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ALTRI PERCORSI POETIC

1 ADONE: MITO, RITO, TRADIZIONE

1.2 LE TRASFORMAZIONI DEL MITO

1.2.3 ALTRI PERCORSI POETIC

Benché collocata dai casi della storia culturale al centro della moderna tradizione adonia, la versione delle Metamorfosi, è bene ricordarlo, corrisponde a un’organizzazione selettiva del materiale mitologico, e si presenta quindi in concor- renza con altre piste tradizionali, soprattutto greche, che solo con l’Umanesimo tor- nano nuovamente accessibili ai lettori occidentali (abbiamo visto ad esempio che la prima edizione dell’Epitafio di Adone è l’Aldina del 1496). Questo chiede all’interprete della tradizione adonia una particolare attenzione per talune discrasie che si possono in ultima analisi ricondurre all’eterogeneità dei riferimenti mitologi- ci. Linee di tensione si possono infatti riconoscere con chiarezza nel ‘corpus’ della tradizione (lo vedremo in 2.1), ma lasciano tracce talora anche all’interno di singoli testi. La più evidente illustrazione del fenomeno è nella Faerie Queene di Spenser (1590-1596), nel cui terzo libro, dedicato alla virtù della castità, Adone compare due volte in contesti irrelati, che attribuiscono al personaggio significati polarizzati, o comunque incommensurabili: nel canto 1 la storia di Venere e Adone è il soggetto delle tappezzerie che decorano il castello di Malecasta, una figura che simboleggia la sfrenatezza dell’amore sensuale. Adone vi è rappresentato come vittima compia- cente di una seduzione che parte dall’iniziativa sfrontata della dea, e che si conclude con il suo strazio alla morte del ragazzo. Completamente diversa è invece la caratte- rizzazione di Adone nel canto 6 dello stesso libro: il giovane è collocato sotto una pergola al centro di un giardino paradisiaco, dove, insieme a Venere, egli gode in e- terno di un amore felice, dando avvio con l’energia della passione alla dinamica cre- ativa ciclica e inesauribile che, in una prospettiva neoplatonica, regola l’intero mon- do delle forme.

In termini di storia culturale (cioè al di là delle dinamiche specifiche del testo spenseriano), questa difformità cospicua e perturbante può senz’altro essere spiegata come un correlato del carattere plurale e diffratto della tradizione adonia: per il pri- mo Adone, Spenser aveva a disposizione la narrazione ovidiana; la connotazione lussuriosa e morbosamente negativa è infatti in linea con lo spirito del X libro delle

Metamorfosi, che include il mito di Venere e Adone nella serie di amori innaturali, trasgressivi o infelici oggetto del canto di Orfeo. Ovidio è ovviamente una fonte di- retta di Spenser, affiancato da ulteriori mediazioni, come il Roman de la rose (dove la riscrittura dello stesso episodio ovidiano riveste un analogo ruolo parentetico) o l’Adonis, l’elegia del 156322 in cui Pierre de Ronsard riscrive l’episodio ovidiano ac-

centuando maliziosamente la caratterizzazione dell’incostanza femminile.

L’Adone del canto 6 è invece l’elaborazione di un diverso filone tradizionale, e si lega a una ripresa della speculazione neoplatonica su Adone, aggiornata nel circolo neoplatonico fiorentino e ulteriormente irraggiata poi tramite l’Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna (1499) o La Nice di Luca Contile (1551). Qui l’unione tra Venere e Adone corrisponde all’incontro dell’anima e del corpo del mondo: i giardini di Adone, accessorio rituale delle Adonie mediterranee, sono da Spencer trasformati da piccole aiole giocattolo in un vero e proprio giardino fiorito, come quelli che nell’antichità corredavano i santuari di Adone (ad esempio nel san- tuario di Gravisca scavato da Mario Torelli), o arricchivano della propria connota- zione sensuale contesti profani (ad esempio la mirabolante Domus Flavia sul Palati- no: Flavio Filostrato ricorda nella sua Vita di Apollonio di Tiana, 7.32, che il filoso- fo fu ricevuto dall’imperatore Domiziano nello splendido giardino pensile costruito alla maniera assira intorno all’αὐλῇ, il tempietto di Adone). Una linea esoterica ma ancora viva nel XX secolo, giacché ispira ad esempio The Garden of Adonis, suite

per flauto e arpa, op. 245 di Alan Hovhaness (1971).

Nello scegliere il proprio approccio alla tradizione adonia i poeti hanno quindi sempre la possibilità di andare al di là del modello ovidiano – o, come in Spencer, riprendendolo per metterlo dialetticamente a confronto con una diversa filiera tradi- zionale, oppure, più raramente, scegliendo di fondarsi sul recupero erudito di mate- riale mitologico secondario, o comunque marginale rispetto alla selezione familia- rizzata dalle Metamorfosi (essenzialmente, come abbiamo visto, la narrazione dell’infanzia del ragazzo e la contesa che oppone Afrodite e Persefone). La relazione

22 La prima edizione del componimento, nel Recueil des Nouvelles Poésies, è del 1564; del

con Persefone/Proserpina, ad esempio, è uno degli aspetti più raramente attestati, ma la tradizione adonia è così generosa da offrire anche un testo su questo raro aspetto del mito, la cantata Adonis och Proserpina del poeta svedese Johan Henrik Kellgren (1751-1795). La cantata, a dire il vero, non venne mai posta in musica, e Kellgren non ne ristampò mai il testo nelle raccolte delle proprie opere poetiche o drammati- che; parti di essa vennero però recuperate per il libretto dell’opera Proserpin (1781), scritta su istanza e su soggetto del re di Svezia Gustavo III, e messa in musica dal ‘Mozart svedese’, Joseph Martin Kraus (1756-1792).23 Il tema degli amori di Adone con Persefone/Proserpina diviene più frequente nel Novecento, dopo che Frazer avrà destato l’interesse generale per la versione ciclica del mito. Il punto di vista di Perse- fone è allora rivisitato dall’immaginazione letteraria come un contenuto represso da valorizzare rispetto alla versione solare e ‘ufficiale’ della storia d’amore. Questo è quanto avviene ad esempio nel romanzo di Carol Orlock The Goddess Letters (1987), e ancor più nella poesia di Kenneth Rexroth Adonis in Winter (1944), dove Persefone aspetta il suo Adone finalmente «free of aggressive Aphrodite» («libero dall’aggressiva Afrodite», v. 15).

Il migliore esempio a me noto di valorizzazione delle fonti secondarie è The Ju- dgement of Calliope, un breve intermezzo metateatrale ‘messo in scena’ da alcuni personaggi di The Bassarids di W. H. Auden e Ch. Kallman (1966). La scelta dei due poeti di recuperare una rarissima variante del mito (l’arbitrato di Zeus fra Afro- dite e Persefone è affidato alla musa Calliope soltanto in Igino, Astronomica 2.7, ed è ripreso nei testi moderni, a quanto ne so, solo nell’Afrodite di Adriano Valerini, 1578, 1.1.27-28) non è solo sfoggio di competenze erudite, ma corrisponde a una ve- ra e propria presa di posizione antiovidiana, che permette loro di portare alla luce e valorizzare, funzionalizzandola al sistema simbolico delle Baccanti, l’originaria componente matriarcale del mito (analizzeremo il testo in 2.3).

Altrettanto originale, e ben più produttiva in termini quantitativi, è inoltre la for- tuna del mito di Adone filtrato attraverso la poesia ellenistica, in particolare dal co-

23 L’opera esplora altri aspetti del mito, e rinuncia alla figura di Adone in favore del perso-

siddetto Epitafio di Adone di Bione di Smirne. I peculiari connotati di questa parte della tradizione richiederebbero una trattazione molto approfondita, che altererebbe i connotati monografici di questa mia ricerca. Mi limiterò ad accennare al fatto che il compianto su Adone defunto, inizialmente parte di un rituale molto diffuso ma già in epoca ellenistica stilizzato in componimento di natura esclusivamente letteraria, si colloca in posizione privilegiata all’interno di una tradizione poetica unita dall’omogeneità di temi e di modelli. Essa va, grosso modo, dagli idilli di Teocrito (I e VII, in particolare) alle loro rivisitazioni virgiliane (l’Ecloga 10, soprattutto). Spunti e atmosfere del mito di Adone si trovano così fusi in un contesto di mestizia pastorale che avrà una nuova fioritura nella poesia del Rinascimento (se la decima Ecloga di Virgilio è ancora il modello primario dell’Alcon di Baldassarre Castiglio- ne, l’Ecloga seconda di Luigi Alamanni per la morte di Cosimo Rucellai adatta in- vece l’anonimo Epitafio di Bione attribuito dai manoscritti a Mosco di Siracusa), so- prattutto inglese, sulla scia del successo dell’Astrophel di Spenser (1595), composto dopo la prematura scomparsa del guerriero e poeta Sir Philip Sidney (1586) e ispira- to alla tradizione bucolica antica con la mediazione di Ronsard. Grazie alla loro po- polarità e alla riconoscibilità dei loro tratti formali, i componimenti di compianto su giovani (in special modo su giovani poeti) prematuramente scomparsi diverranno ben presto un sottogenere vero e proprio, la cosiddetta pastoral elegy, di cui si pos- sono menzionare esempi di qualità alta (Drummond, Tears on the Death of Moelia- des, 1613; Milton, Lycidas, 1638) o meno alta… (dal Bion di John Oldham per la morte di John Wilmot, secondo conte di Rochester, 1680, all’elegia dell’altrimenti ignoto Thomas Andrews per la morte dello stesso Oldham, 1684). Ciò che è degno di nota in termini di storia della tradizione è il fatto che in questo caso la fortuna di Adone non si esplichi tanto in una vera e propria ripresa tematica del mito, quanto nella riproposizione di una specifica costellazione estetica ed emozionale, che asso- cia lo strazio emotivo per la perdita di un affetto alle dinamiche proprie della costru- zione di una voce poetica – una costellazione che mostra, insomma, il passaggio dall’emozione della perdita privata all’impulso creativo del poeta come promotore di memoria condivisa. Per la prima volta questa costellazione è attestata nel binomio di due composizioni in stretta rispondenza poetica, l’Epitafio di Adone opera di Bione

di Smirne, appunto, e la sua eco più immediata, un anonimo Epitafio di Bione attri- buito erroneamente dai manoscritti a Mosco di Siracusa. Un ramo della tradizione adonia di matrice non ovidiana, perciò, si lascia seguire lungo percorsi del tutto pe- culiari, in quanto non si sviluppa mediante riscritture e tematizzazioni del mito, ma ne trasfonde lo spirito e le dinamiche profonde nei tratti di un vero e proprio nuovo sottogenere letterario. In altri termini: nella pastoral elegy in quanto stilizzazione formale si mantengono, anche in assenza di una esplicita tematizzazione adonia, di- namiche strutturali specifiche del mito di Adone, al punto che questo continua a ri- suonare non solo nell’Adonais di Shelley, composto nel 1821 in memoria dell’autore di Endymion (dove la figura di Adone ha appunto un ruolo di primo piano) ma anco- ra in Thyrsis di Matthew Arnold (1866) o in When Lilacs Last in the Door-Yard Bloom’d di Walt Whitman (1865), pure ormai del tutto privi di riferimenti diretti al mito antico (ma sulla profonda e consapevole continuità espressiva della ‘spontanea’ poesia whitmaniana rispetto alla tradizione della pastoral elegy si veda almeno A- dams 1957).