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altre prima e poi descritte tutte in latino. In

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vol-garene trovaunasola in provenzale, edè una visita di San Paolo all’inferno, sotto la guida dell’arcangelo Michele, lasciando fuori

un

poco ereticamenteilpurgatorio.Naturalmente nontace dellavisione diFrate Alberico, e toccaancorail fallodi Nicola

De

Guidoni da

Modena

(nel 1300), che, essendo portatoaseppellire,si risente e, distendendolebraccia, toglieilcappuccioaduno de’monaci che l’accompagnano,eil

monaco

fu avederelemeraviglie,che Nicola andòpoi rac-contando dell’altravita.

Rispetto all’unitàreligiosa dell’inferno, il Fauriel reca in

mezzo

le reminiscenze del paga-nesimoclassicoche

sembrano

dirimerla, e toglier fedealla vera eprofondareligiositàdiDante.Il Fauriel

rammemora

l’Acheronte, Caronte, Minos, Cerbero, Plutone,leFurie, le Arpie,iCentauri, Gerione.

Ma

egli dimostra egregiamente

come

sottogli stessi

nomi

le cosesiano mutate, ene dà unbellissimoesempionellaragione chehanno

l’

ombre

nell’inferno virgilianodipassareilfiume che ne le parte,einquelladell’animediDante:

Fune

vogliono por fine ai loroerrori sulla riva, Faltre anelano all’avveramentodella giustizia di Dio:sichela temasivolge indesio. Gli accatti di Dante,dice il Fauriel,alla mitologiasi ridu-conoa semplici accattidi

nomi:

le forme delle ideeprimitivamente annesse aquei

nomi

furono dalui alterate emodificatein guisa chenon si

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XXVI PREFAZIONE

riconosconopiù, e l’alterazione è in un senso chefafede d’influenze,dicredenze,d’intenzioni cristiane. L’inferno di Virgilio è tutto diverso dal dantesco;illimbo non ha che fare co’suoi ,

Campi

Elisi.

E

perrenderabileVirgilioad es-sergliduce,fa cheabbia già visitatoilsuo infer-no cristiano.Nel suocomplesso l’inferno, dice ilFauriel, è l’espressione verace,graveeprofonda del

medio

evoitaliano,elereminiscenze dell’an-tichilànon v’hanno nè maggioreeffetto,nèaltro effetto daquello che ebberosullo stesso

medio

evo. Toccata l’unità subiettiva del poema, il Fauriel dice esservibene una maravigliosavarietà dioggetti e di pitture, d’idee e di dottrine;

trovarvisiancorauna gran varietàdimotivi per-sonali;

ma

ilmotivo,l’intentoprimaessere stato un pensiero d’amore;ilfine,laglorificazione di Beatrice. 1 primigermi,eglidice,sirannettono all’idea dilei, eal disegno di darle una fama pariall’amore, ch’eglileaveva portato.Dimostra

ilFauriel

come

Beatricenon puòfigurarela teo-logia;sibbene dice essereun personaggioreale, una persona

umana

trasfigurata.Quanto all’alle-goria deidue primi canti, egli perla selva in-tende lasuavita dipassionie divoluttà

mondane

dopo lamorte diBeatrice; pelcolle,gli aneliti dipotenzacivile, digloria,difama; perlalontra, la democraziafiorentina; pel leone, Carlodi Va-lois;per lalupa,ilpartito dei guelfi neri, e pel suo rovinarea vallel’esilio.Quantoaiframmenti

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PREFAZIOXE XXVII intornoaFrancesca,a Ugolino,aSordello, l’ul-timoèilmigliore.Eglicerca ricostruirnelavita, e senzanegare che il Sordello dantesco

non

sia stato identicoalSordelloreale, eglinon netrova nellastoria i trailiessenziali di carattere, e la

ragionedel nobilepersonaggio che Dante,gli fa rappresentare nella sua

commedia.

Dante, egli dice, havolutofare ed ha fatto di Sordello il

tipo, l’ideale delpatriota ingeneraleepiù par-ticolarmente forsedel patriotaitaliano. Egline hafattounghibellino,chenon perdonaaRodolfo

d’Absburgo

l’avere trasandato gliaffarid’Italia, edi averli anzi peggiorati col suo abbandono, etuttaviasperaancora da un altro imperatore lasalute dellasua patria. Dalle notizieche

abbia-mo

diSordello non risulta nessuna ragione di questaidealizzazione;

ma

Dante dee averne avuto alcuna.Ma,

come

ches’intenda,questo passoè

un

nuovo

argomento

delpocorispettodiDante ai fatti,e della sua invincibile inclinazioneafarne delle intelaiatureo speciedi sostegno alle sue ideee allesuefantasie.

Venghiamo

oraatratteggiaregl’influssiitaliani sulle lettere francesi, sulle traccediE. J. B. Ra-théry nel libroche ha pertitolo:Infine nce del’ Ita-liesurles lettresfranpaises depuisletreizièmesiècle jusqu’au régnede LouisXIV. Paris,Didot, 1843.

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XXVIII prefazione

Il primo capitolodi questolibro descrive la Franciael’Italiaavantialsecolodecimoterzo,e di-mostral’influenza della letteraturaprovenzalesulla nostra, esagerandolanon poco. *Lapoliticae la vicinanza, egli dice,misero prestoinrelazione l’I-talia elaProvenza, cullad’unaciviltà precoce.

Il regno di Napoli, ovei

Normanni

fin dal se-colo

undecimo

s’erano sforzatid’introdurre e

come

naturareiloro costumi eil loro idioma, si trovò piùlardiunitoalla Provenzasottoallo scettro della casad’Anjou. Nell’altaItalias’erano formate relazioniancora più intime trai

due

paesi;laLombardia erauna seconda Provenza, e tuttele piccole corti, chesipiccavanodi caval-leria, adottavano l’idioma provenzale.Nel secolo seguentele idee ele costumanze cavalleresche passavano da queste corti alle repubbliche e allecittàlibere,surtepresso a loro nellastessa parte della penisola,echefermavanocostituzioni similia quelle dellecittà della Provenza, alle quali si legavano con trattali di

commercio

e d’amistà, esiconfederavano or controgliArabi di Spagna, or contro isignori,loro

comuni

ne-mici. Colla letteraturaprovenzale l’Italiaricevè, verso lafine del

duodecimo

secolo, i

poemi

ca-vallereschi francesi.Al principio del secolo deci-molerzo i trovatori esulanocon gli Albigesi e le libertà dalla Provenza,e portano in Italiale reliquie d’uu’arte soffocata nelsanguee nei roghi.

Allorasorgela poesiaitalianapropriamentedella.

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PREFAZIONE XXIX

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