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Figlio di Federico di Nicolò Foscari, del ramo di San Pantalon, e di Cecilia Venier, nacque a Venezia nel 1521.98 Discendente da una famiglia ricca e prestigiosa, sposò nel 1567 Elisabetta Loredan, nipote del doge Pietro. Da questo matrimonio, seppur tardivo, dettato unicamente dall'esigenza di dare continuità alla dinastia, nacquero otto figli maschi e cinque femmine.99

Alvise Foscari, in forza dei prestigiosi legami familiari, ricoprì importanti cariche pubbliche: se gli esordi della sua carriera furono segnati da incarichi saltuari, dopo il matrimonio, la sua partecipazione alla vita politica si fece più intensa. Nel giugno 1569 divenne capitano a Bergamo,100 poi Savio alla Mercanzia e in molteplici occasioni fu membro del Consiglio dei Dieci o della sua Zonta. Nell'intervallo di tempo tra il 1570 e il 1591 assunse a più riprese l'incarico di Provveditore alla Fortezze. Ebbe inoltre diversi incarichi nella gestione della Zecca, come provveditore sopra Ori e monete o depositario alla cassa ori e argenti.101 In più occasioni sfiorò la nomina a procuratore di San Marco e nell'aprile 1595 fallì l'elezione a doge, pur senza mai rappresentare una valida alternativa a Marino Grimani.

Morì a Venezia il 3 aprile del 1600 e fu sepolto nella tomba di famiglia presso la chiesa dei Frari.102

98

Per le notizie sull'attività politica di Alvise Foscari facciamo riferimento al lemma contenuto nel Dizionario Biografico degli Italiani. Gullino, 1997, pp. 294-295.

99

ASVe, Miscellanea Codici, I, Storia Veneta, 19: M. Barbaro – A. M. Tasca, Arbori de' patrizi veneti, III, p. 511.

100

ASVe, Capi del Consiglio dei Dieci. Lettere dei Rettori, b. 2, n. 133-141. 101

Per la carriera politica di Alvise Foscari i riferimenti sono contenuti in ASVe, Segretario alle Voci, Elezioni in Maggior Consiglio, reg. 2, c. 18; reg. 3, c. 23; 4, c. 140; ASVe, Segretario alle Voci, Elezioni in Pregadi, reg. 1, c. 16; reg. 3, c. 110; reg. 4, cc. 26, 36, 44, 53, 69, 81; reg. 5, cc. 8, 21, 23, 30, 124, 149, 155, 183; reg. 6, cc. 1, 2, 4, 26, 33, 77-79, 87, 132.

102

Parallelamente all'attività politica, Alvise Foscari intraprese diverse iniziative economiche: egli infatti possedeva una bottega di spezie a San Bartolomeo, quote di almeno due navi e commerciava con Bernardo Nani nel settore del legname.103

Tra i vari interessi di Alvise Foscari l'investimento fondiario occupa un posto di primissimo piano. Dalle due dichiarazioni di decima, contenute nelle Redecime 1566 e 1581, apprendiamo che egli vantava una cospicua proprietà fondiaria nell'entroterra veneziano, in territorio padovano e trevigiano.104

Gli appezzamenti per noi più significativi sono quelli ubicati lungo il corso del fiume Brenta, vicino alla località Gambarare: su questo sito sarebbe sorta la villa progettata da Andrea Palladio. Originariamente il lotto, composto da due appezzamenti per un totale di 43 campi padovani, era stato messo in vendita dalla Procuratia di San Marco de ultra. Alvise di Nicolò Foscari - zio paterno del nostro Alvise - colse prontamente l'occasione e nel 1529 acquistò i terreni, per sé e per i due nipoti. Questa proprietà, costituita da fertile terreno agricolo, nel corso degli anni successivi fu incrementata e sottoposta a una serie di migliorie agrarie.105

Il fermento di tali attività proseguirà fino all'arrivo di Palladio, che costruirà la villa su commissione di Alvise e del fratello Nicolò. Questa zona, in prossimità della ''podesteria'' delle Gambarare, era chiamata ''Malcontenta'', per indicare gli allagamenti che periodicamente l'affliggevano.106

Nel 1566 la fabbrica palladiana è compiuta, la villa è abitata, ma

103

Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Mss. P. D. C 866/ 39, C 2446/ 2, 3. 104

ASVe, Dieci Savi alle Decime, Estimo 1566, b. 141, n. 1143; Estimo 1581, b. 172, n. 1212. 105

Uno studio interessante raccoglie tutta la documentazione archivistica retrostante la formazione di questa proprietà. Cfr. Foscari, 2005.

106

Alvise lamenta nella dichiarazione di Decima:

Iten in villa delle Gambarare in la contrà de la Malcontenta m'atrovo una casa fu fabricata per el quondam messer Nicolò mio fratello con suo cortivo et bruollo la qual tengo per mio uso.

Item in detta villa campi numero cento e diese la maggior parte de quali sono basse et palludi, per esser quelli la concha et vaso dove scollano le aque delle terre superiori.107

Di seguito, nella medesima dichiarazione, Alvise lamenta l'instabilità della situazione anche nell'appezzamento contiguo, ubicato nella contrada delle Smargare:

Iten in detta villa delle Gambarare nella contrà delle Smargare campi n.° 18, quali patiscono de aque, tenutti ad affitto per Augustin et Agnolin Schiozegati.108

Della vasta proprietà solo gli appezzamenti ubicati nella contrada Bastie sembrano salvarsi da tali alluvioni. Alvise infatti li definisce ''bone terre'' e dichiara di ricavarne rendite soddisfacenti.109

La precarietà di questa situazione110 complessivamente non sembra turbare il proprietario il quale, a dispetto delle lamentele, ricava cospicue rendite ivi compresi quei prodotti agricoli necessari al fabbisogno della villa e a quello del palazzo veneziano ubicato in volta de Canal.111 La proprietà delle Gambarare, oltre a costituire un'importante fonte di reddito, è un luogo ameno ove il nobiluomo soggiorna frequentemente e accoglie i suoi ospiti.

Alla morte di Nicolò, occorsa nel 1560, Alvise proseguì l'impresa coi

107

ASVe, Dieci Savi alle Decime, Estimo 1566, b. 141, n. 1183, c. 2v. 108

ASVe, Dieci Savi alle Decime, Estimo 1566, b. 141, n. 1183, c. 2v. 109

ASVe, Dieci Savi alle Decime, Estimo 1566, b. 141, n. 1183, c. 3r. 110

Gli allagamenti della zona vengono documentati anche nell'estimo del 1581. Cfr. ASVe, Dieci Savi alle Decime, Estimo 1581, b. 170, n. 573, c. 1v.

111

Uno studio significativo raccoglie tutta la documentazione archivistica retrostante l'edificazione del palazzo dei Foscari. Cfr. Sartori, 2001, p. 39.

lavori di completamento degli interni: dobbiamo a lui la commissione di quegli affreschi che saranno nominati unicamente da Palladio. Tranne un laconico riferimento all'interno dei Quattro libri, nessun altra testimonianza rimane di questo importante ciclo decorativo:

Ornata di eccellentissime pitture da Messer Battista Veneziano. Messer Battista Franco, grandissimo disegnatore à nostri tempi, avea ancor esso dato principio a dipingere una delle stanze grandi, ma sopravenuto dalla morte ha lasciato l'opera imperfetta.112

In questa occasione l'intervento di Battista Zelotti non si limita alla decorazione di uno o più ambienti, ma alla realizzazione di un ciclo pittorico complesso, in cui l'architettura reale entra in rapporto dialettico con l'architettura dipinta. È del tutto plausibile che Zelotti abbia collaborato alla progettazione dell'apparato decorativo, ma l'assenza di testimonianze coeve e l'assoluto silenzio delle carte d'archivio non ci permettono di stabilire l'entità di questo contributo.

Come spiega Palladio, anche Battista Franco prese parte alla realizzazione dell'impresa, che morendo però lasciò incompiuta. Le affermazioni di Palladio nei secoli successivi si sono prestate a interpretazioni divergenti. Da un lato infatti si pensa che fosse prevista solo la presenza di Franco e che alla sua morte sia subentrato Zelotti; dall'altro invece si suppone che fin dall'inizio fossero stati interpellati entrambi gli artisti.113 Facendo riferimento a criteri stilistici e compositivi,114 attualmente si può ascrivere a Battista Franco la Sala della Caduta dei

112

Palladio, 1570 (1980), p. 150. Nella Vita di Battista Franco pittore viniziano Vasari riporta l'anno di morte dell'artista: ''Battista, il quale morì l'anno 1561'', Vasari, 1568, (1878-1885), VI, p. 595.

113

Van der Sman, 1993, p. 235. 114

Il cattivo stato di conservazione del ciclo pittorico ostacola un'indagine stilistica circostanziata. Gli affreschi che decorano l'intero piano nobile, nel corso dell'Ottocento, sono stati oggetto di asportazioni e strappi successivi. Cfr. Tiozzo, 1979, p. 57; Bassi, 1987, p. 64.

Giganti, mentre a Battista Zelotti spetterebbe il completamento di quella

stessa sala e la decorazione del resto della villa.115

Nonostante il cattivo stato di conservazione in cui versano attualmente le decorazioni, sono stati riconosciuti gli interventi di Franco così come quelli di Zelotti.116

Nel Salone a Crociera, ambiente principale della villa, figurano elementi ricorrenti nella decorazione zelottiana: ad esempio le figure di sovrapporta con le personificazioni delle Arti, già presenti alla Soranza, saranno riprese anche a villa Godi e a villa Emo. Secondo Luciana Crosato Larcher la collocazione di queste personificazioni nel vano più rappresentativo indica la priorità data all'elemento intellettuale, uno dei fini principali della dimora.117

Gli episodi contenuti negli ovali e nelle lunette del medesimo salone sono ispirati alle Metamorfosi di Ovidio, testo caro alla committenza zelottiana, da Alvise Foscari a Francesco Roberti, fino ad arrivare a Leonardo Emo. Per questi nobiluomini non si tratta dello sfruttamento di un repertorio di temi letterari alla moda, quanto invece della rappresentazione dei valori che essi riconoscono e condividono. Questo sistema valoriale alla Malcontenta è illustrato dettagliatamente: all'avarizia di re Mida o alla malvagità dell'assassino che uccide un viandante si contrappone

115

Brugnolo Meloncelli, 1992, p. 97; van der Sman, 1993, p. 235. 116

Brugnolo Meloncelli, 1992, p. 19. 117

In relazione a una presunta parentela tra i Foscari di San Pantalon e i Grimani di Santa Maria Formosa, Luciana Crosato Larcher suppone che il ciclo pittorico sia stato ideato dal procuratore di San Marco Vettor Grimani. Tale ipotesi è significativamente smentita da Van der Sman, il quale rammenta che il procuratore Grimani era già morto nel 1558. In mancanza di documenti utili a suffragare l'ipotesi della Crosato Larcher, bisogna aggiungere il fatto che attraverso le nozze di Marco Grimani e Bianca di Francesco Foscari, la dinastia di Santa Maria Formosa si fosse imparentata coi Foscari di San Simeon Piccolo e non con questi Foscari, della parrocchia di San Pantalon. Cfr. Crosato Larcher, 1978; Van der Sman, 1993, p. 242.

l'esemplarità della coppia Filemone e Bauci.118 Per Alvise Foscari sembra essere questo uno dei più eloquenti episodi ovidiani, giacché lo inserisce nelle decorazioni del salone principale. L'anziana coppia che accoglie Giove e Mercurio travestiti da pellegrini assume qui un significato particolare: Filemone e Bauci non sono solo esempio di fedeltà coniugale, devozione, generosità, accoglienza, ma anche di ''autarchia'' nel senso etimologico del termine, che qui significa vivere del proprio e vivere del poco.119 Essi rappresentano uno dei molteplici aspetti della vita in villa: la Malcontenta riesce a provvedere alle sue necessità e a onorare la presenza dei nobili forestieri che vorranno visitarla.120

L'ospitalità infatti è notoria virtù della famiglia Foscari, che accolse ospiti illustri, tra cui Enrico III di Valois. Il 30 giugno 1574, dopo essere stato coronato re di Polonia, sulla strada di ritorno da Cracovia verso la Francia, il ''christianissimo'' sovrano manifestò la volontà di transitare per lo Stato Veneto e quindi visitare Venezia.121 Una tale occasione poteva siglare ufficialmente un riavvicinamento tra la Francia e la Serenissima.

118

Riproponiamo l'episodio ovidiano nella volgarizzazione di Giovanni Andrea dell'Anguillara, pubblicata a Venezia nel 1563 e dedicata a re Enrico II: ''Al fine ad una picciola capanna/ l'ascoso re del ciel col figlio arriva,/ la qual di paglia e di palustre canna/ e da lati, e di sopra si copriva./ Quivi scoprendo il duol, ch'el core affanna,/ la vera carità ritrovar viva./ Fur da Fileno, e Baucide raccolti,/ ch'eran consorti già da molti anni, e molti./ Da lor povertà, ch'ognuno abhorre,/ con lieto, e santo cor sofferta fue./ Di quel che manca l'un l'altro soccorre,/ e giova à due con le fatiche sue./ Servi, e Signor cercar lì non occorre,/ tutta la casa lor non son che due./ Quel che comincia l'un, l'altro al fin manda,/ e da' due s'ubidisce, e si comanda.'', cfr. Ovidius, (ed. 1563), p.299.

119

Il concetto di ''autarchia'' contenuto nell'episodio ovidiano è stato accuratamente indagato dallo studio di Emilio Pianezzola. Cfr. Pianezzola, 2007, p. 59.

120

Un aspetto più tradizionale della vita in villa è quello raffigurato nella Stanza di Bacco. Qui si trovava il famoso Concerto, il cui strappo è conservato a Verona presso il museo di Castelvecchio. Stando alla descrizione di Carlo Ridolfi sono rappresentati ''Una folla d'uomini e di donne che si diportano in musiche; tra' quali insinuandosi Cupido, va destando amoroso incendio ne' loro petti'', [Ridolfi, 1648 (1914), p. 381]. Il connubio Amore-Musica, calato in un'ambientazione campestre, evoca la tradizionale spensieratezza della vita in villa celebrata dalla cultura cortigiana cinquecentesca. Cfr. Brugnolo Meloncelli, 1992, p. 98.

121

Immediatamente si approntarono le manifestazioni destinate ad accogliere il re a Venezia, che dovevano essere fastose, con banchetti, cortei di barche, rappresentazioni teatrali e apparati effimeri: lo stesso Palladio realizzò un arco trionfale di fronte a San Nicolò del Lido.122 Enrico durante il suo soggiorno sarebbe stato alloggiato nel palazzo cittadino di Alvise Foscari, scelta sanzionata da una delibera del Senato.123 Stando alle numerose testimonianze dell'epoca, le cerimonie in suo onore furono davvero memorabili e si conclusero con una breve gita a Padova raggiunta in battello attraverso il fiume Brenta. Lungo il percorso fluviale, Enrico III sostò a pranzo alla Malcontenta:

Quindi sua Maestà, [...] partì per Padova lasciando sua Serenità consolatissima con mostrar d'esserle stato oltre ogni credenza grato l'accetto fattole e di tenere ottima volunta verso questa Serenissima Republica si fece passare il carro una delle piatte dorate della signoria per condur sua maestà, la quale a Moranzano al palazzo Foscari apparecchiato per questo di quanto si facea di bisogno; et dopo imbarcatasi, s'aviò verso Padoa riguardando hor l'uno hor l'altro quei palaggi che sono fabbricati su quelle rive.124

L'episodio, riportato da tutti i cronisti, encomia l'accoglienza profusa da Alvise Foscari tanto a Venezia quanto alle Gambarare, non soffermandosi purtroppo sull'architettura palladiana125 né tantomeno sugli affreschi di Battista Zelotti, le cui tracce sembrano svanire nell'ostinato silenzio delle fonti sia narrative che archivistiche.

122

Della Croce, 1574. 123

''MDLXXIIII dì primo luglio, Dovendosi provedere d'alloggiamento per il re christianissimo che deve venire in questa nostra città fra cinque o sei giorni. Anderà per viam declarationis il bossolo bianco, che gli siano fatti preparare li due soleri delle case Foscari in volta de Canal, con li quattro soleri delle case Giustiniane a quelli contigui, i quali per tutto sabbato prossimo venturo siano fatte evacuare. Il verde, che gli sia preparata nel modo sopraditto la casa Cornara a Santo Mauritio et il rosso non sinceri. Et furono: Bianco: 106/ Verde: 61/ Rosso: 2/ Et fu preso che gli fussero preparati li solari Foscari et Giustiniani come di sopra''. Cfr. ASVe, Senato Terra, reg.50, c.25r.

124

Porcacchi, 1574, c. 15r. 125

Dall'indagine documentale, compiuta sui testamenti della famiglia Foscari, attualmente non emergono notizie apprezzabili. Il reperimento di quindici nuovi testamenti, conservati nella sezione notarile dell'Archivio di Stato di Venezia, non ha prodotto notizie rilevanti ai fini di questa ricerca. Soffermandoci su questi documenti, stilati dai membri della dinastia nei secoli XVI e XVII, apprendiamo solamente notizie generiche che non vanno oltre alle disposizioni per le cerimonie funebri nella tomba di famiglia ai Frari o a San Giobbe, i consueti legati ad pias causas, altri legati devoluti ad amici o alla servitù.

Di un certo interesse sarebbe stato il testamento di Alvise Foscari scritto il 5 dicembre 1596. a una attenta analisi dei testamenti del notaio veneziano Giulio Gabrieli si scopre che la serie, pur numerata e completa di alfabeto, è priva di una cedola testamentaria, quella di Alvise Foscari.126

Tale sparizione risale probabilmente all'epoca ottocentesca: presso l'archivio veneziano infatti, nel fondo Direzione Generale del Demanio è conservata la trascrizione di un brano di questo testamento. Nel frammento in questione, Alvise dispone affinché il palazzo veneziano sul Canal Grande non sia smembrato tra gli eredi:

E perché mi attrovo la casa la qual jo abito, qual è posso dir un zugello, però devo disponer di quella in maniera che mai possa esser divisa.127

Nessun nuovo indizio documentario dunque compare sul pittore, né tantomeno sulle decorazioni della villa.

126

Il testamento di Alvise originariamente era contenuto in ASVe, Notarile Testamenti, b. 449. 127

ASVe, Direzione Generale del Demanio, b. 696a, n. 16. Il documento è stato reperito e trascritto da Fabiola Sartori nel suo studio sul palazzo dei Foscari. Cfr. Sartori, 2001, p.39.