• Non ci sono risultati.

Il raggiungimento di una densità minerale ossea ottimale durante l'infanzia, l'adolescenza e il primo periodo dell’età adulta, è un fattore determinante per la salute dell'osso nel lungo termine, al fine di evitare rischi futuri di osteoporosi e fratture.

I soggetti esposti alle terapie chemio-radioterapiche rappresentano un gruppo di pazienti con una ridotta densità di massa ossea (bone mineral density - BMD) e con un aumentato rischio di osteopenia, la quale può essere causa di osteoporosi e fratture. Questo è il risultato dell’interazione di tre fattori principali: la patologia di base, ad esempio le neoplasie maligne portano ad un aumento della stimolazione degli osteoclasti58; l’impiego di agenti chemioterapici, tra questi il metotrexate, e di glucocorticoidi per il trattamento della patologia; e i deficit ormonali che si sviluppano in seguito alle terapie, come, ad esempio, GHD e insufficienza degli ormoni sessuali.

Anche la radioterapia gioca un ruolo nello sviluppo di questa complicanza; i soggetti trattati con radioterapia cranio-spinale, soprattutto se la dose è >24 Gy, sono suscettibili a riduzione della densità ossea58.

L'eziologia riguardo alla perdita di densità ossea è, però, multi-fattoriale e, oltre alla valutazione dei trattamenti cui sono esposti i soggetti, deve essere considerato il contesto demografico dei pazienti (età, sesso, etnia), con lo stile di vita e con lo stato nutrizionale. La ridotta mineralizzazione ossea può essere correlata con alterazioni dell’omeostasi o insufficiente introito di calcio e vitamina D; così come la vita sedentaria e la mancanza di attività fisica del bambino possono contribuire nel danno osseo. Il peso e la composizione corporea del bambino sembrano influire sul BDM che risulta maggiore nei bambini sottoposti a TCSE con un peso corporeo adeguato o sovrappeso e un indice di massa grassa elevato. Questi dati sembrano essere correlati con una maggiore sollecitazione meccanica sull’osso dato dal peso e dagli aumentati livelli di leptina che stimolano gli condrociti123.

Anche la predisposizione genetica, come ad esempio il polimorfismo CRHR1, può aumentare il rischio di bassa densità ossea specialmente in seguito all’esposizione di glucocorticoidi o metotrexate124.

In uno studio fatto su bambini trattati per LLA è stato visto che le fratture si verificano in più del 39% dei bambini trattati per la neoplasia125.

93

La probabilità più alta nel rischio di frattura si ha durante il periodo di terapia rispetto al periodo follow up a termine delle terapie, durante il quale è registrato un continuo recupero della densità ossea126.

Sebbene la ridotta densità ossea tenta a migliore alla fine delle terapie, nei bambini rimane comunque, per molto tempo, un elevato rischio di osteopenia58.

È stato osservato che, tra i bambini affetti da LLA in età pediatrica, coloro che venivano trattati con il trapianto di cellule staminali avevano un più alto rischio di sviluppare una bassa densità ossea rispetto a coloro che erano trattati con la sola chemioterapia127.

Nei bambini sottoposti anche a TCSE, è molto probabile che si sviluppi, come complicanza a lungo termine, una riduzione della densità ossea. Tra le cause rientrano sia dall’uso di steroidi e di metotrexate durante e in seguito al trapianto, sia dalle carenze ormonali, quali ormoni sessuali e ormone della crescita, che interferiscono con la mineralizzazione ossea del bambino. Inoltre risulta importante il contributo dato della terapia con glucocorticoidi per GVHD nella riduzione della densità ossea.

In questi pazienti la riduzione della densità di massa ossea è stata correlata a due ulteriori fattori: la TBI, che può indurre un danno diretto alle cellule osteoprogenitrici del midollo osseo, e la alcune citochine infiammatorie rilasciate in seguito al trapianto sembra possano contribuire alla perdita ossea attraverso lo stimolo degli osteoclasti e il riassorbimento osseo69.

Il TCSE in età pediatrica è dunque un fattore importante che incide pesantemente sulla salute ossea, la quale può valutata attraverso dei markers quali il BMD, il BMC (bone mineral

content) e il 25OHD (25-hydroxyvitamin D). È stato recentemente osservato un significativo

cambiamento in questi markers in seguito al trapianto con una marcata riduzione dei parametri tali da suggerire una perdita di massa ossea e un deficit di vitamina D128. I risultati sono mostrati in Figura 8.

94

Figura 8 Modificazioni nel tempo degli indicatori di mineralizzazione ossea (BMD e BMC) e dei livelli sierici

di 25OHD vitamina D nei bambini trattati con TCSE in età pediatrica128.

La riduzione dei markers persiste anche dopo 100 giorni dal trapianto ma è più marcata sicuramente nel periodo che immediatamente segue il trapianto; ciò può indicare un particolare coinvolgimento dei regimi di condizionamento al trapianto nella significativa perdita di massa ossea che segue il trapianto128.

La riduzione della BDM riflette anche il tipo di regime di condizionamento al trapianto e sarà più marcata in coloro che ricevono un regime di condizionamento mieloablativo (TBI+CY o Bu+CY)102.

I pazienti che hanno ricevuto il trapianto in età più giovane hanno un più alto rischio di riduzione della densità minerale ossea, suggerendo che il trapianto durante l'infanzia interrompe un periodo critico di maturazione dell’osso con un effetto duraturo al di là del periodo di trattamento129.

95

Oltre all’età, nella perdita di massa ossea influiscono anche il sesso femminile, lo stadio pre- puberale al momento del trapianto e il deficit di GH128.

I soggetti che hanno un alto rischio di sviluppare osteoporosi dovrebbero sottoporsi

periodicamente a uno studio della densità della massa ossea attraverso la DEXA (dual energy

X-ray absorptiometry). Questo è l’esame più ampiamente utilizzato nella misurazione della

BMD e i risultati dovrebbero essere interpretati in base all’età, allo stadio puberale e all’altezza, valutando specificatamente lo z-score per l’età pediatrica88.

Alcune misure preventive possono essere consigliate a questi bambini per migliorare la salute delle ossa. Per tutti gli individui con livelli di BMD bassi o borderline, sono importanti l’adeguato introito di calcio, l’eliminazione del fumo e l’esercizio fisico. È importante incoraggiare il bambino ad un’attività fisica regolare e al mantenimento di un adeguato peso e BMI. Anche le terapie sostitutive ormonali possono risultare utili nell’aumentare la densità ossea.

Terapia con bifosfonati potrebbero avere un ruolo nelle situazioni più gravi oppure in quelle sintomatiche. È stato dimostrato un miglioramento della densità minerale ossea nei bambini sottoposti a TCSE utilizzando una terapia con bifosfonati, la quale risulta anche ben tollerata130. Tuttavia, sono state espresse preoccupazioni in quanto la terapia prolungata con bifosfonati131 e l'esito di una terapia prolungata con bifosfonati nei sopravvissuti al TCSE è attualmente sconosciuto; saranno necessari ulteriori studi affinché questa terapia possa essere raccomandata.

SOVRAPPESO, OBESITÀ e DISORDINI DELL’ OMEOSTASI GLUCIDICA

In seguito alle terapie, i soggetti molto spesso risultano sovrappeso o obesi. I fattori di rischio per lo sviluppo di questo tipo di complicanze includono il sesso femminile, l’irradiazione craniale (>20 Gy), l’età al momento delle terapie (<3 anni) e l’esposizione a desametasone. Gli effetti deleteri sulla composizione del corpo causato dall’uso dei glucocorticoidi possono essere temporanei.

In recenti studi è stata dimostrata l’associane tra il sesso femminile, le terapie in giovane età e la radioterapie craniale con un rapido incremento del BMI in pazienti trattati per cancro nell’età infantile132.

La tossicità indotta dalle terapie incide, dunque, nel BMI, che risulta spesso aumentato nel bambino esposto alle terapie in età pediatrica; tuttavia è importante sottolineare il ruolo della genetica e i fattori ambientali e comportamentali che interagiscono con gli effetti delle terapie nell’incremento del BMI.

96

Un altro meccanismo implicato nello sviluppo di un particolare tipo di obesità (detta “obesità centrale”) è un danno esteso dell’area ipotalamica che può alterare il centro della sazietà e indurre iperfagia. L’incremento del tono parasimpatico e lo stato di iperinsulinemia sono stati ipotizzati alla base di questo fenomeno nei pazienti con danno ipotalamico importante133,134. I pazienti trattati con TBI, radioterapia addominale e agenti alchilanti hanno un rischio aumentato nello sviluppare il diabete mellito se comparati con i fratelli135.

Sono stati infatti evidenziati disordini nell’omeostasi glucidica soprattutto nei pazienti trattati con TBI nei regimi di condizionamento prima del trapianto di cellule staminali. Non è chiaro il meccanismo con cui la TBI possa favorire l’insorgere di questa complicanza, ma sembra che possa fortemente influire sulla resistenza insulinica nei tessuti88.

SINDROME METABOLICA

La sindrome metabolica è caratterizzata dall’associazione di ipertensione arteriosa, dislipidemia con incremento del valore dei trigliceridi e bassi livelli di HDL-colesterolo, diabete di tipo II, conclamato o in fase preclinica, e obesità centrale con aumento della circonferenza addominale. Tale sindrome è associata a stati proinfiammatori e protrombotici che possono portare a dislipidemia aterogena.

È ampiamente riportato che i soggetti sottoposti a radioterapia cranica, addominale o TBI, a trattamento prolungato con steroidi hanno un maggiore rischio di sviluppare la sindrome metabolica e l’intolleranza glucidica3.

I pazienti che hanno ricevuto un TCSE hanno un elevato rischio di sviluppare una sindrome metabolica probabilmente per un interferenza con la resistenza insulinica e pertanto con una modificazione dell’assorbimento dei glucidi. I disordini nell’omeostasi glucidica risultano evidenti soprattutto nei pazienti esposti alla TBI nel condizionamento pre-trapianto anche se non è chiaro il meccanismo con cui la TBI possa alterare la sensibilità insulinica88.

È importante fare una diagnosi precoce di un’alterazione della situazione metabolica al fine di instaurare precocemente un trattamento farmacologico al fine di ridurre le complicanze vascolari (aterosclerosi) che sommandosi al rischio relativo all’età adulta aumenterebbero il rischio di eventi vascolari acuti (infarto, ictus) in questi pazienti.

È necessaria una un'attenta valutazione dei pazienti dopo TCSE, nonostante essi siano asintomatici o senza caratteristiche cliniche evidenti.

Nella popolazione generale l’obesità è una delle caratteristiche fondamentali negli individui con sindrome metabolica; i pazienti sottoposti a TCSE posso spesso apparire con un BMI normale ma, nonostante ciò, possono presentare un disordine metabolico69.

97

L'ipertensione è comune tra i sopravvissuti dopo TCSE nell’infanzia; è stata osservata una probabilità 2,06 volte più alta di sviluppare ipertensione in coloro che sono stati sottoposti al trapianto rispetto ai fratelli136.

Tra i fattori di rischio riscontrati per lo sviluppo di ipertensione in questo gruppo di pazienti possono essere elencati la TBI, i corticosteroidi e la ciclosporina per GVHD, l’obesità, il diabete e deficit dell'ormone della crescita137,138.

È comune trovare nei pazienti sottoposti a trapianto in età pediatrica anche un’alterazione del profilo lipidico. Vi è un alta prevalenza di dislipidemia con il 13-39% dei pazienti affetti da ipertrigliceridemia e il 26-47% dei pazienti con ridotti livelli di HDL. Anomalie nel metabolismo dei grassi anormale associate a disfunzione degli adipociti e alterazione della distribuzione del grasso corporeo secondaria agli effetti della TBI si pensa possono avere un ruolo nel quadro di dislipidemia dei pazienti dopo TCSE69.

Alcuni dati suggeriscono che la dislipidemia può essere direttamente causata da deficit dell'ormone della crescita. A conferma di ciò, i dati dimostrano che la supplementazione precoce con GH migliora il profilo lipidico e conseguentemente diminuisce il rischio cardiovascolare negli adolescenti e negli adulti con tale deficit ormonale139-141. Pertanto, può essere importante lo screening per la ridotta secrezione del GH dei bambini che sottoposti a TCSE, e tra questi particolare attenzione deve essere data a coloro esposti alla TBI in preparazione al trapianto, nell’intento non solo di prevenire le anomalie staturali, ma anche le complicanze cardiovascolari.

Tra i fattori che concorrono alla sindrome metabolica rientrano anche la maggiore resistenza all'insulina, descritta in fino a 52% dei sopravvissuti al TCSE142, e le alterazioni nella tolleranza al glucosio nonostante la fisiopatologia di tali eventi in seguito al trapianto non sia stata chiarita.

Non ci sono linee guida attuali per lo screening e il trattamento delle anomalie cardio- metaboliche nei pazienti sottoposti a TCSE nell’età pediatrica; riguardi questi aspetti, saranno importanti ulteriori ricerche al fine di migliorare i risultati a lungo termine di questi sopravvissuti.

98

5- L’ESPERIENZA DEL CENTRO