• Non ci sono risultati.

Il lessico accadico della pelle

Il termine italiano “pelle”, oltre a indicare il rivestimento esterno del corpo umano e animale, presenta altri vari significati legati all'idea del rivestimento: per es., la corteccia degli alberi, la buccia della frutta e, in genere, la superficie o lo strato esterno di oggetti. Inoltre, esso fa riferimento anche alla pelle animale a seguito di una serie di lavorazioni che, dopo la macellazione e la scuoiatura, può essere successivamente impiegata e commercializzata come pelliccia o cuoio (a seconda che venga mantenuto il pelo).164

Nel lessico accadico non è possibile trovare un termine che riassuma tutti questi valori. Per contro, si possono isolare diversi vocaboli che in alcuni casi possono presentare uno o più di questi significati: per esempio, H. Holma, nel suo studio pionieristico sul lessico anatomico, indica mašku, pāru, giladu e qilpu.165

Il termine accadico che più si avvicina alla nostra idea di pelle, nonché il più attestato nelle fonti cuneiformi, è mašku. La particolarità di questo vocabolo risiede nel fatto che il suo equivalente sumerico e logografico, KUŠ, risulta essere una lettura alternativa del segno MEA 7, indicante anche SU / zumru “corpo, persona” (cfr. infra, § I.3.).166 Già in sumerico, dunque, il termine presenta tra i suoi significati “pelle”, “cuoio” e, per estensione, “corpo, persona” e “corteccia” di alberi.167 I vocabolari bilingui, in riferimento al sumerico KUŠ, equiparano mašku a kūšu – evidente prestito sumerico, ma di sola attestazione lessicale – e a zumru.168

A mašku i dizionari ascrivono vari significati: il primo è quello di “pelle umana”, ma le attestazioni risultano essere relativamente isolate. Questo termine, come il sumerico KUŠ, presenta altri significati legati al dominio animale, indicando la pelle e, per estensione, anche il cuoio. Il segno KUŠ, premesso a nomi specifici di recipienti e oggetti di vario tipo, assume valore determinativo.169

164 Treccani.it, Vocabolario on line, s.v. pèlle (www.treccani.it/vocabolario/pelle; ultimo accesso: 13-11- 2017)

165 Cfr. Holma 1911: 1, 3, 146.

166 Si veda CAD s.v. zumru, sez. lessicale, 157; MEA, n. 7. Sull'identità tra segni, si veda anche OB Aa 149:1: KUŠ = ku-uš = SU = ma-aš-kum, “il segno KUŠ (si pronuncia) “kuš”; (equivale al segno) SU (che significa) “pelle”.

167 Cfr. ePSD s.v. KUŠ; Couto-Ferreira 2008: 354.

168 Vedi Ea II 310-312, A II/8 iv 56-58. Cfr. CAD K s.v. kūšu, 602.

169 La preponderanza del riferimento all'ambito animale si può osservare anche nel caso di altri termini analoghi come, per esempio, gildu e kūšu.

Le rare attestazioni di KUŠ / mašku concernenti la pelle umana si possono apprezzare in contesti legati alla paura, forse presupponendo – almeno in sumerico – l'esistenza di un modo di dire analogo al nostro “fare / sentirsi accapponare la pelle”: kuš ní-te ki dúr-na ba-ni-in-kár-kár inim-bi nu-mu-na-ab-bé, “La pel-le della sua spalla fu colpita dal terrore (per i demoni), però lei non disse loro alcuna parola” (DumG, 62).170 Ulteriori riferimenti si possono riscontrare in passi medici (cfr.

Sakikkû XIV, 255'-256':255'DIŠ KUŠ šá KI.TA-nu GÌRII-šú te-bi SAG.DU-su DIB.DIB-

su256'u ŠÀ-šú tur-ru-ur GAM, “Se la pelle sulla pianta del suo piede (sembra) pulsare costantemente, la sua testa gli fa male in modo persistente e il suo addome trema, egli morirà”)171. Altre occorrenze di mašku con chiaro riferimento alla pelle umana sono attestate, invece, nelle iscrizioni reali neo-assire (cfr. infra, § I.2).

Il termine mašlû viene indicato, sul piano lessicale, come un sinonimo di

mašku.172 Le scritture possono premettere il determinativo KUŠ e indicano, pertanto, un prodotto di cuoio. Gli editori del CAD indicano per il termine due valori (un recipiente o

170 Cfr. Treccani.it, Vocabolario on line, ss.vv. pèlle (www.treccani.it/vocabolario/pelle; ultimo accesso: 13-11-2017), accapponare1 (www.treccani.it/vocabolario/accapponare1; ultimo accesso: 13-11-2017).

Si veda anche Shulgi A 70: lugal-me-en ní ba-ra-da-te su ba-ra-ba-da-zi, “Con me, il re, la paura davvero non avanzò. La pelle non salì con me!”; traduzione italiana dell'autore. Si veda anche l'interpretazione di Jagersma 2010: 575: “I, the king, I feared not, nor was I terrified!”.

Tralasciamo un'ulteriore menzione indicata nel CAD come esempio di pelle umana in medicina: MDP 14 123 n. 90 (= Sb. 18190), 15. Il contesto del testo magico, infatti, è volto in realtà alla confezione di un filatterio a partire dalla pelle di una pecora: la parte iniziale descrive come scegliere l'animale per il rito e fornisce delle istruzioni rituali su come effettuarlo (benché in un contesto frammentario di 1-2 righe). Viene quindi indicata la macellazione della pecora e la sua spellatura, nonché il suo riempimento con unguenti della pelle esito della lavorazione. La sezione successiva risulta di difficile interpretazione soprattutto nelle righe riguardanti la menzione indicata nel CAD (M/1, 1977). Il commento, per la linea 15, offre una interpretazione lamnam ma-sa-ak-su e una traduzione piuttosto libera rispetto al testo effettivamente conservato: “his (the patient's) sore (lit. bad) skin [you smear with a salve(?)]. Già nell'edizione di V. Scheil era stata restituita dubbiosamente come lam NAM ma-

sa-ak-su “avant de … sa peau”, senza alcun riferimento a un paziente; sulla base di recenti

integrazioni proposte in CDLI (P215647, P496447) si può seguire anche la lettura lum nam-ma-sa-ak-

su; per questo e altri incantesimi di età accadica, cfr. Hasselback 2005: 14-15. Altre forme di

lavorazione della pelle animale a fini cultuali sono documentate nei rituali per la copertura del timpano lilissu, attestati in periodo neo-assiro (Ninive e Assur) ed ellenistico (Uruk). La parte principale del rituale era quella che concerneva il toro: la scelta dell'animale sacrificale da parte di un esperto; l'attesa di un giorno favorevole per compiere i rituali della macellazione, come il posizionamento del timpano, la purificazione dell'animale e la recitazione di incantesimi e lamentazioni. La macellazione è seguita dalla lavorazione della pelle, dalla disposizione rituale delle parti dell'animale e della pelle residua, della copertura del timpano e della sua presentazione al cospetto delle divinità. Cfr. Linssen 2004: 92-100.

171 Cfr. Scurlock 2014: 127; ambivalente è invece questa occorrenza in un inno a Ninisina, dove il senso ammette sia una lettura del segno SU che KUŠ (NinA, 41l): ú-ulù-bi tum9- g i n7 kuš-a-na im-

m a - a n -d i - ni - i b - è -d è, “(Ninisina) possa fare in modo che la malattia abbandoni il corpo / la pelle di quello (= il malato) come se fosse vento”; Couto Ferreira 2008: 356; traduzioni italiane dell'autore. 172 Malku II 238; cfr. Hrůša 2010: 70-71.

una forma di tessuto) e suggeriscono che si tratti di un panno per avvolgere oggetti da inviare.173

La lista dei sinonimi Malku = šarru presenta, tra i sinonimi di mašku, anche il termine pāru / bāru (KUŠ.BAR, BAR).174 I significati attribuiti dal CAD sono “pelle” e “cuoio”, ma gli unici due esempi addotti dal dizionario, desunti da iscrizioni neo-assire, riguardano la pelle umana.175 Tuttavia, l'interpretazione di uno di questi, tratta da un'iscrizione di Adad-nirari II (911-891), viene suggerita sulla base di una congettura nel contesto di un passo frammentario.176 La natura di queste attestazioni non lascia intendere se il termine possa fare effettivamente riferimento anche alla pelle animale.177

H. Holma propone come possibili termini indicanti la pelle anche gildu / giladu e qilpu / quliptu; entrambi, tuttavia, non sono riferiti direttamente alla pelle umana. L'assiriologo suggerisce gildu / giladu sulla base di analisi etimologiche comparate, ma sulla base di due sole attestazioni.178 Gli editori del CAD ipotizzano che si tratti di un prestito aramaico acquisito in età neo-babilonese da tradurre come “cuoio”.179 Tuttavia, bisogna notare come un commentario a Sakikkû ponga in stretta correlazione questo termine con gilšu “anca, fianco”, attestato dal periodo medio-babilonese in poi.180

Per quanto riguarda qilpu,181 i significati attribuiti a questo vocabolo presentano effettivamente il valore “pelle”, ma nel senso di “buccia” di un frutto, come il dattero. In tal senso, qilpu (log. BAR) è attestato frequentemente nei testi terapeutici come materia medica. Il termine può indicare, tuttavia, anche pellicole staccatesi da metalli o riferibili

173 CAD M/1 s.v. mašlû A, 380-381. 174 Malku II 239; cfr. Hrůša 2010: 70-71. 175 CAD P s.v. pāru A, 209.

176 RIMA II A.0.99.2, 19-22 // 4, 5'b-x:19[ki]-ma šu-bu-ri da-pi-˹na-ku˺ GIM GÍR šal-ba-be ú-ra-ṣa-ra

˹ṣe˺-en-ni ˹GIM-ma˺ ti-ib ša-˹a˺-ri ez-zi-qi20[ki]-˹ma an˺-ḫu-li šit-˹mu˺-ra-˹ku˺ GIM [...] šá pa-a-˹ri˺

ú-na-saḫ 21[ki-m]a šu-uš-kal-li a-sa-ḫap GIM ḫu-ḫa-ri ˹a-kàt-tam˺ a-˹na˺ za-˹kàr šu˺-mì-ia dan-ni

mal-ki kib-rat 4-tim 22[ki-m]a GI ma-ḫe-e i-šu-bu a-na ṣa-bat ger-ri-ia ˹GIŠ.TUKUL˺-šu-nu ˹ki-ma ki-

iš*-ki˺-te-e i-ṣu-de, “Sono combattivo come …, colpisco il malvagio come un pugnale feroce, soffio

incessantemente come l'assalto furioso del vento;20infurio come la tempesta, sradico (persone?) come

[peli?] della pelle;21avvinco come una rete, intrappolo come una trappola, alla menzione del mio forte

nome i principi delle quattro parti del mondo 22oscillano come le canne in una tempesta, all'inizio della

mia campagna le loro armi si sciolsero come se fossero state in una fornace …”; cfr. Grayson 1991: 148; traduzione italiana dell'autrice.

177 Cfr. Stol 1980-1983: 527b. 178 Holma 1911: 3 e n. 7. 179 CAD G s.v. gildu, 71.

180 CAD G s.v. gilšu, 73; GCCI 2 406:8 (commento a TDP 124: 24): gi-lid-su // giš-šá-a-šú.; cfr. Kraus 1939: 27, n. 28.

all'anatomia interna degli animali.182 Anche in quest'ultimo caso, qilpu risulta indicare un elemento di materia medica.183 Un corrispettivo della pellicola che si stacca dalla superficie di riferimento sembra incarnato dal termine quliptu, “squama, pelle” (cfr.

infra, § V.4.).

Qilpu e quliptu derivano entrambi dal verbo qalāpu “sbucciare, spelare piante” o

“spellare (animali)”. Il verbo trova, quindi, ampio impiego sia in testi medici che in contesti rituali, analogamente ai sostantivi che da esso derivano.184 Inoltre, si può osservare anche un riferimento isolato da un frammento antico-babilonese del Poema di

Gilgameš proveniente da Uruk, che invece sembra indicare un'azione sull'uomo (Gilg.

UET VI 394, 26: [e-š]e-gu bal-tu li-qil-li-pu GÌRII-ki, “Possano spine e rovi spellare i tuoi piedi!”).185