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U N PLURALISMO CORPORATIVO : IL SOCIALISMO DELLE GILDE

3.3. Alla ricerca dell’equilibrio

A questo punto è importante sottolineare come l’attacco al centralismo statalista, sia di natura liberista che socialista, e la parallela costruzione di un’alternativa fondata sui corpi

102 NCA, G.D.H. Cole Papers, "Guild Socialism Papers", M39 "Minute Books (1916-1917), G.D.H. COLE, Quack Remedies and How to Know Them, senza data, p. 1. Questo testo viene pubblicato su «The

Guildsmen», n. 14, gennaio 1918, pp. 3-4.

103 NCA, G.D.H. Cole Papers, D3/3 "Conference, meetings", Second Annual Meeting: agenda, minutes, 7-8

aprile 1917.

104 Id, Conflicting Social Obligations, op. cit., p. 154. 105 Ivi, p. 159.

intermedi della società, sulle categorie professionali, non fu un’opera individuale di Cole. Sebbene il suo contributo fu centrale, queste idee ebbero molteplici interpreti. Il periodo che va dal 1917 al 1921, infatti, vide l’impegno di altri due importanti teorici che occorre prendere in esame: Harold Laski e Richard H. Tawney. Essi, insieme a Cole, pubblicarono proprio tra il 1917 e il 1921, pubblicano una serie di lavori che danno un quadro più organico della formulazione del pluralismo britannico del primo dopoguerra106. Harold Laski nacque nel 1883 a Manchester e ottenne, nel 1914, una laurea in storia al New College di Oxford e, tra il 1926 e il 1950, fu docente di teoria politica presso la London School of Economics di Londra. Fino alla metà degli anni Venti fu uno strenuo difensore del pluralismo che stiamo analizzando, ma dopo la crisi del 1929 si spostò su posizione più marxiste107. Richard H. Tawney, invece, nacque nel 1880 a Calcutta, e si laureò anch’egli

in storia presso il Balliel College di Oxford. Insegnò storia economica alla London School of Economics con vari incarichi dal 1917 fino al 1949, studiando in particolar modo, sulla scia di Max Weber, le relazioni tra riforma protestante e ascesa del capitalismo108. Nelle sue proposte politiche fu sempre influenzato dall’etica e dai valori cristiani, criticando l’individualismo egoistico della società capitalista109.

Se fino a questo punto la produzione teorica del pluralismo inglese e del socialismo delle gilde si era preoccupata in particolar modo di decostruire la tradizionale idea di sovranità monistica dello Stato centrale, asserendo contestualmente che l’individuo isolato era un’astrazione giuridica, dagli ultimi mesi della guerra e per tutto il primo dopoguerra ci fu invece un tentativo di recuperare una concezione di individualità, ricucendo quella frattura tra individui, corpi sociali e comunità che si era verificata con la Rivoluzione francese e che aveva dominato le teorie economiche e politiche del XIX secolo. Gli sforzi teorici di questi anni, infatti, non risultano essere uno sterile ritorno a filosofie individualistiche, bensì sembrano configurarsi come un tentativo di elaborazione di una

106 I volumi presi in esami sono i seguenti: G.D.H. COLE, Self-Government in Industry, op. cit.; Id., Social Theory, Methuen & Co., Londra 1920; Id., Guild Socialism Re-Stated, Leonard Parsons, Londra 1920; H.

LASKI, Studies in the Problem of Sovereignty, Humphrey Milford – Oxford University Press, Londra 1917;

Id., Authority in the Modern State, Humprey Milford – Oxford University Press, Londra, 1919; Id., The

Foundations of Sovreignty and Other Essays, Harcourt, Brace & Co., New York 1921; R.H. TAWNEY, The Acquisitive Society, Harcourty, Brace 6 Co., New York, 1921.

107 Per una biografia di Laski si rimanda a M. NEWMAN, Harold Laski: a Political Biography, Merlin Press,

Pontypool 2009.

108 La sua opera più importante è: R.H. TAWNEY, Religion and the Rise of Capitalism, Murray, Londra 1926. 109 Per un approfondimento biografico generale su R.H. Tawney si rimanda a: R. TERRILL, R.H. Tawney and His Times. Socialism as Fellowship, Deutsch, Londra 1974.

teoria degli equilibri sociali al fine di raggiungere un bilanciamento di poteri tra le due polarità dell’individuo e della comunità nazionale attraverso il fondamentale perno dei corpi intermedi della società.

Come vedremo a breve, Cole, Laski e Tawney riscoprirono certamente la valenza e l’importanza dell’individuo all’interno del corpo sociale, celebrandone differenze e specificità, ma tutto ciò fu effettuato senza modificare sostanzialmente le loro proposte politiche, che uscirono invece rafforzate proprio da tali nuovi fondamenti filosofici. I tre teorici, infatti, rimasero sostanzialmente fautori di un ordine sociale fondato sulle organizzazioni dei corpi intermedi, costruito ora però sulla presa di coscienza dell’importanza dell’individuo. Paradossalmente, proprio in nome delle infinite diversità individuali, venne riproposto un sistema basato sui corpi intermedi della società.

3.3.1 Individui e corpi sociali

La concettualizzazione della nuova idea di libertà individuale prese le mosse proprio dalla critica al governo bellico esposta nel paragrafo precedente. L’intervento del governo durante il periodo della guerra, infatti, aveva fatto sì che la sfera politica entrasse, come mai aveva fatto in precedenza, nelle vite personali di tutti i cittadini britannici. Nella seconda edizione di The World of Labour, uscita nel 1917, lo stesso Cole, rifacendosi, non a caso, ad un sindacalista rivoluzionario francese come Hubert Lagardelle, affermava:

Driven by the hard necessity of modern war, to intervene in industrial matters to an unprecedented extent, the State has proved itself, in the words of Mr. Lagardelle, “a tyrannical master”.110

Una prima preoccupazione era tipicamente mutuata dalle idee del maestro John N. Figgis, ovvero che una società così altamente centralizzata e statalizzata portava, come affermava anche Laski, «a certain over-simplification of the structure of society»111 dissolvendo i molti individui all’interno di un’unica volontà nazionale112. Ad un secondo

110 G.D.H. COLE, The World of Labour (2° ed.), G. Bell & Sons, Londra, 1917.

111 H. LASKI, The Case for Conscription, in «The New Republic», 6 novembre 1915, p. 22.

112 La presa di distanza da Figgis viene ufficializzata e dichiarata anche sulle pagine di «The Guildsman»

quando, nel dicembre del 1919, Ivor Brown afferma «while I have a great admiration for the erudition of the late Dr. Figgis I agree with very few of his conclusions […]. Either freedom exists in and for individuals, or it doesn’t exist at all». I. BROWN, Freedom and Dr. Figgis, in «The Guildsman», n. 36, dicembre 1919, p. 5.

livello cominciava ad emergere, nella critica al governo di Lloyd Geoerge, un elemento che discosta invece le teorie di Cole e Laski di questi anni da quelle dalle quali avevano mosso i primi passi nel periodo pre-bellico. Oltre al riconoscere la naturale e necessaria esistenza di organizzazioni di corpi intermedi all’interno della società, veniva abbozzata l’idea che ogni individuo, all’interno della comunità di appartenenza, poteva possedere molteplici e mutevoli lealtà associative: «the loyalties – scrive Cole nel 1917 – are so diversified because they are members of so many different groups»113. Il problema teorico, quindi, diventava ora come conciliare un insieme di diverse appartenenze associative, continuamente mutevoli, con un sistema sociale ordinato e coeso. Se gli individui erano diversi tra loro e avevano diversi insiemi di lealtà corporative valutate con diversi parametri nella loro importanza e nelle loro priorità, quale autorità poteva decidere quali erano le migliori realtà associative da rendere istituzionali?114

Come afferma giustamente Marc Stears, il riconoscimento della tensione teorica che si andava creando all’interno del gruppo del socialismo delle gilde sulle contrapposizioni tra libertà dell’individuo e autorità esterna, esercitata dallo Stato o dai corpi sociali, venne portato alla luce più dai loro opponenti115. Nei mesi finali della guerra e negli anni successivi, Cole e Laski accolsero con entusiasmo queste critiche ed anzi cominciarono a svilupparle rifiutando alcuni presupposti che erano stati fino a quel momento fondamentali nel loro pensiero. Come affermato in precedenza, questo è un passaggio molto importante nel percorso intellettuale di questo movimento di pensiero, che finì però per rinforzare le impostazioni politiche ed economiche già espresse negli anni precedenti.

La novità maggiore era rappresentata da una rivalutazione dell’individuo, che tornava ora al centro del sistema sociale. Rifiutando ideali comunitari, di stampo idealistico e organicista, Cole e Laski affermavano che, nonostante l’importanza e la necessità dell’associazionismo, l’uomo rimaneva pur sempre un’individualità che non poteva essere

113 G.D.H. COLE, The British Labour Movement, National Guilds League, Londra, 1915, p. 5.

114 Il problema è esplicitamente portato alla luce in H. LASKI, The Foundations of Sovreignty and Other Essays, op. cit., pp. 139-170.

115 Come afferma giustamente Stears, «the full implications of this set of observations were slow to dawn on

the new pluralists; but they were quickly spotted, and spelled out in detail, by their opponents». M. STEARS,

Progressives, Pluralists, and the Problems of the State, op. cit., p. 99. Uno dei primi a riconoscere la

contraddizione tra l’enfasi posta, negli anni precedenti, sull’importanza dei corpi intermedi della società e la rivalutazione dell’individualismo degli anni finali della guerra da parte del gruppo di Cole, fu il filosofo scozzese H.J.W. Hetherington in un contributo alla Aristotelian Society del 1917. Cfr. H.J.W. HETHERINGTON, The Conception of a Unitary Social Order, in «Proceedings of the Aristotelian Society»,

in alcun modo ricondotta nella sua interezza al corpo o all’associazione a cui apparteva. Proseguendo in questa direzione, entrambi i teorici cominciarono ad enfatizzare il ruolo delle scelte individuali nella costruzione delle realtà associative. Erano gli individui stessi, infatti, che decidevano le loro priorità economiche, sociali, culturali e politiche, aderendo o abbandonando di volta in volta le varie organizzazioni di categoria secondo i loro mutevoli bisogno e desideri.

Se, quindi, Cole, Laski e il gruppo del socialismo delle gilde e di coloro che vengono etichettati come pluralisti recuperarono un concetto di libertà fortemente radicato nell’individualismo, in che modo i gruppi sociali, i corpi intermedi, rimasero comunque l’architrave della loro elaborazione teorica? Una prima rapida risposta potrebbe essere quella che, pur riscoprendo la valenza dell’individuo in quanto tale, non mutò mai il convincimento che la realtà contemporanea era concretamente composta unicamente di gruppi. Il vero scopo, quindi, dell’elaborazione teorica di questi anni era proprio quello di conciliare l’osservazione di una società moderna industriale composta da corpi e categorie associative con la riscoperta culturale e filosofica dell’importanza essenziale dell’individuo nella sua unicità molteplice. L’equilibrio desiderato, quindi, doveva far si che l’individuo non fosse shiacciato associazioni o dai corpi socio-economici di appartenenza, ma ne divenisse invece parte integrante. Come affermava Ivor Brown, allievo di Cole al Balliol College di Oxford e collaboratore sia di «The New Age» che di «The Guildsman», in un volume del 1920:

The individualism of this century differs from the individualism of the last century in its acceptance of the group. Mill and Spencer imagined a tug-of-war to be between the Man and the State, a view of society which is dangerously over-simplified. The new democracy endeavours to take the individual as the basis, but welcomes as valuable support of freedom all the various associations and forms of community to which he is led by his interests.116

L’obiettivo era quindi quello di ricongiungere, conciliare e armonizzare l’interesse individuale con l’importanza dei gruppi e dei corpi sociali, per ricomporre le fratture sociali che erano andate crescendo nell’ultimo secolo e che avevano generato una società socialmente ed economicamente iniqua. La guerra aveva dimostrato come lo Stato tendesse ad aumentare i suoi livelli di interferenza nelle vite dei singoli cittadini, i quali necessitavano proprio delle istituzioni di categoria per riuscire a far sentire la propria voce.

L’individuo isolato veniva considerato, infatti, impotente di fronte alla forza dello Stato: come affermava Bertrand Russell, anche lui convinto in quegli anni dagli argomenti del socialismo delle gilde, i problemi del governo delle società contemporanee erano «the vastness of modern State and the helplessness of individuals in the grip of enormous organisation»117.

In questo modo i corpi sociali divenivano gli intermediari essenziali tra una dimensione privata dell’esistenza, il singolo individuo, e la dimensione sociale della comunità nazionale. La divisione dei poteri, quindi, non si sarebbe dovuta compiere secondo i tradizionali assi della democrazia ottocentesca, limitandosi a suddividere il legislativo dall’esecutivo e dal giudiziario. Tale divisione non rispecchiava, infatti, i pesi dei diversi gruppi sociali e finiva per consegnare il governo nella mani del gruppo, o della classe, più facoltosa. Una diversa ripartizione dei poteri decisionali, quindi, suddivisi a seconda della funzione dei diversi gruppi sociali, era necessaria proprio per permettere all’individuo di recuperare un ruolo all’interno dell’intero processo politico, cessando di essere una semplice pedina nelle mani delle organizzazioni economiche più potenti:

If the individual is not to be a mere pigmy in the hands of a colossal social organism, there must be such a division of social powers as will preserve individual freedom by balancing one social organism so nicely against another that the individual may still count. If the individual is not to be a merely insignificant part of Society in which his personality is absorbed, Society must be divided in such a way as to make the individual the link between its autonomous but interdependent parts.118

Una diversa ripartizione dei poteri politici avrebbe permesso all’individuo di esprimere realmente le sue diverse lealtà associative, permettendo così una più reale e precisa rappresentazione democratica dell’intera comunità nazionale. Durante la guerra Bertrand Russell, sulla stessa linea di Cole, affermava che «a great deal could be done by giving more autonomy to professions, trades and interests»119. Solamente in una società dove il potere politico sarebbe stato diffuso all’interno di molteplici e funzionali gruppi, il centro più importante della sovranità poteva tornare a essere l’individuo120.

117 B. RUSSELL, Why I Am a Guildsman, in «The Guildsman», n. 33, settembre 1919, p. 3.

118 G.D.H. COLE, National Guilds and the Balance of Powers, in «The New Age», vol. 20, n. 3, 16 novembre

1916, p. 58.

119 B. RUSSELL, in B. RUSSELL, C. DELISLE BURNS, G.D.H. COLE, Symposium: The Nature of the State in View of its External Relations, in «Proceedings of the Aristotelian Society», vol. 16, 1915-1916, p. 309. 120 Cfr. H. LASKI, Industrial Self-Government, in «The New Republic», 27 aprile 1918, cit. in MSTEARS, Progressives, Pluralists, and the Problems of the State, op. cit., p. 107.

3.3.2 La comunità nazionale come insieme di interessi

Sebbene questi argomenti abbiano una loro forza, il più chiaro sforzo esemplificativo e teorico venne ancora una volta da G.D.H. Cole, che nel 1920 pubblicò due importanti testi,

The Social Theory e Guild Socialism Re-Stated. Soprattutto nel volume The Social Theory

troviamo Cole all’apice del suo sforzo chiarificatore e definitorio. L’intero primo capitolo è dedicato infatti a fornire al lettore un significato preciso dei più importanti termini usati all’interno del volume121. Viene qui fornita l’importante distinzione, con le relative caratteristiche peculiari, dei tre concetti intorno a cui ruota la teoria sociale di Cole: il concetto di comunità, di società e di associazione. Il fondamento basilare è una riconsiderazione dell’individuo, dei suoi desideri, delle sue passioni e dei suoi interessi. Questi compongono e modulano l’intera comunità che diveniva, quindi, nelle parole di Cole «a complex of individuals, of rights and duties, of pleasures, pains, desires, hopes and fears»122. La comunità è, in questo contesto, il termine più inclusivo possibile: essa riuniva individui che sceglievano di vivere su uno stesso territorio con regole, abidutini e tradizioni proprie, sebbene sempre in movimento. Concetto elastico, la cui realtà era basata sulla consapevolezza dei membri appartenenti – «the reality of it consists in the consciousness if it among its members»123, affermava Cole – e la cui esistenza veniva giustificata dall’intenzione di perseguire il bene di ogni individuo che ad essa apparteneva: «in order to be a community, a group must exist for the good life»124, si legge nel volume del 1920.

Il dato fondamentale, quindi, è che nel pensiero di Cole la comunità non descriveva nessuna particolare tipologia di organizzazione sociale. La definizione dell’ordine politico interno è ciò che Cole indicava, invece, con il termine società. Quest’ultima non era semplicemente un gruppo di individui, ma si configurava invece come la risultante delle interazioni all’interno di una comunità:

Society […] is not a complete circle of social life, or a group of social beings, but a resultant of the interaction and complementary character of the various functional associations and institutions. Its concerns is solely with the organized cooperation of human beings, and its development consists not directly in the feeling of community

121 Stiamo facendo riferimento, più precisamente, al secondo capitolo, intitolato “Some Names and Their

Meanings”. G.D.H. COLE, The Social Theory, op. cit., pp. 25-46. 122 Ivi, pp. 1-2.

123 Ivi, p. 26. 124 Ibidem.

among individuals, but in the better coherence and more harmonious relationship of the various functional bodies within the community.125

Se la comunità – locale, provinciale o nazionale – era un gruppo di individui che, per tradizione e interessi, avevano deciso di cooperare per il bene comune, la società sembra indicare nel lessico gildista più che altro un sistema di ingegneria sociale, che doveva individuare la migliore organizzazione possibile per far convivere i diversi gruppi di interesse esistenti al suo interno: «while the community is essentially a center of feeling, Society is a center, or rather a group of centers, of deliberation and planning»126. Sono proprio i gruppi di interesse, quindi, ancora alla fine della guerra e nonostante la riscoperta dell’individuo, che costituivano le fondamenta dell’edificio sociale immaginato da Cole. I corpi sociali a cui pensava il teorico di Oxford si basavano sui diversi e mutevoli bisogni, sui desideri, gli intenti e le aspirazioni che esistono all’interno dell’animo umano. Gli interessi personali erano, secondo Cole, di due tipi: semplici, che potevano essere soddisfatti mediante l’azione diretta individuale, e complessi, che necessitavano invece la cooperazione con altri individui che condividevano lo stesso interesse. L’associazione era quindi una strategia sociale di gruppi organizzati per potere pianificare e portare avanti tattiche complesse al fine di aumentare le probabilità di successo, collettivo e individuale:

Some wants are of a simple character and only require a simple translation into will and action for their fulfilment […]. Such wants, being essentially simple and single, do not give rise to any form of organization. But very many wants are complex, and require for their fulfillment not a single act of will or action, but a whole course of action sustained by a continuing purpose. It is in such cases, where the will must be maintained over a whole course of action, that the need for organization may arise.127

L’interesse personale diventava quindi il motore primo per la formazione del gruppo sociale, il quale era conseguenza dell’insieme dei desideri individuali perché necessario al loro soddisfacimento: «this consciousness of a want requiring co-operative action for its satisfaction is the basis of association»128. L’interesse costituiva la ragion d’essere di

qualsiasi associazione:

125 Id., The Social Theory, op. cit., p. 30. 126 Ivi, p. 31.

127 Ivi, p. 33. 128 Ivi, p. 34.

The primary condition of all association is a common purpose; for the object of all associations being an attainment of some end, there can be no association unless the attainment of that end is the purpose of the members. The “end”, “object”, or “interest”, or as I prefer to call it, the “purpose”, is the raison d’être of every association.129

Al termine del conflitto questa nuova impostazione del socialismo delle gilde faceva scaturire due problemi principali. Il primo era quello di capire quali fossero le organizzazione che potenzialmente avrebbero potuto ricoprire, nel futuro, il ruolo di corpi intermedi e quali dovevano essere le loro regolamentazioni interne. Il secondo, più delicato, era quello di comprendere come coordinare e armonizzare tra loro i diversi interessi di categoria. Ritornava, in questo modo, il problema dello Stato inteso nel suo più ampio senso di organizzazione generale della società.

Il principio democratico rimaneva l’elemento essenziale, che Cole e i suoi colleghi sottolineavano sempre con forza. Esso doveva essere posto come base fondante dell’intera società e doveva quindi regolare la vita anche all’interno delle varie associazioni di categoria. L’individuo, infatti, doveva essere lasciato libero di decidere continuamente le priorità dei propri molteplici interessi, associandosi ogni volta di conseguenza. L’applicazione costante del principio democratico avrebbe avuto lo scopo di evitare la sostituzione di un assoluto statale con una molteplicità di assoluti categoriali: «the Guilds