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O RDINE E GERARCHIA

I. Lo sviluppo delle politiche economiche e sociali, a cura di V Castronovo, Einaudi, Torino 1992 pp 3-179 6 La svolta protezionista in Germania era stata effettivamente preceduta da nuovi dazi doganali imposti da

2.3 Il recupero del termine-concetto di gilda

Nella prima decade del XX secolo tutte le sollecitazioni intellettuali, culturali, filosofiche e politiche che si affollavano nel panorama inglese, trovarono un primo, importante, punto di aggregazione ed elaborazione all’interno di quello che è stato definito New Age Circle: un gruppo di pensatori politico-sociali, filosofi, critici letterari, artisti e poeti che si riunivano, dal 1907, intorno alla figura di Alfred R. Orage, direttore della rivista «The New Age»71.

68 Era proprio questo il difetto maggiore della teoria giuridica tradizionale: «Thus, the ‘Fiction Theory’ leads

us into what is known to our neighbours as ‘the Concession Theory’. The corporation is, must be, the creature of the State». Ivi., p. XXX.

69 J.N. FIGGIS, AFree Church in a Free State, in Id, Churches in the Modern State, op. cit., p. 49. 70 Ibidem.

71 La fonte storica principale per ricostruire le vicende del percorso editoriale di A.R. Orage e di «The New

Age» è sicuramente la biografia scritta nel 1936, due anni dopo la morte di Orage, dall’amico disegnatore Philip Auguste Mairet. Cfr. P.A. MAIRET, A.R. Orage: A Memoir, J.M. Dent & Sons, Londra 1936. Per

Il periodico divenne un vero e proprio laboratorio di idee corporative. Al suo interno confluirono una grande molteplicità di tradizioni culturali che si rifletteva in una ampia gamma di proposte che, dopo un primo momento di convergenza, presero strade diverse. Per questo motivo, dopo aver descritto come il termine-concetto di gilda venne riscoperto da Arthur J. Penty con la successiva nascita del New Age Circle, tenteremo di seguire alcune delle principali strade intraprese dai più importanti intellettuali del circolo, con esiti tematici e cronologici anche molto diversi tra loro.

2.3.1 Arthur J. Penty tra medievalismo e socialismo

Il lancio di «The New Age» nel 1907 venne in qualche modo anticipato e preparato da un piccolo volume pubblicato nel 1906 da Arthur J. Penty, intitolato The Restoration of the

Gild System72, all’interno del quale vi è un primo tentativo di recupero, per quanto approssimativo e vago, del termine-concetto di gilda medievale. Nell’opera e nel lavoro di Penty, che fu architetto, studioso del movimento Arts and Crafts e pensatore sociale73, si ritrovano alcuni dei tratti caratteristici delle critiche inglesi ottocentesche al laissez-faire. La sua opera fu fortemente influenzata, infatti, dal pensiero di William Morris e John Ruskin, le cui opere principali furono da Penty studiate per la prima volta proprio insieme ad Alfred Orage, conosciuto a Leeds nel 1900, insieme al quale fondò il Leeds Arts Club74.

Un breve accenno al pensiero di Ruskin appare qui necessario. Ruskin, come poi anche Penty, rifletteva una tipica impostazione di pensiero inglese che, se per alcuni tratti può essere vista come anticipatrice del socialismo, per altri elementi se ne discosta invece decisamente. Ruskin, infatti, da una parte attaccava fortemente la società liberale

quanto riguarda invece la produzione storiografica molto utili sono i seguenti volumi: W. MARTIN, The New Age Under Orage. Chapters in English Cultural History, Manchester University Press, Manchester 1967; T.

STEELE, Alfred Orage and the Leeds Arts Club 1893-1923, Scolars Press, Aldershot 1990; G. TAYLOR, Orage and The New Age, Sheffield Hallam University Press, Sheffield 2004.

72 Cfr. A.J. PENTY, The Restoration of the Gild System, Swan Sonneschein and Co., Londra 1906.

73 Arthur J. Penty (1875-1937) fu un architetto inglese, seguace di Ruskin e Morris, intellettuale vicino prima

al movimento del Guild Socialism e poi al movimento distributista e dei cristiano-sociali britannici. I lavori sulla figura di Penty sono molto scarsi: circa il suo contributo sul fronte del pensiero sociale si rimanda a E.J. KIERNAN, Arthur K. Penty: his Contribution to Social Thought. A Dissertation, Catholic University of

America Press, Washington 1941. Circa la nascita del Guild Socialism si rimanda alla lettura del saggio F. MATTHEWS, “The Ladder of Becoming: A.R. Orage, A.J. Penty and the Origins of Guilds Socialism”, in D.E. MARTIN, D. RUBENSTEIN (a cura di), Ideology and the Labour Movement, Croom Held, Londra 1979, pp. 147-166. Per un sintetico profilo biografico si veda P.C. GROSVENOR, Arthur Joseph Penty, in Oxford Dictionary of National Biography, vol. 46, Oxford University Press, Oxford 2004, pp. 624-625.

atomistica, giudicata il risultato di un individualismo sfrenato, dall’altra sviluppava un’idea di società organica funzionale, fortemente autoritaria e ordinata secondo una gerarchia classista75. È interessante notare come questa dicotomica contraddizione interna divenne un tratto caratteristico di soluzioni socio-economiche che si ponevano in modo critico nei confronti del capitalismo senza però abbracciare il socialismo marxista.

John A. Hobson, che pure fu molto influenzato dalle critiche di Ruskin al liberalismo, colse con precisione questa intrinseca contraddizione: una contraddizione che aiuta a comprendere, in sede di analisi storica, come i concetti di società organica, di funzione e di ordine sembrano essere di per sé concetti neutri, utilizzabili quindi da impostazioni politiche anche molto diverse tra loro:

Questa concezione organica pervade tutta la sua teoria e la sua politica costruttiva e pratica: dà un ordine alla sua concezione delle diverse classi dell’età industriale e ai rapporti tra i singoli membri di ogni classe: libera l’autore dalla microscopica concezione meccanica di uguaglianza, e lo obbliga a sviluppare un ordinato sistema di interdipendenze che poggia sull’autorità e sull’obbedienza.76

La critica alla politica economica liberista poggiava, in Ruskin, sull’idea di funzione e di ordine sociale: ogni uomo era chiamato ad adempiere al suo compito specifico, alla sua funzione particolare all’interno di un ordinato disegno generale77. Da questa impostazione di pensiero derivavano importanti conseguenze per la teoria politica. La sua idea di società ideale, infatti, si sposava alla perfezione con una peculiare concezione, decisamente conservatrice, di Stato paternalista. Si realizzava in questo modo una convergenza di idee

75 Grande influenza su questa impostazione organica di pensare la società viene dal filosofo inglese Edmund

Burke, il cui pensiero risulta fondamentale anche per il conservatorismo britannico lungo tutto l’arco del XIX e del XX secolo. Cfr. R. ECCLESHALL (a cura di), English Conservatism Since the Restoration. An

Introduction and Anthology, Unwin Hyman, Londra 1990; E.H.H. GREEN, Ideologies of Conservatism. Conservative Political Ideas in the Twentieth Century, Oxford University Press, Oxford 2002.

76 J.A. HOBSON, John Ruskin, Social Reformer, cit. in R. WILLIAMS, Cultura e rivoluzione industriale. Inghilterra 1780-1950, Einaudi, Torino 1968, p. 178.

77 Il rapporto tra arte, politica e felicità individuale era, in Ruskin ed essenzialmente in gran parte del pensiero

sociale inglese, molto stretto. Il centro del suo pensiero era la necessità di comprendere quali funzioni potessero svolgere diversi individui per il benessere della società. La libertà individuale del capitalismo portava proprio a far sì che tutto questo fosse lasciato al caso o ai capricci dei singoli esseri umani: «And the great cry that rises from all our manufacturing cities, louder than their furnace blast, is all in very deed for this, that we manufacture everything there except men; we blanch cotton, we strengthen steel, and refine sugar, and shape pottery; but to brighten, to strengthen, to refine, or to form a single living spirit, never enter into our estimate advantages. And all the evil to which that cry is urging our myriads can be met only in one way: not by teaching nor preaching, for to teach them is but to show them their misery, and to preach to them, if you do nothing more than preach, is to mock at it. It can be met only by a right understanding, on the part of all classes, of what kinds of labour are good for men, rising them, and making them happy». Cfr. J. RUSKIN, Stones of Venice, vol. II, cap IV. The Nature of Gothic, Kelmscott Press, Londra 1892, p. 23.

circa una struttura sociale rigida, dove la classe veniva sostituita dal gruppo funzionale. Il concetto stesso di democrazia, quindi, doveva essere respinto proprio a causa della concezione di uguaglianza degli individui, che non soltanto era falsa ma costituiva anche una negazione invalidante dei principi di ordine e funzione necessari al buon funzionamento dell’intero apparato socio-politico78.

In modo simile anche William Morris, un altro grande critico inglese del liberalismo, muoveva le sue accuse al capitalismo su un terreno morale ed estetico, più che da un punto di vista di politica economica. Sostanzialmente ignorante, per sua stessa ammissione, delle teorie economiche di Marx, egli sottolineava come l’eccessiva divisione del lavoro e la accelerazione della produzione aveva distrutto la possibilità di fondere arte e lavoro, minando quella «intelligent production of beautiful things»79, alla quale l’uomo avrebbe

sempre dovuto tendere. Questo portava Morris, così come Ruskin e Penty, ad essere diffidente nei confronti di un socialismo di Stato che vedeva in un superiore organo istituzionale il centro gestionale di tutti gli aspetti della vita umana. Egli immaginava, invece, come descritto nel suo romanzo utopico News From Nowhere, una società fondata sulla federazione di piccoli comuni caratterizzati da un’economia non meccanica, priva di mercato e di piccola o piccolissima scala, dove la gioia del lavoro sarebbe stata recuperata da una virtuosa comunità di artigiani. Da Morris discese, quindi, una particolare retorica socialista di notevole durata e valenza, imperniata sull’immagine di una società rurale, autosufficiente, egualitaria, di vigorosi, piccoli proprietari. In pratica, Morris non affrontò il problema dell’industrializzazione: semplicemente lo aggirò.

Sia Morris che Ruskin ebbero un’influenza fortissima sul primo pensiero socio- economico basato sulle gilde di inizio XX secolo. Ruskin, in particolare, è la fonte primaria da cui attingeva Penty, il quale, così come si legge nella prefazione del suo libro, lo riteneva un autore di fondamentale importanza, ideatore di un sistema di pensiero molto affascinante, che indicava certamente la giusta direzione da seguire ma falliva nello sviluppo di un schema attuativo pratico.

78 «Il compito delle classi superiori […] come corpo – afferma Ruskin – è di mantenere l’ordine tra i loro

inferiori, ed elevarli sempre al livello più vicino al loro che quegli esseri inferiori siano capaci di raggiungere». J. RUSKIN, Time and Tide, cit. in Cfr. R. WILLIAMS, Cultura e rivoluzione industriale, op. cit.,

p. 184.

79 W. MORRIS, Art and People, cit. in N. THOMPSON, Political Economy and the Labour Party, UCL Press,

Readers of the following pages will probably be aware that the idea of restoring the Gild system as a solution of the problems presented by modern industrialism is to be found in the writings of John Ruskin, who put forward the proposition many years ago. Unfortunately, however, as Ruskin failed to formulate any practical scheme showing how the Gilds could be re-established in society, the proposal has never been seriously considered by social reformers.80

Dal punto di vista dei contenuti il volume di Penty si contraddistingue, in modo particolare, per la critica mossa all’ideologia socialista-collettivista, la quale occupa buona parte del libro. L’impianto generale anti-collettivista del lavoro è delineato perfettamente fin dalla già citata prefazione, nella quale viene sottolineato come il rinnovato interesse per un sistema di gilde si stesse sviluppando in contrasto alla soluzione statalista promossa dai socialisti, ritenuta sostanzialmente non idonea a risolvere i problemi della società industriale:

My reason for reviving the idea is that while I am persuaded that Collectivism is incapable of solving the social problem, the conviction is forced upon me that our only hope lies in some such direction as that foreshadowed by Ruskin.81

Queste poche righe dettano il tono di tutta l’opera, che si sviluppa in una corposa pars

destruens, nella quale vengono esposti i difetti del socialismo collettivista, ed in una più

timida, appena accennata, pars costruens, dove si inizia a delineare l’idea del sistema delle gilde come soluzione dei problemi della società industriale, avanzando, come vedremo, anche una concezione di progresso diametralmente opposta a quella positivista ottocentesca. È opportuno precisare, però, che Penty continuò a considerare sé stesso, almeno fino al 1923, un socialista. Il suo obiettivo, come spiegato in una lettera pubblicata su «The New Age» nel dicembre del 1907, era proprio quello di svelare l’infondatezza dei principi dei socialisti fabiani, reindirizzando il movimento su linee guida diverse, che avrebbero portato a dei risultati davvero positivi per la società:

May I be allowed to explain that the criticism contained therein was not directed against the aims of Socialism, but against the particular scheme of bringing such ideals about as

80 A.J. PENTY, The Restoration of the Gild System, op. cit., p. VII. Altre sono le fonti che Penty cita come

essenziali per lo sviluppo del suo pensiero. Nel suo pedigree intellettuale, oltre ai già citati Morris e Ruskin, troviamo Thomas Carlyle, Edward Carpenter e Matthew Arnold, tutti pensatori accumunati da una forte ostilità nei confronti dell’industrialismo e da un’attenzione particolare al tema della spiritualità della vita associata all’interno della società. Cfr. R. WILLIAMS, Cultura e rivoluzione industriale. Inghilterra, 1780- 1950, Einaudi, Torino 1968.

embodied in Collectivism. In other words, my purpose was to explain to Socialists that the means whereby they proposed to establish Utopia would in practice have the very opposite effect to what they intended. […] At any rate I am accustomed to call myself a Socialist, and shall continue to do so.82

Rifiutando quindi l’etichetta dell’anti-socialismo, l’obiettivo di Penty sembra piuttosto quello di rendere palesi gli errori metodologici dei collettivisti, mostrando contestualmente un diverso percorso per giungere al socialismo.

L’errore fondamentale dei teorici socialisti, secondo Penty, era stato quello di individuare la causa principale dei mali della società nella competizione economica tipica del sistema capitalista. Secondo l’autore, invece, la competizione non era un male in sé, ma solamente nella versione socialmente disintegrante messa in atto dal capitalismo individualista. Un sistema economico competitivo, infatti, poteva invece essere uno strumento positivo di accrescimento economico, culturale e spirituale in un sistema di mercato regolato, come era stato, ad esempio, quello del periodo medievale:

It is true that competition, as it manifests itself in modern society, is a force of disintegration. But this is not because it is necessarily an evil thing; but because the conditions under which it is to-day pursued are intrinsically bad. […] Competition as it existed under the Gild System, when hours and conditions of labour, prices, etc., were fixed, was necessarily a matter of quality; for when no producer was allowed to compete on the lower plane of cheapness, competition took the form of a rivalry in respect to the greater usefulness or beauty of the thing produced.83

La competizione nel sistema delle gilde medievali, che Penty desiderava riproporre nella società moderna, era una competizione positiva: si basava sulla qualità dell’oggetto prodotto e non su una gara al ribasso dei prezzi, tenendo al tempo stesso in considerazione le condizioni di lavoro, l’orario e la paga, che doveva essere fissata in maniera equa. In modo simile, una buona competizione avrebbe portato, in un sistema di gilde industriali, ad una buona organizzazione dei mercati, conducendo all’abolizione del «present abnormal development, which only can be regarded as symptomatic disease»84. Come la competizione economica, adeguatamente regolata, era considerata un fatto naturale delle società umane, così anche i mercati esistevano in natura e dovevano essere ricondotti al

82 A.J. PENTY, Replies to Mr. Belloc, in «The New Age», vol. 2, 14 dicembre 1907, p. 129. 83 Id., The Restoration of the Gild System, op. cit., pp. 2-3.

loro status originario, ovvero quello locale, geograficamente circoscritto: «to reverse this unnatural order of things […] involves, among other things, the restoration of local markets»85. Il difetto fondamentale della società liberale e capitalista, che il socialismo non era riuscito a individuare, era quello che Penty definiva «commercialism», ovvero il controllo dell’industria da parte dei finanzieri. Avendo come obiettivo il mutamento dell’industria in quanto tale, e non solo della sua gestione, Penty affermava che trasferire semplicemente il potere economico dalle mani dei capitalisti a quelle dello Stato non avrebbe influito minimamente sulla natura dei modi della produzione industriale86.

Nella parte propositiva Penty perde gran parte della sua spinta propositiva e gli accenni ad una nuova società di gilde industriali, composta da produttori di oggetti di qualità immessi in mercati locali e regolati, sono vaghi e poco definiti. Risulta importante sottolineare però alcuni aspetti, che torneranno utili nel proseguo della narrazione: tra questi, i più importanti sono l’esaltazione della figura del produttore, la diversa idea di progresso proposta e il ruolo embrionale giocato nel momento di transizione ad una nuova società dagli attuali sindacati. I primi due elementi sono fortemente correlati l’uno con l’altro. Il progresso materialista e meccanico, proprio del capitalismo liberista, veniva rifiutato in quanto esso era ritenuto il responsabile principale del declino morale, sociale e spirituale delle società industriali. Esso, infatti, concentrandosi unicamente sullo sviluppo meccanico della produzione e della società, perdeva di vista il benessere individuale, rendendo l’uomo schiavo della macchina:

It may be said that the solution of our problems is to be found in a further development towards mechanical perfection, and this contention would be perfectly reasonable if the object of man’s existence were to make cotton and buttons as cheaply as possible; but considering that man has a soul which craves some satisfaction, and that the progress of mechanical invention degrades and stultifies it by making man more and more the slave of the machine, we feel justified in asserting that real progress lies along other lines.87

Lo sviluppo meccanico non era criticato in quanto tale ma, così come la competizione tra i produttori e il mercato, esso doveva divenire funzionale al benessere degli individui e dell’intera società, tendere a fini moralmente utili basandosi sul rinnovamento spirituale,

85 Ivi, p. 23. 86 Ivi, pp. 3-4. 87 Ivi, p. 18.

condizione necessaria a qualsiasi cambiamento positivo dell’economia, della politica e della società:

Machinery being a means to an end, we may test its social utility by considering the desirability or otherwise of the ends it is to serve.88

Questa avversione al materialismo si concretizzava nell’esaltazione dell’unità mistica di tutti gli aspetti della vita umana, realizzabile solamente all’interno dell’organizzazione della gilda industriale:

Being social, religious, and political as well as industrial institutions, the Gilds postulated in their organization the essential unity of life.89

L’obiettivo principale da perseguire era quindi ricondurre i progressi tecnici del mondo industriale contemporaneo in una sfera morale socialmente accettabile. Non siamo di fronte, quindi, ad un attacco alla proprietà privata e all’iniziativa economica individuale

tout court, bensì ad una correzione di questi principi in senso sociale e morale. I metodi

attraverso i quali tale correzione doveva realizzarsi sono, è bene precisarlo, molto vaghi e anche a volte tra loro contradditori. Nel testo del 1906, infatti, Penty sembra quasi suggerire che i moderni sindacati industriali di categoria possano rappresentare gli embrioni di quello che dovrebbero diventare le future gilde industriali. Tuttavia, per poter arrivare a ricoprire il fondamentale ruolo di gruppo intermedio con il compito di gestire tutta la società sia da un punto di vista socio-economico che da un punto di vista etico- morale, i sindacati erano ancora carenti in almeno tre aspetti fondamentali:

In three respects […] are they differentiated from the Gilds. In the first place, they accept no responsibility for the quality of the wares they produce. Secondly, masters are not permitted do become members of these organizations; and thirdly, they do not possess monopolies in their separate trades.90

Nel maggio del 1907, invece, sulle pagine della neo-nata «The New Age», in una serie di articoli intitolati The Restoration of Beauty to Life, Penty sembra più indirizzato a