• Non ci sono risultati.

Si definiscono complicanze precoci quelle che intervengono nei primi 100 giorni post- trapianto; vengono definite tardive quelle complicanze che si manifestano successivamente e possono essere direttamente correlate al trapianto (effetti da GVHD cronica o immunodeficienza) oppure sono dovute all’intensità del regime di condizionamento, anche se molte volte hanno una patogenesi multifattoriale.

COMPLICANZE PRECOCI

Tra le complicanze precoci al TCSE sono comprese la GvHD cronica e il rigetto; possono insorgere precocemente anche alcune tossicità d’organo e frequentemente i pazienti possono essere colpiti da quadri infettivi anche gravi.

Le infezioni, dovute al deficit immunologico che i farmaci e il trapianto stesso inducono, rappresentano una delle complicanze più temibili dopo il trapianto. La neutropenia e il danno alla barriera mucosa indotto dalla radio-chemioterapia di condizionamento rappresentano i fattori di rischio che predispongono il paziente alle infezioni. La durata della neutropenia è variabile, mediamente perdura per 2-3 settimane, e può essere influenzata dal trapianto, dal numero di cellule infuse, dalla profilassi della GVHD, dall’uso di citochine. Il danno alle mucose si estende non solo al cavo orale ma anche a livello gastrointestinale; solitamente è dovuto dal tipo di regime di condizionamento impiegato; alcuni farmaci come, ad esempio, il busulfano, l’etoposide, il melfalan, la citarabina, e la TBI si associano a un danno maggiore e l’impiego del metotrexate per la profilassi della GVHD peggiora il danno alle mucose.

Altri fattori di rischio per le complicanze infettive possono essere rappresentati dall’impiego del CVC, dalla nutrizione parenterale e dalle alterazioni dell’integrità della cute dovute ai ripetuti prelievi del sangue, agli aspirati midollari e alle biopsie ossee e cutanee. Un ulteriore contributo nello sviluppo di complicanze infettive è dato dal periodo di profonda immunosoppressione cui il paziente va incontro, la cui durata e gravità dipendono dal tipo di trapianto, dal grado di incompatibilità donatore-ricevente, dalla T deplezione, dal tipo e dalla durata della profilassi per la GVHD, dalla presenza di infezione da CMV e di GVHD. Il tempo favorisce il normale recupero dell’immunità cellulare e umorale, che risulta più rapido dopo un trapianto da donatore familiare compatibile rispetto alle altre condizioni

26

trapiantologiche. Tuttavia, in presenza di GVHD cronica lo stato immunodepressivo del soggetto può persistere per mesi o per anni.

Dal punto di vista eziologico, si possono distinguere varie fasi infettive post-trapianto correlate ai fattori di rischio e ai periodi di rischio. Entro le prime tre settimane dal trapianto, dove il rischio maggiore di sviluppare un infezione è dovuto ala neutropenia associato al danno mucosale, sono frequenti le infezioni batteriche e fungine. Le infezioni da virus erpetico si sviluppano solitamente entro il primo mese, in seguito alla riattivazione del virus latente; entro i primi tre mesi si osserva il maggior numero di infezioni da CMV. Le infezioni da Aspergillo, toxoplasma e P. carinii si osservano nei primi 6 mesi da trapianto o anche più tardivamente se insorge GVHD cronica e persiste il trattamento immunosoppressivo.

Più rare risultano essere le infezioni da adenovirus, rotavirus e da EBV.

Importante è il periodo che fa seguito al terzo mese dopo il trapianto, quando si possono osservare soprattutto infezioni respiratorie da Haemophilus influenzae, Streptococcus pneumoniae e germi capsulati; in questa fase tardiva, le infezioni batteriche, virali o fungine possono insorgere ex novo o per riattivazione di infezioni pregresse. A partire dal sesto mese, sono frequenti anche le infezione causate dal virus della Varicella zoster.

Se le infezioni batteriche sono controllabili, nella maggior parte dei casi, con un’opportuna terapia antibiotica; le infezioni micotiche, in particolare l’aspergillosi, e quelle virali, in particolari le infezioni da riattivazione del CMVe del EBV, possono aprire la strada a pericolose situazioni cliniche per il paziente.

Le complicanze epatiche e intestinali costituiscono una causa considerevole di morbilità post- trapianto. L’incidenza delle complicanze gastrointestinali precoci post-trapianto è rimasta per lo più invariata, nonostante ne sia invece cambiata l’origine. Negli anni ’70 le cause principali di queste complicanze erano la GVHD epatica e intestinale e le infezioni erpetiche; successivamente ci sono stati notevoli miglioramenti nella profilassi anti-GVHD e negli agenti antivirali, per cui le cause principali di complicanze a livello gastrointestinale sono legate all’impiego dei regimi di condizionamento.

Gli effetti tossici legati al regime di condizionamento durante il periodo precoce post- trapianto sono rappresentati da nausea, vomito e anoressia; essi sembrano dovuti soprattutto all’effetto della chemioterapia sui centri del vomito, agli elevati livelli di citochine, alla presenza di mucosite e alla GVHD acuta. Altri fattori che possono contribuire all’insorgenza

27

di queste complicanze precoci sono l’impiego degli antibiotici, della nutrizione parenterale (lipidi e alti livelli di glucosio o aminoacidi) e le infezioni virali.

Il regime di condizionamento, la GVHD, gli agenti infettivi, i farmaci impiegati nella profilassi della GVHD, possono favorire l’insorgenza di altre due complicanze precoci quali la mucosite e la diarrea.

Il regime di condizionamento pre-trapianto è inoltre responsabile della malattia veno- occlusiva epatica (VOD), una grave complicanza a carico del fegato che si caratterizza clinicamente per una sindrome che comprende iperbilirubinemia, epatomegalia, sintomatologia dolorosa e ritenzione idrica. La patogenesi della VOD è dovuta a un’obliterazione fibrotica delle venule epatiche terminali e delle vene sublobulari, alla dilatazione e alla fibrosi dei sinusoidi centro lobulari, alla necrosi degli epatociti. La sindrome si può manifestare precocemente ma più frequentemente i segni di laboratorio si manifestano tra il 6° e 7° giorno post-trapianto con picco nei successivi 10 giorni, dopodiché i valori tendono a normalizzarsi5. La mortalità per VOD in base alle diverse casistiche varia dal 3 al 67% e la mortalità entro i primi 100 giorni dipende dalla gravità della sindrome5.

La polmonite da CMV è una delle più temibili complicanze polmonari che si possono sviluppare precocemente, in genere, tra i 70 e i 100 giorni

Si caratterizza per un quadro di compromissione interstiziale evidente a livello radiologico con concomitante dimostrazione della presenza del virus nel liquido del bronco lavaggio; clinicamente il paziente presente febbre, tosse, tachipnea e occasionalmente dolore toracico. Attualmente, grazie all’introduzione di trattamenti preventivi, sia l’insorgenza che la mortalità della polmonite da CMV sono notevolmente ridotte; il trattamento di elezione in caso di sviluppo di tale complicanza è l’impiego del gancyclovir in associazione alle immunoglobuline. Il CMV è il principale responsabile di polmonite interstiziale dopo il trapianto, ma non è l’unico. Tuttavia, solo in un numero limitato di casi è possibile identificare l’agente patogeno causa del quadro polmonare; in tutti gli altri casi si parla la polmonite viene definita idiopatica.

I principali fattori di rischio per la polmonite idiopatica sono il regime di condizionamento, l’età del paziente, l’impiego della TBI, l’uso del metotrexate nella profilassi della GVHD e la GVHD. Nella polmonite idiopatica, i test di funzionalità polmonare evidenziano riduzione dei volumi polmonari e ipossiemia e risulta particolarmente elevata è la mortalità soprattutto per i pazienti che richiedono intubazione meccanica.

28

La cistite emorragica rappresenta una grave complicanza precoce post-trapianto. Si manifesta dopo circa 20 giorni dal trapianto e ha una incidenza di circa il 15-25% 5.

I fattori di rischio correlati all’insorgenza della cistite emorragica includono la presenza a livello urinario di papovavirus (BK virus) e adenovirus e l’impiego della ciclofosfamide nel regime di condizionamento pre-trapianto 5.

Nel tentativo di prevenire tale complicanza, al momento del regime di condizionamento pre- trapianto viene impiegata una profilassi per la cistite emorragica che si avvale di regimi di iperdiuresi o di lavaggio vescicale continuo associato o meno al MESNA.

COMPLICANZE TARDIVE

La tossicità tardiva comprende la GVHD cronica che può colpire qualsiasi organo, tessuto o sistema. Le manifestazioni più comuni di tale tossicità sono alterazioni cutanee, quali depigmentazione, assottigliamento, sclerosi e lesioni mucose lichenoidi. Possono insorgere anche disturbi a carico della funzione epatica con sclerosi di vario grado nel contesto del parenchima epatico e del sistema biliare, e vi può essere un aumento di suscettibilità alle infezioni conseguente ad alterazione della funzione immunitaria.

Tuttavia molti dei pazienti che sviluppano GVHD cronica sono relativamente scevri di condizioni invalidanti, se l’assunzione di sostanze immunosoppressive viene instaurata piuttosto precocemente. Una parte di soggetti va, però, incontro a progressione della GVHD nonostante la terapia immunosoppressiva, sviluppando gravi morbidità.

Gli occhi possono essere sede di complicanze tardive post-trapianto sia per effetto della GVHD cronica e per terapia steroidea nel trattamento di essa, sia per infezioni o per sequele dovute al regime di condizionamento, in particolare causate dalla TBI e più raramente dai chemioterapici. La complicanza oculare più frequente è la cataratta che può cominciare a insorgere già dopo un anno dal trapianto. Un’altra complicanza oculare tardiva è la “sindrome degli occhi secchi” per una minore produzione di lacrime in seguito alla radioterapia o la “sindrome SICCA” (tipo Sjögren) da GVHD cronica5. In seguito alla comparsa di GVHD cronica si possono inoltre sviluppare sinechie, ectropion e anche perforazioni corneali; sono stati segnalati anche casi di ostruzione del dotto nasolacrimale.

Come sequele tardive polmonari al trapianto sono stati segnalati sia deficit restrittivi che ostruttivi.

29

I pazienti sottoposti a TCSE hanno un rischio più elevato, rispetto alla popolazione generale, di sviluppare tumori solidi. In particolare il rischio è 8.3 volte superiore per quelli che sopravvivono oltre 10 anni dal trapianto5. I tumori più frequentemente osservati sono il melanoma maligno, tumori della cavità buccale, del SNC, della tiroide, del tessuto osseo e del tessuto connettivo. In particolare il rischio di sviluppare un secondo tumore sembra più alto per i pazienti trapiantati in giovane età rispetto. Il fattore di rischio che più degli altri sembra coinvolto nello sviluppo delle seconde neoplasie è la TBI come parte del regime di condizionamento al TCSE; la GVHD cronica e il sesso maschile sembrano correlare con un aumentato rischio di tumori squamocellulari della cavità buccale e della cute 5.

Tra le complicanze intestinali croniche vanno segnalate diarrea e perdita di peso per sindrome da malassorbimento.

La principale complicanza cardiaca tardiva che si può verificare dopo TCSE è una riduzione della contrattilità della fibra miocardica espressa come riduzione della frazione di accorciamento del ventricolo sinistro (FA<30%) o della frazione di eiezione (FE<50%). Per tale motivo, è importante che entrambi i parametri vengano valutati attraverso l’esecuzione dell’ecocardiogramma. La tossicità cardiaca tardiva interessa quei soggetti che hanno ricevuto una dose elevata di antracicline (>250 – 300 mg/m2), e/o una radioterapia erogata o come

total body irradiation (TBI) o sul settore toracico (radioterapia mediastinica). La radioterapia

rimane, per il cuore, il maggiore fattore di rischio per le malattie cardiovascolari che si manifestano come coronopatia, infarto del miocardio, pericarditi e anomalie valvolari.

Nel parenchima renale di alcuni pazienti, dopo la sospensione di sostanze nefrotossiche, quali ciclosporina, antimicotici e antibiotici nefrotossici, si può evidenziare una persistente alterazione della filtrazione glomerulare con danni e/o glomerulari. Queste complicanze renali secondarie alla tossicità di alcuni di questi farmaci utilizzati durante il TCSE, sono espresse come alterazioni dei parametrici di funzionalità renale e generalmente sono reversibili. Pertanto questi pazienti solitamente non richiedono controlli regolari della funzionalità renale. Nei soggetti sottoposti a TCSE, è stata descritta l’insorgenza di disfunzione renale, a comparsa tardiva, con anemia, edema ed ipertensione25,26; in questi pazienti l’associazione di radioterapia e chemioterapia, con sostanze come il melfalan o la ciclofosfamide, può avere un’azione favorente nella comparsa di tali effetti.

La nefrotossicità da ifosfamide è più comune in pazienti che hanno ricevuto una dose cumulativa >80 g/m2. La nefrotossicità da platino è più comune in bambini trattati con

30

cisplatino ad alto dosaggio (>40 mg/m2/giorno) o con alte dosi cumulative di carboplatino. Inoltre il rischio aumenta all’aumentare dell’età.

L’insufficienza renale o necessità di dialisi sono complicanze tardive non comuni, ma gravi, che si verificano in meno dell’1%3.

Come parte integrante del regime di condizionamento o come terapia precedente al TCSE, la radioterapia erogata sul sistema nervoso centrale può determinare delle modificazioni neuro- radiologiche evidenziate alla risonanza magnetica nucleare (RMN) o alla TAC. Tali alterazioni si possono esprimere come una leucoencefalopatia (calcificazioni cerebrali) o con la comparsa di angiomi cavernosi, entrambi espressioni dell’azione iatrogena della radioterapia sulla parete endoteliale. Tutte queste alterazioni hanno spesso solo un’espressione neuroradiologica e non francamente clinica.

L’esito degli studi neuropsicologici riportati in seguito a TCSE è variabile. Alcuni dati suggeriscono che il trapianto di cellule staminali rappresenti un fattore di rischio relativamente basso di deficit cognitivo e neurologico. Lo studio effettuato da Perkins e coll.27 non ha mostrato differenze significative riguardo al quoziente intellettivo (QI) dei bambini sottoposti a trapianto di cellule staminali ematopoietiche in età pediatrica; tuttavia ha riscontrato deficit di attenzione, delle capacità motorie e dell'integrazione visivo-motoria. Un ampio studio di 158 bambini sottoposti a TCSE non ha trovato alcuna riduzione significativa nel corso del tempo riguardo il QI nei bambini con età inferiore ai sotto i 3 anni al momento del trapianto28; è stato registrato, in media, un calo di 3 punti nei QI, clinicamente insignificanti, dopo 5 anni dal trapianto. Tuttavia è noto che la radioterapia nei bambini piccoli abbia, però, effetti negativi sulle capacità cognitive29 In particolare, la TBI è stata correlata con una diminuzione statisticamente significativa nel QI nell’ambito della comunicazione verbale e dell’apprendimento, e con difficoltà nella lettura e nell'ortografia. Nella possibilità di sviluppo di disturbi psico-cognitivi, risulta importante l’età del bambino al momento del trapianto. Alcuni studi hanno dimostrato come i soggetti con il maggior di rischio di sviluppo deficit neurologici sono i bambini trattati con TCSE ad un età inferiore ai 3 anni; mentre si può riscontrare un minimo declino nelle funzioni cognitive dei bambini trapiantati in età tra i 3 e gli 11 anni, e nessun deficit è invece evidenziato nei pazienti esposti al trapianto nella fascia di età tra i 12 e i 17 anni30,31. Questi dati suggeriscono che un sistema nervoso ancora immaturo può essere più suscettibile al danno indotto dalle terapie impiegate al momento trapianto, in particolare la TBI, ma anche precedentemente ad esso.

31