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1329 Alla corte di Ludovico, in Pisa, sono, forse per costrizione, Giovanni, Azzo e Marco

Nel documento Cronaca 1326-1340 (pagine 183-185)

Visconti; questi, il 18 gennaio, negoziano con l'imperatore il conferimento del Vicariato di Milano ed il cardinalato (dall'antipapa, però) per Giovanni. Il tutto costa loro 60.000 fiorini.

Di questi fiorini Ludovico ne deve mandare 30.000 ai Tedeschi ribelli del Cerruglio, e Marco è mantenuto in ostaggio a questi uomini d’arme, in garanzia del pagamento. Giovanni e Azzo hanno licenza di recarsi a Milano, accompagnati dal Burgravio, il quale ha l’incarico di incassare il denaro promesso da Azzo al Bavaro.20

Il 29 di gennaio, cedendo alle pressanti istanze di Azzo Visconti, l’antipapa Nicolò V nomina cardinale Giovanni, figlio di Matteo Visconti, inviandolo come suo legato in Lombardia.21

Il 2 febbraio, Azzo e Giovanni arrivano a Monza, dove sono accolti con grandi feste dal clero e dalla popolazione. Per 13 giorni il Vicario di Ludovico, Guglielmo di Monfort non consente loro di prender possesso della città, reclamando il pagamento delle paghe arretrate.

Azzo finalmente soddisfa il Monfort, prende possesso del castello e poi parte per Milano. I Visconti entrano a Milano festosamente accolti. Azzo fa quindi un pagamento di 25.000 fiorini al Burgravio imperiale che lo aveva accompagnato. Ma questi se li porta in Germania, senza recare il denaro né a Ludovico, né ai Tedeschi della compagna del Cerruglio.

«Per la qual cosa l’imperatore se tenne ingannato da meser Azzo e dal Porcharo [Burgravio]».22 Ludovico non salda allora la quietanza ai Tedeschi disertori del Cerruglio e Marco rimane nelle mani dei Tedeschi, molto ben trattato e rispettato, ma pur sempre prigioniero.

Azzo Visconti intesta le proprie lettere: «Azo Vicecomes per sanctam romanam ecclesiam et

per seremissimum dominum Ludovicum principem Romanorum civitatis et districtus Mediolani vicarius generalis».23Si noti l’assenza del titolo di imperatore al Bavaro.

Azzo Visconti ordina che si muniscano e rinforzino le mura cittadine. Fa munire il borgo di Porta Ticinese, per proteggerne i mulini e fa costruire una fortificazione di difesa Stomdegarda) e alcuni battifredi sopra la riva del naviglio, allora detto Ticinello.24

§ 8. Muore Napino della Torre

Ad Aquileia, terra del suo parente il patriarca Pagano, viene a morte Napino della Torre, figlio di Mosca. Dalla sua unione con Zachara sono nati Cassono (Gastone) detto Pantheria, Moschino e Pagano.25

20 Rerum Bononiensis, Cronaca B, p. 411; una sintesi in CORNAZZANI, Historia parmensis, col. 736 che

aggiunge: «la qual cosa fu di molta tristezza alla parte de’ guelfi in Lombardia». Più ricco di particolari MORIGIA, Chronicon Modoetiense, col. 1153-1154 che costituisce la fonte di Bernardino Corio. CORIO,

Milano, I, p. 714-715. Si legga anche GIULINI, Milano, lib. LXIV, ricco, come sempre, di dettagli. Una

sintesi in COGNASSO, Visconti, p.158-159, Francesco Cognasso racconta il «viaggio pittoresco» della

comitiva viscontea, nella quale spicca Giovanni Visconti «che prendeva sul serio la sua dignità di cardinale e di legato apostolico, cavalcava con le sue purpuree insegne, preceduto dal chierico con la croce; dovunque arrivasse, pretendeva dal clero, dai magistrati, dalle popolazioni riverenza ed onori. Ma non dappertutto questo gli riusciva». GALVANOFIAMMA, Opusculum, p. 4 ci informa che Azzo è stato

battezzato con il nome di Ambrogio, ma viene comunemente chiamato Azzo dal nome del marchese d’Este, suo avo per parte di madre, Beatrice di Obizzo d’Este.

21Rerum Bononiensis, Cronaca B, p. 411; VILLANIGIOVANNI, Cronica², Lib. XI, cap. 116; GALVANOFIAMMA, Opusculum, p. 5; CORIO, Milano, I, p. 714.

22Rerum Bononiensis, Cronaca B, p. 411; GIULINI, Milano, lib. LXIV; Chronicon Parmense, p. 190 dice che il

percorso di Azzo e Giovanni Visconti passa per il Parmigiano, Cremona, Milano, dove arrivano il 10 febbraio. Il cronista con una tono maligno dice che Giovanni Visconti nominato cardinale da «ille qui

dicebatur papa» cavalca con «capelo rubeo» da cardinale vorrebbe essere accolto da una processione di

prelati fuori delle mura della città, poiché Parma rifiuta, egli non entra in Parma, ma transita nel territorio.

23Chronicon Parmense, p. 190.

24GALVANOFIAMMA, Opusculum, p. 6. 25CORIO, Milano, I, p. 715-716.

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§ 9. Viterbo, Silvestro Gatti sventa un’aggressione guelfa

Il legato pontificio Giangaetano Orsini si reca ad Orvieto con l’intento di mettere pace tra le diverse fazioni dei Monaldeschi, che si sono inimicati tra loro. Poncelletto Orsini si è schierato con una delle parti.26

Il 2 febbraio, il Capitano del Patrimonio Pontificio, Roberto d’Albarupe, unito agli Orvietani, insieme a Montemarte, Farnese, conti di Bisenzo, visconte di Campiglia, in tutto 300 cavalieri e 700 fanti, assale Viterbo. Entrati in città attraverso la Porta di Pianoscarano, i guelfi la corrono, arrivano in piazza, poi, credendo di aver vinto ogni resistenza, si sbandano a far bottino. Ma il signore di Viterbo, Silvestro Gatti, riorganizza le sue truppe, le ordina, sbarra le strade e affronta gli invasori. Prima che i guelfi riescano ad attestarsi in piazza, vi irrompono Marcuccio e Silvestro Gatti, alla testa degli armati ghibellini; lo scontro obbliga i guelfi a rinculare e «ad uscirsene con somma furia per quella stessa porta per cui erano entrati». Le perdite degli assalitori sono importanti: nello scontro muoiono 100 cavalieri, tra cui Cecco di Ciarfaglia Monaldeschi, e 200 fanti. Per più giorni i cadaveri degli uccisi giacciono insepolti sulla piazza, macabro segno che nessuno ha il coraggio di tornare nel luogo dello scontro, temendo reazioni della parte nemica. Silvestro, vedendo che nessuno osa contrastarlo, si proclama signore della città e viene scomunicato da Angelo Tignosi, vescovo di Viterbo e vicario apostolico.27

Dopo aver incassato il fallimento della loro impresa, gli ecclesiastici minacciano inutilmente Celleno e la rocca di Scalcola, ottenendo come unico guadagno di lasciare prigioniero nelle mani dei ghibellini uno dei loro migliori conestabili: Ghiglionetto di Vimonte.28

In questo intorno di tempo il Vescovo di Chiusi, Ranieri dei signori di Montepulciano, rinnova la sottomissione «in temporale e spirituale» di Chiusi al comune di Orvieto.29 Contemporaneamente gli Orvietani lasciano la signoria di Chiusi ai signori di Montepulciano.30

§ 10. Roma

Il 4 febbraio, i Romani, che, come il resto d'Italia centrale, patiscono la fame per la carestia, cacciano il vicario di re Roberto, Guglielmo di Eboli, perché incurante del bene di Roma. Creano Senatori Stefano Colonna e Poncello Orsini, che fanno prontamente affluire e distribuire granaglie alla popolazione.31

La situazione a Roma è lungi dall’essere tranquilla: il re di Napoli concede a Poncello Orsini di farsi scortare da una guardia armata di 8 uomini, per difendersi da eventuali assalti di Jacopo Savelli.32

§ 11. Clima

Per tutto gennaio, nel Parmigiano, non v’è freddo, né neve; sabato 14 febbraio per tutta la notte e per l’intero giorno seguente nevica e la neve dura in terra per più giorni.33

26MONALDESCHI, Annali romani, col. 532.

27BUSSI; Viterbo; p. 190; DELLATUCCIA; Cronaca di Viterbo; p. 33. 28ANTONELLI, Patrimonio, p. 264.

29 Ephemerides Urbevetanae, Estratto dalle Historie di Cipriano Manenti, p. 425 e nota 5. FUMI, Codice diplomatico della città d’Orvieto, p. 462-464, doc. 644 ci informa che Neri del fu Todinelli, cittadino

d’Orvieto, è sindaco e procuratore per tale sottomissione. Insieme a Chiusi si sottomette anche il castello di Montelucolo per opera del vescovo Ranieri del fu Guglielmo da Montepulciano.

30VILLANIGIOVANNI, Cronica², Lib. XI, cap. 117.

31VILLANIGIOVANNI, Cronica², Lib. XI, cap. 118; PELLINI, Perugia, I, p. 510; DUPRÈTHESEIDER, Roma, p. 488. 32CAGGESE, Roberto d’Angiò, II, p. 135.

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