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All’inizio degli anni ‘90 il Paese subisce efferati attacchi da parte della criminalità organizzata e si trova in una situazione di insicurezza sociale, per questo con uno sconvolgimento della filosofia della pena che aveva ispirato le precedenti riforme, il legislatore torna a perseguire le finalità di sicurezza e controllo. Si assiste, quindi, a interventi legislativi di irrigidimento delle norme, in particolare con Decreto Legge n°152/91 (poi convertito con la Legge n°203/91) recante “provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell’attività amministrativa”.

Questo Decreto all’art. 4-bis (Divieto di concessione dei benefìci e accertamento della pericolosità sociale dei condannati per taluni delitti) introduce un regime di ri- gore nei confronti di persone che hanno commesso crimini ritenuti di particolare al- larme sociale, ampliando le tipologie di reato considerate preoccupanti. Si assiste

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Tuttavia questa normativa non si è rivelata uno strumento di prevenzione e di recupero della tossi- codipendenza, come dimostrano il dilagare dei fenomeni criminali a essa correlati e l’aumento di que- sta tipologia di detenuti, causata anche dall’eccesso di severità delle pene previste per alcuni tipi di reato.

33 quindi a un inasprimento delle condizioni della pena e all’irrigidimento delle regole per l’assegnazione di permessi premio, lavoro esterno, liberazione condizionale e semilibertà, salvo che i condannati di cui all’articolo 4-bis collaborino con la giusti- zia.

D’altro canto all’epoca cominciava a farsi sempre più pressante il problema del sovraffollamento carcerario e tutti i problemi a esso correlati, come l’insufficienza delle strutture, le condizioni sanitarie precarie, e la crescente conflittualità interna. La Legge Gozzini non aveva contribuito a diminuire il numero di persone detenute, per- ché nella maggior parte dei casi, le persone cui potevano essere concesse misure al- ternative alla detenzione avevano provenienza extracomunitaria e quindi era per loro impossibile accedere a tali misure poiché non potevano garantire un percorso risocia- lizzativo esterno.

Per far fronte al fenomeno del sovraffollamento quindi, è approvata nel 1998, la Legge n°165 (c.d. Simeone-Saraceni) che introduce la sospensione automatica dell’esecuzione da parte del pubblico Ministero e l’obbligo di avvisare il condannato della possibilità di presentare istanza per la concessione della misura. In questo modo il legislatore cerca di ampliare le possibilità di ricorso a misure alternative al carcere, favorendone l’accesso ai condannati fino a 3 anni di reclusione per reati minori. La ratio di questa Legge è di evitare, per quanto possibile, l’esperienza carceraria, di per sé criminogenetica e stigmatizzante, a soggetti senza gravi reati a carico. Sono inoltre ampliati anche i margini di accesso alle misure della detenzione domiciliare e della semilibertà.

Nel 2001, grazie alla Legge n°40 (c.d. Legge Finocchiaro), l’attenzione del legi- slatore si sposta sulle madri detenute con prole, di età non superiore ai dieci anni (ma anche al padre detenuto, se la madre è deceduta o impossibilitata e non si possono af- fidare i figli ad altri che a lui) ed è introdotta la detenzione domiciliare speciale. Ciò viene fatto per ristabilire la relazione della madre (o del padre) con la famiglia e abo- lire la cosiddetta carcerizzazione dell’infante. È prevista inoltre l’assistenza all’esterno dei figli minori, grazie a cui le madri possono essere ammesse alla cura e all’assistenza all’esterno dei figli di età non superiore ai 10 anni, considerando la cu- ra dei figli come un lavoro esterno al carcere.

34 Questa misura, tuttavia, non ha avuto risultati efficaci, poiché la maggior parte delle donne non ha potuto usufruirne perché in attesa di giudizio. Inoltre un’altra dif- ficoltà di accesso è stata riscontrata nella mancanza di un’abitazione stabile, infatti, essendo la maggioranza delle madri detenute straniere o nomadi, non rispettavano i meccanismi di controllo sulla reale convivenza con i figli.

Sempre nel 2001 viene pubblicato un Decreto del Ministero dell’Interno sulle “Modalità di installazione ed uso e descrizione dei tipi e delle caratteristiche dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici destinati al controllo delle persone sottoposte alla misura cautelare degli arresti domiciliari nei casi previsti dall'art. 275-bis del codice di procedura penale e dei condannati nel caso previsto dall'art. 47-ter, c. 4-bis, della Legge 26/7/1975, n. 354”.

Nel 2005 la Legge n°251 (c.d. ex Cirielli) porta a un inasprimento del sistema pe- nale, soprattutto per i recidivi reiterati che subiscono un aumento delle pene e forti limitazioni per l’accesso alle misure alternative e ai benefici penitenziari. Gli effetti di questa Legge eliminano i progressi ottenuti grazie alle leggi Gozzini e Simeone- Saraceni, portando a un aumento dei tassi d’incarcerazione.

Fra le ultime modifiche all’ordinamento penitenziario bisogna aggiungere il De- creto Legislativo n°78/2013, poi convertito nella Legge n°94/2013 che introduce un’importante novità: è previsto che detenuti e internati possano essere assegnati a prestare la propria attività a titolo volontario e gratuito nell’esecuzione di progetti di pubblica utilità in favore della collettività da svolgersi presso lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volonta- riato. La Legge di conversione inserisce anche la possibilità (con la sola eccezione dei condannati per il delitto di associazione di stampo mafioso) di prestare la propria attività, a titolo volontario e gratuito, a sostegno delle famiglie delle vittime dei reati da loro commessi. È inoltre concesso ai recidivi reiterati di accedere alla detenzione domiciliare e alla semilibertà.

A distanza di pochi mesi dalla Legge n° 94 viene emanato un nuovo Decreto Leg- ge, il n°146/2013, poi convertito nella Legge n° 10/2014, soprannominato dalla stampa “svuota-carceri”, poiché creato per far fronte nuovamente all’emergenza so- vraffollamento. Con questo decreto si mira innanzitutto ad ampliare l’operatività del- le misure alternative e dei benefici penitenziari: è introdotta, infatti, la liberazione an-

35 ticipata speciale caratterizzata da una detrazione di 75 giorni ogni sei mesi di pena scontata. Inoltre viene ampliata la platea di utenti che possono accedere alla misura dell’affidamento in prova, ammettendo i condannati con pene residue di 4 anni anzi- ché 3. Questa Legge si pone anche l’obiettivo di rafforzare gli strumenti di tutela dei diritti delle persone detenute istituendo la figura del Garante Nazionale dei diritti del- le persone detenute o private della libertà personale.

Nell’aprile del 2014 viene emanata la Legge n° 67, “delega al governo in materia di pene detentive non carcerarie”. Questa Legge introduce nel nostro ordinamento molteplici novità: innanzi tutto viene dato maggiore spazio alla reclusione domicilia- re o presso altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza o accoglienza. Questo tipo di pena è prevista automaticamente per i reati con pene fino ai 3 anni.

Se invece il periodo di reclusione previsto va dai 3 ai 5 anni, il giudice può deci- dere in base alla gravità del reato e della capacità di delinquere, che tipo di pena ap- plicare. In questa Legge viene inoltre previsto che si possa applicare anche la sanzio- ne del Lavoro di Pubblica Utilità, che consiste in un periodo di almeno dieci giorni di prestazione di attività non retribuita in favore della collettività presso lo Stato, le re- gioni, le province, i comuni o presso enti e organizzazioni di volontariato e assistenza sociale. Questa Legge è innovativa anche perché introduce l’istituto della “sospen- sione del processo penale con messa alla prova” per le persone adulte, questo istituto, infatti, era previsto fino a quel momento solo per i minorenni.

Questa misura, quindi, sospende la fase di processo in seguito all’impegno da par- te dell’imputato, alla “prestazione di condotte volte all'eliminazione delle conseguen- ze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato. Comporta altresì l'affidamento dell'imputato al servizio sociale, per lo svolgimento di un programma che può implicare, tra l'altro, attività di volontariato di rilievo sociale, ovvero l'osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria, alla dimora, alla li- bertà di movimento, al divieto di frequentare determinati locali. La concessione della messa alla prova è inoltre subordinata alla prestazione di lavoro di pubblica utili- tà”.

Sempre nel 2014 entra in vigore un nuovo Decreto Legge, il n° 92 che reca “di- sposizioni urgenti in materia di rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli inter-

36 nati che hanno subito un trattamento in violazione dell'articolo 3 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali". Que- sto Decreto fa fronte all’urgenza di ottemperare a quanto disposto dalla sentenza Tor- reggiani (di cui si parlerà in seguito), la quale ha stabilito che lo Stato italiano debba predisporre un insieme di rimedi idonei a offrire una riparazione adeguata del pre- giudizio derivante dal sovraffollamento carcerario. Con questa Legge viene predi- sposto un meccanismo riparatorio che consiste in uno sconto di pena a favore dei de- tenuti che si trovino in condizioni di detenzione degradanti.