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Le divinità associate alle condizioni dermatologiche

La malattia era ritenuta una diretta conseguenza della perdita di favore da parte della propria divinità personale e veniva concepita come una disgrazia che poteva essere inflitta all'individuo dallo stesso dio protettore, o da altri agenti esterni, sia naturali che sovrannaturali. Capire chi fosse il responsabile era un passaggio fondamentale nel processo di guarigione, in quanto già riconoscere la causa del proprio male poteva rassicurare psicologicamente il paziente. Inoltre, conoscere il nome del responsabile era imprescindibile dal punto di visto terapeutico poiché solo in questo modo potevano essere scelti gli incantesimi e i rituali opportuni da indirizzare alla divinità e tentare di riappacificarla con la persona malata. Uno dei compiti principali dell'āšipu consisteva nel riconoscere, sulla base dei sintomi presentati dal paziente, l'entità responsabile della condizione di quest'ultimo e nello scegliere conseguentemente gli atti esorcistici per ristabilire l'equilibrio tra divinità e malato e la salute di quest'ultimo.412

L'interazione con questi agenti esterni era concepita come un concreto contatto fisico tra questi e il paziente. Nella seconda sotto-serie Sakikkû la maggior parte della serie di sintomi, oltre a una prognosi (“guarirà” / “morirà”) viene ascritta al “tocco” – più o meno violento – di una “mano” specifica: nella maggior parte dei casi, si tratta delle maggiori divinità del pantheon mesopotamico, ma anche di divinità minori, demoni, fantasmi o esseri umani, come nel caso di streghe e maghi.413

La menzione delle divinità, in questi casi, può implicitamente alludere a stelle, costellazioni e pianeti, secondo la correlazione di base sulla quale fa fondamento la disciplina astrologica babilonese, associando a ciascun dio un corpo celeste e viceversa.414 Testi medici tardo-babilonesi, per contro, menzionano esplicitamente delle stelle che “toccano” il paziente.415 I testi cuneiformi, specialmente quelli provenienti da Babilonia e risalenti all'epoca seleucide ed ellenistica, rivelano una forte influenza delle discipline astronomica ed astrologica; in età seleucide, in particolare, l'osservazione dei corpi celesti e dei loro movimenti venne a costituire il nucleo centrale di ulteriori ricerche divinatorie. Il sistema zodiacale, la cui introduzione è da ascrivere al medesimo 412 Heeßel 2000: 94-96.

413 Vedi Heeßel 2007b, Salin 2015. 414 Heeßel 2008a: 2.

415 Si veda, in proposito, il testo BM 47755 / BM 56605 ii 46-74 / YBC 9833 edito e tradotto in inglese da Geller 2014: 86-87.

periodo, venne correlato al sapere scribale tradizionale e combinato con nozioni già esistenti, come l'estispicina, gli oroscopi e le emerologie.416 L'influsso dell'astronomia, dell'astrologia e dello zodiaco è osservabile anche nei testi medici di età seleucide ed ellenistica; l'inclusione di questi elementi in tavolette che riportano nozioni già assodate nella tradizione scientifica precedente ha portato diversi studiosi a chiedersi se possano rappresentare testimonianze di un primo sviluppo della melothesia, ovvero del sistema che attribuisce a ciascun segno zodiacale l'influsso su specifiche parti del corpo.417

La correlazione dei corpi celesti con le condizioni di salute è ben attestata nella documentazione cuneiforme almeno a partire dal II millennio, ed è particolarmente interessante nell'ottica delle problematiche dermatologiche. Già in incantesimi paleo- babilonesi, infatti, si possono trovare tracce sull'influenza delle stelle in materia di salute e malattia, come testimoniato dal seguente esempio: “Le malattie sikkatu, išātu,

miqtu, šanudû, ašû, sāmānu, epqennu, šalattinnu, e girgiššu sono scese dalle stelle del

cielo”.418 Alla maggior parte di queste condizioni si può ascrivere una natura cutanea (per miqtu, cfr. infra; per sikkatu, išātu, ašû, sāmānu, epqennu, girgiššu, vedi § IV.1., xxiv, xiii, i, xi, xv, v).

Ulteriori elementi si possono addurre dallo spoglio del corpus medico. In particolare, Sakikkû XXXIII (cfr. infra, § IV.1.) rappresenta una sezione di interesse dermatologico, in quanto i sintomi cutanei visibili vengono associati a termini tecnici indicativi delle condizioni descritte.419 La parte finale del capitolo, inoltre, associa a ciascuna condizione, indicata con la sua precisa nomenclatura, la “mano” dell'agente esterno alla quale veniva ricondotta la sintomatologia: la sezione, dunque, si configura come una sorta di compendio conclusivo, ad uso dell'esorcista.420 Riportiamo, di seguito, le linee di interesse:

416 Stol 2000: 95-98.

417 Hanno affrontato questo tema Reiner 1995, Heeßel 2008a, Geller 2014. La natura della documentazione pervenutaci – esemplificativa, ma variegata – non consente di poter ascrivere gli inizi della melothesia alle scuole babilonesi.

418 Goetze 1955; 8-18, 11, text c, 1-5:1sikkatum išātum miqtum šanudû 2ašûm sāmānum 3epqennu

šalattinnum 4u girgiššum 5ištu kakkab šame urdūnim; traduzione italiana dell'autrice.

419 Von Weiher 1993: 91-88; Heeßel 2000: 353-374; Scurlock 2014: 231-243.

420 Fales 2016: 54. Il ritrovamento e l'edizione di questa tavoletta (Von Weiher 1993: 91-88), che combina insieme termini tecnici e indicazioni sulle mani divine, ha contribuito a chiarire quanto in precedenza Stol 1991-1992: 63-65, sulla base dei riscontri delle tavolette terapeutiche, aveva ritenuto espressione di due approcci distinti nell'indicare le malattie: da un lato, con l'associazione a “mani” divine, dall'altro con nomi popolari.

103. sa-ma-nu [ŠU] dGu-la [a]-šu-ú ŠU d[Gu-la]

104. ṣi-i-tum ŠU dGu-la x […] ŠU d[Gu-la]

105. ṣar-i-šu ŠU dGu-la š[a-da-n]u ŠU dG[u-la]

106. ṣi-in-na-aḫ ti-ri ŠU dGu-la u ša-[da]-nu ŠU dNIN.[IB]

107. ta-kal-tum ŠU dNIN.IB aḫ-ḫ[a-z]u ŠU d[NIN.IB]

108. di-ik-šú ŠU dAMAR.UTU u […] x ta ra i

[…]

109. xx-aḫ-ḫi-iz ŠU dAMAR.UTU um-me-di

[Š]U dÉ-a

110. […] ŠU dUTU gi-ir-giš-šum ŠU dUTU

111. […] ŠU dUTU ek-ke-tum ŠU dUTU

112. […] ŠU dUTU qu-lip-tum ŠU dUTU

113. […] ŠU dUTU Ù.BU.BU.U[L] BABBAR

ŠU dUTU TI-uṭ

114. [Ù.BU.BU.UL GI6] ŠU dIš-tar TAG-it

NAM.TAR NU TIN-uṭ ŠU dUTU Ù.BU.B[U.U]L

[S]A5 ŠU d30 KI.MIN

115. [GÌR 15-šú … Š]U dUTU GÌR 150-šú i[ḫ

…] ŠU d[I]š-tar

116. […] ŠU d30 a-na EGIR-šú i[ḫ …] ŠU d[...]-

šú

117. […] dIš-tar bu-up-pa-ni-šu i[m-qut] ŠU d[...]

118. […] u ŠÀ.MEŠ-šú it-te-nen-bi-ṭu UZU.MEŠ-šú [… Š]U […]

119. […] UZU.MEŠ-šú i-šaḫ-ḫu-ḫu [Š]U […]

103. samānu è “[mano]” di Gula; ˹ašû˺ è “mano” di [Gula].

104. ṣitu è “mano” di Gula; […] è “mano” di [Gula].

105. ṣarrišu è “mano” di Gula; ˹šadanu˺ è “mano” di ˹Gula˺.

106. ṣinnaḫ tiri è “mano” di Gula e ˹šadanu˺ è “mano” di ˹Ninurta˺.

107. takaltu è “mano” di Ninurta; ˹aḫḫāzu˺ è “mano” di [Ninurta].

108. dikšu è “mano” di Marduk; […].

109. [... “contagioso”?] è “mano” di Marduk;

ummedu è “mano” di ˹Ea˺.

110. […] “mano” di Šamaš; girgiššu è “mano” di Šamaš.

111. […] “mano” di Šamaš; ekkētu è “mano” di Šamaš.

112. […] “mano” di Šamaš; quliptu è “mano” di Šamaš.

113. […] “mano” di Šamaš; una vescicola

bubuʾtu bianca è “mano” di Šamaš; egli si

rimetterà.

114. [una vescicola bubuʾtu nera] è “mano” di Ištar; “tocco” del (suo) demone mortale personale; egli non guarirà. ˹Una vescicola

bubuʾtu rossa˺ è “mano” di Sîn. Idem.

115. [Il suo piede destro… ] “˹mano˺” di Šamaš; il suo piede sinistro […] “mano” di ˹Ištar˺.

116. […] “mano” di Sîn; egli [...] sulla sua schiena, “mano” del suo […].

117. [… “mano” di] Ištar; egli ˹cade˺ frontalmente, ˹“mano”˺ di [...] .

118. […] e il suo intestino ha crampi incessanti, le sue carni [...] ˹“mano”˺ di […].

119. […] le sue carni si consumano , ˹“mano”˺ di […].

120. […] AN.TA GU7-šú-ma la i-ṣal-lal Š[U dŠul-p]a-è-a

121. […] AN.TA GU7-šú-ma la i-ṣal-lal ŠU [dI]s-

tar

122. […] x GIG-[su?] uk-ku-up […]

123. […] x ti […] x a-mu-ri-qa-nu ḫi-[ṭám NU TUK]

120. [Se] il suo […] superiore gli fa male a tal punto da non lasciarlo dormire, ˹“mano”˺ di ˹Šulpaea˺.

121. [Se] il suo […] superiore gli fa male a tal punto da non lasciarlo dormire, “mano” di Ištar. 122. […] [la sua?] malattia è del tutto vicina?

[...].

123. […] amurriqānu; [non vi è stato] misfatto.

(Sakikkû XXXIII, 103-123)421

L'associazione della dea Gula alla prima serie di termini è comprensibile alla luce del suo ruolo di patrona dell'arte medica. Storicamente, il pantheon mesopotamico presentava diverse divinità femminili legate alla medicina, che successivamente vennero unite nella figura di Gula / Ninkarrak. In particolare, la dea Gula era conosciuta fino al II millennio come Ninisina, “la Signora di Isin”, in riferimento al suo ruolo di divinità poliade di questo centro.422 Il rapporto della dea della medicina con questo centro è testimoniato sia da fonti testuali (come il racconto del Pover'uomo di Nippur), sia da dati archeologici. In alcuni settori del santuario di Isin sono stati rinvenuti gruppi di scheletri presentanti malformazioni nelle articolazioni e nella colonna vertebrale e figurine votive in terracotta riproducenti varie parti del corpo.423 Nello stesso centro sono state rinvenute anche sepolture di cani e figurine votive in forma canina, simbolo della dea Gula.424

In un inno a lei dedicato la dea viene raffigurata come incarnazione ideale dell'asû:

79. a-sa-ku-ma bul-luṭ a-le-ʾ-i

80. na-šá-ku Ú.ḪI.A kul-lat-su-nu ú!-né-es-si

mur-ṣu

81. ez-ḫe-ku tu-kan-nu šá ši-pat ba-la-ṭu

79. Sono un medico, posso curare,

80. porto (con me) le erbe (curative), scaccio la malattia,

81. mi cingo con la borsa di cuoio contenente incantesimi che donano la salute,

421 Scurlock 2014: 235; traduzione italiana dell'autrice. 422 Edzard 2000: 387-388.

423 Haussperger 1997a: 205; Biggs 1987-1990: 626. 424 Ornan 2004: 14; Böck 2014: 38-44.

82. na-šá-ku maš-ṭa-ru šá šá-la-mu 83. a-nam-din bul-ṭu a-na ba-ʾ-ú-la-a-tú 84. el-lu rik-su sim-ma ú-na-aḫ

85. rap-pu ṣi-in-di GIG ú-pa-áš-šá-aḫ

82. porto (con me) i testi che donano guarigione, 83. dono cure all'umanità,

84. la mia benda pura dà sollievo alla lesione, 85. la mia fasciatura morbida diminuisce la malattia.

(Inno a Gula di Bulluṭsa-rabi, 79-85)425

Nel passo vengono fornite informazioni sulla dotazione del medico ideale (per es., le erbe curative, gli incantesimi, una borsa di cuoio, i testi, bende e fasciature) e sulle sue attività principali: essenzialmente, la cura di malattie e lesioni. L'associazione di Gula con le lesioni superficiali (cfr. supra, § II.1) è testimoniata a partire dall'età sumerica:

17.tug2bar.sig9.ge šu im.ma.an.ti šu im.gur.gur.re 18.tug2bar.sig9 dig.dig.e im.ma.ak.e

19.im al.dug4.ga im.ku7.ku7.e 20.uš2 lugud.e šu im.šu2.ur.šu2.ur.re 21.simx.simx.ma šu kum2 mu.na.ak.e

17. (Gula?) prende un pezzo di tessuto e con esso strofina (la ferita con attenzione),

18. ammorbidisce la fasciatura della ferita, 19. rende confortevole il rivestimento da porre (sulla ferita),

20. pulisce la ferita da sangue e pus, 21. e pone la sua mano sulla ferita.

(Ninisina A, 17-21)426

In questo passo dell'inno Ninisina A vengono descritte le modalità con le quali si procede al trattamento di una ferita, sia pulendone la superficie e rimuovendo secrezioni purulente, sia preparando a dovere i rivestimenti superficiali da applicarvi. La dea viene ritratta come ideale guaritrice di lesioni superficiali; parallelamente, essa viene invocata nelle maledizioni affinché possa affliggere chi viola patti e trattati con delle lesioni suppuranti, anch'esse caratterizzate dalla fuoriuscita di sangue e pus:427

425 Lambert 1967b: 120-121; traduzione italiana dell'autrice.

426 ETCSL 4.22.1. (etcsl.orinst.ox.ac.uk); si veda Böck 2014: 16 e n. 54 sulle precedenti edizioni e le problematiche interpretative, a partire dal soggetto dell'azione (Gula o suo figlio Damu, menzionato nella l. 16); traduzione italiana dell'autrice.

427 Böck 2014: 53. Cfr. anche il Codice di Hammurabi, li 50-69: Ninkarrak mārat Anim qābiat dumqija

ina Ekur murṣam kabtam asakkam lemnam simmam marṣam ša la ipaššeḫu asûm qerebšu la ilammadu ina ṣimdi la unaḫḫušu kima nišik mūtim la inassaḫu ina biniātišu lišāṣiaššumma adi

461. dgu-la a-zu-gal-la-tú GAL-tú GIG ta-né-ḫu

[ina ŠÀ-bi-ku-nu]

462. si-mu la-zu ina zu-um-ri-ku-nu liš-k[un da-

mu u šar-ku]

463. ki-ma A.MEŠ ru-[un-ka]

461. Possa la dea Gula, il grande medico, porre (l. 462) malattia [nei vostri cuori]

462. (e) una lesione inguaribile sui vostri corpi. ˹Lavatevi (l. 463) con sangue e pus˺

463. come se fosse acqua!

(SAA II 6, 461-463)428

Nella sezione di Sakikkû XXXIII sopra riportata, la “mano” della dea viene ascritta alle prime sette condizioni particolari (ll. 103-106); secondo B. Böck, questo dato rappresenterebbe una prova a favore della stretta relazione tra la dea e problematiche di natura dermatologica.429 Allo stesso modo, compaiono alcune condizioni associate a Ninurta, sposo di Gula: da un lato, takaltu e aḫḫāzu, connesse con problemi epatici (comportanti pigmentazione anomala); dall'altro, šadanu, associata a una malattia a manifestazione bubbonica sulla base delle sue descrizioni.430

Un discreto numero di condizioni (ma complessivamente minore nell'economia d i Sakikkû) viene riferito anche all'influenza di Šamaš e Ištar. La menzione del dio solare in associazione a problematiche cutanee confermerebbe la frequenza delle ripercussioni del clima arido e soleggiato sulla salute e sulla pelle degli abitanti della regione;431 le linee che presentano un'associazione alla dea Ištar conservano in pochi casi il nome della malattia. Le due divinità sono attestate insieme al dio lunare Sîn come responsabili di distinte manifestazioni di vescicole bubuʾtu, in base al loro colore (ll. 113-114): Šamaš è associato alla varietà bianca (sulla base della polivalenza del segno MEA n. 381:dUTU Šamaš = BABBAR “bianco”), Ištar a quella nera, Sîn a quella rossa.432

napištašu ibellû ana eṭlūtišu liddammam, “Possa la dea Ninkarrak, figlia del dio Anu, che intercede

per la mia causa nell'Ekur, far manifestare una pericolosa malattia sulle sue membra, una terribile condizione demonica, una grave lesione che non possa essere alleviata, che un medico non possa né diagnosticare, né lenire applicando fasciature, che non possa essere rimossa come il morso della morte; possa egli piangere tra i suoi compagni finché la sua vita giunga a termine!”; Roth 1997: 139- 140; Richardson 2004: 132-135; traduzione italiana dell'autrice.

428 Parpola – Watanabe 1988: 48; traduzione italiana dell'autrice. 429 Böck 2014: 53.

430 Böck 2014: 73-74; Köcher 1995: 212. 431 Biggs 1995: 1916.

432 Analoga associazione si può riscontrare in Sakikkû III, 100-104; cfr. Stol 1991-1992: 45; BAM VI 584, 25'-30'.

Questa è l'unica condizione cutanea ascritta al dio Sîn in Sakikkû XXXIII. Tuttavia, come già abbiamo avuto modo di notare, il dio lunare appare essere uno dei principali responsabili di problemi di natura dermatologica e di altri problemi di salute (cfr. supra, § II.3.). Sotto questo punto di vista, pertanto, l'antica Mesopotamia non costituisce un'eccezione a quanto attestato da altre tradizioni culturali attestate nel mondo. La Luna, per la sua prominenza naturale nel cielo, ha ispirato diversi miti, leggende e credenze legati all'ipotetico influsso del pianeta sulla salute e sui comportamenti umani. In tempi più recenti, per esempio, alcune credenze popolari legano l'influenza lunare a condizioni mediche come la lunaticità o gli attacchi epilettici (“mal lunatico”).433

Il dio lunare Sîn ricopriva un ruolo prominente nel pantheon mesopotamico ed era onorato come divinità protettiva in varie città e centri templari.434 Gli antichi attribuivano al dio la capacità di dare responsi oracolari, proteggere giuramenti māmitu e le clausole dei trattati, nonché l'onniscienza, in quanto la Luna vegliava sul cielo serale e sui movimenti dei pianeti e delle stelle che illuminavano la notte.435 Sîn ricopriva un grado superiore nell'insieme delle divinità, essendo idealizzato come il padre sia del dio solare Šamaš che della dea Ištar, legata a Venere. Šamaš, sebbene godesse di un grado altrettanto alto nel pantheon e rivestisse un ruolo centrale in materia di giustizia (e, per estensione, in ambito di salute e malattia, vita e morte),436 aveva un ruolo subordinato rispetto alla divinità lunare.437

I cambiamenti della Luna, relativi sia alla sua forma che alla sua posizione, erano e sono tuttora i fenomeni astronomici più facilmente visibili a occhio nudo di notte. In virtù del suo ciclo mensile, la Luna divenne un simbolo di continuità, rinnovamento e mutamento sia nel contesto naturale sia dal punto di vista della vita umana, ed era ritenuta essa stessa un essere vivente. In Mesopotamia l'inesauribile abilità della Luna di auto-rigenerarsi era vista come un vero e proprio potere magico; inoltre, la sua ciclicità era alla base della concezione mesopotamica del tempo (in 433 Arkowitz – Lilienfeld 2009. In tempi più recenti sono stati condotti diversi studi al fine di riconsiderare queste credenze (vedi Raison – Klein – Steckler 1999: 99-100); ciononostante, ancora un considerevole numero di professionisti ritengono che la luna abbia il potere di influire sul comportamento umano (cfr. Owens – McGowan 2006: 124).

434 Krebernik 1993: 368-369; Reiner 1995: 8. 435 Green 1992: 21-23.

436 Cfr. Polonski 2006: 310-311. 437 Green 1992: 24.

quanto scandiva il passare dei giorni e dei mesi) e dell'eternità.438

In Mesopotamia veniva associata alla Luna, in considerazione di questa sua capacità generativa, un'influenza sulla fertilità, sia femminile che maschile. Il fatto che il ciclo lunare fissasse la durata dei mesi veniva connesso strettamente al ciclo mestruale.439 Sulla base di paralleli antropologici, è stato proposto che anche in Mesopotamia le donne aspettassero il proprio flusso mestruale nel giorno in cui la luna avesse raggiunto la medesima posizione e fase del ciclo precedente.440 Alla luna veniva attribuito un valore femminile, in particolare nella sua fase piena; il suo processo di accrescimento era visto come un fenomeno speculare della fecondità femminile, in quanto rispecchiava il progresso della gravidanza dalle prime fasi al suo compimento, nel momento del parto.441

La Luna era correlata anche alla fertilità maschile e al potere politico (inteso come segno di virilità). La rappresentazione iconografica del pianeta nella forma di falce lunare era speculare alle corna dei tori e ricordava la sessualità e il potere generativo maschile. Anche da questo punto di vista, la Luna era connessa alla nascita, come si può evincere dalla storiella alla base de La mucca di Sîn, un incantesimo contro il parto difficile.442 Il dio lunare, invaghitosi di una mucca, la impregna dopo aver assunto le sembianze di un toro; al compimento della gravidanza, il dio accoglie le preghiere di aiuto dell'animale in travaglio inviandole in soccorso due delle sue figlie, affinché potessero assisterla nel parto.443

Il dio Sîn risulta associato anche ad altre problematiche di salute, in particolare di natura oculistica, neurologica e dermatologica. Per esempio, il termine tecnico Sîn-

lurmā (d30-lu-ur-ma-a) risulta essere un chiaro sostantivo composto a partire dal nome del dio lunare ed è indicativo di due distinti problemi visivi, la cecità diurna e notturna (rispettivamente, emeralopia e nictalopia):444

30'. DIŠ ˹NA˺UD ˹DÙ˺.A.BI NU IGI.DU8 GI6 30'. Se un uomo non vede nulla durante il giorno,

438 Reiner 1995: 8.

439 Collon 1993: 357; Scurlock 1991: 172, n. 106. 440 Stol 2000: 35.

441 Green 1992: 26-27.

442 Il testo è stato edito (nelle sue diverse versioni) e commentato in Veldhuis 1991. 443 Krebernik 1993: 366-367.

444 CAD S s.v. sinlurma, 285 (“partial blindness”); Stol 1986: 296; Scurlock – Andersen 2005: 195-196. Si veda Fincke 2000: 200-202 per l'esame di ulteriori varianti.

DÙ.A.BI IGI.D[U8] d30-lu-ur-ma-a

31'. DIŠ ˹NA UD˺DÙ.A.BI IGI.DU8 GI6

DÙ.A.BI NU IGI.˹DU8˺ d30-˹lu-ur˺-ma-a

(ma) vede tutto di notte – Sîn-lurmā.

31'. Se un uomo vede tutto di giorno, (ma) non vede nulla di notte – Sîn-lurmā.

(BAM VI 516, ii 30'-31')445

Il trattamento della condizione prevedeva l'esecuzione di una cerimonia accompagnata da preghiere o incantesimi, delle quali una era rivolta a Sîn; inoltre, al paziente venivano somministrati bocconi di carne, il che potrebbe indicare il riconoscimento degli effetti benefici di questo alimento, ricco di vitamina A, per condizioni visive derivanti da un deficit del medesimo elemento.446

Il dio lunare Sîn è legato anche all'insorgere di problemi neurologici.447 Nell'insieme della terminologia tecnica è possibile isolare alcune nomenclature che identificano forme epilettiche come malattie che cadono dal cielo. Questo è il caso per il termine sumerico AN.TA.ŠUB.BA “(ciò) che è caduto dal cielo”; esso viene impiegato anche nei testi accadici come scrittura logografica a indicazione sia di bennu che di miqtu,448 ma trova anche una traduzione letterale in miqit šame. Bennu è il termine più comune per indicare l'epilessia ed è attestato anche al di fuori dei corpora medici;449 le fonti diagnostiche ascrivono l'incorrere di questa condizione alla “mano” di Bennu, un demone vicario di Sîn.450 Miqtu indica letteralmente “qualcosa che è caduto” e fa riferimento anche ad altri tipi di problematiche, come condizioni cutanee e ferite.451

Il dio Sîn e la Luna erano associati anche ad alcuni problemi di natura dermatologica:452 l'ira del dio lunare era ritenuta la causa dell'insorgere di lesioni

epqu,453 mentre chi era afflitto dalla condizione garābu doveva sottoporsi a un rituale

445 Attia 2015: 85; traduzione italiana dell'autrice. 446 Attia 2015: 85-86.

447 I riferimenti di questo paragrafo si fondano su Stol 1993: 5-14; a proposito dei problemi neurologici, si veda il più recente Fales 2010: 20-25.

448 CAD B s.v. bennu, 205, sezione lessicale

449 Si veda, per es., il Codice di Hammurabi, § 278 (xlvi 58-66): šumma awilum wardam amtam išāmma

waraḫšu la imlāma benni elišu imtaqut ana nādinānišu utarma šājimānum kasap išqulu ileqqe, “Se un

uomo compra uno schiavo o una schiava e quest'ultimo/a viene afflitto dall'epilessia bennu entro il suo periodo di prova mensile, egli potrà ritornarlo al suo venditore e l'acquirente dovrà vedersi restituito l'argento che pagato”; Roth 1997: 132; Richardson 2004: 116-117; traduzione italiana dell'autrice. 450 Stol 1993: 6, n. 10.

451 Scurlock – Andersen 2005: 216.

452 Jiménez 2017: 317, n. 747, a questo proposito, ricorda la parola spagnola lunar, “neo”. 453 Šumma izbu XVII, 54'; De Zorzi 2014: 754.

invocando il nome della medesima divinità;454 entrambe le condizioni cutanee vengono equiparate nei testi lessicali alla malattia saḫaršubbû, la quale rappresentava la punizione inflitta dal dio lunare su chi avesse violato patti e trattati. Questa patologia veniva descritta come incurabile ed estesa su tutta la superficie del corpo; alla luce della sua associazione con l'ira divina e della sua visibilità superficiale, chi ne era afflitto era destinato all'isolamento e all'esclusione dalla comunità cittadina (cfr. supra, § II.3).

M. Stol, nel tentativo di spiegare l'associazione di queste distinte patologie al dio Sîn, ha proposto che i problemi neurologici rappresentassero il risultato dell'influenza della luna nuova, quando l'assenza dei raggi lunari lasciavano margine di azione ad entità demoniache; le condizioni dermatologiche e visive, al contrario, sarebbero la conseguenza dell'esposizione ai freddi raggi della luna piena.455

La relazione delle malattie cutanee col dio Sîn è stata spiegata anche sulla base