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U N PLURALISMO CORPORATIVO : IL SOCIALISMO DELLE GILDE

3.1 Verso il socialismo delle gilde

Nel 1907, Alfred R. Orage affermava, sulle pagine di «The New Age», che presso l’Università di Oxford si stava formando una nuova generazione di giovani e seri studiosi di socialismo1. Essi, inizialmente, aderirono alla società fabiana universitaria di Oxford, ma l’influenza di «The New Age», che questi giovani studiosi leggevano avidamente, si andò velocemente sostituendo agli insegnamenti classici del socialismo dei coniugi Webb.

Molti di questi giovani studiosi – tra i quali si ritrovano i nomi di G.D.H. Cole, Maurice B. Reckitt, Norman Ewer e S.G. Hobson – cominciarono infatti a sviluppare forti critiche al socialismo collettivista, spostando le proprie indagini verso una diversa visione dell’ideologia socialista, orientata all’istituzione della gilda di mestiere d’origine medievale quale centro focale del sistema politico-decisionale. I debiti che questo nuovo modo d’intendere il socialismo aveva contratto nei confronti di Penty e di Orage erano chiari e largamente riconosciuti. Nel novembre del 1919, Maurice B. Reckitt scriveva, infatti, in una nota sulle origini del socialismo delle gilde:

The restoration of the word “guild” as a challenge both to modern capitalism and to most of the prevalent remedies for it is due to Mr. A.J. Penty. […] He came to the conclusion that for the cure of modern industrialism something much more fundamental was needed than the collectivist and bureaucratic ideas then prevalent among British Socialists.2

Tuttavia, Cole e i suoi colleghi fecero proprie anche le critiche alla nostalgia medievalista che lo stesso Orage aveva formulato nei confronti di Penty, ponendosi quindi su un medesimo percorso d’analisi. Sempre Reckitt, infatti, precisava:

Thought Mr. Penty’s book showed a standpoint of great independence and originality […] he did not rise beyond a purely aesthetic appreciation of the Middle Ages. […] It was Mr. A.R. Orage, editor of “The New Age”, who in his attempt to find a revolutionary policy more effective than a mere political organisation of “independent socialism” and more constructive than the “syndicalist” notions […] evolved in collaboration with his colleagues the doctrine of National Guilds.3

Anche G.D.H. Cole, indubbiamente il più importante teorico del socialismo delle gilde, divenne, dopo il suo esordio intellettuale, costituito dalla pubblicazione nel 1913 di un volume intitolato The World of Labour4, un collaboratore di «The New Age»5, subendo le influenze del mondo intellettuale che ruotava intorno ad Orage. Tuttavia, far iniziare il percorso personale di Cole nel 1913 significherebbe tralasciare il significativo retroterra

2 Nuffield College Archive (NCA), G.D.H. Cole Papers, M/2 "Annual General Meeting", M.B. RECKITT, Some Notes on the Origin and Early Days of the National Guild League, 3 novembre 1919, p. 1.

3 Ivi, pp. 1-2.

4 Cfr. G.D.H. COLE, The World of Labour. A Discussion of the Present and Future of Trade Unionism, G.

Bells & Sons, Londra 1913.

5 Il primo articolo di G.D.H. Cole pubblicato su «The New Age», datato 5 febbraio 1914, è, non a caso, un

breve studio sulle origini del sindacalismo francese. Cfr. G.D.H. COLE, The Genesis of French Syndicalism – And Some Unspoken Morals, in «The New Age», vol. 14, n. 14, 5 febbraio 1914, pp. 425-427.

culturale che deve invece essere qui brevemente richiamato. Come affermato dallo storico A.W. Wright, autore di un’importante biografia intellettuale di Cole, «such an account is useful not merely as personal history, but as an illustration of some of the elements in the wider climate of ideas at the time»6.

3.1.1 Socialismo e romanticismo: gli anni universitari di G.D.H. Cole

G.D.H. Cole nacque nel 1889 a Cambridge e frequentò il Balliol College all’Università di Oxford dal 1908 al 1912, quando si laureò in storia e filosofia7. Il mondo nel quale Cole compì i suoi studi universitari era dominato dalla cultura del socialismo fabiano da un lato e, dall’altro, dal nuovo liberalismo che informava l’azione del governo Asquith. Era anche, però, un mondo percepito come sicuro, che si avviava verso un’era di progresso e di perfezionamento illimitato. Usando ancora le parole scelte da Maurice Reckitt nella sua autobiografia del 1941, la società di quel periodo incoraggiava la credenza che «there were no problems to which man could not find the right answer if he looked in the right direction and worked on the right lines»8. La spinta verso l’elaborazione di teorie politiche e socio-economiche nuove era quindi incentivata anche dal clima di grande fermento culturale che si respirava nel mondo accademico e politico di quegli anni.

Indagando le primissime influenze sul pensiero del giovane Cole troviamo, ancora una volta, come riferimento principale, il rimando al pensiero e all’opera di William Morris. Come affermò infatti lo stesso Cole,

I became a socialist as a schoolboy a year before the general election of 1906 […] converted quite simply by reading William Morris’s News from Nowhere which made me feel suddenly and irrevocably, that there was nothing except a Socialist that it was possible for me to be. […] I became a socialist as many others did in those days on grounds of morals, decency and aesthetic sensibility9.

6 A.W. WRIGHT, G.D.H. Cole and Socialist Democracy, Clarendon Press, Oxford 1979, p. 13.

7 Cfr. M. COLE, The Life of G.D.H. Cole, Macmillan, Londra 1971; A.W. WRIGHT, G.D.H. Cole and Socialist Democracy, op. cit.; M. STEARS, Progressives, Pluralists, and the Problem of the State, Oxford University

Press, Oxford 2002.

8 M.B. RECKITT, As It Happened: An Autobiography, J.M. Dent & Sons, Londra 1941, p. 112.

9 G.D.H. COLE, The British Labour Movement – Retrospect and Prospect, Ralph Fox Memorial Lecture,

Fabian Society, London 1951, pp. 3-4, cit. in N. THOMPSON, Introduction, in G.D.H. COLE, Early Pamphlets and Assessment, Routledge, New York 2011, p. 1.

Questo breve appunto autobiografico costituisce una spia importante per comprendere le principali coordinate culturali all’interno delle quali inserire lo sviluppo del pensiero di Cole. Il socialismo era da egli inteso, principalmente, su un piano morale, di decenza e sensibilità estetica: un trittico, questo, che rimanda immediatamente a Penty, Orage e al New Age Circle, nonché alla lunga tradizione di pensiero che si rifaceva a William Morris e John Ruskin.

Come Morris, tra l’altro, anche Cole cominciò a configurarsi, fin dagli anni giovanili, come una figura complessa che andava ben oltre i confini di intellettuale e accademico, di storico ed economista: egli era, infatti, attivo anche sul fronte artistico, di scrittura poetica e di critica letteraria10. La produzione poetica di Cole nei suoi primi anni ad Oxford è

importante in quanto riflette la spiccata propensione estetica del suo approccio al socialismo, rintracciabile sulla rivista «The Oxford Socialist», da lui fondata e diretta durante il periodo universitario. La maggior parte dei suoi articoli di quel periodo sono riflessioni sulla natura dell’arte, della vita e dell’universo, con una vena marcatamente lirica e romantica. Il tema del socialismo, quando appare, sembra essere una conseguenza di riflessioni estetiche più che una riflessione sulle tipologie dell’organizzazione politica ed economica. Il socialismo, per Cole, «depends upon an emotion, an impulse to Brotherhood, […] essentially an artist’s impulse»11.

Un simile impulso artistico, di natura essenzialmente spirituale e morale, da cui non scaturiva mai una riflessione scientifica e accademica circa il socialismo fabiano, si ritrova anche nel biennio 1909-1910, sulla nuova rivista «The Oxford Reformer», nella quale veniva ribadito come il razionalismo non aveva alcuno spirito creativo. La ragione poteva distruggere, pensava Cole, ma solamente l’istinto e le emozioni erano capaci di creare: «however much we may strive to give all things a materialistic explanation, some will always recede from our grasp into an unfathomed track whiter the reason cannot follow them»12. Oltre che per le fondamenta estetiche ed irrazionali dell’approccio ai problemi politici e socio-economici, il periodo di formazione ad Oxford risulta molto interessante soprattutto per l’interesse mostrato da Cole nei confronti della filosofia idealista, che

10 Cfr. A.W. WRIGHT, G.D.H. Cole and Socialist Democracy, op. cit., pp. 15-17.

11 Id., The Crime of Silence, in «The Oxford Socialist», vol. 1, n. 2, 1909, cit. in A.W. WRIGHT, G.D.H. Cole and Socialist Democracy, op. cit., p. 16.

12 Id., Faith-Making, in «The Oxford Reformer», novembre 1909, in ivi, p. 17. Nello stesso articolo, Cole

affermava: «What then can give to an idea the motive power to change men and worlds? It is when the idea becomes an emotion: when it appeals not only to the head, but to the heart also; to the instinct as well as the reason, that it has the power to stir men». Ibidem.

dominava in quel periodo il Balliol College. Questo interesse è testimoniato dall’enorme quantità di appunti presi seguendo le lezioni di filosofia morale di John Alexander Smith13 e di Alexander D. Lindsay14, che lasciarono una traccia importante sul pensiero del futuro leader del socialismo delle gilde, in particolar modo nella formazione di un peculiare approccio all’analisi dei rapporti tra individui, corpi sociali e comunità nazionale.

Nonostante questi riferimenti intellettuali e culturali, il primo organo ufficiale socialista al quale Cole decise di legarsi fu la Fabian Society. Questo apparente paradosso viene perfettamente spiegato da A.W Wright, il quale afferma come, negli anni conclusivi del suo percorso universitario, ovvero tra il 1910 e il 1912, il socialismo di Cole risultava suddiviso in due livelli, tra i quali non vi era una vera comunicazione: il primo livello, di derivazione romantica e utopistica, era caratterizzato da una visione della società come comunità di gruppi, una visione chiaramente permeata di immaginazione e spirito poetico; ad un secondo livello, più concreto, di organizzazione politica e istituzionale, vi era però un vuoto, riempito temporaneamente dall’unica forma teorica proposta dal socialismo nella Oxford di quegli anni, ovvero la Fabian Society15. Ma la sua adesione all’organizzazione dei coniugi Webb, che avvenne, c’è da ricordarlo, in giovane età, deve essere interpretata più come la conseguenza di una mancanza di elaborazione teorica personale che come una convinta e piena adesione ai principi da essa propagandati. Non appena, infatti, Cole raggiunse la maturità intellettuale e vide scatenarsi intorno a sé l’ondata di scioperi del periodo 1910-1914, egli si discostò decisamente dalla Fabian Society e divenne più vicino al New Age Circle, scrivendo contestualmente il suo primo importante testo, The World of

Labour.

13 È interessante notare come John Alexander Smith (1863-1939), professore di filosofia morale al Balliol

College, stesso college dove insegnò anche Thomas H. Green e che conservava una forte tradizione idealista, sviluppò un enorme interesse per la filosofia di Benedetto Croce e Giovanni Gentile. Inoltre, Smith fu docente, oltre che di Cole, anche di Harold Macmillan, che entrò all’università nel 1914, appena un paio di anni dopo che Cole ne fu uscito. Ritroveremo Macmillan nel corso del nostro lavoro, in particolare con le sue opere degli anni Trenta, ma è utile sottolineare come l’Università di Oxford sembra essere una scuola dalla quale provengono molti di coloro che svilupperanno, da destra e da sinistra, un diverso approccio alle teorie dell’organizzazione sociale, con particolare attenzione ai corpi intermedi della società. Per un prospetto sintetico della vita di John. A. Smith, si faccia riferimento a D. ROSS riv. C.A. CREFFIELD, John Alexander Smith, in Oxford Dictionary of National Biography, vol. 51, Oxford University Press, Oxford, 2004, pp. 217-

218.

14 NCA, G.D.H. Cole Papers, B2, "Oxford University 1908-1912: Lectures, Notes, Essays", G.D.H. Cole, Lectures Notes on Logic by J.A. Smith, 3 voll., 1911; Id., Lectures Notes on Varieties of Idealism, 1911; Id., Lectures Notes on The Philosophical Theory of the State by A.D. Lindsay, 1911.

Non è possibile comprendere la genesi della critica al fabianesimo e al socialismo collettivista da parte di Cole, che lo condusse poi ad abbracciare una diversa tipologia di organizzazione politica e socio-economica, senza far riferimento al grande movimento di scioperi sindacali che si verificò in Gran Bretagna negli anni che precedettero la Prima guerra mondiale16. Il periodo che va, infatti, dal settembre del 1910 fino all’agosto del 1914, che George Dangerfield chiamò nel 1935 «the strange death of liberal England»17, fu caratterizzato da grandi disordini nel mondo dell’industria, con una serie di scioperi che ebbero luogo principalmente nel settore estrattivo e dei trasporti.

Il periodo edoardiano vide una crescita notevole del movimento sindacale, che passò dai due milioni di membri nel 1901 fino ad oltre quattro milioni di unità nel 1913. Su questa forte base numerica agirono le condizioni socio-economiche che, dal 1908, cominciarono ad essere caratterizzate da una crescente inflazione, che portava ad un aumento spesso insostenibile del costo della vita per i lavoratori salariati, i quali vedevano ridursi drasticamente il proprio potere d’acquisto18. Il periodo che maggiormente ci interessa, e che più chiaramente influenzò le idee di Cole, è il biennio che va dal settembre del 1910 alla seconda metà del 1912. Come già accennato le cause di queste violente e per molti aspetti nuove agitazioni sindacali sono da ricercare nelle pessime condizioni economiche nelle quali una galoppante inflazione ed un conseguente alto costo dei beni di prima necessità avevano gettato larga parte della popolazione a salario fisso.

16 L’interesse storiografico per gli scioperi e i sommovimenti del mondo del lavoro del triennio 1911-1914 è

relativamente recente. Ci sono stati, nel corso degli anni, notevoli lavori, ma un’analisi particolareggiata, che non venga offuscata dall’ombra lunga della Grande Guerra, è stata affrontata ad una conferenza dal titolo

1911 Liverpool General Transport Strike, tenutasi alla Liverpool John Moores University l’8 ottobre del

2011, in occasione del centenario degli scioperi. Molti dei testi presentati alla conferenza sono poi stati riuniti in «Historical Studies in Industrial Relations», vol. 33, 2012. Recentissimo è invece il numero monografico sul Great Labour Unrest della «Labour History Review», interamente dedicato alla rilettura di questi eventi storici: «Labour History Review», vol. 79, n. 1, aprile 2014. Per testi generali sui sindacati inglesi, all’interno dei quali sono trattate anche queste tematiche, si rimanda ai seguenti lavori: B. HOLTON, British Syndicalism 1900-1914. Myths and Realities, Pluto Press, 1976; B. PIMLOTT, C. COOK (a cura di), Trade Unions in British

Politics: the First 250 Years, Longman Group, London 1995; D. ALDCROFT, Trade Unions and the Economy,

Aldershot, Aldgate 2000; C. HOWELL, Trade Unions and the State. The Construction of Industrial Relations Institutions in Britain 1890-2000, Princeton University Press, Princeton 2005.

17 Cfr. G. DANGERFIELD, The Strange Death of Liberal England, Harrison Smith, New York 1935.

Dangerfield affermava che l’azione combinata degli scioperi industriali, del movimento delle suffragette, dell’intransigenza della Camera dei Lords e della questione irlandese, se non fossero stati depotenziati dai fatti di Sarajevo e dalla necessità di recuperare l’unità nazionale per affrontare la guerra, avrebbero determinato non solo, come fecero, il logoramento del Partito liberale, che nonostante condusse vittoriosamente la guerra ne uscì con un peso politico minimo, ma anche una guerra civile nella stessa Gran Bretagna.

Su queste fondamentali basi di partenza altri due fattori devono essere qui brevemente ricordati per comprendere come questa ondata di scioperi presentasse importanti caratteristiche di novità rispetto alle agitazione precedenti. In primo luogo, l’atteggiamento e le simpatie per l’alleanza tra liberali e laburisti di gran parte dei dirigenti sindacali inglesi fecero si che gli scioperi assunsero carattere spontaneo, non ufficiale, non regolato e molto violento. In secondo luogo, si deve registrare la grande diffusione dei principi del sindacalismo rivoluzionario tramite l’azione di Tom Mann e Ben Tillett che, sebbene non possono essere ritenuti gli artefici primi degli scioperi, sicuramente trovarono nei lavoratori in rivolta un fertile terreno per la propria propaganda19.

Gli scioperi, avendo carattere spontaneo, crebbero ad ondate successive con una scarsa coordinazione iniziale. L’epicentro fu il settore estrattivo. Dal settembre del 1910, infatti, i lavoratori delle miniere di carbone del sud del Galles cominciarono ad incrociare le braccia, in particolare nella valle del fiume Rhondda, nella valle dello Swansea e presso Aberdare. La violenza di queste agitazioni sindacali andò in crescendo. Dal novembre dello stesso anno si cominciarono infatti a registrare numerosi casi di scontri con le forze dell’ordine e con i militari, inviati dal governo per sedare le rivolte20. Vennero inoltre presi di mira anche quei lavoratori che, prelevati da altre zone del paese, venivano appositamente inviati dai proprietari per svolgere il lavoro in miniera, sostituendo quindi gli scioperanti21.

Il secondo importante epicentro delle rivolte sindacali di questi anni fu il settore dei trasporti i cui addetti, per le stesse motivazioni dei minatori, si ribellarono nelle maggiori città portuali inglesi, principalmente Liverpool e Hull, tra il giugno e il settembre del 1911, generando una grande solidarietà inter-industriale. Questa era una novità assoluta per

19 Cfr. C. BANTMAN, The Franco-British Syndicalist Connection and the Great Labour Unrest, 1880s-1914,

in «Labour History Review», vol. 79, n. 1, aprile 2014, pp. 83-96. Si veda anche il seguente volume, che affronta il tema del sindacalismo rivoluzionario in chiave trans-nazionale, all’interno del quale vi sono due saggi, rispettivamente di Costance Bantman e di Joseph White, esplicitamente dedicati alla situazione britannica e alla sua comparazione con quella francese: W. THORPE, C. BANTMAN (a cura di), Revolutionary Syndicalism: an International Perspective, Scolar, Aldershot, 1990.

20 Occorre sottolineare però che la violenza, come perfettamente certificato da un recentissimo saggio di Sam

Davies e Ron Noon, che prendono ad esame lo sciopero di Liverpool dell’agosto del 1913, fu usata con ferocia inusitata da entrambe le parti. La polizia, i militari e l’intero sistema giudiziario, infatti, forse notando il pericolo in corso e temendo una rivoluzione generale, misero in campo una repressione particolarmente brutale. Cfr. S. DAVIES, R. NOON, The rank-and-file in the 1911 Liverpool General Strike, in «Labour History

Review», vol. 79, n. 1, aprile 2014, pp. 55-82.

21 Rimane famosa ed esemplificativa la rivolta di Tonypandy dove, l’8 novembre del 1910, la folla che

protestava, incalzata dalla polizia e dai militari, si riversò nel centro città distruggendo negozi e vetrine. Cfr. B. HOLTON, British Syndicalism, 1900-1914, op. cit., pp. 81-82.

l’associazionismo operaio inglese: per la prima volta, infatti, non vi erano distinzioni tra tipologie e qualità di lavoro e gli operai qualificati incrociavano le braccia in solidarietà con i propri colleghi non qualificati, formando un fronte industriale unito, sebbene inizialmente non supportato dalla dirigenza del Trade Unions Congress. Lo sciopero si allargò poi al settore ferroviario, partendo da Londra per approdare nell’area del fiume Mersey, a Manchester e di nuovo a Liverpool, dove, dal 14 giugno del 1911, venne dichiarato il primo sciopero generale nazionale del settore dei trasporti, che paralizzò il commercio della città per tutta l’estate22. Nell’inverno tra il 1911 e il 1912, infine, l’agitazione sindacale ritornò nel settore minerario, allargandosi però su scala nazionale e includendo anche e soprattutto la regione del nord-est, di Durham e del Northumberland, nonché le zone minerarie del Derbyshire dove, nel febbraio del 1912, iniziò uno sciopero generale di settore che divenne ben presto nazionale, portando all’approvazione da parte del parlamento del Minimum Wage Act al quale si è già accennato23.

Un’agitazione sindacale di tale portata che, per durata, caratteristiche e violenza, non aveva eguali nella pur densa storia industriale del Regno Unito, non poteva non generare un’attenta riflessione da parte del mondo intellettuale, che iniziò a riflettere sulle cause, sulle ragioni, sulle modalità e sulle conseguenze degli scioperi del 1911-191224. La violenza su ampia scala e lo scarso o tardivo coinvolgimento dei leader sindacali ufficiali furono i temi che maggiormente colpirono l’opinione pubblica. Le differenze con le fasi precedenti del conflitto industriale in Gran Bretagna erano lampanti. Mettendo a paragone la pacifica marcia dei lavoratori portuali di Londra che, durante lo sciopero del 1889, sfilarono per il centro della città al fine di ottenere un più vasto e pubblico appoggio, con gli scontri distruttivi della cittadina gallese di Tonypandy del 1910, fa emergere chiaramente lo scarto che intercorre tra i due momenti di lotta. La differenza era, per dirla

22 Cfr. E. TAPLIN, Near to Revolution: The Liverpool General Transport Strike of 1911, The Bluecoat Press,

Liverpool 1994.

23 In totale si contano, per il 1912, 40 milioni di giorni di lavoro perduti, mentre il numero degli scioperi

raggiunse la vertiginosa cifra di 1.497 nel 1913, che seguì gli 903 del 1911 e gli 857 del 1912. Per le