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Ulteriori termini indicanti vari tipi di lesioni sono attestati in fonti esterne ai corpora fisiognomici e medici. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di hapax

legomena, riportati in documentazione di varia natura, come testi letterari,

documentazione ufficiale, testi lessicali o della divinazione. La trattazione include le seguenti voci: i) ḫimṣu / ḫinṣu; ii) kuzillatu; iii) nuqdu; iv) miḫṣu; v) miḫiṣtu e niṭûtu; vi)

pitḫu; vii) qalû e ḫimṭu (TAB); viii) sikru; ix) šikṣu.

*** i) ḫimṣu / ḫinṣu

Il termine ḫimṣu / ḫinṣu è attestato solamente in testi lessicali e nell'estispicina. In queste occorrenze, esso sembra indicare la presenza di tessuto adiposo osservabile attorno agli organi addominali degli animali sacrificati; tuttavia, vi sono ulteriori occorrenze interpretabili come delle escrescenze cutanee.677 P.B. Adamson, in particolare, ha osservato come ḫimṣu possa assumere due significati principali. In primo luogo, il vocabolo indicherebbe l'omento largo, ovvero un rivestimento peritoneale 674 Cfr. Sakikkû IX, 8-9: DIŠ IGI.MEŠ-šú BABBAR u SIG7 ŠUB.ŠUB-ú KA-šú NUNDUN.ME-šú ši-ši-

tu IGI-šú šá 1 5 0 i-ṣap-par GAM; Sakikkû IX, 29: DIŠ IGI.MEŠ-šú IM.GÁ.LI ŠUB-ú

NUNDUN.MEŠ-šú ši-ši-tu DIRI.MEŠ IGIII-šú SIG

7 ŠUB.ŠUB-a u IGI-šú šá 15 i-ṣa-par GAM.

675 Labat 1957-1971c: 232b.

676 Cfr. CAD Š/3 s.v. šišitu, 125-6, in particolare § 1, a-b; Fincke 2000: 81; Scurlock – Andersen 2005: 196; Attia 2015: 66-68.

fissato solo all'estremità superiore: esso è il primo organo visibile in una dissezione e va sollevato per esaminare gli organi sottostanti. In secondo luogo, l'autore sostiene che

ḫimṣu rappresenti un tumore adiposo semplice (come un lipoma o un fibrolipoma) o una

forma di neurofibromatosi (malattia di von Recklinghausen). 678 L'esiguità di occorrenze è tale da non consentire ipotesi interpretative più concrete.679

ii) kuzillatu

L'hapax legomenon kuzillatu è attestato unicamente in un commentario a

Šumma izbu: in questa sede, il termine viene equiparato a maštu, un vocabolo che

ricorre frequentemente nella serie a indicazione di eruzioni cutanee sul corpo del feto.680 Per questo motivo, gli editori del CAD propongono la possibile identificazione con un'eruzione cutanea o una bolla e la derivazione da kuzāzu “vespa, un insetto che morde”.681 Più di recente, N. De Zorzi ha suggerito una correlazione del termine con

kiṣa/illu “astragalo, osso del piede”.682

iii) nuqdu

Il termine nuqdu è attestato solamente in un testo divinatorio paleo-babilonese. Il passo è notevole per la descrizione di una sintomatologia, interpretata fino a tempi recenti come lebbra (cfr. supra, § II.3.2):

42. DIŠ LÚ pa-ga-ar ši-ru-šu pu-ṣa-am ku-ul-

lu-u[m]-ma

43. ù nu-uq-di i-ta-ad-du

42. Se il corpo (o) le carni di un uomo mostrano una lesione bianca (pūṣu)

43. e sono piene di noduli nuqdū,

678 Adamson 1979: 4-5.

679 Ibid.; Scurlock – Andersen 2005: 747, n. 39.

680 CAD K s.v. kuzillatu, 615; non è presente un lemma dedicato nell'AHw. Cfr. Leichty 1970 (TCS 4): 217: ma-aš-tu4 = ku-ṣil-la-tu4, commentario a Šumma izbu V, 30 (šumma laḫru nēšā ūlidma (u) mašta

šakin tību tībšu izzaz, “Se una pecora partorisce un leone e (il piccolo) ha un'escrescenza – attacco;

l'attacco contro di lui sarà vittorioso”; cfr. De Zorzi 2014: 470 (con traduzione italiana). 681 Cfr. AHw 519b; CAD K s.v. kuzāzu, 613-614.

44. LÚ šu-ú it-ti i-lí-šu sà-ki-ip 45. it-ti a-wi-l[u-ti]m sà-ki-ip

44. quell'uomo è stato respinto dagli dèi, 45. (quell'uomo sarà) respinto dagli uomini.

(VAT 7525, ii 42-45)683

Sulla base di possibili comparazioni linguistiche con termini arabi e siriaci che significano “punto”, W. von Soden ha proposto l'identità con una macchia cutanea, mentre gli editori del CAD interpretano il termine come un segno generico riscontrabile sul corpo umano (per es., una macchia o una papula).684 Più recentemente, J.A. Scurlock e B.R. Andersen hanno sostenuto che nuqdu possa rappresentare una lesione puntiforme caratterizzata da piccoli buchi, in quanto un termine simile in arabo viene impiegato per identificare il segno diacritico per distinguere lettere tra loro simili.685

J.V. Kinnier Wilson, in un contributo dedicato alla storia della lebbra nella Mesopotamia antica, ha argomentato come l'esplicito riferimento a due tipi di lesioni,

pūṣu e nuqdu, sia indicativo di due stadi della malattia: di conseguenza, le macchie

bianche pūṣū ne rappresenterebbero il tipo neurale, caratterizzato da chiazze bianche o scolorite; le lesioni nuqdū designerebbero lo stadio lepromatoso o nodulare e sarebbero da interpretare, conseguentemente, come noduli.686 A questo proposito F. Köcher contrasta l'ipotesi che si tratti di un nodulo su base linguistico-comparativa; egli sostiene, inoltre, che l'interpretazione con nodulo è dovuta all'assunto di un'identificazione con la lebbra, ma in un contesto fisiognomico – osserva l'autore – in cui vengono esaminati dei fenomeni riscontrabili alla nascita, e non nel contesto dell'evoluzione di una malattia.687

iv) miḫṣu

Miḫṣu deriva dal verbo maḫāṣ u (log. SÌG), “colpire, uccidere; infliggere un

dolore persistente”; quest'ultimo trova ampio impiego nelle fonti mediche per indicare 683 Per l'edizione del testo si veda Köcher – Oppenheim 1957-1958: 66; Van der Toorn 1985: 72-73;

traduzione italiana dell'autrice.

684 Cfr. AHw II 804 (“Hautfleck”); CAD N s.v. nuqdu, 344 (“mark, spot (on human skin)”). 685 Scurlock – Andersen 2005: 219 (“pinpoint (punctate) lesions”).

686 Kinnier Wilson 1966: 50. 687 Köcher 1992: 30.

l'inflizione di una malattia sul corpo di un paziente.688 Di per sé, il verbo è frequentemente impiegato in testi di argomento bellico per indicare azioni violente.689

Tra i suoi vari significati, il termine miḫṣu può identificare una ferita, l'atto di infliggere un colpo o l'esito di varie azioni che implicano un colpo, una pressione o l'impressione di strumenti, come un segno cuneiforme effettuato con uno stilo sull'argilla, la puntura di un'animale o di una spina.690

Le attestazioni del vocabolo nel significato di “ferita, colpo” derivano da fonti di diversa natura, come documenti di interesse quotidiano o composizioni letterarie. In due documenti giudiziari da Nuzi sono relazionate delle lotte tra uomini: in entrambi i casi, i giudici sono chiamati in causa a giudicare il caso ed esprimono il loro verdetto dopo aver esaminato autopticamente le ferite e le percosse.691

Una composizione di periodo neo-babilonese conosciuta come Il sovrano della

giustizia, purtroppo frammentaria delle parti iniziale e finale, esalta il buon governo di

un re di Babilonia (nel corso degli studi riconosciuto come Nabucodonosor II o Nabonedo) che sana un periodo di caos e disuguaglianza precedente.692 Nella parte superstite si possono distinguere tre casi giuridici, esemplari della giustizia del sovrano elogiato. In particolare, il secondo di questi descrive un giudizio ordalico, rappresentando una delle più elaborate descrizioni dell'ordalia del fiume. Il caso descritto, però, presenta uno svolgimento anomalo: il colpevole sprofonda, ma il suo corpo non riemerge in superficie; il sovrano, infuriato, ordina ai suoi uomini di mettersi alla ricerca del cadavere, che riemerge solo diverse ore dopo. Nel passo seguente, ne viene descritto l'aspetto:

17. ina AN.BAR7 ina ka-šá-du šá-lam-tu-uš ul-

tu ÍD i-lam-ma

18. SÌG-iṣ SAG.DU iš-tu KA GEŠTUGII u

nap-pa-šú i-red-di ÚŠ

19. u UGU-ḫi GIN7 ši-kin IZI-im-ma ḫa-mi-iṭ

17. Quando arrivò mezzogiorno, il suo cadavere emerse dal(le acque del) fiume. 18. La sua testa era stata colpita; dalla sua bocca, dalle sue orecchie e dalle sue narici fuoriusciva sangue

19. e il suo cranio era caldo come carboni

688 Cfr. CAD M/1 s.v. maḫāṣu, 71-84; Heeßel 2000: 168 (sub l. 56'), 417. Si veda, per es., Sakikkû XV, 3'-4', 10', 64', 91'; XIX, 29'; XXII, 39b; XXVI, 80'-81'.

689 Couto-Ferreira 2007: 15. 690 CAD M/2 s.v. miḫṣu, 60-62.

691 Pfeiffer 1932, t. 10, 6; Pfeiffer – Speiser 1936: 118, t. 72, 14, 20.

692 Cfr. Schaudig 2001: 579-580 per un riepilogo delle ipotesi e delle motivazioni avanzate a proposito del sovrano in questione.

20. SU-šú ma-li bu-bu-tu

ardenti.

20. Il suo corpo era ricoperto di vescicole

bubuʾtu.

(BM 45690, iv 17-20)693

La sintomatologia descritta non corrisponde a quella di una morte per annegamento, ma è stata spiegata sulla base di motivi ricorrenti negli incantesimi

namburbi che potrebbero aver influenzato l'autore della composizione.694 In questo caso, l'attestazione di miḫṣu (con logogramma e complemento fonetico) deve essere interpretata come un livido o una ferita evidente.

v) miḫiṣtu e niṭûtu

Come miḫṣu, anche il termine miḫiṣtu deriva dal verbo maḫā ṣ u (log. SÌG), “colpire, uccidere; infliggere un dolore persistente”. In primo luogo, miḫiṣtu afferisce al dominio della scrittura, in quanto indica un'incisione effettuata con lo stilo nell'atto dello scrivere e, quindi, designa un segno cuneiforme. Il segno cuneiforme identificato dal cuneo rappresenta, di fatto, un carattere osservabile sugli organi animali durante gli esami epatoscopici, e rappresenterebbe conseguentemente un'anomalia dei tessuti.695 È interessante notare come un vocabolo indicante il segno cuneiforme e la scrittura presenti come secondo significato quello di “ferita”. In questa logica, i colpi inferti sul corpo umano vengono paragonati alle impressioni sull'argilla, la quale era ritenuta la materia formante dell'uomo (cfr. infra, § V.).

La natura dei contesti di attestazione di miḫiṣtu, entrambi provenienti da testi poetici e letterari, potrebbe giustificare il ricorso al termine per designare delle ferite superficiali o, in alternativa, dei lividi. La prima occorrenza è riportata nel racconto umoristico del Pover'uomo di Nippur. Il sindaco, dopo essere stato picchiato dal protagonista, viene assistito dal protagonista travestito da medico (ll. 124-125):696 693 Lambert 1965: 6-7; Schaudig 2001: 583; traduzione italiana dell'autrice.

694 Questo, in particolare, a proposito del calore e dell'ustione del cranio seppur sott'acqua; cfr. Beaulieu 1992: 58-59.

695 CAD M/2 s.v. miḫiṣtu, 54.

124mGimil-[dNinur]ta ina ma-ḫar mḫa-za-an-ni ina e-re-bi-šú 125a-šar z[u-mu]r-šú ú-ra-si-

ba mi-ḫi-íṣ-ta-šú ú-kal-lam-šú, “124Quando Gimil-Ninurta entrò alla presenza del Sindaco, 125quest'ultimo gli mostrò tutte le ferite dove il suo [corpo] era stato colpito”.697

Scegliamo di tradurre miḫiṣtu con “ferite” alla luce della menzione del sangue in un passo precedente dell'opera e della seconda occorrenza del termine, desunta dal

Ludlul bēl nēmeqi.698 In questa narrazione, miḫiṣtu è attestato nella sezione dove viene descritta la serie di patimenti fisici del protagonista e viene preceduto da un altro termine, niṭatû “colpi, percosse”, che sembra identificare nello specifico lesioni risultanti da colpi o di bastoni o di fruste provviste di spine, come nel seguente caso:699

99. ni-ṭa-tu-ú-a šum-ru-ṣa mi-ḫi-iṣ-tu dan-na- [at]

100. qin-na-zu iṭ-ṭa-an-ni ma-lat ṣil-la-a-tum 101. pa-ru-uš-šú ú-šaḫ-ḫi-la-an-ni zi-qa-˹ta˺

lab-šat

99. I colpi (inferti) erano seri, la ferita gra[ve]

100. La frusta che mi colpì era piena di spine, 101. mi colpì un pungolo con spine.

(Ludlul II, 99-101)700

L'allusione alle spine in questo passo implica che le lesioni inferte dall'arma erano tali da provocare delle lacerazioni nella pelle e, conseguentemente, la fuoriuscita di sangue, e non semplici ematomi come esito di percosse; alla luce dello schema retorico-letterario della riformulazione di un concetto con un secondo termine o perifrasi affine per rafforzare il concetto, suggeriamo che anche miḫiṣtu, similarmente, doveva far riferimento a delle ferite laceranti della pelle, forse dei graffi, o delle 697 Gurney 1956: 156-157; George 1993: 75; traduzione italiana dell'autrice.

698 Pover'uomo di Nippur (= STT 38), ll. 102-106:102ul-tú qaqqadī-šú a-di ki-bi-is šēpēII-šú 103mi-na-te-

˹šú˺ ú-ra-si-ba na-za-qu e-mid-su 104LÚḫa-za-an-ni ina šap-li-šú a-di NÍ.TE-tim-ma i-šes-si 105˹be˺-lí

mār NippuriKI la tu-ḫal-<la>-qa 106da-am ki-˹din˺-ni ik-kib dEnlil qātēII-˹ka˺ la ˹tala˺-pat, “102Dalla sua

testa alle piante dei suoi piedi103picchiò tutto il suo corpo e inflisse dolore su di lui.104Il sindaco sotto

di lui gridò spaventato:105“Mio signore, non uccidere un cittadino di Nippur!106Non macchiare le tue

mani con il sangue di una persona di una persona protetta divinamente e sacra a Enlil!”; Gurney 1956: 154; traduzione italiana dell'autrice.

699 Cfr. AHw II 799a; CAD N/2 ss.vv. niṭûtu, niṭû, 302; Annus – Lenzi 2010: 52. Si veda a questo proposito anche Ludlul I, 21, dove i colpi del dio Marduk vengono descritti in questi termini: za-aq-ta

ni-ṭa-tu-šú ú-saḫ-ḫa-la zu-um-ra, “i suoi colpi pungenti, essi trafiggono le carni”; cfr. Annus – Lenzi

2010: 19; traduzione italiana dell'autrice.

700 Annus – Lenzi 2010: 22 (edizione); traduzione italiana dell'autrice. Nella composizione ci sono altre tre attestazioni del termine. Le prime due (Ludlul I, 27, 35) fanno riferimento a colpi divini; la terza (Ludlul III, 87) si presenta, invece, in un contesto dove la traduzione proposta dagli autori (“illness”) differisce dai significati consueti.

perforazioni di diametro relativamente ristretto.

vi) pitḫu

643. ki-i LÚ.KÚR ú-pa-ta-ḫu-ka-nu-ni 644. LÀL Ì.MEŠ zi-in-za-ru-ʼu MÚD GIŠ.ERIN

645. a-na šá-kan pi-it-ḫi-ku-nu li-iḫ-liq

643. Quando il tuo nemico vi trafigge,

644. possano non essere a (vostra) disposizione (l. 645) miele, olio, zenzero o resina di cedro 645. da applicare sulla vostra ferita.

(SAA II 6, 643-645)701

Il presente passo desunto dalle clausole di maledizione dell'ade di Esarhaddon attesta il termine pitḫu, una formazione pirsu dal verbo patāḫu, “bucare, perforare, trafiggere”.702 Si tratta, quindi, di un ulteriore termine riconducibile all'ambito semantico delle ferite. I dizionari indicano per pitḫu la traduzione “ferita, taglio profondo”, il che induce a riconoscere in questo termine un tipo di ferita diversa da quelle indicate, per esempio, da miḫiṣtu e niṭûtu, forse risultanti da armi distinte.703

vii) qalû e ḫimṭu

Dal verbo qalû “arrostire, ardere, bruciare” deriva l'aggettivo qalû, “arrostito, raffinato (per metalli), bruciato”. Il termine, in un'attestazione isolata, designa anche una persona che presenta una lesione cutanea identificabile con una scottatura o una cicatrice di abrasione.704 W.H.Ph. Römer, in una sua più recente traduzione, ipotizza che si possa trattare di un marchio di proprietà (šimtu).705 Il passo in questione, tratto da un testo di tardo II millennio contenente prescrizioni rituali per l'ordinazione di un 701 Parpola – Watanabe 1988: 57; traduzione italiana dell'autrice.

702 CAD P s.v. patāḫu, 269-270.

703 Cfr. AHw II 869 (“Einbruchstelle”, “Wunde”); CAD P s.v. pitḫu A, 435 (“wound, gash”).

704 See CAD Q s.v. qalû, 68, sezione less.; si noti che lo stesso termine indica le persone morte bruciate vive, come per es. in Sakikkû IX, 76: DIŠ IGI.MEŠ-šú SÌG.SÌG-aṣ u GÙ.DÉ.DÉ.ME-si GIDIM qá-li-

i DIB-su, “Se colpisce continuamente il suo viso e urla, lo affligge il fantasma di un morto bruciato

vivo”; cfr. Scurlock 2014: 69; traduzione italiana dell'autrice; STT 91, 72: qāt eṭemmi šaggāši // qa-li- [i].

sacerdote del tempio di Enlil a Nippur, vieta l'attribuzione di tale officio a chi presenti la lesione (cfr. supra, §§ II.2, II.3.706

Un secondo termine indicante una scottatura è da ravvisarsi nel termine ḫimṭu (log. TAB), dal verbo ḫamāṭu, “bruciare”.707 I significati ad esso attribuiti comprendono una scottatura generica, la febbre (ḫimiṭ ṣēti) e uno stato di ansietà (ḫimiṭ libbi). Inoltre,

ḫimṭu può indicare una scottatura risultante da un'esposizione al fuoco (Ú TAB IZI,

“pianta per una scottatura da fiamma”, STT 92, iii 13', 14'). In alcune indicazioni di interesse medico nella serie fisiognomica rimane difficile stabilire se si tratti di febbre o di scottature vere e proprie.708

viii) sikru

Il significato originario del termine sikru è legato all'idea di separazione e isolamento: esso può indicare, da un lato, una diga; dall'altro, un harem.709 A questi valori va aggiunto anche quello suggerito dalla seguente attestazione, desunta da una lettera neo-assira:

8šul-mu ad–dan-niš 9a-na la-ku-ú 10si-ik-ru ḫa-

ni-u 11ša ku-tal PI*.2-šú 12ta-al-i-tú ina UGU 13ur-ta-ki-is ina ap-pi-šú 14ir-tu-mu 15ina ti-ma-li v.1ki-i ba-di 2ši-ir-ṭu ša ina ŠÀ-ni 3ṣa-bit-u-ni ap-

ta-ṭar 4ta-al-i-tú šá ina UGU 5ú-tu-li šar-ku 6ina

UGU ta-al-i-te 7i-ba-áš-ši am—mar SAG.DU 8ŠU.SI ṣe-ḫi-ir-te

Il bambino sta molto meglio. Ho bendato questo ascesso dietro al suo orecchio con una

fasciatura assorbente, (in modo che il bendaggio) stesse allentato sulla punta (dell'ascesso). Ieri ho aperto la garza al quale stava attaccata e ho rimosso la fasciatura su di esso. C'era tanto pus nella fasciatura quanto la

706 Borger 1973: 163b, 165, i 39-43:39[x] x LÁ? [x] IZI TA?40 [x] š/ze?-es qa-le-e [x] IZI T[A? … ]41[še-

gín? D]U? SIG

7-ALAM nu-si-sá lú-bi/ra ŠU [xxx]42[ša]k-na šim-ta bu-un-na-an-nu-ú/né-e la i-šá-ru-

tú LÚ x [xx]43[èš-dEn]-líl-dNin-líl-lá-šè nu-ku

4-ku4 níg-gig-é-a-[kam?]44ana ÉdMIN u dMIN ul ir-ru-

ub ik-kib B[IT]?, “39-40chi è affetto da una scottatura,41-42da un viso irregolare, quest'uomo […]43-44egli

non può entrare nel tempio di Enlil e Ninlil, a lui è interdetto (l'accesso) al tempio”; traduzione italiana dell'autrice.

707 CAD H s.v. ḫimṭu, 193; AHw I 346-347.

708 Scurlock – Andersen 2005: 215. Un'ulteriore pianta terapeutica per la cura di ḫimṭu si può trovare in STT 92, iii 15' (Ú ḫi-im-ṭi). Cfr. Alamdimmû VIII, 73-90; Böck 2000: 111-112 intende pa-nu-šú ḫa-

an-ṭu come un'indicazione di febbre (“fiebrig brennt”), mentre Scurlock – Andersen 2005: 215 vi

vedono una scottatura concreta (“has been burned”).

709 AHw II 1043a; CAD S s.v. sikru, 259; CDA 322b indica “scab, behind ears”; cfr. Shaffer 1964: 185, n. 10.

punta di un piccolo dito.

(SAA X 319, r. 8-15, v. 1-8)710

S. Parpola ha argomentato che il termine, in questa occasione, possa indicare un ascesso. A favore di questa interpretazione figura la menzione di alcuni elementi, come la punta che caratterizza l'eruzione e la presenza di pus.711

ix) šikṣu

Il termine šikṣu è attestato raramente, ma in contesti tali da giustificare una correlazione con escrescenze sugli organi interni o sul corpo.712 In una lista lessicale e in un commentario a testi epatoscopici sono presenti isolate equiparazioni del vocabolo c o n murṣu.713 Le altre occorrenze sono prevalentemente di ambito epatoscopico e teratologico, come la seguente: [BE MUNUS] Ù.TU-ma MIN-ma šik-ṣi SA5 LUGAL NUN.MEŠ-šú i-ze-er, “Se una donna partorisce e (il neonato) idem (= già alla nascita) è coperto di lesioni šikṣu, il re odierà i suoi magnati : (loro) saranno ostili” (Šumma izbu IV, 11).714 N. De Zorzi traduce il termine con “ulcera”, ma nel commento la identifica con un'escrescenza.715

710 Parpola 1993: 258; traduzione italiana dell'autrice. 711 Parpola 1983: 251-252.

712 CAD Š/2 s.v. šikṣu, 440 (“a mark on the exta or the body”); AHw III 1235 (“ein Geschwur”).

713 Cfr. CT 20 41, v. 19 // CT 18 24, 6: ši-ik-ṣu : mur-ṣu, “šikṣu (nella protasi predice) malattia (come apodosi)”, apud CAD Š/2, 440

714 De Zorzi 2014: 442. A questa menzione si aggiunge un'ulteriore attestazione in Šumma izbu IX, 30'- 31', riferita però alle corna di un izbu: 30'[BE iz-bu SI] 15-šú ṣi-ir-ši <<ma> > ma-˹la˺-˹át˺ NUN

LUGAL-ut ˹LÚ˺-˹tú˺ DAB-ma KUR KÚR-šú ú-šam-qat KUR-su DAGAL-iš 31'[BE iz-bu SI 1]50-šú

ṣi-ir-ši <<ma>> ma-la-át ZI-[bu MUNUS.ḪUL ana NU]N ip-pa-qid, “30'[Se il corno] destro di [un

izbu] è pieno di protuberanze, il principe prenderà il dominio (universale) e abbatterà il paese del suo

nemico (e) il suo paese si allargherà 31'[Se il corno] sinistro di [un izbu] è pieno di protuberanze,

attacco [violento] contro il principe: va controllato”; De Zorzi 2014: 598 (con traduzione italiana). 715 De Zorzi 2014: 442, 457.

Capitolo IV

Il lessico delle malattie cutanee