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Alvise di Girolamo Cùccina,165 discende da una famiglia bergamasca di mercanti di panni di lana, che si era trasferita a Venezia per questioni legate agli affari. L'attività manifatturiera e commerciale, avviata dal padre Girolamo e dallo zio Giovanni, si era fatta redditizia a tal punto da permetter loro un tenore di vita elevato.166 In origine la famiglia viveva in una modesta residenza ubicata presso la parrocchia di San Felice, e svolgeva l'attività commerciale a Rialto. Successivamente, nell'ambizione di emulare lo stile di vita del patriziato locale, si manifestò l'esigenza di una casa più importante. Girolamo e Giovanni, nel sesto decennio del secolo, incaricarono Gian Giacomo de' Grigi di costruire un palazzo presso la parrocchia di Sant'Aponal, affacciato direttamente sul Canal Grande.167 Interrotta dalla morte dei due fratelli, occorsa nel 1562, la fabbrica fu portata a compimento da Alvise, il quale era stato suggestionato dal palazzo grandioso che i Grimani di San Luca avevano commissionato a Michele Sanmicheli.168 È importante segnalare che in questo nuovo edificio una parte veniva destinata ad abitazione dei Cùccina, mentre un'altra veniva adibita alla lavorazione dei panni.169

Alvise aveva due fratelli: Antonio che assieme a lui continuò l'azienda familiare e portò a compimento la costruzione del palazzo, e Zuanantonio che trascorreva gran parte del suo tempo sopra alcune terre ''fuori de questa

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Nelle carte cinquecentesche vengono menzionati in diverse maniere, oscillanti tra Cuzina e Cozina, Cocina e Cucina, Còccina e Cùccina. Concordi alla forma osservata da Giuseppe Tassini in questa sede utilizzeremo Còccina.

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Le ricerche condotte da Rodolfo Gallo sono una base imprescindibile nell'avviamento alla ricostruzione delle vicende della famiglia Cùccina. Cfr. Gallo, 1939, pp. 145-152.

167 Lorenzetti, 1932, n. 1-2. 168 Davies-Hemsoll, 2004, p.341. 169 Gallo, 1939, p.150.

cità soto il tenir de Este, Montagnana et Veronexe''.170 Oltre al palazzo sul Canal Grande, Alvise possedeva anche una casa nella parrocchia di San Stae, e numerose proprietà in terraferma, che menziona nel testamento e nel codicillo autografi rogati nel 1572.171

In questo gruppo familiare, come in altri appartenenti al ceto mercantile, l'appagamento derivato dal benessere economico si trasforma ben presto in bisogno di esibire la posizione sociale raggiunta. I Cùccina si rivolgeranno proprio a Caliari e Zelotti, per decorare le loro dimore sottolineando il loro primato e celebrando i successi conseguiti dalla famiglia.172

Facendo riferimento alla documentazione attualmente disponibile, si rileva un'attenzione diversa riservata ai due artisti e alle loro attitudini: Zelotti è valorizzato come frescante, mentre Caliari è prescelto per la sua abilità nella pittura ad olio. Al primo infatti viene assegnata la decorazione delle pareti prospicienti il cortile del palazzo di San Stae,173 mentre al collega è commissionata la realizzazione di quattro tele da collocarsi nel palazzo di Sant'Aponal.174 Il committente è Alvise di Girolamo Cùccina e i suoi contatti con i due artisti veronesi passano attraverso canali

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ASVe, Notarile Testamenti, b. 1190, n. 72. 171

Cfr. Gradenigo-Dolfin, cod. 83 (=158): P. Gradenigo, Cittadini veneti, vol.2, cc.183-184; G. Tassini, Cittadinanze originarie, Biblioteca del Museo Correr - ms. P. D. c 4/2 - p.137; ASVe, Notarile Testamenti, b. 1190, n. 72.

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Hochmann rilevava nei dipinti votivi commissionati dal ceto mercantile ''un grand désir de s'assimiler à la classe dominante''. Cfr. Hochmann, 1992, p. 205.

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''Operò ancora in Venetia nel Cortile di Casa Cocina à S. Eustachio, hor Milana, due grandi historie.'', Ridolfi-Von Hadeln, 1914, I, p.367.

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Si tratta de La famiglia Cùccina presentata alla Vergine (167 × 414 cm), l'Adorazione dei Magi (206 × 455 cm), l'Andata al Calvario (166 × 414 cm) e le Nozze di Cana (207 × 457 cm), attualmente conservate alla Gemäldegalerie di Dresda. Dalle dimensioni dei dipinti, a due a due uguali, si può dedurre la disposizione originaria nel palazzo di Sant'Aponal, peraltro raffigurato nella prima delle quattro tele. Cfr. Pignatti, 1976, I, pp. 76-77, 133-134; II, pp. 163, 165, 167, 173; Pignatti- Pedrocco, 1995, I, p. 163-167, 279-282.

probabilmente ignoti all'aristocrazia veneziana. Stando a quanto scrive Rodolfo Gallo,175 Paolo Caliari avrebbe realizzato anche una pala per la cappella di famiglia,176 mentre lo stesso Alvise Cùccina figura come padrino nell'atto di battesimo di Vittoria-Ottavia Caliari.177 Sulla base di questi dati si può ipotizzare un legame d'amicizia che forse riesce a superare i limiti di un rapporto formale tra artista e committente.

In questo humus Zelotti avrebbe trovato condizioni propizie per entrare in contatto con la famiglia e ricevere l'incarico di decorare la dimora a San Stae. Gli affreschi, ormai del tutto scomparsi, ornavano le pareti prospicienti un cortile interno.178 A loro testimonianza rimangono le descrizioni che fornisce Ridolfi e un'incisione di Zanetti con il Fanciullo

alla finestra (fig. 1).179

Un fregio nella sommità ripieno di corpi ignudi molto bene intesi; nel foro d'una fenestra mirasi bella matrona con un cagnuolo et un fanciullo, che à prima vista rassembrano vivi. In altri vani finse le muse, corpi à chiaro scuro et altri ornamenti. E certo, che se quella fatica fosse esposta alla vista del Mondo, ne trarrebbono gli studiosi molto profitto et il pittore la meritata lode. Ne le fu poca sua disavventura, che questa, con altre sue fatiche, rimase sepolta, mancandogli anco in vita quell'aura d'honore che l'anima nutre in

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Gallo, 1939, pp.145-152. Con molta cautela,dal testamento di Alvise Cùccina, si potrebbe aggiungere il fatto che molte delle proprietà familiari si trovavano ''si in questa cità come fuori de questa cità soto il tenir de Este, Montagnana et Veronexe''; prima però è necessaria un'ulteriore indagine archivistica, in grado di stabilire la data della loro acquisizione. Cfr. ASVe, Notarile Testamenti, b. 1190, n. 72.

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''Nel 1559 Girolamo e Giovanni, che avevano già iniziato la costruzione del palazzo sul Canal Grande a Sant'Aponal, acquistavano un altare nella chiesa di San Francesco [della Vigna] che ornavano con una pala di Veronese. Morivano tutti e due nel 1562 e venivano sepolti nella tomba di famiglia ai piedi dell'altare.'', Gallo, 1939, p.150.

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''1572 adì 15 novembre. Vittoria et Ottavia fia de messer Paulo Caliari pittor veronese stantia in calle de ca' Mocenigo in le case de messer Jacopo Federici, fu battezzata adì sopradicto. Fu compare messer Alvise Cocina fo di messer Zuanne. Il Piovan.'', Chiesa di San Samuele, Archivio parrocchiale, Battesimi, reg. 1.

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Gradenigo-Dolfin, cod. 83 (=158): P. Gradenigo, Cittadini veneti, vol.2, c.184. 179

qualche parte almeno, benché poco sollievo apporti à bisogni humani.180

Nulla di nuovo venne aggiunto dalla storiografia successiva, perché già all'epoca di Zanetti gli affreschi erano quasi del tutto spariti. La preziosità delle vesti del Fanciullo, il cappello piumato e il gesto aggraziato nello suonare lo strumento, rientrano nei modi di una pittura che Zelotti giunse a maturare alla fine del sesto decennio.181

Per quanto riguarda la committenza, sappiamo che i Cùccina poco tempo dopo aver costruito e fatto affrescare il palazzo, lo vendettero al cittadino bergamasco Giovan Francesco di Martino Cavalli. L'edificio rimase per pochi anni nelle mani di questa famiglia perché nel 1581182 lo acquistò Lucantonio II di Gianmaria Giunti,183 erede della celebre dinastia di stampatori fiorentini attivi a Venezia.184 L'edificio rimase ai Giunti fino all'estinzione di questo ramo della famiglia, avvenuta quando Tommaso di Lucantonio II sposò le due uniche figlie Lucrezia e Bianca con i fratelli Nicolò e Renier di Pietro Foscarini da Sant'Agnese.185 In questa maniera il palazzo, i beni, le collezioni artistiche e

180 Ridolfi, 1648 (ed. 1914), I, p.367. 181 Brugnolo Meloncelli, 1992, p.160. 182

La compravendita dello stabile tra Bartolomeo q. Giovan Francesco Cavalli e Lucantonio II Giunti fu stipulata il 9 agosto 1581, ASVe, Notarile Atti, b. 3113, c.471-475; ASVe, Dieci Savi alle Decime, Estimo 1581, b. 157 bis n.783.

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A partire dal 1566 Lucantonio II, unico erede dei Giunti, accrebbe per importanza e dimensioni l'impresa familiare che divenne una tra le principali stamperie dell'epoca. Oltre che dall'editoria la sua ricchezza derivava dal commercio marittimo e dalle rendite delle proprietà in terraferma. Tra i vari beni, egli aveva ereditato dal padre anche una villa a Magnadola, nel trevigiano, chedopo il 1575 fece affrescare con scene tratte dalla sua volgarizzazione di Ab Urbe Condita di Tito Livio. Cfr. Lotto, 2008, pp.304-311; Titus Livius, Deche di Tito Livio padovano delle historie romane, già tradotte da m. Jacopo Nardi, cittadino fiorentino et hora rivedute, corrette, accresciute [...] del supplimento della seconda deca da m. Francesco Turchi trevigiano, in Venetia appresso i Giunti 1575. Un esemplare di questa edizione è conservato nella Biblioteca Marciana [D 75 D 69]; Camerini, 1962, II, pp. 9-19.

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Tenenti, 1957, II, pp. 1021-1060; Archivio di Stato di Venezia, Miscellanea Codici, Serie I, Storia Veneta 12, Tassini, vol. IX, cc. 1037-1038 (Miscellanea Codici, Serie I); Tassini, 1879, p.230.

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''Giunta (De Juntis) Bianca di Tommaso in Foscarini Reniero di Pietro di Reniero, matrimonio 22 giugno 1626, in Sant'Eustachio'', ASVe, Avogaria di Comun, Matrimoni con notizie dei figli,

librarie dei Giunti passarono interamente alla famiglia dei Foscarini.186 Tali episodi, connessi alla proprietà dell'edificio e occorsi nell'arco di mezzo secolo, gettano nuove luci su un ambiente non esclusivamente veneziano e non necessariamente patrizio; questi indizi diventano significativi giacché valgono a chiarire una serie d'interrelazioni che non riguardano solo i committenti ma anche la rete degli estimatori di Zelotti e della sua opera.

reg. IV, c. 1261. ''Giunta (De Juntis) Lucrezia di Tommaso in Foscarini Nicolò di Pietro di Reniero, matrimonio 22 giugno 1626, in Sant'Eustachio'', Id., reg. IV, c. 1261.

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Il complesso dei beni posseduti dai Giunti ivi compreso il palazzo di San Stae lo troviamo nelle mani di Pietro di Renier Foscarini. ASVe, Notarile Testamenti, b.167, n.300.

Capitolo 3