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I nuovi problemi dell’urbanistica consensuale

Nella legislazione regionale vi sono alcuni interessanti esempi di accordi espressamente ricondotti all’art. 11 l. n. 241 del 1990. In Emilia Romagna (l. n. 20 del 2000) si è previsto all’art. 18 che: “Gli enti locali possono concludere accordi con soggetti privati per assumere nella pianificazione proposte di progetti e iniziative di rilevante interesse per la comunità locale, al fine di determinare talune previsioni del contenuto discrezionale degli atti di pianificazione territoriale e urbanistica, nel rispetto della legislazione e pianificazione sovraordinata vigente e senza pregiudizio dei diritti dei terzi (…) L’accordo costituisce parte integrante dello strumento di pianificazione cui accede ed è soggetto alle medesime forme di pubblicità e di partecipazione. L’accordo è recepito con la delibera di adozione dello strumento ed è condizionato alla conferma delle sue previsioni nel piano approvato”. In Umbria, nella l. n. 11 del 2005 all’art. 12 è stabilito che: “I soggetti privati singoli o associati, durante le fasi di deposito e pubblicazione del p.r.g., parte operativa, possono partecipare alla sua definizione e a quelle delle relative varianti, proponendo i piani attuativi (…) o i programmi urbanistici (…) accompagnati da atti d’obbligo unilaterali relativi agli impegni anche economici dei proponenti in materia di infrastrutture, di dotazioni territoriali e funzionali minime. Qualora il Comune accolga in sede di esame delle osservazioni tali proposte, il loro contenuto si intende adottato anche come piano attuativo o programma urbanistico (…) è comunque fatto salvo quanto stabilito dalle disposizioni in materia di procedure concorsuali di

evidenza pubblica”. In Veneto, nella l. n. 11 del 2004 all’art. 6 è disposto: “I Comuni, le Province e la Regione, nei limiti delle competenze di cui alla presente legge, possono concludere accordi con soggetti privati per assumere nella pianificazione proposte di progetti ed iniziative di rilevante interesse pubblico. Gli accordi (…) sono finalizzati alla determinazione di alcune previsioni del contenuto discrezionale degli atti di pianificazione territoriale ed urbanistica, nel rispetto della legislazione e della pianificazione sovraordinata, senza pregiudizio dei diritti dei terzi. L’accordo costituisce parte integrante dello strumento di pianificazione cui accede ed è soggetto alle medesime forme di pubblicità e di partecipazione. L’accordo è recepito con il provvedimento di adozione dello strumento di pianificazione ed è condizionato alla conferma delle sue previsioni nel piano approvato”293. In tutti i casi vi è l’espresso riferimento all’art. 11 legge 241 del 1990. In proposito si deve precisare che il richiamo all’art. 11, cit., non è sufficiente per una definizione di tali accordi in termini di integrazione o sostituzione dell’atto di pianificazione. In tal senso è forse illuminante notare che sia nella legge veneta che in quella emiliana è affermato che l’accordo costituisce parte integrante dello strumento di pianificazione cui accede ed è soggetto alle medesime forme di pubblicità e di partecipazione. L’accordo de quo sembra assumere lo stesso valore giuridico del piano nel quale il privato assume un ruolo di co-determinazione degli assetti urbanistici ed il potere risulta esercitato in modo consensuale294. Nelle due leggi regionali da ultimo richiamate, inoltre, si dispone che l’accordo è recepito con il provvedimento di adozione dello strumento di pianificazione ed è condizionato alla conferma delle sue previsioni nel piano approvato, sottoponendo l’efficacia dell’accordo alla condizione sospensiva della riconferma del piano approvato295. L’applicabilità della disciplina sugli accordi contenuta nella legge sul procedimento comporta, peraltro, che qualora un successivo piano si discosti da quanto contenuto nell’accordo, data la vincolatività dello stesso anche per la p.a., al privato spetti un indennizzo secondo quanto previsto dal comma 4 dell’art. 11, cit. (“per sopravvenuti motivi di pubblico interesse l’amministrazione recede unilateralmente dall’accordo,

293 Sul tema v. M.B

REGANZE, La nuova pianificazione urbanistico-territoriale in Veneto e gli accordi con i privati, in Riv. giur. urb., 2005, 210.

294 Le conclusioni sono di V. M

ENGOLI, Gli accordi amministrativi fra privati e pubbliche

amministrazioni, Milano, 2003, 240.

295 V.M

salvo l’obbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo in relazione agli eventuali pregiudizi verificatisi in danno del privato”). Sulla natura sostitutiva o meno di tali accordi non vi sono indicazioni univoche poiché se da una parte l’esegesi delle norme in cui essi sono disciplinati conduce ad una simile interpretazione vi sono altri argomenti a sostegno della natura integrativa o procedimentale. Una ulteriore questione interpretativa, inoltre, riguarda la legittimità del richiamo all’art. 11, cit. o l’art. 13 della stessa legge impedisce di applicare ai procedimenti di pianificazione territoriale le disposizioni dettate in tema di partecipazione296? Secondo una parte della dottrina297 l’articolo 13, cit. non avendo la natura di disposizione di principio non vincolerebbe la potestà regionale in ordine alla possibilità o meno di prevedere ipotesi di accordi anche nell’attività di pianificazione e la disposizione in esame non escluderebbe che le leggi regionali stabiliscano la facoltà di tenere conto di detti accordi in sede di formulazione degli strumenti urbanistici. Altra dottrina298, invece, ritiene che l’art. 13, cit. non sia un limite alla configurabilità degli accordi a monte delle prescrizioni urbanistiche poiché la clausola di salvaguardia che lo stesso articolo pone rispetto alle “particolari norme che ne regolano la formazione” diretta agli atti di pianificazione e programmazione, non impedirebbe che proprio attraverso le norme che disciplinano la formazione di tali atti vengano introdotti moduli convenzionali di co- determinazione dell’assetto urbanistico. V’è anche chi, in ossequio a quanto è stato riconosciuto dalla giurisprudenza amministrativa in ordine alla portata dell’intera legge sul procedimento, vale a dire che la legge n. 241 del 1990 non toglie garanzie ma le aggiunge, si è spinto fino ad affermare che il fondamento di accordi diretti a sostituire o integrare gli atti di pianificazione del territorio è lo stesso art. 11, cit., poiché l’art. 13, cit., non vieta affatto il ricorso al modulo convenzionale, semplicemente esclude che vi sia l’obbligo per la p.a. di prendere in considerazione

296 La disposizione non costituirebbe un divieto alla stipula degli accordi nella pianificazione

urbanistica. Per tale orientamento v. A.TRAVI Accordi tra proprietari e comune per modifiche al

piano regolatore ed oneri esorbitanti, in Foro it., V 2002, 274; S.CIVITARESE MATTEUCCI, Sul

fondamento giuridico degli accordi in materia di fissazione delle prescrizioni urbanistiche in

F.PUGLIESE,E.FERRARI (a cura di) Presente e futuro nella pianificazione urbanistica, Milano, 1999, 163

297 P.U

RBANI, L’urbanistica consensuale, Torino, 2000..

298

S.CIVITARESE MATTEUCCI, Sul fondamento giuridico degli accordi in materia di fissazione delle

prescrizioni urbanistiche in F.PUGLIESE,E.FERRARI (a cura di) Presente e futuro nella pianificazione

urbanistica, Milano, 1999, 163; S.AMOROSINO, Alla ricerca dei principi fondamentali della materia

la proposta di accordo di un privato299. La posizione della giurisprudenza in punto di applicazione dell’art. 13, cit. è concorde nell’affermare il divieto di addivenire ad accordi nell’attività di pianificazione salvo le ipotesi predeterminate per legge, sul rilievo che l’attività in questione è caratterizzata dalla presenza di amplissimi profili di discrezionalità coincidenti con le scelte politiche dell’amministrazione agente300. Mi sia consentito, sulla falsariga di un recente contributo sul tema301, rinviare ad un passo di B. Bessone302 “essendo l’esercizio dei poteri pubblicistici correlato esclusivamente alle esigenze di interesse pubblico, l’eventuale contratto mediante il quale l’amministrazione si impegnasse ad esercitare in un certo modo tali poteri o ad adottare determinati provvedimenti resterebbe privo di valida causa. Ed invero, se il modo di esercizio del potere e l’adozione del provvedimento obbligatorio in forza del contratto fossero conformi all’interesse pubblico, essi risulterebbero dovuti solo per questa ragione, onde il contratto sarebbe privo di causa, e costituirebbe un indebito arricchimento a favore dell’ente pubblico il corrispettivo posto a carico del privato.

299 Così, A.T

RAVI Accordi tra proprietari e comune, cit., 277. Sebbene anche lo schema originario della Commissione Nigro prevedesse l’inserimento degli accordi tra la ipotesi di semplificazione, non sarebbe possibile fondare tale tesi su una supposta erronea collocazione della disposizione sugli accordi, infatti non si può negare il dato testuale dell’art. 13, cit. Di conseguenza è forse più corretto aderire alla prima delle tesi esposte, che ritiene possibile una normativa regionale in deroga al divieto

de quo il quale non avrebbe valore di principio generale.

300 Risulta indispensabile una previsione legislativa degli accordi “di pianificazione”, v. TAR

Toscana, Sez. I, 3 marzo 2009 n. 383, in Foro amm.-TAR, 2009, 3, 690, il quale esclude che la disciplina degli accordi integrativi di provvedimento dell'art. 11 si applichi agli atti di pianificazione e di programmazione e, quindi, agli atti propri della pianificazione urbanistica anche se possono essere le singole leggi di settore, cui lo stesso art. 13 rinvia, a prevedere accordi infraprocedimentali, come avviene per le convenzioni di lottizzazione, e a questi accordi previsti da disposizioni espresse si estendono in via suppletiva le disposizioni dettate in via generale dall’art. 11; ancora, l’amministrare per accordi ex art. 13 l. n. 241 del 1990 non può avere ad oggetto i poteri di pianificazione e programmazione che rappresentano, per espressa volontà di legge, il punto di primo raccordo tra livello politico e livello amministrativo (nella specie è stata negata l’applicabilità del suindicato articolo, quindi l'intervento di un accordo sostitutivo del procedimento pianificatorio concernente la localizzazione di una grande struttura commerciale), così Cons. Stato, Sez. IV, 9 dicembre 2002 n. 6685, in www.giustizia-amministrativa.it; lo sbarramento dell’art. 13 opera solo con riferimento a, provvedimenti di pianificazione generale programmatica espressione di scelte politiche, così Cass., Sez. un., 15 dicembre 2000 n. 1262, in Giust. civ. Mass., 2000, 2485. In dottrina, G. MENGOLI,

Manuale di diritto urbanistico, Milano, 2009,691-692; G.CUGURRA, Accordi e pianificazione

territoriale e ambientale, in Riv. giur. urb., 2000, 143; ID., Principio di legalità e amministrazione

negoziata, relazione al Convegno “Principio di legalità e sicurezza”, 2006,

www.prefettura.it/parma/multidip/4992.htm, in cui l’A. afferma la natura di principio generale della

disposizione.

301S. M

ORO, Gli accordi a monte delle prescrizioni urbanistiche, in Riv. giur. urb., 2010, 3-4, 453 (spec. 464), all’A. devo le ultime considerazioni circa l’ambito di applicazione dell’art. 13, l.n. 241 del 1990.

302 Natura giuridica dei piani di lottizzazione, in M. C

OSTANTINO (a cura di), Convenzioni

Se invece difettasse la conformità tra il provvedimento previsto dal [contratto] e le esigenze dell’interesse pubblico, il contratto avrebbe causa illecita”. E’ evidente come i cambiamenti che negli ultimi anni hanno coinvolto lo stesso concetto di interesse pubblico rendono possibile una rimeditazione di tale impostazione, almeno in modo parziale. L’interesse pubblico risulta oggi non come una entità acquisita e statica ma assume un carattere dinamico attraverso quell’attività di ponderazione e composizione degli interessi di cui si è già dato conto nel primo paragrafo di questo capitolo. In ambito urbanistico, inoltre, non può negarsi la multiformità dell’interesse pubblico poiché il corretto assetto del territorio può essere realizzato attraverso modalità differenti e parimenti soddisfacenti rispetto alle esigenze di cura degli interessi che fanno capo al Comune. Ciò che rende variabile l’attuazione di tale esigenze è proprio la specificità delle situazioni che di volta in volta si presentano alle amministrazioni, specificità che possono essere colte nella loro interezza anche attraverso l’apporto dei privati. Quest’ultimo non dovrebbe più essere relegato alla fase della presentazione delle osservazioni ma trovare nuove forme di partecipazione anche nelle decisioni di piano. Come si vedrà più avanti sembra ammissibile una soluzione che consenta l’uso degli accordi almeno di carattere integrativo, ai quali la p.a. rimane libera se accedere o meno, ma che consentirebbe l’assunzione di scelte anche pianificatorie condivise dai soggetti sui quali tali scelte andranno a ricadere. Rimane, tuttavia, da risolvere il problema della possibile illegalità e dell’emersione di fenomeni di c.d. maladministration. Se non possono negarsi le esigenze che sono alla base di questo nuovo approccio alla pianificazione territoriale nello stesso modo si deve notare che ogni considerazione è fatta de jure condendo poiché allo stato la legislazione statale è silente mentre quella regionale trova soluzioni troppo diversificate. Lodevole è comunque lo sforzo di predeterminazione delle condizioni di trasformabilità che si trova in alcune leggi regionali. Ad esempio queste possono essere legate alla realizzazione di opere pubbliche già individuate dall’amministrazione nel programma triennale delle opere pubbliche o come avviene in qualche legge regionale (Lombardia o Umbria) attraverso il piano dei servizi. Tutte le possibili soluzioni, in realtà, dovrebbero salvaguardare la discrezionalità dell’amministrazione nel determinare le scelte fondamentali dell’assetto del territorio. In determinati casi il piano potrebbe conferire un’edificabilità minima

suscettibile di essere aumentata nel caso in cui vi sia la disponibilità dei privati a realizzare una parte di opere pubbliche o, come avviene nel p.r.g. di Roma, nel caso in cui gli stessi privati siano disposti ad intervenire per la riqualificazione di determinate aree; in altri casi, la trasformazione è ancorata ad un confronto concorrenziale per il miglior risultato dell’assetto urbano e dei servizi (Veneto).

4. Trasferimenti di volumetria e permesso di costruire. Spunti per