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Je peux aller où je veux La fotografia di scena di Martine Franck

Sezione prima Documento

1. Il valore del documento fotografico per la scena teatrale e performativa

1.2 Una storia della fotografia di teatro Il caso francese

1.2.2 Il Théâtre du Soleil 133 , tra letteratura, cinema e fotografia

1.2.2.1 Je peux aller où je veux La fotografia di scena di Martine Franck

Nata in Belgio nel 1938, Martine Franck è più nota per la vocazione fotogiornalistica che per la fotografia teatrale, nonostante l’esperienza con il Théâtre du Soleil sia stata la più durevole e produttiva della sua intera carriera. Studentessa di storia dell’arte all’Università di Madrid e all’Ecole du Louvre a Parigi, si approccia alla fotografia grazie ad un tirocinio compiuto nel 1963 a New York presso la rivista Life, dove incontra influenti fotografi come Eliot Elisofon e Gjon Mili, attivi nel campo fotogiornalistico internazionale.

Il settore del reportage la interessa particolarmente, al punto da indurla a muovere i primi passi grazie a diverse agenzie come la francese Vu e in seguito con Magnum Photos, la più prestigiosa agenzia fotogiornalistica al mondo. Opera inoltre nell’ambito della moda collaborando con riviste di settore come Vogue e Sport illustrated, oltre a Time e la già citata Life, finché nel 1970 si unisce in matrimonio con Henry Cartier-Bresson, e la sua già insigne carriera di fotografa guadagna in popolarità fino a raggiungere vasti successi in campo internazionale148.

Dal 1959, anno in cui viene creato il primo collettivo teatrale universitario A.T.E.P., la Franck prende parte ad ogni tappa della strutturazione del Théâtre du Soleil, accanto alla stessa Mnouchkine, e il 148 E’ piuttosto risaputo che la femminista e attivista Martine Franck, sconfessava

ogni paragone fotografico con il più famoso marito, al punto da rinunciare persino ad alcune importanti mostre a causa dell’associazione dei due nomi. Di fatto, lo stile e l’approccio alla fotografia è molto simile, e anche Martine Franck rimanda spesso all’ideologia del momento decisivo bressoniano che coglie il preciso istante in cui il mondo si organizza perfettamente davanti all’obiettivo. Negli anni Settanta, grazie a Cartier-Bresson, la Franck partecipa a moltissime mostre in tutto il mondo, viaggia per conto dell’Agenzia Magnum, di cui il marito è co-fondatore, e pubblica diverse monografie sul suo lavoro. Cfr. Berger J., Martine Franck: One Day to the Next, Thames&Hudson, London 1988.

suo apporto è reputato basilare in quanto l’intero corpus delle sue fotografie è divenuto la memoria storica della compagnia.

Come nota la Meyer-Plantureux:

[…] c’est un cas tout à fait unique dans l’histoire de la photographie de théâtre en France: Martine Franck a constitué des archives exceptionelles sur tous les aspects de la vie du Théâtre du Soleil depuis sa création, aussi bien les photographies des représentations quel les photographies de la vie quotidienne au Théâtre du Soleil, répétitions, aménagement de la Cartoucherie, construction du décor…Archivage exemplaire, témoignage d’une fidélité et d’une amitié sans faille envers Ariane Mnouchkine149.

Le immagini della Frank non sono le solite fotografie di scena, ma riprendono tutte le sfaccettature della compagnia, dalle prove degli attori al lavoro degli artigiani[fig. 7], dal restauro della Cartoucherie fino ai debutti e le repliche con il pubblico in sala, fornendo una testimonianza permanente e duratura dell’avventura del Soleil.

Come fotografa ufficiale del teatro e della compagnia, la Franck ha la possibilità di muoversi liberamente nello spazio, scegliere punti di vista inusuali e fotografare più volte la stessa scena producendo materiali sempre inediti, la cui entità è spesso imprecisata. “[…] Je peux aller où je veux. Je prends énormément de photos sur chaque spectacle”150,

afferma in un’intervista, arrivando a quantificare il numero delle fotografie scattate da 600 fino alle 1500 circa raggiunte per la trilogia su Shakespeare. In quell’occasione la fotografa sperimenta la pellicola a colori che, dopo anni di deferenza nei confronti del bianco e nero, sembra produrre risultati diversi, soprattutto sul piano linguistico

149 Meyer-Plantureux C., Martine Franck et Ariane Mnouchkine: l’histoire d’une amitié,

in Meyer-Plantureux C., La Photographie de Théâtre ou la mémoire de l’éphémère, Op. cit., pp. 56-57.

poiché “[…] c’est avec la couleur que l’esthétique personelle de M. Franck apparait le plus clairement”151.

Forse a ragione della maggior domanda di immagini a colori da parte della stampa o forse, come nota ancora la Meyer-Plantureux, per la forte influenza della pittura rinascimentale sull’immaginario della fotografa, le fotografie ‘shakespeariane’ realizzate nella prima metà degli anni Ottanta hanno un carattere ben diverso dagli scatti realizzati in precedenza.

Se i forti contrasti del bianco e nero, l’accentuazione di forma e volume e la selezione della messa a fuoco che staccava il soggetto dallo sfondo, erano divenuti tratti caratteristici dello stile Franck, il periodo del colore la riporta invece sul piano di un deciso realismo.

Pour les ‘Shakespeare’ j’ai photographié presque exclusivement en couleurs: c’etaient des spectacle d’une trés grande sensualité dans les matières et les tons ce qui se pretait à la couleur,

racconta la Franck, e di fatto le fotografie di questa serie, come quelle di alcuni spettacoli precedenti, sono definite da una maggiore vivacità visiva ma anche dalla reiterazione sistematica di codici.

Le fotografie a colori infatti, sono principalmente ritratti e primi piani degli attori nel corso degli spettacoli o durante il trucco, che è sempre molto abbondante e vistoso, e rende i volti simili a maschere orientali. Tuttavia, le fotografie più significative riguardano alcuni precisi momenti scenici, ripresi in tutta la loro potenza visiva: gli slanci degli attori e i salti che dinamizzano i costumi e i gesti[fig. 8]. le viste d’insieme che svelano le scenografie minime, e talvolta qualche sagoma di spettatore inserita nell’inquadratura, rendono la scena del Soleil un luogo fervido, rumoroso, festoso e ornato di colori.

Tenacemente legata all’ideologia del momento decisivo, Martine Franck riprende gli attori in scena con grande naturalezza, senza posa e 151 Meyer-Plantureux C., Martine Franck et Ariane Mnouchkine: l’histoire d’une amitié,

affettazione, ma con l’idea di rendere la dinamica dello spettacolo nel modo più sincero possibile, fermando istanti che restituiscano efficacemente il lavoro della compagnia.

Ma a parte i discontinui passaggi relativi al colore, la disposizione formalista ed evocativa del bianco e nero rimane comunque la cifra prediletta di Martine Franck, che infatti è ricordata soprattutto per l’inclinazione ad un ordine compositivo elegante e pulito, riconducibile peraltro alla poetica del marito Cartier-Bresson ma anche alla filosofia dell’Agenzia Magnum Photos.

Quel rapporto tra forma e contenuti, caratterizzato da un inflessibile rigore estetico, appare tuttavia mitigato da una sensibilità tutta femminile nei confronti dell’essere umano, che le permette di accostarsi discretamente ai soggetti senza invaderne lo spazio. Le persone fotografate dalla Franck sono sempre imperturbabili, anche se colte istintivamente in un momento esclusivo della loro vita, come se la presenza della fotocamera fosse inavvertibile e allo stesso tempo intima, e necessaria per raccontare gli eventi [fig. 9].

“Per me la macchina è un quaderno per gli schizzi, uno strumento di intuizione e spontaneità, il padrone dell’istante che – in termini visivi – si interroga e decide simultaneamente”152, scrive Henri Cartier-Bresson

promuovendo la sua poetica e patrocinando quella della consorte, rimarcando però che “la fotografia ‘confezionata’ o di scena non mi interessa”153, come a dire che fotografare il teatro, tra tutti le possibili

immagini che contiene il mondo, è forse l’esperienza meno stimolante. “A HCB non piaceva fotografare gli attori, [diceva] “troppo mestiere, si mettono immediatamente in posa””154, e in effetti il preconcetto di una

152 Cartier-Bresson H., Henri Cartier-Bresson, serie Masters of photography, Aperture

Foundation Inc., New York 1976, Udine 1988, p. 8. 153 Ibidem.

154 Sire A., Silenzi, in Un silenzio interiore. I ritratti di Henry Cartier-Bresson, Edizioni

Contrasto, Roma 2009, p. 9 (trad. italiana a cura di Guia Boni). Il volume originale, intitolato Le silence intérieur d’une victime consentante è stato pubblicato in occasione di una mostra della Fondation Henri Cartier-Bresson a Parigi, e si apre con il famoso ritratto di Martine Franck al marito, colto mentre si sta autoritraendo allo specchio durante una sessione di disegno. La fondazione francese, inaugurata nel 2002 e

fotografia di scena rigida, falsa e predeterminata ha accompagnato da sempre l’idea della riproduzione del teatro, anche nell’immaginario dei fotografi stessi.

Le fotografie teatrali di Martine Franck tuttavia, rivivono la scena teatrale in tutta la sua complessità, la rendono un luogo aperto, disponibile e permeabile allo sguardo: “Pour moi”, riferisce la stessa fotografa, “une bonne photo peut être une photo d’une instant fugace avec un second rôle ou un figurant est qui ne raconte pas forcément le spectacle”, e sostiene inoltre: “restituer un spectacle ne veut pas dire se mettre à une place déterminée et affirmer un seul point de vue”155.

Per la Franck lo sguardo sulla scena non è quello dello spettatore tradizionale, né tantomeno quello del regista che impone una austera visione documentaristica, ma è piuttosto un punto di vista mutevole, dinamico, sempre pronto a cogliere i momenti più inaspettati, che possono parlare dello spettacolo anche attraverso un dettaglio o un’espressione del viso di una comparsa.

Come nota ancora la Meyer-Plantureux, uno degli elementi di novità introdotti dalla fotografia di scena della Franck riguarda l’inserimento del pubblico all’interno del quadro fotografico, come si nota in molte fotografie che appartengono alla prima fase del percorso del Soleil. In

1789, ad esempio, la grande quantità di spettatori è un dato ineludibile

per la riuscita dello spettacolo, e per la Franck fotografare l’evento significa inglobare anche porzioni di pubblico, in piedi, seduto sulle scenografie o a terra [fig. 10], o intorno alle varie postazioni sceniche:

C’est un témoignage tout à fait exceptionnel de ce moment privilégié de la vie du Soleil où la troupe est à la rencontre d’un public nouveau, réellement populaire. Les spectateurs assis sur des sièges de fortune, le décor du spectacle se superposant au décor naturel de l’usine (vitres,

fortemente voluta da Martine Franck, è una sorta di Pantheon dedicato all’opera del grande fotografo.

155 Meyer-Plantureux C., Entretien avec Martine Franck, in Meyer-Plantureux C., La

mur en briques, échafaudage, caisses) racontent un nouveau rapport à l’espace […] et un nouveau rapport spectateurs/acteurs156.

La rottura del rapporto frontale tra spettatore e attore, intesa come fattore di rinnovamento per un teatro che si sente vincolato nello spazio tradizionale della scena all’italiana, spinge la compagnia a istituire la

Cartoucherie, dove Martine Franck esegue la maggior parte dei suoi

scatti. Lo spazio diventa così una sorta di casa aperta in cui attori e spettatori condividono esperienze, e in cui le persone abitano e partecipano ad una quotidianità:

[...] il y a les photos de l’installation à la Cartoucherie - les acteurs- bâtisseurs de leur lieu théâtral - les photos des enfants des acteurs, des repas collectifs, d’Erhard Stiefel fabriquant les masques […] une documentation exceptionnelle des coulisses du Théâtre157.

Tutte le fotografie della Franck narrano di una vita intima del teatro, quasi domestica, e di fatti ordinari, come immagini di un album di famiglia dove sono conservati i ricordi di esperienze private e confidenziali, normalmente precluse allo sguardo del pubblico[fig.11]. Così come accade durante lo spettacolo, anche attraverso le fotografie gli spettatori sono invitati a partecipare e a condividere un teatro che è vita, e che non si consuma solo nel breve tempo della rappresentazione.

Tout ne se passe pas sur la scene avec les acteurs du Soleil. Les spectateurs en sont conscients […], cherchent à savoir qui [ils] sont, comment [ils] vivent, demandent s’ils peuvent parteciper un peu à [leur] vie158.

156 Meyer-Plantureux C., Les photographies de publics, Ivi, p. 60.

157 Ivi, pag. 62.

158 Andreone L., Guertchikoff L., Tout ne se passe pas sur la scène, «Théâtre en

La grande saga del Théâtre du Soleil è raccontata da Martine Franck anche attraverso un film, realizzato nel 1995 con Robert Delpire. Si tratta di un cortometraggio di 26 minuti intitolato Ariane et compagnie:

le Théâtre du Soleil, in cui la grande madre di questa famiglia, Ariane

Mnouchkine, rivela tutto il suo entusiasmo e la sua energia creatrice. E se è grazie alla regista che l’esperienza del Soleil ha attraversato i decenni indenne e sempre trionfante, è sempre grazie a lei che la fotografia ha avuto cosi tanta rilevanza nell’avventura di questo teatro, come rimarca la stessa Franck: “Ariane regarde trés attentivement les planches-contacts; elle donne son avis mais finalement me laisse le dernier choix même si elle n’est pas toujour complètement d’accord”159.

L’opinione di Mnouchkine sulla fotografia è ben precisa e risoluta, come è nel suo carattere granitico, del resto lei stessa fotografa da sempre e in quanto esperta di storia della fotografia, ha gusti e preferenze definiti:

Ce qui m’intéresse chez les grands photographes comme Capa, Cartier- Bresson, Lartigue ou Doisneau, ce n’est pas l’équilibre des masses, la rigueur de la composition, mais bien plutôt le regard d’un enfant, l’expression d’un visage. J’aime qu’un photographe soit un voleur d’âmes, pas un falsificateur d’images.

E in merito alla fotografia teatrale pontifica:

[…] les photos brumeuse de clair-obscur ne me donnent jamais envie de voire le spectacle […] Moi je tiens que [le photographies] respect mon oeuvre, l’oeuvre de la troupe, des acteurs. La vision d’une photographe sur un spectacle peut être magnifique mais elle peut aussi

n i e r tout le travail de 4 mois. […] C’est pour cela que j’ai des

photographes attitrées160,

159 Meyer-Plantureux C., Entretien avec Martine Franck, in Meyer-Plantureux C., La

Photographie de Théâtre ou la mémoire de l’éphémère, Op. cit., p. 64.

160 Meyer-Plantureux C., Entretien avec Ariane Mnouchkine, metteur en scène, le1er

prima su tutti Martine Franck.

1.2.2.2 Une façon differente de prendre des notes. La