni, specialmente per

l’area di Savigliano, si veda TURLETTI; Savigliano; I; p. 174-179. Molto dettagliato e documentato MULETTI,

Saluzzo, p. 179-186.

63ROGGERO-BARGIS, Saluzzo, p. 38 e MONTI, La dominazione angioina, p. 169-170. 64MONTI, La dominazione angioina, p. 169-171.

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segretamente, però, per colpa del capitano che si è attardato a S. Martino, si sta facendo giorno e i soldati si nascondono nei palazzi dei Roberti, in S. Martino dei Roberti; sono però molti ed il rumore che fanno crea allarme. Il tradimento viene scoperto, la città si arma, animata da Antonio Lupi di Canoli, affronta il maliscalco, che fugge. Il maliscalco dà guasto al territorio.

La cronaca di Reggio aggiunge qualche interessante particolare: l’esecutore fisico del tradimento è stato fra’ Zifredino de’ Muti, il quale, la sera precedente, si è fatto consegnare dal capitano la chiave della porta del borgo di S. Nazario, con la scusa di voler andare a visitare i suoi. Il capitano, il quale si dovrebbe scomodare ad alzarsi e andare ad aprirgli a porta in piena notte, si è lasciato facilmente convincere a dargli la chiave. Mentre i soldati del legato entravano nel borgo, il frate saliva sulla torre campanaria del monastero di S. Prospero, pronto a suonarla quando si scatenasse l’attacco. Ma, quando vede i militari penetrati in città volgere le spalle e darsi alla fuga, precipitosamente scende dalla torre e se ne fugge con loro a Bologna.

Passata la tempesta, il comune di Reggio cerca di identificare e punire i colpevoli del colpo di mano. Imprigiona messer Giuliano, padre del traditore Giovanni dei Levalori e fratello dell’abate Albertino, il quale è a Bologna. Giuliano si riscatta brillantemente usando il denaro del monastero. I da Fogliano sequestrano i beni del monastero ed impiccano Guercio dei Luisini sul sommo della porta di S. Nazario. Guercio è colpevole di essere stato a conoscenza del tradimento e di aver taciuto. Egli è stato catturato, mentre, vestito da donna e filando come fanno le donne, cercava di uscire dalla porta di Reggio.66

§ 27. Volterra e un corredo militare

All’inizio dell’anno, per reagire alla minacciosa presenza del Bavaro, i Volterrani mandano in Provenza Neri di Rustichino Minucci con l’incarico di reclutare cavalieri. Il 28 marzo Neri assolda Piero di Ponso Marsano «conestabile di 244 cavalcatori vecchi del regno di Francia». Il contratto ha la durata di almeno 6 mesi, con la paga di 19 fiorini al mese al conestabile, 16 all’alfiere ed 8 ai “cavalcatori”. I cavalli debbono valere 30 fiorini minimo. La compagnia ha 72 ronzini, 4 palafreni e 2 trombetti; ogni guerriero è equipaggiato con bacinetto, barbuta o elmo o crestuta, gorgiera o gorzale, calze e fianchi d’acciaio, maniche e guanti di maglia, braccieri di ferro o di quoio cotto, coltello, spuntoni, spada, gambaroli e cosciali di ferro o di cuoio cotto, con sproni e lance. Se, alla rivista, manca qualcosa, multa di 20 soldi al giorno. I militi combattono a loro rischio. Se catturano nemici, il comune di Volterra dà loro 25 lire per ogni cavalleggero catturato e 10 per ogni fante. Le bandiere prese sono del comune. Se espugnano un luogo murato, i militi hanno paga doppia.67Non possono prestare o impegnare cavalli, sotto pena di lire 100.68

Le truppe dell’imperatore conquistano il castello di Miemo con un’azione a sorpresa. È vero che la fortezza non è molto distante da Volterra, in linea d’aria sono una decina di miglia, ma le strade che dal castello portano a Volterra sono tortuose e tracciate in modo da contornare il monte del Poggio di Mela, quindi la minaccia per il comune toscano è relativa. Miemo è molto più importante per controllare la via che da Volterra conduce al mare. Comunque sia, il comune reagisce nominando una balìa della quale chiama a far parte Ottaviano Belforti, Lotto di Neri, Maltragi, Vanni di Ghino, messer Gentile di Notto, messer Baldinotto di Neri Baldinotti, messer Giovanni di messer Barone Allegretti, ser Giovanni di Pegolotto Pegolotti, ser Cione di Orlandino Landini e Strenna di Parente Buonparenti.

La balìa esce dalle mura di Volterra il 10 aprile, al comando di truppe, tra le quali il recentemente assoldato Piero di Ponso Marsano, per recuperare Miemo. I capi dell’esercito sono Lotto di Neri, Vanni di Ghino e Giovanni di Ciuccio. L’operazione si conclude felicemente e facilmente: il castello ritorna sotto custodia della guarnigione volterrana. L’ordine di Volterra è di

66GAZATA, Regiense, col. 40-41; PANCIROLI, Reggio, p. 309-311; TIRABOSCHI, Modena, vol. 2°, p. 237-238. 67MAFFEI, Volterra, p. 415,

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Nel documento Cronaca 1326-1340 (pagine 191-193)