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LA TRADIZIONE EMBLEMATICA

1 ADONE: MITO, RITO, TRADIZIONE

1.2 LE TRASFORMAZIONI DEL MITO

1.2.5 LA TRADIZIONE EMBLEMATICA

Benché segnato in larga misura, come abbiamo visto, da una multiforme rete di trasposizioni letterarie, l’irraggiamento tradizionale del mito di Adone impone

un’indagine capace di andare oltre le semplici variazioni di modelli poetici. Nel cor- so dei secoli, infatti, la forma del mito tende a ‘perdere i pezzi’, a semplificarsi for- temente, su un duplice livello: da un lato la sua complessa semantica viene ricondot- ta da un sempre più diffuso uso linguistico entro i confini del simbolo più o meno monodimensionale (secondo cui Adone è semplicemente ‘il giovane bello’); dall’altro l’incoercibile tendenza distributiva del sistema mitologico antico nelle sue sopravvivenze moderne finisce per selezionare Adone, fra le tante figure del mito antico, come rappresentante antonomastico – cioè unico – degli ormai pochi tratti che continuano ad essergli attribuiti (Adone è la bellezza come Endimione la grazia dormiente come Narciso l’amore di sé ecc.). In questa forma ipersemplificata, il per- sonaggio acquista la straordinaria e versatile mobilità del concetto astratto, e penetra dunque nella cultura alla stregua di un nome comune. Il percorso che va dal perso- naggio mitico al sostantivo ‘adone’ può dunque essere seguito per i rami di quella che abbiamo già nell’Introduzione definito come la ‘tradizione emblematica’ del mi- to, vale a dire quel suo irraggiamento che prescinde dalla riproposizione della vera e propria vicenda narrata, per limitarsi a riprendere il personaggio per la sua valenza connotativa e simbolica. A questo punto Adone non è più un attore, ma solo un se- gnale che orienta, in sinergia con altri, la comprensione di un testo di invenzione o- riginale. In genere all’arricchimento connotativo è sufficiente una semplice allusione alla figura mitica di Adone, ma spesso (nel cap. 4 vedremo meglio perché) questa funzione segnaletica segue un percorso più complesso: in molti testi, infatti, Adone compare in forma di opera d’arte ispirata al mito (un dipinto o una scultura), che viene tematizzata e a vario titolo inclusa nel livello primario della finzione. L’opera può essere reale (come il Venus en Adonis di Rubens nel romanzo di Frank Deford, 2001) o immaginaria (come il ritratto di Adone dormiente in Sarrasine di Balzac, 1830-1834, o il quadro che raffigura Venere e Adone nella novella Cezara di Mihai Eminescu, 1876). Altrimenti il riferimento emblematico si presenta come un’allusione isolata o occasionale a un ipotesto letterario (ad esempio il poemetto di Shakespeare nel romanzo di S. Caudwell, 1981) che, nei casi più complessi, forma una rete di riferimenti in grado di dare luogo a un vero e proprio criptotesto (come accade in Monsieur Vénus di Rachilde, 1884, rispetto alla versione ‘orientale’ del

mito). La forma più semplice, peraltro, è l’esibizione della marca connotativa nel pa- ratesto: I giardini di Adone, del grecista Emilio Bodrero (1913), non sono altro che una raccolta di operette stravaganti, di cui il titolo mette in rilievo la natura di effi- meri fiori di serra.

Dal punto di vista storico-culturale è interessante osservare come, nel caso di A- done, la tradizione emblematica cominci a prevalere sulle trasposizioni diegematiche grosso modo nello snodo fra classicismo ancien régime e cultura borghese: a parte casi di ripetizione attardata in una produzione qualitativamente o funzionalmente di secondo piano (il balletto, strutturalmente lontano dai canali della comunicazione poetica, con esempi fino a Casati, 1832; Blasis, 1835; Vestris, 1844; la poesia d’occasione, come la Morte di Adone, 1790, dell’«Improvvisatrice commossa» Te- resa Bandettini di Lucca, nota anche con il nome arcade di Amarilli Etrusca; le ‘bur- lette’ mitologiche di James Robinson Planché, come The Paphian Bower, 1832), a partire dall’Ottocento Adone è per i poeti non più un mito in senso stretto ma un simbolo, la cui pregnanza fa leva sul suo essere ormai acclimatato anche nel lin- guaggio comune. In termini di storia della fortuna si osserva infatti che a partire dal XIX secolo decade l’importanza dello sviluppo narrativo e si fanno sempre più rare le trasposizioni diegematiche nella poesia narrativa o nel dramma. Nel XX secolo queste sono isolate eccezioni, che invece di far riferimento a una tendenza generale del gusto esibiscono ormai controcorrente un rapporto di diretta filiazione con una matrice antica (i Tales from Ovid di Ted Hughes, 1997, sono in sostanza una tradu- zione libera da Ovidio) o moderna (come nel caso del Venus und Adonis di Henze, 1997, cui il libretto di Treichel permette di portare sulle scene musicali il poemetto di Shakespeare). La lirica è invece comprensibilmente più tenace nel tematizzare segmenti più o meno lunghi del mito (ad esempio la morte, narrata, fino a qualche decennio dopo la voga parnassiana, in poesie un po’ rétro, come Moartea lui Adonis del romeno Nicolae Davidescu, poeta simbolista e

Nel contesto della tradizione emblematica, ovviamente, dove Adone è appunto solo un emblema più o meno cursoriamente evocato, passano in secondo piano le considerazioni di ordine genealogico basate su dipendenze formali ben riconoscibili. Ciò che veramente ha importanza è la semantica del puro segno ‘Adone’, che negli ultimi due secoli si sviluppa, ben al di là delle riscritture poetiche del mito, come un concetto sostanzialmente slegato dal suo contesto narrativo. Visto di lontano, il si- gnificato principale dell’etichetta ‘Adone’ sembra rimandare univocamente alla no- zione di ‘bellezza ideale’; in realtà un’esplorazione più accurata delle occorrenze mette in luce nell’insieme una semantica di notevole complessità, che include aspetti sorprendentemente diversificati e sembra comprendere, in ultima analisi, le dinami- che più generali della vita stessa. Cercando di sistematizzare in senso descrittivo, si nota che la semantica dell’emblema ‘Adone’ si lascia ricondurre a una serie di oppo- sizioni fondamentali, in cui si riflette la dualità originaria del personaggio: creatura della vita e dell’amore, Adone lo è infatti anche del lutto e della morte. A seconda delle prospettive dei diversi testi, sia gli aspetti vitali che mortuari del personaggio possono assumere valenze disparate quando non antipodiche: l’emblema ‘Adone’ può suggerire l’idea dell’amore come bellezza ideale o felicità effimera o inattingi- bile, ma anche fungere da monito contro la fatuità della bellezza e della dissipazione amorosa; viceversa, nei suoi aspetti mortuari Adone evoca da un lato l’ineluttabilità della fine, che svela come illusoria ogni felicità, ma anche la certezza della rinascita e della continuità metafisica dell’esistenza.

Lo schema seguente vorrebbe proporre al lettore, come supporto orientativo, la forma propagginata di quella che sarebbe più corretto chiamare la ‘nebulosa seman- tica’ del concetto di Adone, un aggregato di elementi caratterizzati da una wittgen- steiniana ‘somiglianza di famiglia’, e in cui di volta in volta, a seconda del contesto della singola attestazione, vengono privilegiati alcuni tratti a minore, maggiore o to- tale discapito di altri. La struttura propagginata non dà conto, inoltre, del fatto che le aggregazioni nebulari mutano localmente in modi che finiscono per alterarne la fi- sionomia complessiva. Lo stesso succede per Adone, il cui significato tendenziale fluttua nel tempo accentuando ora la concentrazione vitalistica dell’eros, ora la fragi- lità della morte precoce. Si consideri del resto che, nei tentativi più complessi di al-

legorizzazione del personaggio, Adone corrisponde appunto all’anima dell’uomo o alla vita umana, di cui l’esperienza del personaggio nel mito descrive (in modo più o meno artatamente moralizzato) il tracciato di base: l’esempio più evidente è l’Adone di Marino, dove l’intento allegorico ultimo del poema è rappresentare nel protagoni- sta l’itinerario dell’uomo fra esperienza sensuale e trascendenza. Non è un caso che nel poema un ruolo cruciale spetti alla favola di Amore e Psiche, l’‘anima’ (che oc- cupa l’intero c. 4), in cui la vicenda principale viene puntualmente e consapevol- mente rispecchiata (Amore/Venere = Psiche/Adone). Si aggiunga a questo che le due coppie amorose sono spesso confuse in un’identica aura di perfezione amorosa, come rivela la frequente associazione dei due miti (ad esempio la scelta di La Fon- taine di pubblicare il suo epillio Adonis, a undici anni dalla sua composizione, in ap- pendice a Les amours de Psyché et de Cupidon, 1669). Analoghe forme di allegoriz- zazione si trovano anche in Spenser o in autori meno noti. Peraltro anche nell’associare Adone al destino dell’Anima umana gli autori moderni raccolgono, qualche volta anche sans le savoir, intuizioni che erano già nell’aria fin dai tempi antichi (sulla connessione allegorica fra Adone e l’anima riferisce ad esempio già l’apologeta cristiano Ippolito, Refutatio 5.7.10-15).

Apro qui una parentesi per presentare più da vicino una rara lettura di Adone co- me figura della storia di un’anima. Il testo è l’Epifania di Adone,24 un ciclo di 41 raf-

finati sonetti con cui nel 1907 esordisce il toscano Gustavo Pierotti della Sanguigna, poeta capace di riprendere ed elaborare, nel quadro di una palese ispirazione dan- nunziana, fonti rare su Adone che vanno dall’erudizione mitografica alle allegoriz- zazioni tardoantiche (ad esempio gli Inni orfici ispirano da vicino i sonetti 18-19, le- gati alla simbologia delle essenze odorose). La linea narrativa principale espone un canto/sogno dell’«Anima» (la prima parola del testo, 1.1), che in una reggia spiritua- le (l’«Escuriale», 1.5) evoca un passato misterioso e immagina il rispecchiamento del proprio stesso percorso nella vicenda mitica di Adone. La parabola del «fresco nume/ nascente fra le rose e le giunchiglie» (8.1-2) svela il mistero della ‘decadenza’

24 Ringrazio Filippo Lenzi per avermi gentilmente procurato una fotocopia dell’esemplare

dell’uomo dalla perfezione androgina originaria alla ricerca dell’eros: in prospettiva palesemente neoplatonica, Adone parte da una condizione di perfezione originaria in cui egli è «l’Unità dell’Uomo» (9.12), l’«Ermafrodita» (10.1), che mostra «la pie- nezza/ d’un’armonia conclusa» (9.7-8), il «puro Sesso, fremebondo/ di sue maschili e fertili ricchezze» (10.13-14) – un sesso proprio per questo incompatibile con l’unione sessuale che faccia uscire il soggetto dalla perfezione androgina originaria («imprevisto/ per il connubio», 9.11-12). Il destino di Adone è allora causato dallo stesso abbandono dell’ermafroditismo: la scelta sessuata («poiché s’è sciolto il nodo ermafrodita/ con la festosa epifania d’Adone», 32.9-10) stimola «Saturno, evirator» (32.13), che si concretizza nel cinghiale omicida (son. 24). La negatività di questa evoluzione è chiara nel profilo dongiovannesco che assume quindi l’erotismo di A- done: il ragazzo è supremo seduttore, che attira e sfugge: «non egli indugia con le belle ai baci;/ ma rapido le prende in suo desire,/ e corre in caccie tragiche e rapaci» (36.12-14). Inevitabile conseguenza, la promiscuità: l’Anima «lo vede in numerosi/ letti oblïare le divine amanti» (39.1-2). Il richiamo alla ciclicità dell’amore di Adone per Venere e Proserpina (son. 38), derivato dalla versione ‘matriarcale’ di Paniassi, non impedisce a Pierotti di accentuare in senso marcatamente ‘ovidiano’ la mascoli- nità dell’eroe, che ama con febbrilità dongiovannesca: «Stringele Adone; ma fecon- da e fugge,/ chè ardente, in ogni amplesso, or gli rimane/ la fiamma del desire che lo strugge» (39.12-14). Un segno di come la mera ripresa di una fonte (il Paniassi cita- to dallo pseudo-Apollodoro) non sia garanzia della continuità di prospettiva – giac- ché l’Adone di Pierotti della Sanguigna si colloca piuttosto sulla linea che da Ovidio e molti degli ovidiani porta a Marcel Detienne.

Benché dunque, come abbiamo detto sopra, il significato dell’Adone emblemati- co si possa più correttamente ricondurre a una ‘nebulosa semantica’ che a uno schema ordinato e simmetrico, ovvie esigenze di chiarezza mi impongono di preferi- re la forma di più facile esposizione. Lo schema generale della semantica adonia va dunque articolato su due versanti, a seconda che vengano privilegiati gli aspetti vita- li o mortuari del personaggio. In ognuno dei casi intervengono anche altre opposi- zioni, in base a parametri di generalità (astratto/concreto) o di valore (positi- vo/intermedio/negativo), come pure altri fattori di ordine storico-culturale

(l’orientalismo prevalente in alcuni contesti o il riflesso di teorie filosofiche, esteti- che o antropologiche). Ecco dunque un nudo schema, che cercherò poi subito di commentare, delle principali valenze semantiche di Adone:

I. amore/vita

A. in senso spirituale o generale (bellezza astratta, vita del mondo) 1. amore in senso generale

2. forza generativa naturale

3. perfezione artistica come forma sublimata di creazione B. in senso fisico o individuale (bellezza del corpo, desiderio amoroso)

1. connotazione positiva (bellezza vera oggetto di ideale amoro- so) i. eterosessuale a. passivo (figlio-amante) b. attivo (seduttore) ii. omosessuale a. efebo b. culturista

2. connotazione intermedia (bello, ma pericoloso e non per tutti) i. vitalismo individuale

ii. eccesso di perfezione opposto alla vera vita 3. connotazione negativa (bellezza falsa)

i. effeminatezza

ii. seduzione frivola o immorale iii. artificio/sterilità

II. lutto/morte

A. limiti dell’esperienza individuale

1. caducità della bellezza e della gioia 2. finitezza dell’uomo rispetto alla natura B. resurrezione/ciclicità

i. antiquario

ii. attualizzato dalla pertinenza geografica libanese 2. impatto degli studi storico-religiosi e antropologici 3. tema della memoria poetica

Nel suo versante ‘positivo’ il mito di Adone si presta a significare, in modo più o meno focalizzato, l’esperienza amorosa o la vita: ad esempio (I.A.1), in un breve di- alogo per musica di Girolamo Preti, Amor trionfante (I ed. 1614), Adone compare – eliso ogni accenno alla natura chiaroscurale del personaggio e alla sua vicenda miti- ca – insieme a Venere, Bellezza e Amore, e contro Roma, Pallade e Marte, come a- strazione ‘pura’ dell’esperienza amorosa nel contesto del ben noto agone amore vs. virtù militare. Nello stesso senso si può intendere l’allegorizzazione di Adone (in- sieme a Venere) come principio generatore universale (I.A.2) che abbiamo incontra- to ad esempio nel libro III canto 6 della Faerie Queene di Spenser (1590). Si tratta di astrazioni che associano Adone a una forza cosmica, facendone il complemento strutturale della dea della natura. In contesti molto più tardi, la forza generativa di Adone viene riconfigurata in senso culturale (I.A.3), come capacità di trasfigurazio- ne dell’emozione nell’arte (come nell’Adonis di G.M. Zamfirescu, 1930).

Un primo spunto dialettico fa invece leva sulla natura di Adone come uomo in opposizione a Venere come dea – ovvero come individuo in opposizione al mondo sovraindividuale della natura (I.B). Adone può significare allora, in positivo, l’ideale oggetto d’amore di un desiderio individuale (I.B.1), che può connotarsi indifferen- temente come etero- (I.B.1.i) o omosessuale (I.B.1.i; non sorprendentemente, le ac- cezioni omosessuali riescono a emergere senza filtri, salvo rare eccezioni come la cerchia di poeti legati a Henri III di Valois studiati da Ferguson 2008, solo nell’antichità e fra Otto- e Novecento; in altri casi il discorso omoerotico è recupe- rabile solo contrastivamente dal trattamento del mito e dei suoi correlati, come nelle Stanze di Lodovico Dolce, 1545, che sovrappone in modo assai pregnante la vicenda adonia a quella di Apollo e Giacinto). A istituire una vera distinzione semantica è il tipo di rapporto amoroso – ovvero la dinamica del desiderio secondo parametri di genere. Adone può configurarsi allora come oggetto passivo di un desiderio asserti-

vo femminile (I.B.1.i.a, una linea che va da Paniassi, V sec. a.C., a Rachilde, 1860- 1953, o William B. Gill, 1842-1919) o come un soggetto attivo di seduzione – I.B.1.i.b, una visione vulgata che si lega oggi a una certa ricezione di Detienne 1972, ma che si può seguire genealogicamente all’indietro dal romanzo di Sandro Zanotto Adone (1984) fino alla versione ovidiana del mito o, ancor prima, all’accenno in Ca- tullo 29.8: «et ille nunc superbus et superfluens/ perambulabit omnium cubilia,/ ut albulus columbus aut Adoneus?». In prospettiva omofila, invece (I.B.1.ii), Adone comincia come amasio (dunque passivo) degli dei (I.B.1.ii.a) cfr. Platone comico fr. 3 K.-A.) e lo resta fino alla poesia del decadentismo (ad esempio in L’hymnaire d’Adonis, 1902, del conte Jacques d’Adelswärd-Fersen) o del primo Novecento (nel quadro di una più ampia costellazione di amori per ragazzi, ad esempio nell’Antinous di Pessoa, 1918) per poi confondersi con i fantasmi dell’immaginario omoerotico più recente, che ne fanno un culturista alla Tom of Finland – cioè nello stile del disegnatore finlandese Touko Laaksonen (1920-1991), che sotto quello pseudonimo ha dato forse il contributo più importante all’appropriazione della ma- schilità ipertrofica da parte dell’odierna cultura omosessuale (I.B.1.ii). E infatti nel cinema Adonis di New York, tempio del porno gay e luogo mitico dell’immaginario omosessuale (come dimostrano le poesie di Marc Almond The Angel of Death in the Adonis Lounge, 1988, o di Mark Doty, Adonis Theatre, 1991) nonché esso stesso te- atro di un classico del porno gay (A Night at the Adonis, di Jack Deveau, Usa 1980), la statua che nella lobby dovrebbe personificare il nume eponimo è una copia… dell’Ercole Farnese. La giustapposizione Adone/Ercole è ancora percepita come una fusione paradossale alla fine dell’Ottocento – anzi, proprio la sua incongruità lascia trasparire i segnali di una crisi del maschile che investe l’Europa decadente. Si pensi al primo incontro fra il narratore e il protagonista in Senso di Camillo Boito (1883):

Tra questi ne conobbi uno, il quale usciva dal mazzo per due ragioni. Alla dissolutezza sbadata, univa, per quanto i suoi stessi amici affermavano, una così cinica immoralità di principii, che niente gli pareva rispettabile in questo mondo, salvo il codice penale e il re- golamento militare. Oltre a ciò era veramente bellissimo e straordinariamente vigoroso: un misto di Adone e di Alcide. Bianco e roseo, con i capelli biondi ricciuti, il mento privo di barba, le orecchie tanto minute che sembravano quelle di una fanciulla, gli occhi grandi e inquieti di colore celeste: in tutto il volto una espressione ora dolce, ora violenta, ma di

una violenza o dolcezza mitigata dai segni di un’ironia continua, quasi crudele. La testa piantata superbamente sul collo robusto; le spalle non erano quadre e massiccie, ma scen- devano giù con grazia; il corpo muscoloso, stretto nella divisa bianca dell’ufficiale austri- aco, s’indovinava tutto, e rammentava le statue romane dei gladiatori.

Sull’ininterrotta attualità dell’opposizione Adone/Ercole è fondata la teoria ado- nia di Berrettoni 2007 – un’opposizione tutt’altro che compatta, peraltro: in contesti ironici o encomiastici l’antitesi Adone/Ercole o Adone/Marte può facilmente dar luogo a sintesi ossimoriche, come nel poemetto eroicomico Micco Passaro del napo- letano G.C. Cortese, pubblicato nel 1626 («Anze ogne cosa hai tu, grazia, e balore,/ Marte armato a la facce, Adone ’n core», 2.26.7-8). Il passo di Boito mostra però che quella polarità, anche se in origine nettamente articolata, attraversa alla fine dell’Ottocento una crisi sostanziale, e sembra evolvere progressivamente verso la successiva indistinzione sinonimica. Nel Novecento, infatti, spenta la memoria della sua costituzione efebica, Adone è molto spesso correlato a una virilità ipertrofica ed erculea: Adonis è ad esempio il titolo di una rivista di body-building (The Art Maga- zine of the Male Physique, pubblicata a Londra dal 1955 al 1972); ma la nuova acce- zione erculea della bellezza adonia diviene poi sempre più comune in prodotti che vanno dalla foto di nudo alla letteratura erotica o pornografica (Chapman 1989). La prova più significativa è fornita da Pope-Phillips-Olivardia 2000, uno studio psichia- trico sulla dismorfofobia maschile che sceglie di definire come «Adonis complex» un disturbo che si esplica in primo luogo nell’assunzione indiscriminata di steroidi e anabolizzanti.

Come si può notare, l’evoluzione dall’efebo al culturista non è specificamente omosessuale, ma si lega a fattori storico-culturali: estinta progressivamente, dopo la II guerra mondiale, l’enciclopedia condivisa classicistica e eurocentrica, il concetto di ‘Adone’ ha mantenuto la nozione di idealità universale in modo del tutto avulso dalla matrice mitologica del personaggio: la bellezza di Adone è sempre bellezza ‘i- deale’, quale che sia la sua specifica attuazione in una cultura. Quello che colpisce, tuttavia, è che all’ipertrofia muscolare del giovane corrisponda di fatto un’elisione del personaggio di Venere – non solo in contesto omosessuale: la trasformazione di Adone da tenero efebo androgino a supermaschio anabolizzato corrisponde a un

passaggio da una fase in cui Adone è l’oggetto del desiderio femminile a quella in cui questa condizione di oggettualità è stata narcisisticamente introiettata – il ma- schio contemporaneo rivolge soprattutto a se stesso lo sguardo reificante che la co- struzione sociale attribuisce al maschio nei confronti degli oggetti del suo desiderio. Per questo l’adone-culturista si presenta come la riduzione a un punto del triangolo girardiano: soggetto (l’io proteso verso l’ideale di bellezza), mediatore (la Venere ormai invisibile, ma attiva come fondamento metafisico del desiderio) e oggetto (l’Adone solitario) circumambulano in una bellezza ormai completamente solipsisti- ca e autoreferenziale: il punto dei muscoli del culturista è infatti che non servono a