Nato nel 1515 da un ramo non nobile della famiglia,144 Camillo di Bernardo Trevisan fu uno dei più noti avvocati del tempo, sodale dell'umanista Daniele Barbaro e lettore di giurisprudenza presso la veneziana accademia della Fama. Secondo la testimonianza del Gaspari, questi fu educato alla scuola di Dionigi Contarini, ma l'arte del dire, nella quale fu eccellente, l'apprese nelle pubbliche arringhe. Ludovico Dolce, dedicando a Trevisan la sua volgarizzazione de Le orazioni di Marco Tullio
Cicerone, si esprime in questi termini:
Se la prima parte uscisse sotto il nome di V. S. la quale è uno de' maggiori e più chiari oratori non solo di questa città, ma della nostra età parimente perciò che havendo ella tutte o la maggior parte di quelle discipline che richieggono all'oratore, ha insieme ancora accompagnate le doti della natura in guisa che ne riesce quella perfettione che fu tanto in Cicerone che negli altri antichi oratori lodata.145
Abilissimo oratore dunque, è significativo quanto scrive di lui Valerio Marcellino nel Diamerone. Dopo aver celebrato l'oratoria come arte atta a illustrare un concetto astratto, nella stessa maniera in cui la pittura rappresenta le cose visibili, Marcellino tributa un elogio al giurista veneziano:
Vedrete che il fecondissimo messer Camillo Trivisano, unico lume dell'eloquenza de' nostri tempi, rivela questi altri meravigliosi segreti dell'arte del dire, con che egli orando spesso rapisce gli animi degli ascoltanti.146
144
È stato possibile ricostruire l'albero genealogico dei Trevisan di Santa Maria del Giglio grazie ai documenti contenuti in ASVe, Miscellanea Codici, Nuovo Ordinamento, filza 3, serie 1, Teodoro Toderini. Cittadinanze Veneziane, vol. 3, Genealogie delle Famiglie venete ascritte alla Cittadinanza Originaria raccolte dal Cavalier Teodoro Toderini I. R. impiegato presso l'Archivio Generale di Venezia. Notizie introduttive. (Quartani-Zuccarini). La genealogia ricostruita da Toderini è stata completata con le notizie contenute nei testamenti di Camillo Trevisan e dei suoi consanguinei.
145
Dolce, 1562, p. 3. 146
L'encomio riportato nel Diamerone esalta la capacità tipica di Trevisan, ovvero quella di rifiutare espressioni artificiose a favore di un lessico quotidiano, più persuasivo quindi nei confronti di quanti lo ascoltavano. Lodato ampiamente da tutti i dotti dell'epoca, Trevisan prende parte attiva alle vivaci discussioni sull'arte oratoria che spesso si svolgevano anche nella sua casa a Murano.147
Nell'isola di Murano, dopo il 1554, il giurista veneziano aveva fatto costruire un sontuoso palazzo, che utilizzava come residenza secondaria. Per realizzare le decorazioni furono convocati i maggiori artisti attivi in laguna, tra cui Battista Zelotti, Paolo Caliari e lo scultore Alessandro Vittoria. Tra affreschi, sculture, atri, loggiati e giardini, l'erudito veneto aveva dato vita a una dimora apertamente ispirata ai modelli dell'antichità classica. In questo luogo ameno si svolgevano dotte discussioni tra i più famosi eruditi dell'epoca. Dalle notizie attualmente disponibili si percepisce il desiderio di Trevisan di ricreare a Murano una sorta di casa all'antica capace di accogliere contemporaneamente ideali estetici ed etici.
Ammalato già da molti giorni da febre,148 il quarantanovenne Camillo Trevisan manda a chiamare il notaio Marco Antonio Cavanis e sotto dettatura dispone delle sue ultime volontà.149 In questa occasione, tra le
147
''Queste riflessioni erano state tema analogo degli scritti di un intellettuale come Francesco Patrizi da Cherso, formatosi a Padova e rientrato a Venezia nel 1556, prima di ripartire per la sua terra d'origine. Anche per Patrizi l'oratoria doveva essere ridotta in forma più aderente alla vita quotidiana per ripristinarne l'antico valore che aveva nella civiltà greca in assenza di leggi scritte.'' Finocchi Ghersi, 19981, p.120.
148
''Die 27 otubrio, l'eccellentissimo m. Camillo Trivisan amalà da febre già zorni 20, S. Maria Zobenigo'', ASVe, Provveditori alla Sanità, Necrologio 1564.
149
Come specifica il testatore questa cedola, annullando tutte le precedenti disposizioni, rappresenta le sue ultime volontà: ''Questo vogio sia el mio ultimo testamento et ultima volunta la qual ho voluto sia scrita per Marc'Antonio di Cavanei fo de m. Zuane Maria nodaro di Venetia in casa della mia habitation in contra de Santa Maria Zobenigo el qual ho pregato la scriva et dapoi la mia morte la compissa et robori secondo li ordeni de la terra: cassando et annullando tuti li altri testamenti et ordination che havesse fatto per inanzi'', ASVe, Notarile Testamenti, b. 193, n. 275,
altre cose, ordina di essere sepolto nella chiesa dei Santi Giovanni e Paolo, nella cappella dove riposano le spoglie dei suoi genitori e della zia Orsa, che tanto lo aveva beneficiato.150 Il palazzo di Murano era lasciato in eredità alla sorella Marietta, che non lo avrebbe tenuto per sé ma l'avrebbe dato in affitto.151 Stando a quanto dichiarerà la stessa Marietta nella sua condizione di decima del 1582, si trattava di
una casa posta in Muran in contrà de San Martin lasciatami in vita mia per el q. eccellentissimo m. Camillo Trevisan fu mio fratello la qual fu fabricata per el dito per sua delicia come a tutti è noto.152
Col termine delicia si conferma il carattere specifico della fabbrica dovuto a una serie di fattori connessi alla piacevolezza del luogo ov'era ubicata, al suo aspetto, ma soprattutto alla sua funzione. In riferimento al testamento, alle condizioni di decima e ad altri documenti apprendiamo che Camillo Trevisan non risiedeva a Murano, bensì a Santa Maria del Giglio.
L'edificazione del palazzo muranese discende dal legato della zia paterna Orsa, che col testamento del 1540 e successivamente con quello del 1554 lo aveva beneficiato di tre casette poste nella parrocchia di San Martino di Murano. Purtroppo il lascito non è espressamente nominato, giacché Orsa Trevisan, dopo aver disposto di piccoli legati, nomina Camillo
cc. 3r-3v.
150
''Voglio chel mio corpo sia sepulto nella nostra archa à San Zuane Polo da poi che non ho fatto altro deposito come haveva in animo senza pompa de baldachini et cosse simile. Instituisco una mansionaria propria de una messa da esser cellebrata ogni giorno nella capella della Madonna à San Zuane Polo che è quella capella apresso quella dove si sona le campane per l'anima mia e del q. mio padre et madre, et della q. madonna Orsa mia ameda che tanto mi ha beneficiato''. ASVe, Notarile Testamenti, b. 193, n. 275, c. 3v.
151
''À Marieta mia dolcissima sorella lasso in vita sua la mia casa da Muran, della qual la sia patrona et sola usufrutuaria durante el tempo della sua vita'', ASVe, Notarile Testamenti, b. 193, n. 275, c. 1v.
152
erede universale ed esecutore testamentario. Queste sono le disposizioni date nel 1540:
El resto veramente de tutti mei beni de cadauna sorte, si mobeli come stabeli, che mi aspecta et che aspectar mi potesse per cadauno modo lasso al dicto Camillo mio carissimo nepote.153
Tali disposizioni vengono riconfermate a quattordici anni di distanza quando Orsa detta il suo ultimo testamento:
El ressiduo veramente de tutti et cadauni altri miei beni de cadauna sorte mobelli et stabeli presenti et futuri caduchi disordenadi et per non scriti che à mi et alla presente mia comissaria per cadauno modo et via mi potesseno aspectar et pervenir voglio et ordeno che siano del soprascripto m. Camillo Trevisan mio nevodo liberamente.154
Perché le casette di San Martino di Murano siano nominate espressamente dobbiamo aspettare il 1555, che Camillo presenti la sua dichiarazione di decima:
Una casetta vecchia in San Martin comprai dal presente officio --- ducati 18 Tre casette et mezza à pe pian vecchissime contigue alla preditta, pervenute in mi per el testamento de la q. madonna Orsa Trevisan fo mia ameda --- ducati 30, s. 18.155
Il palazzo sorto a San Martino di Murano in luogo di tali casette dev'essere stato costruito certamente dopo questa data. In accordo con le testimonianze che ci sono pervenute, il palazzo costituiva evidentemente una preziosa rarità, se era celebrato dagli umanisti dell'epoca, come ad esempio Celio Magno, che vi dedica un componimento poetico:
Viva questo superbo e nobil tetto sì che volger di ciel mai nol consume; trofeo d'alto valor sacro a quel nume
153
ASVe, Notarile Testamenti, b.44, n.391, c. 1r. 154
ASVe, Notarile Testamenti, b.389, n. 1111, c. 1v. 155
ch'orna altrui di saper la lingua e il petto.156
La quasi totale scomparsa delle decorazioni non consente di esprimere giudizi stilistici e tanto meno di formulare attribuzioni. Poche sono le notizie superstiti di quel palazzo menzionato con tanto entusiasmo dai contemporanei. Vasari ad esempio si limita a citare solo Paolo Caliari:
A Camillo Trivisani in Murano [Paolo] dipinse a fresco una loggia ed una camera, che fu molto lodata.157
Bisognerà attendere l'intervento di Carlo Ridolfi perché le decorazioni, sia pur sinteticamente, vengano descritte e perché sia nominato anche Battista Zelotti.158
Da quanto si può apprezzare in un anonimo disegno settecentesco, conservato al Museo Correr,159 oltre agli interni del palazzo era affrescata anche la facciata: il piano terra e il mezzanino erano inquadrati da un illusorio rivestimento a bugnato, nel quale si aprivano due finte nicchie con le rappresentazioni di Ercole e Nettuno. Sopra di essi erano ubicate due grandi scene a tema mitologico, sormontate da una fascia ornata da creature marine. La decorazione di questa facciata infine si concludeva con una serie di putti rappresentati tra le finestre dell'ultimo piano.160
Le ideazioni sperimentate a palazzo Trevisan rinnovavano la 156 Magno – Giustinian, 1600, p.16. 157 Vasari, 1568, (1878-1885), VI, p. 341. 158
Questa è la descrizione che Ridolfi fornisce delle pitture zelottiane: ''In Murano, in casa del signor Camillo Trevisano, nella volta d'un mezzato terreno, fece Apollo tra le Muse, ed alcuni Amori che volano per lo cielo con ghirlande in mano; e nel fregio, intorno ai muri, le Stagioni. Per la Primavera fece un giovine vicino ad una siepe di rose; per l'Estate una donna ignuda che dorme tra fasci di biade; un villano con grappoli d'uva per l'Autunno; e per il Verno una vecchia che si scalda al fuoco, con donne che sostengono festoni ed alcuni ignudi'', Ridolfi, 1648, (1914), I, p. 367.
159
Venezia, Museo Correr, Collezione Gherro, n.. 630. Come osserva Loredana Olivato, la pianta, molto probabilmente tratta da un catastico è più precisa – ovvero meno idealizzata – di quella tratta da Visentini. Cfr. Olivato, 1972, pp. 405-408.
160
tradizione delle facciate dipinte che a Venezia vantava una storia ricca e consolidata, basti ricordare la grande impresa del Fondaco dei Tedeschi, l'attività di Andrea Schiavone e Jacopo Tintoretto negli anni Quaranta,161 e le decorazioni realizzate da Pordenone sulla facciata di palazzo D'Anna.162
Gli scorci prospettici di Pordenone sulla facciata di palazzo D'Anna, ancora visibili nel disegno preparatorio di Londra, o i modelli realizzati da Tintoretto per la fronte di palazzo Gussoni sul Canal Grande, lasciano intendere che la presenza di figure avesse la meglio sulla partitura architettonica. Tutto ciò non si verificava sul prospetto di palazzo Trevisan, dove il marcato bugnato di base s'imponeva su tutti gli altri elementi figurativi.163
Il valore della dimora di Camillo Trevisan risiedeva dunque nel suo aspetto innovativo, in quanto si trattava del primo edificio lagunare di ascendenza classicista e veronese, marcatamente influenzato dalle architetture di Michele Sanmicheli e Giulio Romano, come testimonia il rivestimento a bugne tuttora visibile sulle paraste giganti dell'atrio, le semicolonne sulle pareti della sala biabsidata al pian terreno.164 L'assoluta mancanza di documenti ci impedisce di comprendere la genesi di questa impresa originale e articolata, che coinvolse Caliari, Zelotti, Vittoria, e probabilmente altri artisti, tutti attivi nell'orbita di Sanmicheli.
161 Gisolfi, 1996, pp. 111-114. 162 Finocchi Ghersi, 2007, pp. 90-91. 163 Finocchi Ghersi, 2007, p. 91. 164
Loredana Olivato nel suo saggio sui disegni realizzati da Antonio Visentini, si interroga sull'autore dell'edificio. Escludendo ogni ipotesi attributiva, ragiona sulla possibile iniziativa di Daniele Barbaro come architetto dilettante o sulla presenza di Gian Giacomo de' Grigi o Giovanni Antonio Rusconi. Olivato, 1972, p. 406.
Nonostante questo silenzio documentario, possiamo arguire che Camillo Trevisan, per la sua dimora secondaria, abbia rifiutato i sistemi decorativi che tradizionalmente ornavano le case veneziane: in luogo di un rivestimento costituito da quadri e stoffe preziose egli sceglie la pittura a fresco e si rivolge a chi, in quel momento, stava rinnovando la decorazione a Venezia.