Prima di prendere in esame le testimonianze che riguardano direttamente Battista Zelotti, è necessario considerare un aspetto basilare nell'approccio a questa figura d'artista. Come viene chiamato dai suoi contemporanei? Con quale denominazione è citato nei documenti o nella trattatistica cinquecentesca?
Finora solo Licisco Magagnato si è preoccupato di questo particolare, di questo elemento fondante che invece è sfuggito ai più. Nel 1960 egli cura un'edizione della Vita di Michele San Michele, architettore veronese, estratta da Le Vite di Giorgio Vasari.187 Tra i molteplici aspetti approfonditi in questa occasione, Magagnato introduce un argomento che successivamente non verrà sviluppato più da nessun altro. Lo stimolo alla riflessione è fornito proprio da un'affermazione di Vasari, che nella seconda edizione de Le Vite inserisce notizie sui maggiori pittori veronesi dell'epoca:
Battista da Verona, il quale è così e non altrimenti fuor dalla patria chiamato, ebbe i primi principî della pittura da un suo zio in Verona.188
Zelotti si chiamerebbe dunque Battista da Verona, e altrove non sarebbe conosciuto altro che con questo nome. Al momento della verifica di tale asserzione, Magagnato registra una situazione multiforme e non ancora consolidata: ammettendo che si tratti sempre del medesimo individuo, l'artista in questione nel corso del Cinquecento assume almeno due
187
Vasari, 1568, (1960). 188
Vasari introducendo la figura del giovane pittore, si esprime in questi termini: ''Battista da Verona, il quale è così e non altrimenti fuor dalla patria chiamato'', Vasari, 1568, (1878-1885), VI, p. 369. Sulle varie denominazioni attribuite a Zelotti si era soffermato brevemente anche Von Hadeln. Cfr. Ridolfi, 1648 (1914), I, p. 363, n. 1.
denominazioni diverse.189 Lo stesso Vasari nella stesura delle Vite, lo designa in due modi distinti: se precedentemente lo aveva segnalato col nome di Battista da Verona, nella Vita di Jacopo Sansovino,190 in quella di Battista Franco191 e nelle notizie sugli Accademici del Disegno192 lo menziona come Battista Farinato.
Tale discrepanza era stata rilevata, alla fine dell'Ottocento, anche da Gaetano Milanesi, alle prese con la pubblicazione del corpus delle opere vasariane. Lo studioso aveva supposto che tale incongruenza potesse spiegarsi con una svista vasariana e che Battista fosse legato da una plausibile consanguineità col pittore veronese Paolo Farinati.193 La nostra ricerca presso l'Archivio di Stato di Verona, condotta sul fondo archivistico
Cancelleria dell'Estimo, Anagrafi cittadine, intendeva verificare su quali
basi poggiasse questa supposta parentela.
Alla luce di quel che resta delle Anagrafi della città di Verona si possono rilevare interessanti notizie sulla distribuzione demografica nelle varie zone della città. Per quanto riguarda il primo quarto di secolo i documenti superstiti risultano danneggiati, lacunosi e incompleti, spesso a causa della mancanza di sistematicità nella redazione dei registri. Stando ai risultati di questa indagine preliminare si può notare che la famiglia di
189
In questa occasione Licisco Magagnato si sofferma sulle diverse denominazioni assunte dal pittore. Vasari nella prima occorrenza definisce l'artista Battista da Verona, successivamente lo chiama Battista Farinato. Palladio invece nei Quattro libri lo indica costantemente come Battista Veneziano. Nei libri di cassa della Procuratia de Supra (1556-1560), coerentemente con la prima definizione vasariana, è menzionato come Battista da Verona. Secondo Magagnato quello era probabilmente il modo di chiamarlo in uso fino al momento in cui il Vasari scriveva la Vita di Sanmicheli. Cfr. Magagnato in Vasari, 1568, (1960), p. 94, n. 1.
190 Vasari, 1568, (1878-1885), VII, p. 531. 191 Vasari, 1568, (1878-1885), VI, p. 595. 192 Vasari, 1568, (1878-1885), VII, p. 621. 193 Vasari, 1568, (1878-1885), VI, p. 369, nn. 1 e 2.
Paolo Farinati, residente nella parrocchia di San Paolo in Campo Marzo, è censita in molteplici occasioni. La prima volta ricorre nel 1529:
Christophoro Farinato tinctore --- anni 60 Baptista depintore fiolo --- anni 36 Paulo suo fiolo --- anni 5
Antonio suo fradel --- anni 27 Bernardina m. de Antonio --- anni 20 Laura sua fiola --- anni 2.194
Stando a quanto è riportato nel registro Paolo Farinati ha 5 anni e vive assieme alla famiglia composta dal nonno tintore Cristoforo di anni 60, al padre pittore Battista di anni 36, agli zii e alla cugina. Facendo fede alla tradizione tramandata da Vasari, il nostro artista avrebbe avuto come primo maestro a Verona uno zio pittore. Sulla base di tale affermazione, si è tentata l'identificazione di questo zio, alcune volte riconosciuto in Paolo Farinati altre, più convincentemente, nel padre Battista.195 Di fatto l'ipotesi avanzata da Milanesi su una possibile parentela tra Battista Zelotti e Paolo Farinati, alla luce dei documenti finora rinvenuti non trova conferma né smentita.196
Considerando le diverse denominazioni assunte dal nostro pittore, possiamo sviluppare lo spunto che ci è stato offerto da Magagnato e ampliare la nostra riflessione, col proposito di vagliare le fonti attualmente disponibili su Battista Zelotti.
Nel 1564, nei registri dei conti dell'abbazia di Praglia compare la
194
Cfr. Archivio di Stato di Verona (d'ora in avanti, ASVr), Anagrafi, Comune, contrada di San Paolo in Campo Marzio, nn.889-891.
195
Brugnolo Meloncelli, 1992, p. 27. 196
Come attesta Loredana Olivato nel recente Dizionario anagrafico degli artisti e artigiani veronesi, le forme dei nomi si presentano nel corso delle rilevazioni con una forte variabilità. Cfr. Olivato- Brugnoli, 2007, p. 9.
notizia di un pagamento:
lire 417.12 à messer Battista pittor veronese.197
In questo acconto, devoluto dalla comunità monastica per lavori imprecisati, l'artista è chiamato dunque Battista pittor Veronese.
Allo stesso intervallo di tempo (1559-1563) risalgono anche i pagamenti per la decorazione della facciata del Monte di Pietà a Vicenza:
Assegnati ducati 11 allo stesso Battista pittor veronese à bon conto del depenzer la fazada vecchia.198
Anche se in questa seconda occorrenza si fa riferimento a documenti noti solo da trascrizione, sembra che in questi anni l'artista sia segnalato solo con questa denominazione.199
La situazione già irregolare si complica ulteriormente con la testimonianza di Andrea Palladio. In contrasto con la maggior parte dei suoi contemporanei, nel 1570, egli lo definisce Battista Veneziano. Ne I quattro
libri dell'architettura, in cinque occorrenze, il pittore identificato
unanimemente con Battista Zelotti, è designato in questa sola maniera.200 L'autorevolezza della testimonianza non lascia spazio a possibili sviste o fraintendimenti: l'architetto fa riferimento a uno dei suoi più fidati collaboratori, e lo nomina consapevolmente.201 È piuttosto inconsueta
197
Si tratta di un acconto devoluto all'artista per lavori imprecisati: ''lire 417.12 à m. Battista pittor veronese'', Archivio Antico di Praglia, anno 1564, b. 3, c. 253 r. Il documento è stato citato e parzialmente trascritto da Franca Zava Boccazzi. Cfr. Zava Boccazzi, 1985, p. 153.
198
Ongaro, 1909, p. 51 e 56. 199
È importante sottolineare il fatto che si tratti di documenti noti solo attraverso la trascrizione di Luigi Ongaro, la cui ubicazione è attualmente sconosciuta. Ongaro, 1909, p. 51 e 56.
200
Palladio, 1570, (1980), p. 102, 103, 150, 157, 168-169. 201
Palladio nel Secondo libro si occupa dei suoi progetti e della loro realizzazione. È in questa circostanza che compaiono espressamente i nomi di quattordici dei collaboratori che con lui operarono. Egli non si sofferma in considerazioni stilistiche ma – con toni ecfrastici – elogia le decorazioni, la superiorità degli artisti che lo affiancano e l'acume della committenza che li apprezza. Battista è ricordato come frescante nei palazzi Chiericati e Porto, e nelle ville Foscari, Emo e Godi. Cfr. Palladio, 1570, (1980), p. 102, 103, 150, 157, 168-169; Magagnato, 1968, p.
questa denominazione per un artista divenuto famoso proprio come forestiero, proveniente da Verona e riconducibile alla cerchia di Sanmicheli. È del tutto plausibile, anche se non ancora dimostrato, che per motivi professionali il pittore dimorasse in quel periodo nelle lagune o nell'immediato entroterra veneziano.
Nel 1573 incontriamo la testimonianza dell'umanista Giuseppe Betussi, che pubblica il Ragionamento sopra il Cathaio. Sotto forma di dialogo, egli descrive i fasti della dinastia Obizzi, rappresentati nelle decorazioni della dimora familiare edificata a Battaglia, nel Padovano. Ai fini della presente considerazione, questa testimonianza risulta piuttosto utile; l'erudito bassanese infatti, al momento di menzionare l'artista, si esprime in questi termini:
Battista Zelotti Vinitiano, benché molti il chiamino Veronese, huomo eccellente, che ogni dì più si fa conoscere et è stato allievo di Titiano.202
Oltre a essere la prima testimonianza che nomina l'impresa del Cataio e la mette in relazione al suo autore,203 essa evidenzia altri aspetti per noi interessanti. Nel 1573, anno di pubblicazione del Ragionamento, l'artista è ancora vivente e, in piena attività come frescante di villa, gode di un successo indiscusso. Nonostante ciò Giuseppe Betussi, nell'unica occorrenza in cui si occupa del pittore, mette in risalto un dato significativo: pur individuando l'artista col nome specifico di Battista Zelotti, rileva una
170-187.
202
Betussi, 1573, c. 15 r. Dei due esemplari custoditi nella Biblioteca Nazionale Marciana, [391 D 98] e [97 D 229], l'ultimo reca una glossa antica ad inchiostro bruno, che espunge con un segno il nome di Zelotti e lo sostituisce con quello di Paolo Veronese.
203
Questa testimonianza è un punto di riferimento nella collocazione cronologica dell'impresa. Gli affreschi infatti furono eseguiti in un arco di tempo che sta tra il 1570, anno in cui fu ultimato l'edificio, e il 1573, anno di pubblicazione del Ragionamento di Betussi. Cfr. Brugnolo Meloncelli, 1992, p. 28.
situazione non ancora consolidata. Stando alle sue parole, sembra che i contemporanei si contraddicano, chiamandolo indifferentemente veneziano o veronese; con l'intenzione di dissipare ogni dubbio, egli lo definisce veneziano. Betussi non motiva tale affermazione, ma è evidente che si riferisca all'autorevolezza della voce palladiana, espressa nella recente pubblicazione de I quattro libri dell'Architettura.
Oltrepassando l'avvio dell'ottavo decennio del secolo si consolida l'ultima e definitiva denominazione. Come è noto, negli ultimi anni della sua esistenza - presumibilmente tra il 1575 e il 1578 - il pittore ricoprì l'incarico di Prefetto delle Fabbriche Ducali, presso la corte di Mantova. Risale a questo periodo una serie di lettere ufficiali, che il pittore in qualità di funzionario, scrisse di suo pugno. Si tratta di carte molto significative poiché documentano in modo dettagliato e attendibile gli ultimi anni dell'artista. È in questa circostanza formale che egli si firma Battista Zelottj
pittor.204
Successivamente alla sua morte storiografi e trattatisti continuano a chiamarlo Battista Zelotti, fatta eccezione per Francesco Sansovino che, descrivendo le decorazioni nelle Sale dei Dieci, nella sua Venetia città
nobilissima et singolare, si esprime in questi termini:
Ora usciti di questi luoghi, si passa alle sale dell'Eccelso Consiglio de Dieci, illustri per pitture notabili & dilicate [...]. Furono dipinte da Paolo Veronese, da Battista Farinato, & dal Bazacco.205
È abbastanza singolare il fatto che lo storiografo continui a chiamare il pittore Battista Farinato, a tre anni di distanza dalla sua morte. Tale
204
Archivio di Stato di Mantova, Fondo Davari, b. 2597, n.18; Avena, 1912, p. 205-208. Katia Brugnolo Meloncelli nella monografia dedicata all'artista provvede alla trascrizione di nuove lettere autografe che riportano la medesima firma. Cfr. Brugnolo Meloncelli, 1992, p. 31.
205
appellativo viene riportato senza variazioni anche nelle successive edizioni della Venetia, curate da Giovanni Stringa e da Giustiniano Martinioni.206 Questa resistenza deriva, evidentemente, da un debito nei confronti di Vasari e della descrizione che egli fa alle Sale dei Dieci.207
La coesistenza di diversi appellativi oltre a essere stata causa di alcuni errori attribuzionistici, in parte dà ragione alle fasi di un'altalenante fortuna critica.
206
Sansovino – Stringa, 1581, (1604), pp. 232a – 232b; Sansovino – Martinioni, 1581, (1663), p. 325.
207
''Un pittore chiamato Brazacco [...] prese per compagni Paulo da Verona e Battista Farinato.'', Vasari, 1568, (1878-1885), VI, p.594-595.