• Non ci sono risultati.

La classificazione proposta è da considerarsi quella prevalente, tuttavia, in questa sede è opportuna qualche precisazione. In particolare si segnala che accanto a quella generale pura si può individuare una perequazione generale mista, caratterizzata anch’essa dall’estensione a tutto il territorio comunale ma comprendente sia le parti di primo impianto o da riplasmare sia la città c.d. consolidata. Infatti, la perequazione pura potrebbe essere realizzata, secondo tale ultima impostazione, solamente nei casi, a dire il vero eccezionali, in cui vi sia una città da realizzare ex novo. Di fronte alla città consolidata o configurata non è possibile adottare il medesimo approccio. La maggior parte delle città italiane è caratterizzata da limitati, quando non assenti, spazi liberi. Il suolo è una risorsa scarsa e i volumi assentibili sono stati in gran parte tutti realizzati, tutta la capacità insediativa è già consumata da chi ha costruito prima163. Per tali ragioni la

162 S.B

ELLOMIA, Diritto privato regionale, perequazione urbanistica e nuovi strumenti di governo del

territorio, in Riv. giur. edil., 2008, 2, II, 74.

163 S.P

ERONGINI, Profili giuridici, cit., 35, evidenzia come in una tale situazione di fatto per attuare la perequazione sarebbe necessario demolire e ricostruire secondo i nuovi criteri, soluzione che può dirsi eufemisticamente irrealistica.

perequazione possibile è solo quella c.d. tipologica che si realizza all’interno di ambiti nei quali si individuano alcune caratteristiche tipologiche comuni: da una parte si stabiliscono i nuovi parametri di omogeneizzazione dell’ambito, si opera con interventi di restauro e recupero conservativo, ma anche con interventi di demolizione e ricostruzione secondo i nuovi parametri; dall’altra si distribuiscono premialità edificatorie in caso di rottamazione di edifici vetusti o non adeguati. Accanto a tale modello si può individuare un ulteriore forma di perequazione denominata atipica, la quale combina la perequazione generalizzata e quella parziale (o di comparto). Tale ultimo modello è caratterizzato dal fatto che l’indice edificatorio è attribuito in modo differente da un distretto di intervento all’altro anche se tale circostanza non sembra discostarsi molto da quanto detto in proposito della perequazione generalizzata nel paragrafo precedente, in proposito della necessaria preventiva classificazione dei suoli. Infatti, anche la perequazione generalizzata presuppone la differenziazione dell’intervento sulla base delle caratteristiche intrinseche (condizioni di fatto e di diritto) delle aree per evitare che l’attribuzione a tutti i suoli di un medesimo indice divenga causa di discriminazione invece che di perequazione. Tuttavia è palese come l’attribuzione di un determinato indice ad un’area con precise caratteristiche e la scelta di far rientrare la stessa area nel processo di trasformazione urbana possano correre il rischio di essere giudicate illegittime qualora non adeguatamente supportate da una logica e razionale motivazione. Ad esempio viene rilevata164 l’arbitrarietà della decisione di limitare il conferimento dei diritti edificatori in quei casi in cui il suolo pretermesso, pur non incluso nelle aree attinte dai processi di trasformazione, presenti caratteristiche identiche a quelle possedute dai suoli ivi ricompresi, tale decisione deve considerarsi discriminatoria e come tale deve essere adeguatamente giustificata.

Una ulteriore classificazione prevede la distinzione tra perequazione endoambito ed estesa. La prima gode di una particolare affinità con la perequazione di comparto o parziale, anch’essa prevede la preventiva individuazione di un ambito di trasformazione all’interno del quale si realizzerà la perequazione tra i proprietari. Ogni ambito ha una volumetria potenziale non comprendente gli edifici già esistenti,

164 S.P

di conseguenza è dotato di una rigidità esogena165 a fronte della quale i proprietari dovranno avere un atteggiamento collaborativo pena la mancata realizzazione del piano e la mancata attribuzione dei benefici che la stessa comporta in termini di redistribuzione di costi e di benefici. Questa redistribuzione avviene attraverso una ricomposizione fondiaria, vale a dire l’approvazione di un piano comprendente le cessioni e le permute immobiliari necessarie a far sì che la collocazione dello standard nell’ambito non pregiudichi nessun proprietario in modo prioritario. Il vettore di equità è rappresentato dall’incidenza percentuale delle aree riferibili a ciascun proprietario rispetto alla superficie complessiva dell’ambito e non al carattere edificatorio delle stesse166. La perequazione estesa, espressamente richiamata dalla l.r. Lombardia n. 12 del 2005, è assimilabile a quella generalizzata e in essa il piano individua solo due macro-categorie di fondi, accipienti e di decollo, mentre l’evoluzione del piano e le possibili soluzioni di atterraggio sono lasciate alla contrattazione privata, limitata esclusivamente dalla necessaria corrispondenza tra interventi di trasformazione e atterraggio dei diritti edificatori. Per la realizzazione del modello è indispensabile che la vicenda di concentrazione non sia meramente eventuale e che le aree di atterraggio non siano volumetricamente sufficienti perché solamente in questo modo è possibile incentivare il gioco delle contrattazioni tra i privati (proprietari dei fondi accipienti e di quelli perequativi). Un problema di autosufficienza volumetrica si è presentato per il p.g.t. di Buccinasco, annullato dal TAR Lombardia167 proprio perché tale autosufficienza impediva la realizzazione della perequazione come prevista dalla legge regionale. In sostanza al posto di un indice virtuale, che avrebbe obbligato i proprietari di terreni in ambito misto di trasformazione ad acquisire le aree, si è previsto un indice effettivo che permetteva ai proprietari delle aree di trasformazione di costruire anche senza l’acquisizione della volumetria sviluppata dalle aree inserite negli ambiti di perequazione168. La legge regionale della Lombardia (n. 12 del 2005), come lo stesso TAR lombardo ricorda, prevede due sistemi di cessione di aree al Comune in corrispettivo dell’attribuzione

165 L’espressione è di E. B

OSCOLO, Le perequazioni e le compensazioni, cit., 133.

166

Ancora, E. BOSCOLO, Le perequazioni e le compensazioni, cit., 133.

167 Sez. II, 17 settembre 2009 n. 4671, in Riv. giur. edil., 2009, 5-6, 1859.

168 Infatti il TAR Lombardia, cit., conclude che: “La differenza tra il meccanismo perequativo

comunale e quello legale risulta (…) chiaro proprio con riferimento alla sostanziale facoltatività dell’utilizzo delle aree perequative introdotta dall’atto di approvazione del p.g.t.”.

di diritti edificatori, il primo è la cessione perequativa (oggetto della sentenza ricordata), ed il secondo quella compensativa. La cessione perequativa è prevista dall’art. 11 comma 1 e 2 della l.r. Lombardia n. 12 del 2005 ed è alternativa all’espropriazione perché non prevede l’apposizione di un vincolo sulle aree destinate a servizi pubblici ma prevede che tutti i proprietari, sia quelli che possono edificare sulle loro aree sia quelli i cui immobili dovranno realizzare la Città pubblica, partecipino alla realizzazione delle infrastrutture pubbliche attraverso l’equa ed uniforme distribuzione di diritti edificatori indipendentemente dalla localizzazione delle aree per attrezzature pubbliche e dei relativi obblighi nei confronti del Comune. La cessione compensativa, invece, si caratterizza per l’individuazione da parte del pianificatore di aree, destinate alla costruzione della Città pubblica, rispetto alle quali l’amministrazione non può rinunciare a priori al vincolo ed alla facoltà imperativa ed unilaterale di acquisizione coattiva delle aree. In queste aree, il Comune appone il vincolo preespropriativo ed entro il termine di cinque anni deve fare ricorso all’espropriazione con la possibilità di ristorare il proprietario mediante attribuzione di crediti compensativi od aree in permuta in luogo dell’usuale indennizzo pecuniario. La cessione perequativa si caratterizza per il fatto che il terreno che sarà oggetto di trasferimento in favore dell’amministrazione sviluppa volumetria propria (espressa, appunto dall’indice di edificabilità territoriale che gli viene attribuito) che, però, può essere realizzata solo sulle aree su cui deve concentrarsi l’edificabilità (aree alle quali è attribuito un indice urbanistico adeguato a ricevere anche la cubatura proveniente dai terreni oggetto di cessione). La legge regionale lombarda prevede che la cessione perequativa possa verificarsi solo in aree soggette a trasformazione. Infatti, la perequazione c.d. estesa (art. 11 comma 2 l.r. n. 12 del 2005) non può riguardare le aree destinate all’agricoltura e quelle non soggette a trasformazione urbanistica. In tale sistema perequativo, inoltre, la partecipazione di tutti i proprietari al mercato edilizio è necessaria. Nell’ambito della perequazione generalizzata di cui al comma 2 dell’art. 11 della l.r. n. 12 del 2005 il principio della necessaria partecipazione di tutti i proprietari alla rendita edilizia consegue all’obbligo di prevedere per tutte le aree del territorio comunale un “identico indice di edificabilità territoriale, inferiore a quello minimo fondiario”. Tale requisito viene, invece, a scomparire nel caso di cessione compensativa. Infatti in tal caso i crediti

volumetrici attribuiti dal Comune, il cui utilizzo può essere limitato ad una parte del territorio comunale (con la conseguenza che alle aree “riceventi” possono essere attribuiti indici di base ridotti, tali da poter essere incrementati con i diritti edificatori in questione), sono parametrati al valore del vincolo espropriativo apposto sull’area e quindi possono anche non essere indispensabili per l’edificazione.