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Il condizionamento è un regime terapeutico preparativo, detto anche ablativo5, cui è sottoposto il ricevente di un trapianto di cellule staminali ematopoietiche, sia esso autologo che allogenico, indispensabile per il successo del trapianto. Consiste in un trattamento intensivo chemio-radioterapico, il quale prevede l’associazione di farmaci chemioterapici o l’impiego di regimi di condizionamento che comprendono sia la chemioterapia che trattamenti radianti.

Si caratterizza per impiego di dosi “sovramassimali” in grado di causare un danno irreversibile a carico dei componenti emopoietici midollari tale da non consentire un recupero ematologico spontaneo. Ciò è giustificato in vista di quelli che sono gli obiettivi del regime di condizionamento: eradicare la malattia di base da cui è affetto il ricevente e immunosopprimere il paziente. In tale modo, la metodica pre-trapianto favorisce l’homing e l’attecchimento stabile delle cellule staminali ematopoietiche trapiantate e previene e/o sopprime l’attività del sistema immune del ricevente per evitare il rigetto e la GVHD nel caso del TCSE allogenico.

I regimi di condizionamento al trapianto hanno subito numerose modifiche nel tempo. Schematicamente, le tipologie di condizionamento possono essere distinte in:

• condizionamento mieloablativo a alte dosi che include una combinazione di agenti citotossici (agenti alchilanti) associato o meno a terapia radiante “total body” (TBI) ad elevato dosaggio;

• condizionamento a intensità ridotta che comprende una combinazione di agenti immunosoppressivi associati o meno alla terapia radiante linfoide e/o all’uso di anticorpi per T-deplezione.

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2.1

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PROGRESSI E CAMBIAMENTI NEL REGIME DI

CONDIZIONAMENTO

Inizialmente, i regimi di condizionamento al trapianto erano per definizione mieloablativi, con o senza irradiazione corporea totale, nonché dotati di capacità immunosoppressiva. Si riteneva infatti che il condizionamento pre-trapianto dovesse avere il triplice scopo di eradicare la malattia di base, creare spazio alle cellule staminali del donatore in sostituzione di quelle del ricevente e sopprimere il sistema immunitario del ricevente per evitare fenomeni di rigetto del trapianto, così da favorirne l’attecchimento. In questa prospettiva, è stato fatto largo uso di schemi di preparazione al trapianto basati sull’impiego di irradiazione corporea totale (Total Body Irradiation – T.B.I) in combinazione con farmaci chemioterapici.

Tuttavia, nel corso degli anni, è emerso come la terapia mieloablativa sia in realtà gravata da un’elevata tossicità extraematologica, che si estrinseca in una significativa mortalità legata alla procedura36; successivamente anche i primi due obiettivi sono stati riconsiderati.

Innanzitutto è stato visto che la “creazione di spazio midollare” non deve necessariamente essere considerata un obiettivo primario del condizionamento precedente al trapianto, in quanto sono probabilmente le stesse cellule staminali infuse che si creano il proprio spazio. È stato poi fondamentale capire che l’eradicazione della malattia di base non è esclusivamente dovuta alla mieloablazione; il ruolo maggiore è invece giocato dalle cellule allogeniche del donatore in grado di mediare gli effetti immunologici sia contro i tessuti sani (GvHD) che contro le cellule neoplastiche (GvT). Il fatto che l’attività antitumorale del trapianto risulti legata principalmente alla reazione immunologica “adottiva” delle cellule immunocompetenti del donatore contro le cellule neoplastiche del ricevente è stato ampiamente dimostrato in letteratura. È stato visto che l’incidenza di ricaduta è maggiore dopo un trapianto autologo o allogenico T-depleto, mentre è minore dopo un trapianto allogenico che sviluppa GvHD. Un’altra dimostrazione del fenomeno GvT è data dal potere della DLI (Donor Lymphocyte

Infusion) di indurre remissione dopo ricaduta post-trapianto. A partire da questo la ricerca ha

cercato di ottenere l’attecchimento delle cellule staminali del donatore e la guarigione tramite l’effetto GvT senza utilizzare le alte dosi di chemio-radioterapia mieloablative (art.condizion). Rispetto ai regimi mieloablativi sono quindi stati sviluppati schemi di condizionamento a dosi inferiori, i cosiddetti Reduced Intensity Conditioning (RIC).

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Inizialmente tali regimi di condizionamento ad intensità ridotta/non mieloablativi venivano utilizzati nei pazienti con controindicazioni al condizionamento mieloablativo; nel tempo, però, si sono poi dimostrati efficaci anche nella cura delle patologie cui vi è l’indicazione al trapianto.

I primi studi volti in tale direzione hanno studiato le dosi di irradiazioni della TBI, evidenziando che dosi di 2 Gy risultino subletali e non mieloablative ma che da sole non permettano l’attecchimento delle cellule staminali infuse. L’attecchimento è invece ottenuto associando un’immunosoppressione post-trapianto, in particolare con ciclosporina e micofenolato. Tale concetto è stato dimostrato con la pubblicazione nel 2001 di McSweeney P. e coll.37, nella quale venivano descritti i primi 45 casi così trattati. Questo tipo di condizionamento ha permesso di dimostrare come anche con una mielosoppressione modesta (neutropenia severa assente o molto breve) si possa ottenere un chimerismo, inizialmente misto, che poi si converte spontaneamente a chimerismo completo, spesso senza la necessità di dover ricorrere a DLI.36. Di contro, però lo schema proposto portava ad un aumento nell’incidenza di graft rejection (20%) e per prevenirla si è dovuto aumentare l’immunosoppressione T del ricevente con l’aggiunta della fludarabina alla TBI 2 Gy.

È stata l’introduzione della fludarabina che ha cambiato radicalmente il regine di condizionamento, consentendo l’utilizzo degli schemi di condizionamento a dosi inferiori a quelle mieloablative36. Tale farmaco ha attività modestamente mielotossica e principalmente immunosoppressiva sulle cellule T, permettendo così di migliorare l’attecchimento; inoltre potenzia l’effetto antitumorale degli alchilanti perché inibisce i meccanismi di riparazione del DNA.

Nei vari schemi terapeutici proposti nel tempo sono state utilizzate varie combinazioni di farmaci e posologie diverse. La fludarabina è stata variamente associata a idarubicina-AraC, melfalan, busulfano, ciclofosfamide, thiotepa e ciclofosfamide, con o senza ATG, ciclosporina, methotrexate, rituximab o irradiazione timica. Vi sono anche altri schemi senza fludarabina come, ad esempio, quelli che impiegano thiotepa e ciclofosfamide.

Per quanto riguarda i dosaggi, la fludarabina va da 90 a 240 mg/m2, il busulfano da 3.2 a 12 mg/kg, il melfalan da 70 a 180 mg/m2 e la TBI può variare da 2 a 8 Gy36.

Questo tipo di condizionamento è stato definito non mieloablativo ed il principio su cui si basano questi schemi condizionamenti è quello di sfruttare principalmente l’immunosoppressione pre e post-trapianto per prevenire la HvG, per permettere l’attecchimento e per preparare così il terreno per lo sviluppo dell’effetto GvT (spontaneo o indotto da successiva DLI) che ha il vero compito di eradicare la malattia.

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Sono così sorti innumerevoli schemi tutti denominati RIC, ma molto diversi nella loro composizione e nel loro effetto mielosoppressore. Alcuni sono basati sul concetto primario dell’immunosoppressione e dell’effetto GVT; altri hanno solo ridotto empiricamente le dosi di chemio/radioterapia rispetto allo standard, mantenendo per il resto il protocollo simile a quello convenzionale. All’interno dell’onnicomprensiva definizione di “intensità ridotta” sono finiti quindi numerosi regimi che vanno da basse dosi di TBI (2 Gy) associate a terapia immunosoppressiva a regimi polichemioterapici con dosi molto vicine a quelle del condizionamento mieloablativo.

Nonostante migliaia di casi descritti, non è sempre facile definire l’intensità “clinica” di un condizionamento. La distinzione tra RIC e i regimi non mieloablativi è clinicamente significativa ma difficilmente attuabile e tuttora non esistono definizioni univoche di condizionamento ad intensità ridotta36.

Un tentativo di classificare i condizionamenti è stato fatto da Kassim e coll.38 che li ha distinti in:

- MAST (Myeloablative Stem Cell Transplant), in cui sono raggruppati schemi con un decorso prevedibile e con un chimerismo, quasi sempre completo in tutte le linee emopoietiche, raggiunto rapidamente, entro 1 mese.

Esempi di tali schemi sono: Cy+TBI (12 Gy); Bu+Cy; Cy+TBI (5.5 Gy).

- RIST (Reduced-Intensity Stem Cell Transplant), i quali sono molto variabili per quanto riguarda l’intensità della mieloablazione, l’immunoablazione, l’effetto antineoplastico diretto, la tossicità, il raggiungimento del chimerismo completo e la tossicità extraematologica. Questi sono a loro volta suddivisi in:

- MIST (Minimal-Intensity Stem Cell Transplant), i quali sono veri regimi non mieloablativi e permettono il recupero autologo; il chimerismo è raggiunto lentamente, dapprima per la linea linfoide T e poi per la linea mieloide , in circa 3 mesi.

Esempi sono: TBI (2 Gy); Flu+TBI (2 Gy); Flu+Cy.

- MOST (Moderate-Intensity Stem Cell Transplant), con i quali il raggiungimento del chimerismo è più rapido per la linea mieloide e più lento, 2-3 mesi, per la linea linfoide T. Alcuni esempi sono: Flu+Bu; Flu+Mel; Flu+Bu+ ATG; Flu+Mel+Alemtuzumab.

Il CIBMTR suggerisce alcuni criteri, basati sulla durata della citopenia e sulla necessità di un rescue con cellule staminali, che permettono di suddividere i regimi di condizionamento in 3 categorie:

- Conventional Intensity Conditioning (CIC) o Myeloablative (MAC), consistono in quei regimi che causano una prolungata citopenia e richiedono rescue con cellule staminali; se dati

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senza rescue di cellule staminali causano infatti una pancitopenia irreversibile e sono quindi letali. L’intensità della mielo-immunoablazione è alta e vicina alle dosi massime tollerate. - Minimally Intensive Conditioning (MIC) o Non myeloablative Stem cell Transplant (NST), sono i regimi che non causano citopenia e non richiedono supporto di cellule staminali per il recupero ematologico. L’intensità della mielo-immunoablazione è minima.

- Reduced Intensity Conditioning (RIC), rappresentano tutti i regimi che non possono rientrare nelle due definizioni precedenti. Molti di questi regimi richiedono un supporto di cellule staminali per essere clinicamente applicabili; in mancanza di tale supporto il recupero ematologico si avrebbe solo dopo molte settimane.

Un altro tentativo di definizione dei condizionamenti proposto dall’EBMT prevede due categorie: il condizionamento standard ed il condizionamento ad intensità ridotta (RIC), quest’ultimo definito come qualsiasi condizionamento con dosi ≤50% rispetto alle dose impiegate nel condizionamento standard.

I condizionamenti sono poi elencati in base alla patologia. Questo tipo di classificazione ha il vantaggio della semplicità ma ha il limite della parzialità, sia perché non sono presenti alcuni condizionamenti di uso comune, sia perché mette all’interno di un’unica categoria definita RIC condizionamenti discretamente mieloablativi e condizionamenti veri non mieloablativi36. Si è dunque assistito a un cambiamento nella concezione del trapianto di cellule staminali ematopoietiche fondato sulla consapevolezza che al successo del TCSE allogenico contribuisca maggiormente l’effetto immunologico del trapianto (graft versus tumor) rispetto alla terapia pre-trapianto, e sull’evidenza della possibilità di utilizzare regimi di condizionamento a intensità ridotta. Ad oggi, nell’approccio trapiantologico è evidente l’impiego di terapie maggiormente improntate a mediare un’azione efficacemente immunosoppressiva, anche grazie alla disponibilità di nuovi farmaci efficacemente immunosoppressivi, come la fludarabina, e all’impiego di alte dosi di cellule staminali emopoietiche attraverso cui ottenere un attecchimento emopoietico stabile.

Sulla base di ciò, negli ultimi decenni l’impiego dei RIC è cresciuto in modo esponenziale: nel 1998 sono stati utilizzati dall’1% dei Centri mentre, nel 2006, dal 34% di essi36.

I dati forniti dal CIBMTR (Figura 4) rilevano che il numero complessivo di trapianti che utilizzano regimi di condizionamento ad intensità ridotta è in costante aumento tra il 2003 e il 2012. Nel 2013, il 40% dei trapianti allogenici è stato effettuato con regimi di condizionamento ad intensità ridotta.

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Figura 4 – Numero di trapianti effettuati con regime di condizionamento mieloablativi e di intensità ridotta nel

periodo 2003-2013. Da Pasquini MC,Zhu X. Current uses and outcomes of hematopoietic stem cell

transplantation: CIBMTR Summary Slide, 2015. (Available at: http://www.cibmtr.org)

Di contro, la radioterapia convenzionale (990-1200 cGy) è sempre meno frequentemente impiegata, con l’eccezione della leucemia linfatica acuta (LLA) in cui l’impiego della TBI offre un vantaggio, ormai consolidato, in termini di out come finale39.

A differenza dei bambini affetti da LLA, per i quali è indubbio l’impiego dei regimi mieloablativi, risulta diverso il trattamento dei bambini con leucemia mieloide acuta (LMA) sottoposti al trapianto allogenico.

Più dell’80% dei bambini affetti da leucemia mieloide acuta raggiunge la remissione completa con una terapia di induzione basata sulla combinazione di farmaci chemioterapici attivi sui blasti mieloidi; tuttavia, è il trattamento post-remissione a giocare il ruolo più importante nell’outcome finale di questi pazienti. È stato dimostrato che, nei bambini affetti da LAM ad alto rischio (ovvero, non connotata da citogenetica favorevole), il trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche, seppur gravato da un rischio di maggiori complicanze terapia- correlate, offre risultati migliori in termini di sopravvivenza libera da malattia rispetto alle altre forme di trattamento post-remissionale.

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Da molti anni il gruppo cooperatore pediatrico AIEOP-TMO impiega, come regime di condizionamento al TCSE allogenico per questi bambini, un regime meiloablativo basato sull’uso combinato di tre agenti alchilanti quali busulfano, ciclofosfamide e melfalan.

Infatti, in alternativa ai regimi di condizionamento radio-chemioterapici, sono stati sviluppati schemi che impiegano il busulfano in associazione con gli stessi agenti chemioterapici usati in associazione con TBI. Il razionale del suo utilizzo è stato dimostrato in molti studi: rispetto alla TBI, il busulfano è gravato da minori effetti collaterali, soprattutto per quanto riguarda la tossicità neurologica40 e il ritardo nella crescita staturale, il quale può essere attribuita a una ridotta produzione dell’ormone somatotropo a seguito della terapia radiante.

Tale regime di condizionamento si è rivelato essere una modalità di trattamento post- remissionale caratterizzata da un buon profilo di tolleranza farmacologica, da un’accettabile tossicità e da un buon effetto antileucemico, così da poter garantire elevate probabilità di cura per i pazienti pediatrici affetti da LAM in prima remissione completa di malattia41.

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