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L’ INTELLIGENZA
poema innona rimaallribuilo
aDinoCompagni, ora
ridollo a mi- glior le-
zione.
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IJN GLOSSARIO
Ilodalleosservazionisulla
linguadiVincenzioNan- nucci
;con proemio cilritrailodi
DinoCoin-
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BIBLIOTECA RARA PUBBLICATA DA
G.DAELLI
VOL. XV
i: INTELLIGENZA
POEMA
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L’INTELLIGENZA
POEMA IN NONA RIMA
01 DINO COMPAGNI
NUOVAMENTE
RIDOTTO A MIGLIOR LEZIONEG.
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Proprietà letteraria G.DAELLIeC.
Tip. Orfanotrofiode’Maschi.
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PREFAZIONE
Anlonfrancesco*
Ozanam
, nato a Milano nel 1813, digenitori francesi,morto
aMarsiglia nel 1853, fuuno di quei francesi, che innamora-tisi dellenostre lettere, riuscironoa conoscerle afondo, e adillustrarlecon gloria.
Ne
trovi parecchi da Montaigne chescrisse non male in italiano ilsuo giornalepatologico, nel librode’suoi Viaggi,a Menagio che scrutòlenostreeti- mologie, dal Regnier chetradusse nellanostra lingua Anacreonte aFauriel che scrutòsifina- menteleorigini dantesche. L’affetto alla vera
madre
e nutrice dell’incivilimentomoderno
ba- stava giàdasèadeccitarglianimi disìgentile eculta nazione,com’è
la francese; se non cheilravvivamento dellozelo cattolico,e ilfervore degli studj del
medio
evo appuntarono lemireDigitizedbyGoogle
PREFAZIONE Vi
singolarmente nellaDivina
Commedia
e neipri- mordjdella nostra poesia. Alcuni francesi, vagliailvero,intesero piuttostoaritrovarele
orme
delle imitazioni chegl’italiani avevano fattodei primimonumenti
delladoppiafavella ecolturadell’oc edell’otl;ma
qualsi fossel’intento,l’utile fu grande; perchè,non essendopossibile,come
già era lecito agl’imperatoriromani,abbatterele te- ste de’noslriDii letterari esostituir per esem- pio la testa diGiovanni diMeung
a quella di Dante Allighieri, giovava il vederelamateria prima di certiconcettidel Petrarca, odialcune inventive del Boccaccio.E
inciòsisegnalaronoi compilatori degliultimivolumidella Storialet- teraria di Francia; e, con animopiù sincero, l’Ozanam, ilquale, oltre ilsuo egregiovolume su Dante,e l’altrosui PoetiFrancescanid’Italia, raccolseconfelicità edillustròcon sagacia pa- recchie coseimportantiallenostre lettere nelsuo libro: Documentsinèditepour servir à l’histoi- re littéraire de /’Italiedepuisle Vilisièclejus- qii'au XIIIavec des recherches surle
moyen
Age italien,Paris, Cecoffreet C., 1850.
In questo volume egli pubblicò per la prima voltail
poema
ùe\VIntelligenza,chenoiabbiamo presoa ristampare. Francesco Trucchi,infidoaf- faslellatoredicose vecchie,neavea datoleprime sedicistanze nelle Poesie italiane inedite (Pra- to,1846),avvisando che ilpoema
fossediqual- che autoresicilianodelprincipio del secolo XII,DigitizedbyGoogl
PREFAZIONE VII
ma
dimenticando didare ilnumero
delmano-
scritto della Magliabechiana,
onde
l’avea tratto.Il gran bibliografodantista
Colombdi
Batineslo indicò all’Ozanam, che trovando inuna notaap- pièdel libro a penna: Questo sichiamala Intel- ligenza, laquale feceDino Chompag...e tornan- dogli iltempo,loattribuì fidatamentea lui; se- nonché glialtri codici delpoema,illaurenziano eilvalicano antichissimo,non portano alcunno-me;
il che conaltreragioni,però moltoincerte, indussea dubitarne Vincenzo Nannucci , il cui suffragioper altro incose filologiche valea per mille.«Questopoema,dicel’Ozanam,sembrascrittoa Firenze,nel
tempo
in cuiil genioplatonico co- minciavaa regnaresugli animi, evolendodeter- minare più precisamenteladata,io la trovo in- dicata dall’etàmedesima
dellalingua e dellaver- sificazione.Leviam
viainnanzi trattoognitenta- zione dirisalire aldi là del secolo XIII; per- chèl’autore ricordacome
una vecchiarimem-
branza «le ricchezze di Saladino (*),» morto nel1293.E
poilaformaerudita della stanza,com- posta dinoveversisopra trerime,non
puòap- partenere adunapoesia nascente,echecomincia avagire.D’altra parte,molti versiricordanolo stile de’più antichi poeti: aulire,piagenza,dol- zore,mi sembrano
di quei termini anticatiche{*) ETomamentepiù tesoro vale Checiòche tenneinvitailSaladino.
/
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Vili PREFAZIONE
non s’incontranopiùdappoiché Dante ha nongià creato,
ma
determinato con una criticaseverala lingua delsuo paese. Io pendereidunque
acre- dereche quest’opera fosse composta verso la finedel secolo XIIIe ilbelcarattere gotico deidue
testi,magliabechiano(class.VII,cod. 1035)e laurenziano (cod.Gadd. 71),confermerebbe lemie
induzioni.»L’Ozanam
notai parallelismidi questopoema
coi romanzi di cavalleria,giàin queltempo
po- polari inItalia;etoccadottamentedelletreepo- che cavalleresche che ci sonoannestate, de’Tro*iani,di Alessandro e diCesare. La storia della guerradiTroiaè cavatadaquelle narrazioni favo- losedi Dareteedi Dittichescambiarono
Omero
ai letterati del
medio
evo, che inspirarono ilpoema
francesediBenedettodiSainle-More, ela prosaitalianadi GuidodelleColonne. Si trova quil’intero ciclo, di cui V Ilìadeera senza piùun
episodio,cominciandodallaconquistadel vello d’oro, primalite dell’Europaedell’Asia, eter-minando
conla rovinad’ilio, lafugad’Enea e la fondazionediRoma.
La storia d’Alessandro ritrae l’avventura della selva incantala,ilviaggio alfondo delmare
in unacampana
di cristallo, ilcolloquio con la regina Candace,tutte le ma- raviglie,ondela fantasia deiGreci edegliArabi arricchìlaleggendadell’eroe, finchévenneaspie- garsi pienamenteneivoluminosiromanzidiLam-
bertleCorte d'Alessandro di Parigi.DigìtizedbyGoogte
PREFAZIONE IX
La
storia di Cesare è presa da Lucano, se- guito minutamentein moltipunti,ma
alteralo secondail geniodi queltempo. Senzachè 1’au- tore dee averavuto poca dimestichezza conquel poeta,facendolospettatore delle battagliediCe- sareediPompeo
:Come
pastor vegghiante sopr’al gregge. La melanconiafilosoficad’unpoema
scrit- tosottoNerone, nonbasta poi,aggiungel’Oza-nam,
alle giovani imaginazioni delsecolo XIII.Queste vogliono di gran colpi di spada, e che Cesare,aiutato da’suoi baroni,fenda per
mezzo
undicirepagani.—
Vogliono che l’amore tem- peril’orroredellebattaglie,e cheall’assediodi GirOna Sesto non esca mai senza che la bella Rancellina l’abbia bacialo in fronte. Quest’ul- timotrattofiniscedi svelarela poesiapopolare.Lucano
aveadibuon’ora sedottoco'suoidifettinon meno
checo’ suoipregiilletterato de’tempi barbarici.Ilmonaco
Othlone diRatisbonasiaccu- savagiàdiaverlotroppo amalo;GoffredodiMon- mouth
eGiovanni diSalisbury ne fannoonorata .menzione,e Dante non dubita di porloallato a Virgilio nelsoggiorno assegnato ai gran lumi delpaganesimo.Ma
inun tempo
ove erano me- no barriere chenon
si crede tra i letterati eil popolo, ovelericreazionidell’ingegno scen- devano’ dai chiostri edai castellifinsullepiazze pubbliche. Lucano dovea correre la sorte d’Ci-merò,esoggiacereall’anneslodegli stessiepisodj, perdivertirelamoltitudineaccollaintornoaigiul-
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X PREFAZIONE
lari.Diquail
romanzo
di Cesare citalonei Gesta-fìomanorum,rimatoin francese daJacques deFo- rest, edel quale èuna.versione nella nostralin- guanella libreria Riccardiana.
Parlandodelsimbolismo del poema, l’Ozanam affermache(oltreilfarnel’unitàelanovità)nesveli l’origine. Difatti ionon scoproqui più,eglisog- giunge,nulladi
comune
coitrovierifrancesi,sìfe- delmenteimitaliquandos’avevaanarrarfattid’ar- me.Non
vedolagaiascienza dei provenzali olevo- luttàche bollonocome
lalavadell’Etnanei poeti siciliani.Ioviravvisoquell’amorelibero dai sensi, serio,platonico, ondes’inspiraronoiprimipoeti toscani,che GuidoCavalcanti prese asubbiello d’un cantosì filosoficoesì grave, che i teo- logidelsuotempo non isdegnaronocomentarlo...1Fiorentini amavano l’ingegnoso artificio che contesseil senso letterale e il senso figurato.
Brunetto Latini ne dàil primo esempio nelsuo Tesoretto, elaDivina
Commedia
futessutad’un doppio filo storicoesimbolico.Noiabbiamo riprodotto l’edizione francese, valendoci, quanto altesto, delle correzionifatte dalNannucci nei brani eli’egli ne riportò nel l.°volume del suo ManualedellaLetteraturadel primosecolodellalingua italiana (Firenze,Bar- bera,BianchieComp., 1856), edel debole no- stro criterio.Quanto al lungobrano che tratta delle proprietà evirtùdellepietre preziose,lo riscontrammo conloscritto quasi identico che
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PREFAZIONE XI ne lasciòFrancoSacchetti, e chefu riprodotto da Ottavio Giglinell’opere varie di esso Sac- chetti(/Sermonievangelici,le lettere, ecc., Fi- renze, Le Monnier, 1857), il qualeriscontro ci fruttò alcune emendazioni, ecerti raffrontiche
ponemmo
apièdi pagina.Aggiungemmo
alcuni brani dellaversionedel citatoromanzo
diGiulio Cesare,già pubblicati dalNannucci,adillustrazione di alcuni passi del nostro poema.—
Dallesue notetraemmo,
senzaaltrapretensionechedi jtra- scriverle, un saggio di glossario,che civerrà perdonato.Resa ragionedellaedizione, cipare a propo- sitointrodurrei lettori
meno
eruditiallostudio delle originidellanostrapoesia e delle influenzemutue
della letteratura francese e dell’ italiana, traendo dal Crepuscolo (10 luglio 1853e25feb- brajo 1855)due articoli che riassumonoleidee diFauriel edi Ralhéry.Sappiamo
essere l’uno' el’altro diEugenio Camerini, al quale già ab- biamo tòlto il suo Saggio sulCecchi,ecome
di cosa di nostro intrinseco,ce nevalghiamo li-beramente.
Nei pochianni trascorsidacchéilCamerini dava questiestratti diFauriel ediRathéry,glistudjcom- paratividelle duelingue e delledue letterature, francese eitaliana,sonoprogreditiassai,esarebbe
un
lavoronuovoeutileilraccoglierneifrutti.—
Crediamo chede’ nostri giovaniscrittori,in cui èsi raro l’ardore esi tempestivala scienza,yì
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XII PREFAZIONE
siadopereranno felicemente;
ma
tuttavianonspia- cerà vederecome
si giudicano dall’amico del Manzoni iprincipjdella nostra poesia, el’uomo chela condusse alsommo
; ecome
il Rathéry dimostri egualmentele lettere delleduenazioni nel lorcorso parallelo deviassero taloraperme-
scolarsi inabbracciamenti fecondi.— E
comin- ciamodal Fauriel.Quando
fu creatalacattedra diletteratura stra- nieraalcollegiodiFrancia, e dataaFaurielsìacu- tamente ed ingegnosamenteerudito,eglilessedue anni (1831-1832) intorno allapoesia provenzale, equelle lezionifuronoraccolte nel1846(Histoire de lapoésieprovencale,3 vol..in-8).Neidueanni seguenti (1833-34)espose le origini dellalingua italiana,e laDivinaCommedia
,e lesuelezioni, inqualchepartesopra appuntiimperfetti,furono pubblicate dal signorGiulio Moli! (Danteetles eriginesdelalangueitalienne,Paris,A.Dur
and, 1854, 2 voi. in-8).Il primovolume
corrispon- de per lo più al corso del 1833,e contiene diecilezionidiprolegomeni intornoallevicende letterarie dellaDivina Commedia, allo stato poli- tico dell’ Italia, aitempidanteschi,allacostituzine delle repubbliche italiane, alla costituzione di Firenze,allavita diDante,aitrovatoriprovenzali in Italia,all’influenzadiquella lorpoesiatranoi,DigitizedbyGoogle
PREFAZIONE XIII alla poesia cavallerescaitaliana,divisainsiciliana ebolognese, eparecchiframmenti d’esposizione dellaDivina
Commedia
,ne’ qualisi esaminano le facoltà intellettuali di Dante, l’idea delpoema
sacro, l’unitàreligiosadell’Inferno,ilmotivo e illine delviaggio pe’ treregni, gliepisodj di Francesca, di Ugolino,di Sordello, ei mangia- tori di suppe sulle sepolture degli uccisi per fuggirelavendettade’consorti.Ilsecondo volume, che risponde aunbel circa al corsodel 1834, cominciadalleconsiderazionigeneraliintornoai rivolgimenti naturali delle lingue, passa poi ai rivolgimenti delle lingueindo-europee,trattadella loro decomposizione, delle origini del latino, dellelingue anLiche d’ Italia,del*
tino antico, dellasua propagazione,delleforme grammaticali deidialetti neolatini, delsistemadelRaynouard*
sulle lingue romanze,del latinoin Italia al
medio
evo, dellaformazionedell’italiano,e della poesia popolared’Italia alsecolo XIII. Lasciando tutta laparte filologica, che nonfa oraalmio
propo- sito,favellerò senzapiùdejla poesia e diDante.Lalezioned’introduzione,chetoccalevicende letterariedella DivinaCommedia,è forselaparte più debole.
Dopo
discorso se Dante fu e potè mai essere popolare, delle cattedre create ad esporlo, dei professori liberichescambiaronogli espositori, dirò cosìofficiali,deldantismoe del petrarchismo,passaallecontroversiedello scorcio delsecolodecimospsto, ene riponeilfonte nel*DigitizedbyGoogle
XIV PREFAZIONE
YErcolanodelVarchi,che,avendo prepostoDante ad
Omero
e aVirgilio,sitiròaddossolecensure di RodolfoGastravilla, personaggio sconosciuto, alquale poi contrascrisseil Mazzoni,edi zuffa inzuffalaguerra durò veni’anni.Parlapoi dello scadimento degli studidanteschi, e vienfino alle Lettere Virgilianedel Bettinelli, ed all’apologià del conteGasparo Gozzi. Tratta da ultimò del risorgimento di Dante perDoperà
egli esempj delVarano,delMontie delManzoni,iqualidue
ultimigli furon duciallostudio del sacropoema.
Un
libro curiosoenon
ancora fatto sarebbe quellodella Varia fortunadiDante:ilsunto del Fauriel èaltisono
di quanto se ne trova in qualsivogliamanualediletteraturaitaliana.Senon
cheèdanotareche questa pubblicazioneèpostu- ma, fattaspesso sopra appunti imperfetti,come
giàdissi,e da
uomo
chenonèforse pari all’au- tore nell’erudizioneitaliana.Cosìnoteròchenon
fuilVarchiche pubblicòi1suodialogo dellelingue nel 1570, essendomorto
nel1565,ma
sibbeneisuoi esecutoritestamentari, Lorenzo Lenzi,ve- scovo di
Fermo,
edon
Silvano Razzi,monaco
camaldolese,echeil traduttore di Senecae di Boezio, l’autore di tante eruditissime lezioni e della Storia Fiorentina,non
eraun
ésprit sec, médiocre et assez creux, qui neconnaissaitpas
Vantiquité,etaurait été fortembarrasséàdonner
, jenedispasdes raisons plausibles,maisdesvai- sonsquelconquesde cette préférencequ'ilaccordaitDigitizedbyGoogl
PREFAZIONE
XV
à Dante sur JJomèreetsur Virgile!Ilpersonaggio di RodolfoCastratila non ènel vero,ch’iomi
sappia,ancora scoperto;ma
ilFonlaninilo cre- detteOrtensio Landò, eloZeno, conragioni più probabili,BelisarioBalgarini senese,che nerac- colsel’eredità anti-dantesca cnecontinuòlapo- lemica. Cosi credo che Fauriel fondesse Carlo GozzinelsuofratelloGasparo,quando
dice:—
fu il conteGasparo Gozzi, celebrenella letteratura italianaper l’ardimentoe lafelicitàonde
dram- matizzòlepiùmaravigliose e le più fantastiche novelledell’oriente e dell’occidente.— Ma
uscia-mo
di queste minuzie, edombreggiamo
leidee di Faurielintornoalla poesiaed a Dante.Il Fauriel riconosce una letteratura italiana indigena che risaliva ai tempi delle conquiste barbariche,egli attraversavaper andarearicon- giungersialla letteraturalatina,ond’era la con- tinuazioneimmediata,sebbenefattaassaidiversa e sformala dall’azionedel
tempo
e dei rivolgi- menti umani.A
quella letteratura erainstrumentoun
latino alteralo,acui nelsecoloXIIsiandava sostituendo l’italiano,chediveniva così volgare scritto poetico. Ivestigj diquellavecchialette- ratura sonocantistorici suigrandieventi patri, o dialtri subbietti che eccitavanoleemozioni o toccavanogli interessidellepopolazioniitaliane:un
canto,per esempio,del secoloIX intornoalla cattivitàmomentanea
dell’imperatore LodovicoII, arrestatoaBenevento permezzo
delduca Adelchi;Dino Compagni **
DigitizedbyGoogle
XVI PREFAZIONE
un cantosulla prima crociata; quella specie di rondaguerriera, che verso l’anno 964icittadini di
Modena
cantavanolanottevegliandoallaguardia delle lormura. Questa poesia indigenasiravvise- rebbe, secondo l’autore, nei servenlesi storici, dei qualicilaunodiLottodiserDato,che piange aGenova
lacattività,a cui èvenuto,dopo
l’in- felicebattagliadella Meloria(1283), ed unaltro diPannuccio delBagno
che lamentailmalostato di Pisa dal1276 al1284sottoalgovernodiUgo- lino.Dipoesia indigenapiù veramente popolare citaalcuni cantiitaliani dicavalcale edibattaglie;il notissimo intorno alle
donne
messinesi che s’affannavano allefortificazionidella patriacontro gliattesi assalti diCarlod’Angiò;icantisatirici, traiquaii campeggianoquellidellecittàitaliane1una contro l’altra, e voi ne notaste
come
imoltinei proverbj che ancora ne
rimangono
e registròil Giusti;i cantid'avventured’amore
e d’altro,come
quelpietoso che iSiciliani canta- vanod’isabella, a cui ifratelli, uccisoramante, tolseroancheil vasodi bassilico,incuirifioriva quel carocapo,ch’ellaviaveva postosotto(Bocc.Dee.,G.4,N. 5).
Anche
citaquel bizzarro la-mento messo
in boccaa Pier delle Vigne, che credevaviolatala suavigna,per iguanti di Fe- derigo IIrimasi sullettodellasuamogliequando
aveva solo pudicamente provveduto a meglio velarnelebellezze scoperte nell’abbandono del sonno,ela risposta della innocentedonna.Con
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PREFAZIONE XVII finissimoingegno, e
come
sapevafareil racco- glitore etraduttore dei canti popolari dellaGrecia moderna,egliva poirintracciandoicanti antichi nelle loropresunte alterazioni ancora vive, ene dà duebegliesempj di un cantodegli Orazj e d’unaltrod’Attila.Vienepoi colmetodo,el’acume diNiebuhr
a trovare nelle favole dei nostri cro- nisti,specialmente intornoalleorigini delle loro città,la traduzione o l’intercalazione dei canti popolari.Anche
tra le poesie popolaripone
le Laudi, cantifunebri cheleconfraternite di peni- tenticantavano nell’accompagnarei morti,ache eranostale instiluite; le Leggendedivote,ecc.E
suggella poi: «L’imaginazione popolare degli Italianidel secolo XIII, variòa lutto suo senno le tradizioni storiche dell’antichità, e impresse lorofortementeilsuggelloromanzescodeltempo.
Ella fece similmente a suo senno degli eventi realielocali;
ma
inquestiilsuovariare fualtutto diverso diquello ch’erastato nelle prime,efu in generale più discreto.»Mi
parvebene citareinnanzitratto questi con- cettidel Faurielintornoallapoesiaindigena popo- lareitalianach’egli fa dilungamano
preesistere e poicoesistere con la poesia cavalleresca o im- portata, conla stessasua lingua, dallaProvenza, o provenzaleggiarne,poesia ch’egli attribuisce spe- cialmente all’aristocrazia.Venendo
a questa poesia principalmente ari- stocratica,egli vi notadue periodi distinti: unDigitizedbyGoogle
XVIII PREFAZIONE
periodo puraraenleprovenzale,edun periodopro- venzale-italiano,chesi riducono ciascunoin due epoche.Ilprimosidivide nel
tempo
chegliItaliani adottanolapoesiaprovenzale senzacoltivarla,e co- noscendola solo pei trovatoriprovenzalichefre- quentanoilloropaese;eneltempo,d’alquantopiù tardo,incuigli Italianistessicoltivanol’idioma ela poesiadei trovatoriinsiemeeaconcorrenzadique-sti.Il secondo periodoprovenzale-italiano, ossia quelloincuigli Italianiapplicanolalorolingua na- zionale allacoltura d’una poesia derivata dalla poesia provenzale,siridivideinuna prima epoca siciliana,i cuisaggi sono rudi ed informi, ed inun’epoca bolognese e toscana,lecui
compo-
sizionisielevanoadun
puntopiùnotevoled’arte, di passionee d’inventiva.Tutta questa parte,che raccontailfiorimento parallelodellaletteratura provenzale in Italia, e di una letteratura italiana provenzaleggiante, è degnissima d’esserletta. Già le relazioni e le leghe dellacittà d’Italiacon lecittà delmezzo- giorno dellaFranciaerano un acconcio veicolo alloscambiodelleinfluenze politicheeletterarie.
Senzachè i trovatori non fallivano alle discese degliimperatori in Italia,eda parecchie nostre cortierano accolti agrande onore, e con loro vifacevanonido lepovere,
ma
gaiemuse
diquel tempo.Con
l’amorediquellapoesia senediffon- deva l’imitazione, e parecchi Italiani trovarono inlinguaprovenzale.AnzimostrailFaurielcheDigitizecJbyGoogle
PREFAZIONE XIX
iltrovaredurò in Italia forse più oltre che in Provenza; imperocché quei poeti,ai suo detto, cominciaronoa venire tranoidal 1165 econti- nuarono quasi fino al 1265, un secolo circa;
mentregli Italiani cominciarono a trovare allo scorcio del 1200, e con quell’abbrivo’corsero fino al130Òcirca. Alla rovina politica e civile dellaProvenza, causatasingolarmentedallacro- ciatadegli Albigesi, sicongiunselarovinadella poesia. Certonegli ultimi treni’anni del secolo decimoterzo continuò anchein Provenzailpoe- tare d’abitudine o di mestiere:
ma
l’arte era morta.InItalia, ove sorgevae fioriva la nuova arte,anchelasuanutricen’eraavvivata.La poesia provenzalesi connaturavaall’Italiacome
lacaval- leria; imperocché, siccome nota il Fauriel, la storiadi queitempi è inmolte cose una specie di poesia cavalleresca in azione,onde la poesia scritta nonè enonpuò
essere che una specie di traduzione più omeno
fedele, più omeno
idealizzata. Lacavalleriaaveva
come
due supremi principi: la religioneel’amore; principi evo- cali earmati controlabarbarie,cheavevamesso
in fondo ogni
germe
d’umanità, ogni lume di bene. Oral’Italia avevaaltriprincipi d’incivili- mento, edaccettò lacavalleria piùadornamento
cheafondamento di civiltà. Lapoesia cavallere- scanonfu tranoi tuttadessa quella dellaProvenza;sibbenevarialaed accomodata al nostro essere edal nostrocostume.
Ma
l’influsso della caval-DigìtizedbyGoogte
XX
PREFAZIONEleria,di cuila poesiaprovenzale fuin Italiala prima espressione,e questa poesia,modificarono dal cantoloroicostumiel’incivilimentoitaliano.
È
da vederenel Fauriel lapropagazione tranoi dei costumi cavallereschi.Come
altresì è dave- derel’effetto dellavitaitaliananei trovatori; de’qualivifuchiusòeziandio ne’ suoi versilalingua italianao alcunnostro dialetto; alcuno, rara e forse unicaeccezione, lasciò di trovare per le ’ alte classi,epoetòalpopolo;alcuno, Pietro Yidal, fuquasi patriota; tutti quasi ghibellini;
ma
ilghibellinismo non era alloraunpartilostraniero, sebbene fosseimperiale. Dellescuole italiane il Faurielmette i veri principi della sicilianaalla corte di Federigo II, quando questo principe, natoedallevato in Italiaeitalianopermadre,si miseadimorare stabilmenteinItalia(nel 1220), onde
non
usci più;ela fadurarefino al 1265, all’anno della battagliadiCeperanoe dellamorte
diManfredi. La scuola di Bologna la fa fiorire dal 1250al 1270, eparla assaiconvenevolmente di GuidoGuinicelli.Tocca poi della scuola to- scana, e principalmentedellafiorentina, di cuifa capo BrunettoLatini.Non
vuolechelacreazione dellapoesia italianafosseinSicilia;ma
soloche quivi acquistasse lustro e fama.Tocca anchedel- l’introduzione e dell’influenza tranoideipoemi
o romanzi cavallereschi, specialmente del ciclo d’Arturo edi Carlomagno; ne trova gl’indizjfin vnei
nomi
romanticidivenuticomuni,nelle rappre-DigitizedbyGoogte
PREFAZIONE XXI sentazioniepichechesifacevanoinalcune nostre città; nerivilical’influenzaanchenegli usie nel- l’organizzazione militare degli Stali,e in certe tradizioni cavalleresche penetrate nel popolo
,
come
la credenzadei Sicilianiche ArturoilBret- tonesoggiornasse nelmonte
Etna,edeiToscani che mettevano Carlomagno, Arturo e Malagigi allaBuca
delleFateaFiesole.Ma
veniamoacolui chedovea cacciar tulli dinido,all’Allighieri.Nell’ingegno diDante visono,secondoilFau- riel,duelatidistinti,illatodellascienza, equello dellapoesia; questa suoletenero il
campo, ma
sente talora alcundanno daquella.
E
questaspecie di lotta tralefacoltà diverse delsuoingegnoè ciò checaratterizzaparticolarissimamente Dante tratutti igrandi poeti. La suavita intellettuale si parte in tre periodidistinti.Dal1283al1292, ela produzionecaratteristicaè la VitaNuova
,scritta il 1291o 1292. Dal 1292 al 1307, e la produzionecaratteristica è il Convivio,al quale
si può aggiungere il trattalo De vulgarieloquio.
Dal 1307al 1321, anno dellamorte di Dante,e l’opera caratteristica e culminante è la Divina Commedia. Quanto alla FifaNtiova,essacontie- ne già tutti i germi, i lineamenti, i caratteri dell'ingegno dantesco. Allatoalla passione piùte- nera epiù viva, allevisioni di un’imaginazione fervidissima,sitrovanole speculazioni piùsottili epiù strane, le astrazioni piùstillatedellafilo- sofia; ilprimosalutodi Beatrice, per esempio,
DigìtizedbyGoogte
XXII PREFAZIONE
ed i fantasticamenli sul
numero
nove, ondela Triade erala radice, e Beatrice la perfezione.Senza dubbio,dice l’autore, l’elemento poetico con unaspiccata tendenza almisticismo
domina
nellamescolanza,ma
vidomina
lasciandotrape- laread ogniistanteaccantoa sè un affetto ap- passionatodell’erudizione,dellascienza e dell’a- strazionefilosofica. Il contrastod’un’altaeforte intelligenza,cheaspirava a svolgersi e adesten- dersipertutti iversi con lapoesia, èquelche rendesingolare la VitaNuova:
Di poiDantecol- tivaseparatamente lefacoltàdelsuo ingegno,e trattaapartela scienza e la poesia senza mai distinguerle abbastanza. Quanto al trattaloDe
vulgati eloquio,ilFaurielnon
èconDante intorno allaquestione deidialetti. Eglinonammette
una linguacomune,
illustre,aulica; eglitienecheil dialetto deipoetiitaliani del secolodecimoterzonon
siaaltro cheil dialettostesso di Firenzee deiluoghi circonvicini, più omeno
modificato daU’infiusso dei dialetti locali negli scrittori.Quantoai tentatividi poetica chevisi leggono esposti, conchiude cosi: «Quello che v’ha di particolaree disignificativoincodestirudimenti di poetica,sièla sottigliezza ch’egli ha posto arannetterliallafilosofiad’Aristotile,edadimo- strareper questa viail suo sapereinquellafilo- sofia.* Qualchecosadi ancora piùcaratteristico inquesto abbozzodi teoria letterariasièlama- nieradiretta e positiva
onde
l’autore mette laDigitizedbyGoogle
PREFAZIONE XXIII scienza tra le condizioni fondamentali di ogni poesiavolgare,oalmenodelgenerepiùeminente diquestapoesia, valea diredella canzone.
Lo
stiledel Convivio,scritto dal 1305al1306, pare alFaurielassainotevolediprecisione,didecoro, di gravità,
mentre
quello della VitaNuova
glisembra
tuttodi convenzionee tulio poetico.Ma
giàquesto era un comenlario
puramente
osem- plicementestorico de’ suoi concettiedaffetti;edil Convitoèun comenlarioscientificoefilosofico, che dee per conseguente indicare alcune delle relazioniche Dante vedevatra lapoesia elascienza.
Se non chela scienzafu chiamata
dopo
aspie- gare lapassione, econdotta retroattivamente a informarnee governarne icanti.Il Faurielnon
crede atali allegorie. Dante, egli dice, tolse letteralmentedaSanTommaso
quelsuosi-sterna d’interpretazione allegorica;ma
in cambiodi la- sciarloove dovevaopoteva stare,nelcampo
cioè dellateologia o dellafilosofia,eglilotrasportòalle teoriche della letteratura, ed all’interpretazione dellapoesia.È
evidente efuordidubbioch’egli nelcomporre
le sue poesie amorose, e quelle canzoni, che spone nel Convivio, non pensava punto alle fantasticheriechevi andòpoitrapun- gendo.Egli èevidentecheleimaginòdopo
scritte lepoesie,perfarmostradiscienza e d’erudizione, edareun
esempio sfolgorante dellasottigliezza delsuo spirito, erendersi cosi più rispettabile nelsuo esilio.Non
v’è via di supporre unaDigìtizedbyGoogte
XXIV PREFAZIONE
relazione vera econtinuatra leidee filosofiche o scientifiche diDante, e le
donne
celebrate ne’suoi versi,
come
obbiettidel suoamore
edelle suo fantasie poetiche. Della Monarchia e del suo concetto fondamentaletoccaappenailFauriel a proposito diungerme
che ne vede nelCon
•vivio. Egli però racconta assai benela storia deiconvincimenti politici di Dante,e dalsuo ul- timo fanatismo imperiale gli traluceTallo con- cettodi una unionedell’uraangenerenellapace enell’ordinediun
supremo
arbitratomonarchico.Ildisegno dellaDivina
Commedia
sarebbe stato fatto daDante aventiquattr’anni nel1289, anno memorabile,eche dovettefaregrande impressione su lui, essendovisi riscontrati gli eventi della battagliadi Campaldino,elemortidiFrancesca, diUgolinoediBeatrice. L’intelaiatura delpoema,
adircosi,olavisione,nonfuoriginale, anziera
comune;
eve n’è vestigio in tutte le vecchie letterature di Europa. Ilmedio
evofuTetàclas- sica diqueste visioni. Almedio
evo, dice gen- tilmente ilFauriel, vifuronosempre
uomini che per fare colalisogninon
avevano bisognodidor- mire. La più anticadiquestevisioni eglilatrova nelquartodelle storie di Gregorio Turonense, riferitada luisottoall’anno 751, edèlavisione diSanniulfo, primamonaco
e poiabatedelmo-
nasterodiRandan
inAlvernia.Allega poiilviaggio di uncavaliergallese,Oen, al purgatoriodiSan Patrizio nel 1152,riportaloda MathieuParis;edDigitizedbyGoogle
PREFAZIONE
XXV
altreprimaepoi descritte tutteinlatino.Invol- garene trovaunasola in provenzale, edè una visita di San Paolo all’inferno, sotto la guida dell’arcangelo Michele, lasciando fuoriun
poco ereticamenteilpurgatorio.Naturalmente nontace dellavisione diFrate Alberico, e toccaancorail fallodi NicolaDe
Guidoni daModena
(nel 1300), che, essendo portatoaseppellire,si risente e, distendendolebraccia, toglieilcappuccioaduno de’monaci che l’accompagnano,eilmonaco
fu avederelemeraviglie,che Nicola andòpoi rac- contando dell’altravita.Rispetto all’unità•religiosa dell’inferno, il Fauriel reca in
mezzo
le reminiscenze delpaga- nesimoclassicochesembrano
dirimerla, e toglier fedealla vera eprofondareligiositàdiDante.Il Faurielrammemora
l’Acheronte, Caronte, Minos, Cerbero, Plutone,leFurie, le Arpie,iCentauri, Gerione.Ma
egli dimostra egregiamentecome
sottogli stessinomi
le cosesiano mutate, ene dà unbellissimoesempionellaragione chehannol’
ombre
nell’inferno virgilianodipassareilfiume che ne le parte,einquelladell’animediDante:Fune
vogliono por fine ai loroerrori sulla riva, Faltre anelano all’avveramentodella giustizia di Dio:sichela temasivolge indesio. Gli accatti di Dante,dice il Fauriel,alla mitologiasiridu- conoa semplici accattidinomi:
le forme delle ideeprimitivamente annesse aqueinomi
furono dalui alterate emodificatein guisa chenon siDigìtizedbyGoogte
XXVI PREFAZIONE
riconosconopiù, e l’alterazione è in un senso chefafede d’influenze,dicredenze,d’intenzioni cristiane. L’inferno di Virgilio è tutto diverso dal dantesco;illimbo non ha che fare co’suoi ,
Campi
Elisi.E
perrenderabileVirgilioades- sergliduce,fa cheabbia già visitatoilsuoinfer- no cristiano.Nel suocomplesso l’inferno, dice ilFauriel, è l’espressione verace,graveeprofonda delmedio
evoitaliano,elereminiscenzedell’an- tichilànon v’hanno nè maggioreeffetto,nèaltro effetto daquello che ebberosullo stessomedio
evo. Toccata l’unità subiettiva del poema, il Fauriel dice esservibene una maravigliosavarietà dioggetti e di pitture, d’idee e di dottrine;trovarvisiancorauna gran varietàdimotiviper- sonali;
ma
ilmotivo,l’intentoprimaessere stato un pensiero d’amore;ilfine,laglorificazione di Beatrice. 1 primigermi,eglidice,sirannettono all’idea dilei, eal disegno di darle una fama pariall’amore, ch’eglileaveva portato.DimostrailFauriel
come
Beatricenon puòfigurarelateo- logia;sibbene dice essereun personaggioreale, una personaumana
trasfigurata.Quanto all’alle- goria deidue primi canti, egli perla selva in- tende lasuavita dipassionie divoluttàmondane
dopo lamorte diBeatrice; pelcolle,gli aneliti dipotenzacivile, digloria,difama; perlalontra, la democraziafiorentina; pel leone, CarlodiVa- lois;per lalupa,ilpartito dei guelfi neri, e pel suo rovinarea vallel’esilio.QuantoaiframmentiDigitizedbyGoogle
PREFAZIOXE XXVII intornoaFrancesca,a Ugolino,aSordello,l’ul- timoèilmigliore.Eglicerca ricostruirnelavita, e senzanegare che il Sordello dantesco
non
sia stato identicoalSordelloreale, eglinon netrova nellastoria i trailiessenziali di carattere, e laragionedel nobilepersonaggio che Dante,gli fa rappresentare nella sua
commedia.
Dante, egli dice, havolutofare ed ha fatto di Sordello iltipo, l’ideale delpatriota ingeneraleepiù par- ticolarmente forsedel patriotaitaliano. Egline hafattounghibellino,chenon perdonaaRodolfo
d’Absburgo
l’avere trasandato gliaffarid’Italia, edi averli anzi peggiorati col suo abbandono, etuttaviasperaancora da un altro imperatore lasalute dellasua patria. Dalle notiziecheabbia-mo
diSordello non risulta nessuna ragione di questaidealizzazione;ma
Dante dee averne avuto alcuna.Ma,come
ches’intenda,questo passoèun
nuovoargomento
delpocorispettodiDante ai fatti,e della sua invincibile inclinazioneafarne delle intelaiatureo speciedi sostegno alle sue ideee allesuefantasie.Venghiamo
oraatratteggiaregl’influssiitaliani sulle lettere francesi, sulle traccediE. J. B. Ra- théry nel libroche ha pertitolo:Infine nce del’Ita- liesurles lettresfranpaises depuisletreizièmesiècle jusqu’au régnede LouisXIV. Paris,Didot, 1843.DigitizedbyGoogle
XXVIII prefazione
Il primo capitolodi questolibro descrive la Franciael’Italiaavantialsecolodecimoterzo,e di- mostral’influenza della letteraturaprovenzalesulla nostra, esagerandolanon poco. *Lapoliticae la vicinanza, egli dice,misero prestoinrelazionel’I- talia elaProvenza, cullad’unaciviltà precoce.
Il regno di Napoli, ovei
Normanni
fin dal se- coloundecimo
s’erano sforzatid’introdurre ecome
naturareiloro costumi eil loro idioma, si trovò piùlardiunitoalla Provenzasottoallo scettro della casad’Anjou. Nell’altaItalias’erano formate relazioniancora più intime traidue
paesi;laLombardia erauna seconda Provenza, e tuttele piccole corti, chesipiccavanodicaval- leria, adottavano l’idioma provenzale.Nel secolo seguentele idee ele costumanze cavalleresche passavano da queste corti alle repubbliche e allecittàlibere,surtepresso a loro nellastessa parte della penisola,echefermavanocostituzioni similia quelle dellecittà della Provenza, alle quali si legavano con trattali dicommercio
e d’amistà, esiconfederavano or controgliArabi di Spagna, or contro isignori,lorocomuni
ne- mici. Colla letteraturaprovenzale l’Italiaricevè, verso lafine delduodecimo
secolo, ipoemi
ca- vallereschi francesi.Al principio del secolo deci- molerzo i trovatori esulanocon gli Albigesi e le libertà dalla Provenza,e portano in Italiale reliquie d’uu’arte soffocata nelsanguee nei roghi.Allorasorgela poesiaitalianapropriamentedella.
DigitizedbyGoogle
PREFAZIONE XXIX Fin qui
non
aveva fatto chetentare nelFidioma semilatinodellapenisola, o nell’armoniosodia- letto dellaSicilia, timideimitazioni della lettera- tura provenzale, più cavalleresca alla corte di Manfredi,più popolare aFirenze e nelle città dellaToscana,ma sempre
imperfettanellasostanza e nellaforma.»Inquesto capitolo egli tratteggia le grandi figure del secolo decimoterzo; il maestro di Dante, Brunetto Latini,che prescelsela lingua francese a scrivere il suo Tesoro, preferenza predominante che ildiscepolo doveva malediree dannarea perpetua infamia nel suo Convivio;
poi Dante ch’egli mostraaParigicon Giotto, e specialmente nelvico deglistrami (du fouarre, feurre, paille, jonchéejattento ai sillogismi di Sigieri,e ch’egli
compara
aJean deMeun,
di cui crede che conoscesseilRomanzo
dellarosa.Tracciando quivi alcuneappena visibili analogie deWInferno concertiversidelfrancese eglicon- chiudeche alfrancese
mancò
piuttosto l’istru- mento,cioè lalingua elo stile,chenonilgenio.Ad
esempiodella critica dell’autorebasterà citareun
tratto.ch’egli adduce delleallusioni diDante agli studj di Parigi, tQuando
Satanaghignando volgea un dannatoquella strana apostrofeTunonpensavi ch’io loicofossi, èmalagevole
non
vedervi una ricordanzadiquei giuochi dellescuole,di quelle tesiimpossibili, in cui l’avvocato del diavolosi facea forte diDigitizedbyGoogle
XXX
PREFAZIONEprovare la non esistenza iliDio. » Il vico degli strami dipendeva dalfeudo di Garlande;
onde
era motto sacro e pegno distima e d’amicizia tracoloroche avevano studiatoaParigi, mollo che Dante deve aver ripetuto:Fuimus simulinGarlandia.
Quelvico deglistramie poco nulladiParigi edellaFrancia piaceva al Petrarca.
L’amore
e lariverenzad’Italia traboccavanoin lui.Lastessa Laura, ilcuiamore
pareall’immaginoso
Micheletil simbolo dellafusione futura delledue nazioni, nata pressoalla corte d’Avignone, doveva
sem-
brargli italiana. IlRalhéryreca inmezzo
conun
certo dispetto le invettive del gran filosofo e poetacontrola Francia. Eiloride, perchè parla dellavirtù edella gravitàdegl’italiani;ma
gl’i- talianidi queitempinon eranoquellidellacom-
pagniacomica diScaramuccia,onde
moltiFran- cesi trassero le loro ideed’Italia; allo stessomodo
chelaFrancia non ècomica,come
pare taloraanchenelle suepiù graviassemblee. E, sebbenel’Italia avesseallora alterataquellagra- vità epurezza che Dante già rimpiangevaa Fi- renzee inRomagna,
erasempre
una nazione,la cuigrandezzaera frutto etestimoniodivirtù.Non
piacealRalhéry,
ma
anoipiacesommamente
lapar- zialità,seppurparzialitàsihaadire,del Petrarca, di quelpoeta,dicuinonèvoce chesiainvecchiala, e cheparlaancorailfiorepiù eletto dellavivente favella,ed esprime tuttoun
aspettodell’ingegnoDigitizedbyGoogle
PREFAZIONE XXXI italiano.
A me
piace lasuaparzialità el’identità esolidarietàche mettefrai Latini egl’italiani;edegli veramente pe’suoistudj, perlesuesco- perte, pc’suoiscritti n’èl’anelloimmortale.
Il Boccaccio, nato aParigi,in
mezzo
a quella vena di spirito,digaiezza e diamore,era pre- destinalodal luogo dellasuanascita a scrivereilDccamerone.Egli fu
sempre
indelizie coiFran- cesichevi riconosconouno
deiloro,senzache noi vi troviamo nulla checi facciadubitare che non sia nostro. Il Boccaccioanzi appartienea tutta l’umanità,perchèla esprimene’suoi carat- terieterni;enonsolo nelle passioni gravi eliete,ma
talora eziandio negli anelili allacoltura, ed al progresso morale. Parlando di quell’epoca, oltre gli avanzamenti delle lettere, il Rathéry descrive quelli dell’erudizione, delcommercio,
dellanavigazione, dell’economiapolitica,e notacome
lestesse nostrecronache erano più mature di giudizjedi stile chequelle di Francia. La cronacadel Villani, egli dice,non èpiù ilrac- contoingenuoe pittorescodiJoinville ediFrois*sari; ha il fare preciso (lalotichefermej e la scienza positivad’un
uomo
che hatrattatoi pub- blicinegozj primadi narrarli.L’autoretrasvolailnostro quattrocento, secolo di pionieridellaerudizione grecaelatina,gene- rosi pionieri che dimenticaronolagloriachepote- vano acquistar nelle letterepatrie per apparec- chiare una nuova messe displendida gloriaall’ I-
Vino Compagni ***
'
v
XXXII PREFAZIONE
tali.*»,c di universale coltura all’Europa. Egli descrivelostatod’Italiaavanzatissimo nellacol- tura e imperfettissimonell’organizzazione poli- ticae militare.Mentre a Parigi il
numero
dei libristampali alcominciare del secolo decimo- sestonon òchedi751,in Italiaèdi 4987; cioè 2,835a Venezia,925 aRoma,
C29a Milano,500
a Firenze,298aBologna; senzaparlare di‘cinquanta altrecittàdove pureaquel
tempo
erano stamperie.IlsecondocapitolotrattadelleguerredeiFran- cesi in Italia,parladi CarloViliediLuigi XII,
•emostra le meraviglie de’Francesi ai prodipj dell’incivilimento edell’arteitaliana,nonostante lenuove pretesediun grande sviluppo dell’arte indigena;del qualestupore fanno eziandio testi-
monianza
alcuni bollettini in caratteri gotici ,veri giornali di queltempo, dicuisi traevano copie a
mano,
e clicsimandavano
ai personaggi più notevolic agli scabinidelle città.L’autore nota idannivenutiper le guerreagli studj ita- liani, eivantaggi che n’ebberoiFrancesi conqui- statidai vinti.Ilibri impressiaVenezia,aRoma, n
Milano,aFirenze, dal1491alI5C0,sono4,158, dal 1501al 1510, 723.Ma
la Francia, iniziala allacolturaitaliana da Carlo Ville da Luigi XII, vi fu tuttala e battezzatada Francesco I. Alle cotoro corti valeva il detto del Machiavelli:«degl’italiani
non
habuon tempo
in corte, senon
chinon
hapiù che perderee naviga per/ Dgle
PREFAZIONE XXXIII perdalo. » Alla corto di Francesco I lelettere e |cariiitaliane furono onorale
come
nelle mi- gliori corti nostrane.Fu sempre
un poco vera però la sentenza del Machiavelli: «Sono
inimici del parlareromano
c dellafama loro.»La primafasedell’influenza italianaè postaal regnodi FrancescoI,a cuiòconsacrato il capi- tolo terzo.Francesco Iful’idolode’noslri poeti edartefici.I primi anniincuila vittoria arrise al suo genio,cquelli stessi incui ellatradì il
suovalore, s’illustranod’unvivoe sincero
amore
agli sludj.
E
noi vediamoi nostriscrittori lo- daresomrnamento,ma
concerta riverenzamista di timore,il granCarloV
;quantoaFrancescoI, lodano,con spontaneità, con effusione, quasi amicoecompagno
;mon
am?j,dicevaeglialCellini.Nè
egliamò
solamente gl’illustri Italiani suoi coetanei,ma
eziandioinostri antichi.Egli rifece ilsepolcro aLaura, elaonorò d’un suoepitaf- . fio; delBoccacciofu tantoinnamoratoe tantoillodò,chelasuasorella Margheritadissech’egli avrebbe dovutorisuscitarne. SoloDanteglicadde di grazia quando, leggendogli l’Alamanni quel passocheparla di
Ugo
Capeto,non appena udìil verso
Figlino!fuid’un beccajodiParigi, gli ruppe la letturadicendo:
Que
jc riattende plus parler de ce ridiculeauteur!La seconda fase dell’influenza italianacoincide quasi,secondo il Rathéry,con laseconda metà
v-..
*\ DigitizedbyGoogle
xxxiv prefazione
delsecolo decimosesto. Quest’influenza conferì alla reazione della scuola erudita di Ronsarde Dubellay, contro la letteratura facile di Marote dellasuascuola,avvenuta versoil 1549,data del manifesto di Dubellay; signoreggiò la morale pubblica e privata dalla reggenza di Caterina de’Mediciinpoi,cioò dal1560; finalmente invase le
mode
ela lingua dal 1565 al 1579, epocain .cuiArrigo Stefanola combattèco’suoiopuscoli.Non
potendo abbreviarFautoregiàsistringalo,andremo
notando alcun luogo.E
quantoaquello eh’ei narradi Ronsard, iiquale nonmeno
che Dubellay raccomandava lo studio delle lettere italiane,ci sovviene una stravaganza del Castel- vetro, ilquale invitava dalcanto suoilCaro a studiareRonsard. Nel suolibrocontrolacanzone Veniteall’ombra
de’beigiglid’oro,cheil Rathéry chiama per erroreun
sonetto, egli dice cosi:«
Ma
non ha giàcommesso
peccato simile a questo oaniuno altrodisentimento odi parole ripresedame
infine a qui nella canzone del caroPietro diRonzardodiYandonne, buon
poeta francese, celebrando questamedesima
casaYa- lesia, ed altribaroni di quelregno, per questamedesima
viadi paragonargli edi anliporgli a’discendenti di Saturno, in
uno
de’suoi inni,ilquale ioscriverò qui appresso insualingua, ac- ciocché coloro che sene intendono,riconoscano chiaramentequandoèvero quelloche dico,
non
lasciandodi contrapporrea ciascunverso la tra-1*11EL'AZIONE
XXXV
slazionc italiana,nonin verso,ma
in prosa per conservarepiù ilsentimento-. »Or
questo inno dei Ronsard cominciacosì:Maisquoi?oujemetrompc,ou pourIcsseurs je crois Quelupiterafai!partageaveemonrois.
Il n’apourluisans plus retenuque«Icsnucs.
Descométes, des ventsetdes gréslesmenues, Desnciges,des frimatz,etdes pluyesdel’air, Etjene scay quel bruitentourné d’uncsclair.
Etd'un boulet defeuqu'onappello tonnerre.
Maispoursoindtreprincca retenula terre,ccc.
Dopo
averparlatodell'eloquenza delCardinal di Lorenaclte ilcuorco’suoibeimotti tiraperl’o- recchia e del contestabile diMontmorency
che sirompe
il cervello nell’attendere agli altari del regno, e ira l’altre cose à fuire réponseaux
pacquets qu’on envoieauroij, paragonalaregina aGiunone, edice così:- >
AuUtde Jupileretsans plusaconsceu Qu’unMars,etqu’unVulcan,l’unqui est toutbosseu, Uoiteuxetdehanché.etl’autretout colóre.
Lui veultleplussouventfaireguerre àson pére.
Maisceux quetonépouseaconsceuza foison Detoipourl’ornementdetanoblemaison Sonibeauxdroitsetbiensnézetqui désjeunecnfance Soniaprisàterendreune humbleobéissance.
A
tanto condusse l’accecamento dell’irail tra- duttore ccommentatore
della poeticadi Aristo- tile.La canzone delCaro ètroppo artificiosa c fredda, ela sola criticadelCastelvetrochevalgaDigitizedbyGoogle
prefazioni:
xxxvt
ò l’ultima, cioè che largomentodellacanzone è nulla. Ma, quanto <r lingua, astile, a imagini, elleparagonetralasquisitezza delCaroelabar- barie del
Ronsard?
Al Ronsard veramente nonmancò
lostudio,ma
l’intuitodella lingua, o peggio laguastò parlando,come
fudello,greco e latino infrancese.Al capitoloquartoònotaloquellochelapoesia epica italianadeveallaFrancia,materianota,
ma
ben riassunta.Incomincia da’rapsodi checanta- vanoinItalia legestadiCarlomagno,c che un editto del popolodi Bolognadel1288 escludeva, utcantoresfrancigenartim inplateisad contundimi murari nonpossint;econtinua tino ai predeces- sori delFAriosto, cheful’Omero
di quelciclo.Alciclo
meno
trattatodai nostridella Tavola rotonda tolse 1*Alamanni ilsuo Giron cortese.Le
Crociateebbero illoroimmortale cantore in Torquato, che, secondoilsignor Ralhòry,tolse,come
letradizioni allaanticaFrancia, cosiqual- che colorealla novella. Del pari egli crede che Rinaldo, Armida,ele vaghe che la seguivano, sianoreminiscenzediCondé, dellaprincipessa diDamas,
e dell’escadronvolani de lareine,cose vèdutedalTassonelsuo poco avventurosoviaggio inFrancia. Parla poi di quellochei Francesi devono agl’italiani, nellalirica, nellapastorale, nelladrammatica. Pel burlescomostra Rabelais imitatore in molliluoghidiTeofdo Folengo, o Merlin Coccajo. QuantoallapretesachelaFranciaDigitizedbyGoogle
PREFAZIONE XXXVII Irovasso unaforma piùargutac più lina nella
commedia,
questanon
sipuò menar buona
dachi ha lettola Mandragola.Ilcapitoloquintosiriferisce aU’inlluenzadell’Ita- Hasulla morale pubblicae privala,ed almachia- vellismo.Visi
odono
con unacerta curiosità iclamori controla nostranazione,costrettaadi- fendersi dallecalunniecon un manifesto, ove si mostrava l’onesta industriadei più,e
come
le malearti deipochi fossero più una complicità coiFrancesi che straziavano il proprio paese, chenon
un abuso proprio eforestiero. Eziandio l’originedei convenevoliedelle formedi osse- quiosiapponeva
agl’italiani;quando
lavile adu- lazionspagnuola dessa fuchemise veramentela signoria finoinbordello, egl’Italiani comunica- vanoalpiù un’infezione aliena. Quanto peròalla formula vostra creatura, tanto biasimata, essanon
esprimeva veramenteservitù,ma
unarela- zione,spesso onorevolissima, dell’uomo crealo, allevaloall’armi, agli sludj,ai nobili ullìcj ri- spettoal dotto, al valoroso,al possente educa- toreo patrono.Inquestocapitolo, dovesi paria dell’italiani-
smo,
sonocuriosi esempj delfrancese ilalianalo, che supera tuttoquello chevedemmo
dell’ita- liano infrancesalosullo scorcio del secolodeci- mollavo, eziandioneiprimordj dell’occupazione francese. Bellosiòchel’italianoinvadevaco’suoi terminianchequell’arte,doveiFrancesi preten-DigitizedbyGoogle
XXXVIII PREFAZIONE
devanoprevalere,laguerra. Essi scambiavanoi
lorvecchi termini diguerra c di fortificazioni conquellidegl’Italiani, non perchèfosseromi- gliori,dice ilPasquier,maisparcequelesgens de cepayslà scavent
mieux
débiter leurs denrces que nous autres Francati.È
forza confessare cheleparlisonoben scambiateoggidì!Control’i- talianismosilevòquel dottissimoArrigoStefano co’suoi Dialoguesdu nouveaulangage francatiita- lianizè,enell’ardore dell’attacco nonsicontentò di rimetterein onoreil francese,come
idioma conformeal greco (Traité dela conformiledu
francati avec legrec), edidichiararloeccellente tra glieccellenti (Précellencedelalangue fran- catie,1579),ma
sfatòlanostra lingua ela disse (son parole del Davanzali) c'lungaelanguidac quasi cornacchia d’Esopo vestita delle penne franzesì.»EccoilpassoacuialludeilDavanzali, c che il suo ultimo valente editore, Enrico Dindi, dovea citare: tQue
si j’espéraisestre advouépar ceux dema
nation,jeferois volon- tiersce marchéavec cesmessers d’Italie, qu’ils nous rendissenttousIcsmolsqu’ils ontànous etnous scmblablementeussionsàleurrestituertout ceque nous lenonsd’eux.OrsiIellerestilulion sefaisait,jamais lacorneilled’Ésopene receut un sigrandscorno,que recevraitlalangueita- henne,estantdésemplumée
de nos plumes,de- squelles elle sefait maintcnantsihragarde.Et nefaudraitcraindreque le parcilnousadvint;PREFAZIONE XXXIX carpour chaquo
pipme
nouvellequo nolre lan- guerendrailà l’italienne, elleenirouverait qua- Iredcssiennes,pourveuqu’ellevoulut prendrela palience etla peine de les cherclicr.» Il
sommo
ellenista nonsiricordava ilfondocomune
delledue lingue,e non volevavedere la preva- lente forza che danno ad unalinguai grandi scrittori,non surliancora in Francia. Migliori intendimenti ebbe,ma
impariingegno, quel Le- maire des Belges,maestrodi Clemente Marol,il quale perorò in un libro
La
concorde des deuxlangages.Ma
Arrigo Stefano merita lode, non che perdono:a*suoi insultidobbiamo
ilTa- cito delDavanzali.Veniamo
alla terzafasedell’influenza italiana.« L’invasone oltramontana,
onde vedemmo
gli effettial secolo decimoseslo, dice il Rathéry, rallentati in letteratura da Arrigo Stefano, in politicadalregno diEnrico IV,ripreseun
certo abbrivo al principio del secolo deoimosettimo*La guerradellasuccessionediMantova, 1627-1631, la reggenza di Maria de’Medici, eil ministero diMazzarino,sonoisoli eventistorici cheran-
nodano
la Franciaall’Italiain questo periodo;ma
le relazioni sociali eletterarie non cessano d’esserefrequentitra i due paesi.Per sventura la patria delTasso e di Raffaello era divenuta quelladelMarini e di Pietroda Cortona.Non
poteva più essere specchio ed esempio,e noi l’imitavamo ancora per anticocostume.» Ep*DigitizedbyGoogle
XL
' PREFAZIONEpure ilMarioi,dicuicantò Milton scrivendo al Manso, ch’ebbe la ventura di stringerla
mano
deidue grandi epici,l’italiano el'inglese:
MoxtibidulciloquumnoninsciaMusa Marinum Tradidit,iiletuuindicisegaudetalumnum
Dum
cani!AssyriusDivumprolixosamores Mollisetausonias stupefecltcarmincNymplias;quelMarini,ilcui
minor
poema,La
strage degl’ In- nocenti,tradottoin tedesco da BartolomeoBrokes
(1734)nonfusenz’efficaciarispettoalgranpoema
di Klopstock.
Inquesto capitolo settimoparla ilnostro au- tore del
Menagio
e delCappellano (Chapelain) editore dèli'Adone,inquanto vipremise una pre- fazione, edegli autoridelsecolo di L»igiXIY.
Ilsecolo delgran re,
come
lochiamavanoiFrancesi, eraapparecchialodal passalo, csi di- lungano tanto dal vero quelli che sostengono
non
avere cheraccolto il seminato ccresciuto prima daaltri, quanto coloro chegli attribui- sconotuttalagloriadegli scrittorifioriti nelpe- riodoche dalui si denomina.Ma
ilpassatocome
ilpresentedelsecoloaureodelle lettere francesi è lutto informatodegliesempjitaliani
come
sp'a- gnuoli.Se èvero che per Bacine, per Boileau, per Fcnelonsi ribattezzaspecialmentenell’anti- chità, perCorncille si attienespecialmente alla Spagna, per MolièreallaSpagna
e all’Italia,per La Foniaine all’Italia.La Fontaine leggeva piùDigitizedbyGoogle
PREFAZIONE
XU
i nostriscrittori che quelli dellasua nazione.
Quanto alMenagio, esso
non
ò daspregiare.Egidio Menagio,l’autore delle Amenitàdel di- rittocivile, ancora pregiate, delle originidella lingua italiana,cdiquelle della lingua francese, siastatopure un pedante,sia statopureilYadius diMolière,eraperò un pedante culloe gentile; uno scita,sesi vuole,
ma come
Anacarsi,acui la bella Cleobulina,secondo latradizione di Plu- tarco, faceva vezzi e spartiva i capelli.Il Olia*pelainavràfallo uneallivo
poema,
ed oggi vi trovan delbuono; ma
era un valenteerudito.Orail
Menagio
e ilCappellanofolleggiavano della nostra letteratura,facevan giudice l’accademia della Crusca delleloro conlroversié intorno a quel verso delPetrarca:Forse, o che spero,ilmiolardarleduole;
vinceva ilMenagio, che,senon erro, leggevao ettespero!;
ma ambedue
eran fattiaccademici.Ed
essinon'eran soli. *Quella gentile maestra dellostile epistolare,madama
diSevigné, era, ancoragiovanella,fattagiudicedalMenagio
dellamaggiore
ominor
bellezza dei madrigalidelTasso e delGuarini, o davamodestamente
ilsuogiu- diziosul pensiero in unalettera pubblicata dal Cousin, scusandosi pelresto d’esseretinoeco• lièrequi n'entendait rien àla beautédes versita- liens.La bellissimadamigelladellaYcrniaamava
e leggevaVAminta
, il PastovFido,il Petrarca.DigitizedbyGoogle
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VRIiFAZtONEAllorasistudiava Filaliano,
ma
per gustareimi- gliori nostripoeti,e non per la musica,come
fanno ancora le signoredicerte cittàd’Italia! „E
la stessa prosa,di cuiprima Descartes, poi Pascal eBossuet, diedero sinobili saggi ecapo- lavori,chelaFrancia6considerata il paesedella bellaprosa, nonsiavvantaggiò degli esempjita- liani?Lo
stile breve,reciso nacque tranoi. La- sciamostare cheal periodolatino delBoccaccioavemmo
tosto1’antidoto delMachiavello,latino diformeedi nessi,ma
non digiro; lasciamo starechenellostessosecolodecimosesloavemmo
moltiscrittidi stile recisp, elostesso Galateo delCasa tanto calunnialo,
meno
il primo intri- caloparagrafo, èin quello stile;ma
versolafiuc del secolodecimosesloealprincipio deldecimoset- limo ilmassimo
Galileo, eda lontanoilMascardi, l’Aleandri,ilTassonietantialtri,non sviluppa-rondo
stileitaliano dalsuoinvogliociceroniano?E
poi ilDati, il Redi,gli amici delMenagio
e delCappellano,nonloleserosempre
piùspedilo e disinvolto? Della bella e speditaprosaabbiamo
pure l’iniziativa. Basterebbe quelmirabile Da- vanzali, nelcuiTacilo,come
nelBoccaccio,sono tuttigli stili.Onde,se la frased’Amyot, come
dissePaolo Luigi Courier e provòin parteAu-
gusto di Blignères, ètuttaitaliana,si può dire italiananel secondomodo
quella di Descartes, di Pascal e di queglialtrigloriosi.Come
abbiati!detto,nonò nostro intentono-DigitizedbyGoogle
PREFAZIONE XI.11I tareleinesattezzeileisignor Rathéry, peresempio Giovati MariaSecchi invece di G. M. Cocchi, il
poeta Mastola pel Mortola, riva Svhiavone per riva degli Schiavoni,eco.,
ma
suppliremo unasua ommissione quanto ai più antichi cultori della nostra favella,col registrareilnome
dell’abate Regnier Desmarais,di cui lasciò sìbella testi- monianzailRedinelleannotazionial Ditirambo.« IlsignorabateRegnier Desmarais, granlei- lerciodel nostrosecolo, segretario della nobi- lissima accademia francese, eaccademico della Crusca, scriveprose eversi toscani con tanta proprietà, purità e finezza, chequalsiasi piùocu- latissimo critico non potrà credere ch’egli non sia nato e nutrito nel cuore dellaToscana.
Con
lastessa felicitàscriveancora nella maternasua lingua e nella spagnuolac nella latina cnella greca,e dallagreca hatrasportatomirabilmente nellaToscana tuttele poesied’Anacreonte, senza scostarsipuntodal testo.» L’Italia, dice ilsignor Rathéry,dalsecolo decimolerzo in poici aveva
sempre
precorso. Lasuaprimaetàd’inspirazione edi poesia data dall’epoca,in cui l’ignoranza e labarbarie dominavano ancoradi qua dell’Alpi.Al
tempo
chela nostra lingua siiftolge a fatica dallesue fasce, eil nostro istinto poetico si sveglia, l’Italia ha il suo secolo d’erudizione.Ella rinasce,
quando
noi nasciamo appena.Al secolodccimosesto ellacongiunge il gustoo Pi- spirazione,mentre ilgenio francese vaatentone.DigitizedbyGoogle