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Sezione prima Documento

1. Il valore del documento fotografico per la scena teatrale e performativa

1.2 Una storia della fotografia di teatro Il caso francese

1.2.1 La svolta linguistica di Pic

Roger Pic, comédien che come nella migliore tradizione francese111 si

dedica alla fotografia di spettacolo, è considerato l’emblema dell’attesa riforma dello sguardo sulla scena teatrale degli anni Quaranta e Cinquanta. Per scelta personale, e non senza problemi, si cimenta in uno stile fotografico completamente nuovo, destinato a rivoluzionare, di lì a poco, l’intero corso della fotografia di teatro francese, che dal suo avvento si chiamerà anche fotografia di scena.

Dal 1945, anno in cui comincia la sua avventura fotografando in primis la compagnia Renaud-Barrault112, Pic propone un punto di vista inedito

111 E’ storia nota che i fotografi francesi, considerati pionieri della fotografia,

provenissero dal mondo del teatro. E’ il caso di Daguerre, disegnatore di scenografie, inventore del Diorama prima e della daguerréotypie poi, ma anche Hyppolite Bayard, comèdien considerato il primo performer fotografico in virtù del suo famoso Autoportrait en noyé del 1840, oppure il fotografo André-Adolphe Disderi, attore mancato e ideatore della Carte de visite. In merito all’esperienza nel mondo del teatro di Daguerre, si veda il recente volume di Stephen Pinson, Speculating Daguerre: Art and Enterprise in the Work of L. J. M. Daguerre, Chicago University Press, Chicago, 2012. 112 Come racconta in un’intervista, Pic lavora con la compagnia Renaud-Barrault dal

1946 al 1970, all’Opéra de Paris dal 1959 al 1970, al TNP con George Wilson dal 1963 al 1972 e al Théâtre des Nations dal 1957 al 1972. Nei primi anni Settanta abbandona il teatro per dedicarsi al reportage e alla cronaca politica, iniziando a viaggiare intorno al mondo. Nel 1982, all’epoca dell’intervista, era produttore e giornalista televisivo per

sul teatro che esce dagli schemi impostati in passato, per “[…] ‘sortir’ des photos qui montrerait exactement ce qui se passait sur scène, ce qui représentait le travail du metteur en scène”113.

Deposta dal podio la figura eroica e gloriosa dell’attore, con Pic è ora il regista, cioè il creatore dello spettacolo, il nuovo protagonista delle fotografie, perché ciò che viene consegnato allo sguardo del fruitore della fotografia riguarda l’intera messa in scena, lo spettacolo in tutta la sua complessità e totalità. Solo così, come commenta ancora Dort, la fotografia e il teatro finalmente si riconoscono sullo stesso piano e si fecondano vicendevolmente, trasformando la “[…] cohabitation […] en mariage d’amour”114.

La fotografia di Pic, fuori dalle logiche commerciali e perciò inizialmente rifiutata da agenzie e stampa, esclude la posa degli attori, l’uso del flash e quella costruzione dell’immagine che aveva caratterizzato la fotografia teatrale fino a qual momento, esplorando un tipo di ripresa più spontanea e autentica anche se meno accurata, conseguita sur le vif, durante la rappresentazione stessa [fig. 1].

Grazie ad alcune innovazioni che affinano l’immagine – ad esempio una pellicola maggiormente sensibile da usare in condizioni di luce difficili, ma anche ottiche più luminose che permettono di ottenere foto più nitide – Pic può sperimentare l’istantanea a teatro, capovolgendo repentinamente decenni di iconografia acquisita, come rimarca la Meyer-Plantureux:

Le fait de photographier durant les représentations implique pour le photographe des contraintes importantes. Il doit abandoner le flash qui perturbent le cours d’une représentation; ce n’est pas chose facile car les pellicules manque de sensibilité et les appareils sont loin d’être aussi perfectionnés que de nos jour. Certaines photos, lorque la scène

la CBS News e per TF1. Meyer-Plantureux C., Entretien avec Roger Pic, in Meyer- Plantureux C., La Photographie de Théâtre ou la mémoire de l’éphémère, Op. cit., p. 31- 32

113 Ibidem.

est insuffisament éclairée, sont impossibles à realiser. Malgré les difficultés Pic ne renoncera pas aux photos instantanées115.

Ma non sono solo le occorrenze tecniche che implementano la radicale rivoluzione dello sguardo condotta da Pic. La realizzazione degli scatti durante lo spettacolo e la ripresa dal vero, il punto di vista frontale adatto ad una scena inserita nel teatro ‘all’italiana’[fig. 2], l’inquadratura aperta che ingloba tutto il dispositivo scenico ma anche il campo ravvicinato che privilegia certi aspetti della messa in scena e l’interazione tra attori e spazio[fig. 3], sono solo alcuni esempi dei mutamenti avviati dal fotografo anche in ambito linguistico, poichè

[…] avec Pic, la notion de photo ‘composée’ est remplacée par celle de ‘photo-témoignage’. […] La photo […] a gagné en pouvoir de signification. […] Pic ouvre la voie à un noveau courant de photographie de theatre116.

Nel 1957, al Théâtre de Nations a Parigi, Roger Pic fotografa Mutter

Courage und ihre Kinder diretto da Brecht. Molto è stato detto e scritto

su queste fotografie e il dibattito è ancora acceso117, tra estimatori e

detrattori che discutono sulla presunta qualità delle sue fotografie e sull’aderenza o meno rispetto alla messa in scena.

Vale la pena ricordare, tra tutti, il testo di Roland Barthes, scritto in occasione della pubblicazione della versione francese dell’opera, e illustrato da circa un centinaio di fotografie di Pic118. Riferendosi

all’analisi benjaminiana del ‘gesto citabile’119 in Brecht, Barthes sostiene

115 Meyer-Plantureux C., Roger Pic le précurseur, Ivi, p. 20.

116 Ivi. p. 26.

117 Sulle fotografie realizzate al teatro brechtiano che comprendono, oltre al lavoro

di Pic, anche quello di Ruth Berlau e di altri fotografi, si veda il recente Fiorentino F., Valentini V., Brecht e la fotografia, Bulzoni Editore, Roma 2015.

118 Brecht B., Mère courage, Spectacle du Berliner Ensemble, con un testo introduttivo

in francese di Geneviève Serreau e Benno Besson, un commentaire di Roland Barthes e 98 fotografie di Roger Pic, Editions l'Arche, Paris 1960.

119 Secondo la tesi di Barthes, esisterebbe una sorta di prossimità concettuale tra la

‘citazione epica’ trattata da Benjamin, e la fotografia, come ben sintetizza Luca di Tommaso: “La citazione e la fotografia hanno delle implicazioni figurative: sono

che le fotografie di Pic sono più che illustrative o descrittive, ma piuttosto vanno ritenute ‘critiche’, in quanto “[elles] aident à découvrir l’intention profonde de la création”120.

Il ‘film fotografico’ di Pic, certifica Barthes, rivela ciò che sfugge all’occhio dello spettatore durante la rappresentazione, cioè il particolare: la fotografia isola il dettaglio, inteso come spazio in cui risiede esattamente il significato dell’opera, rivelando la verità recondita dei fatti. “Il dettaglio per Brecht rappresenta il primato del sensibile”121, nota anche Valentina Valentini parafrasando Barthes, e Pic

ne sa rendere con sapienza il senso profondo attraverso l’oggettività della fotografia. Le fotografie di Pic sono inoltre “letterali, cioè rifiutano di interpretare i fatti esteticamente, ma prendono posizione, cioè scelgono dei significati che aiutano a passare da un ordine fattuale ad uno intellettivo”122, e sono dunque paragonabili a quadri, come ad

esempio quelli del Carpaccio che narrano la vicenda di Sant’Orsola. L’opera di Pic su Brecht, in particolare il lavoro su Mutter Courage, è ritenuta rappresentativa dell’estetica del teatro epico brechtiano poiché non si limita alla riproduzione tautologica dell’evento scenico, ma favorisce piuttosto la comprensione sociale e civile della tecnica dello ‘straniamento’, ovvero del distanziamento emotivo dalla scena per poter cogliere meglio senso e valori della rappresentazione.

Come sottolinea anche Maria Giulia Dondero,

stilizzazioni, elezioni di tratti […] cioè filtraggio, scelta consapevole, esaltazione del dettaglio a discapito della visione sinottica ‘infedele’. Hanno delle implicazioni temporali: [...] si cita un passato a partire da un presente. Delle implicazioni percettive: […] la citazione interrompe il contesto discorsivo, quindi causa una scossa, un trauma nella fruizione, lo spettatore del teatro epico è come l’osservatore fotografico, si impegna per ricostruire il contesto a partire dai dettagli esaltati nel quadro, crea una dialettica tra storia e quadro, momento presente e durata narrativa, concezione sinottica della trama e visione puntuale”, Di Tommaso L., Brecht, Barthes e la fotografia, in Fiorentino F., Valentini V., Brecht e la fotografia, Op. cit., pp. 124-125. 120 Brecht B., Mère courage, Spectacle du Berliner Ensemble, Op. cit., p. 209.

121 Valentini V., Truth is concrete: la fotografia per rifondare l’opera teatrale,

Fiorentino F., Valentini V., Brecht e la fotografia, Op. cit., p.48.

la foto di Pic si vuole quindi attestazione di un’attestazione, in un certo senso […] riprende l’ossimoro brechtiano: questa storia a cui noi tutti siamo di fronte ci riguarda fortemente, ma nello stesso tempo ci è trasversale. Le siamo di fronte attraverso la prossimalità della presa fotografica, ma questa prossimalità parte sempre da un punto di vista obliquo, che ci distanzia e costruisce un’assimetria tra spettacolo enunciato ed enunciazione fotografica123.

Inoltre, specifica la Dondero, nonostante Pic abbia fotografato incessantemente tutta la pièce cercando di seguirne il ritmo, la sua strategia è quella di restituire una collazione delle diverse parti in modo da moltiplicare i punti di vista sulla scena, con l’effetto di “costruire un senso di ‘malinconia del movimento perduto’ e di un qualcosa di mai più ripetibile”124.

Nel libro in cui è pubblicato il sopracitato commento di Barthes, le foto

gros plan[fig. 4] si alternano ai primi piani[fig. 5], mentre lo sfocato e talvolta il mosso mostrano degli effetti non visti in scena che magnificano le qualità fotografiche, in un bianco e nero impeccabile e sapientemente calibrato tra zone chiare e scure125. Il famoso urlo di

madre coraggio infine[fig. 6], fotografato con il teleobiettivo e posto al centro del volume, quasi per irradiare con la sua forza il resto delle fotografie e della storia, costituisce una sorta di ‘discorso ermeneutico’ sull’intero spettacolo126.

123 Basso Fossali P., Dondero M.G., Semiotica della fotografia. Investigazioni teoriche e

pratiche d’analisi, Guaraldi, Rimini 2006, p. 262. 124 Ibidem.

125 Roger Pic spiega di avere fotografato in bianco e nero per una questione

prettamente tecnica, e per il rigore e la qualità che solo certe pellicole dell’epoca potevano garantire. A distanza di anni tuttavia, si pente di non avere sperimentato il colore in maniera più massiccia, ad esempio negli spettacoli di Brecht: “J’ai eu tort de ne pas faire de photo couleurs plus tôt. […] Travailler en couleurs coûtait très cher. […] Mais c’est vrais que je ne voyas pas la nécessité de faire des photos couleurs de Mère Courage. Maintenant je m’en mords les doigts parce que je crois qu’elles offriraient un grand intérêt”, Meyer-Plantureux C., Entretien avec Roger Pic, in Meyer-Plantureux C La Photographie de Théâtre ou la mémoire de l’éphémère, Op. cit., p. 34.

126 Come spiega Marco De Marinis, per interpretare la famosa scena dell’urlo muto,

l’attrice che interpreta Madre Coraggio, Helene Wiegel, si è detta ispirata alla Guernica di Picasso ma anche ad una fotografia di una madre indiana accovacciata accanto al

Il montaggio editoriale delle fotografie corrisponde all’andamento cronologico della messa in scena, ed è organizzato in sequenze nel rispetto del procedere dei fatti, in accordo con i precetti brechtiani ma anche secondo l’ideologia stessa di Pic, per il quale “on pourrait presque à partir des photographies reconstituer le spectacle”127.

Pur trattandosi di un libro destinato alla divulgazione dello spettacolo e non di un ModellBuch, ovvero di un libro-modello atto a ricostruire e a ridare forma al ‘gestus’ fondamentale del dramma, il volume ripropone una matrice visiva tipica brechtiana.

Come è noto infatti, Brecht faceva realizzare anche dai suoi fotografi del Berliner Ensemble, prima su tutti Ruth Berlau128, una serie cospicua di

fotografie per ogni spettacolo in modo da poterle rimontare in ordine cronologico e restituire la trama della storia, nonché “il gioco d’insieme dei personaggi e dei gruppi nei loro movimenti; la suddivisione di fatti generali in fatti singoli; le considerazioni sulla caratterizzazione dei personaggi e sul significato sociale degli avvenimenti”129.

Seguendo la linea brechtiana, Roger Pic nei primi anni Settanta propone a Georges Wilson, direttore del Théâtre National Populaire con cui collabora già da diversi anni, di realizzare una serie di ModellBuch per alcune messe in scene del teatro.

“En suivant à la lettre le cahier de régie, on prenaint en photo, systématiquement, le déroulement complet du spectacle”130 ricorda Pic,

che scattava tra le 700 e 800 fotografie per ogni pièce in modo da avere molti tipi di materiali visivi diversi, ripartiti in varie categorie come cadavere del figlio. Cfr. Forsennare il supporto!, Op. cit., p. 175.

127 Meyer-Plantureux C., Entretien avec Roger Pic, in Meyer-Plantureux C., La

Photographie de Théâtre ou la mémoire de l’éphémère, Op. cit., p. 32.

128 Per una ricostruzione dell’essenziale ruolo di Ruth Berlau all’interno del Berliner

Ensemble, del suo rapporto con Brecht e delle sue competenze fotografiche, nonché dell’apporto fondamentale della fotografia al teatro epico brechtiano, si veda Valentini V , Truth is Concrete: la fotografia per rifondare la pratica tetarale, Fiorentino F., Valentini V., Brecht e la fotografia, Op. cit., pp. 29-50.

129 Brecht B., Theaterarbeit. Fare teatro di Bertolt Brecht, sei allestimenti del Berliner

Ensemble, Il Saggiatore di Arnaldo Mondadori Editore, Milano 1969, p. 308.

130 Meyer-Plantureux C., Entretien avec Roger Pic, in Meyer-Plantureux C., La

‘prove’, ‘spettacolo in corso di rappresentazione’, ‘costumi di fronte e di profilo’, ‘trucchi’, ecc.

La campionatura sistematica di tutte le fasi della preparazione dello spettacolo veniva poi raccolta all’interno di un album a cui venivano aggiunti commenti scritti e disegni, foto di maquette e in alcuni casi articoli di giornali131.

L’indiscusso contributo di Roger Pic all’evoluzione del prototipo di fotografo di teatro, ha dato i suoi frutti nel periodo successivo alla sua dipartita dalla scena, intorno ai primi anni Settanta, attraverso autori come Claude Bricage o Nicolas Treatt prima e successivamente con Martine Franck al Théâtre du Soleil.

Dopo il passaggio di Pic, evidenzia infine la Meyer-Plantureux, “plus personne n’ose prendre de photo posée d’un spectacle”132, e il

linguaggio della fotografia di scena abbandona definitivamente i cliché del passato per ravvivare la propria sintassi incrociando quella del reportage. L’apertura alla nozione di documento, alla fotografia fedele ma mai servile, come diceva Barthes, e alla creazione di un archivio di fotografie ad uso del teatro, lontano dalle logiche sterili e meccaniche della pubblicità, hanno reso il lavoro ventennale di Roger Pic una testimonianza unica nella storia della fotografia del teatro francese del Novecento.

131 Per una descrizione chiara e accurata di un Modellbuch realizzato da Pic e Wilson

si veda ancora Meyer-Plantureux C., Ivi, p. 26-27. Come l’autrice stessa dichiara tutti questi materiali all’epoca dell’uscita del libro non erano visionabili perché conservati nell’archivio personale di Georges Wilson, consultabile solo attraverso uno speciale permesso del Ministero della cultura francese. Oggi l’intero archivio di Roger Pic, compresi alcuni dei suoi Modellbuch, è custodito alla BNF di Parigi. Il già citato testo italiano a cura di Fiorentino e Valentini, inoltre, riporta molte inedite informazioni sullo stesso argomento, discusse da studiosi italiani.

132 Meyer-Plantureux C., Roger Pic et l’exemple du Modellbuch, in Meyer-Plantureux

1.2.2 Il Théâtre du Soleil133, tra letteratura, cinema e